Articolo di Alfonsus
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Alcuni lettori, che sono rimasti “turbati” riguardo al problema della validità dei nuovi sacramenti di Paolo VI, chi hanno chiesto delle spiegazioni, riguardo a tale problema. La risposta, anche se implicitamente, era contenuta negli articoli precedenti. Tuttavia, vista la gravità e delicatezza della questione, è bene ritornarvi sopra e chiarire, in maniera più semplice ed esplicita, la vexata quaestio.

Forma della Cresima

Quanto alla Cresima ci si chiede se la nuova forma promulgata da Paolo VI, mediante la Costituzione apostolica Divinae consortium naturae (15 agosto 1971), assicuri la validità della Cresima.

Innanzi tutto c’è da ricordare che nella Chiesa latina vi furono sino al XII secolo, varie forme del sacramento della Cresima. Nel Pontificale Romanum appare un’unica forma solo a partire dal XII secolo, restata in vigore sino al 1971.

La nuova forma del sacramento della Cresima di papa Montini la si trova già verso la fine del IV secolo (cfr. Euchologium Serapionis) nella Liturgia siriana occidentale ed è ancor oggi in uso nella Liturgia bizantina, di Tradizione apostolica .
Dunque è impossibile che sia invalida. È un fatto e non una tesi (1).

Materia della Cresima e dell’ Estrema Unzione

L’unzione col crisma sulla fronte del cresimando appare per la prima volta nel IV secolo (2). Quindi nei primi tre secoli di vita della Chiesa l’unzione non era praticata nel conferimento della Cresima e quindi non è assolutamente necessaria per la validità del sacramento, altrimenti la Chiesa apostolica e immediatamente post-apostolica avrebbe conferito invalidamente un sacramento, cosa inammissibile (quod repugnat). 
Anche questo è un fatto e non una tesi preconcetta.

Olio soltanto di oliva o anche vegetale?

Quanto alla domanda se l’olio vegetale non di oliva, ammesso come eccezione da Paolo VI con la Costituzione apostolica Sacram Unctionem Infirmorum del 30 novembre 1972, invalidi i sacramenti della Cresima e dell’Estrema Unzione si risponde che S. Giacomo scrisse la sua Epistola (V, 14-15) in cui tratta dell’Estrema Unzione, in Palestina, ove il termine aramaico o ebraico “olio” designava abitualmente ma non esclusivamente l’olio di oliva, e siccome S. Giacomo ha usato il termine generico di olio (che può essere di oliva ma anche di altre piante), non è specificatamente rivelato che l’olio di oliva appartenga alla sostanza del sacramento. Quindi la Chiesa, come insegna il Tridentino, ha il potere di apportare delle modifiche non sostanziali al sacramento (“salva ejus substantia”) senza invalidarlo (3).
 
L’Ordine episcopale

Quanto all’Episcopato, la Costituzione apostolica di Pio XII Sacramentum Ordinis (30 novembre 1947) stabilisce le parole della forma del sacramento dell’Ordine Sacro episcopale. Tuttavia Pio XII non ha insegnato che “tutte e singole le parole del Prefazio e da lui riportate - nella Sacramentum Ordinis - si richiedano strettamente per la validità, ma è la forma presa in sé, nella sua essenza che ha valore, finché resta integra quanto alla sua sostanza” (4).

Una citazione, riportata parzialmente da noi, del card. Pietro Palazzini, poteva essere mal interpretata. Precisiamo la citazione riprendedola per esteso. 
Pio XII (Costituzione Apostolica Sacramentum Ordinis, 30 novembre 1947) – come già detto – ha così definito la forma latina del sacramento della Consacrazione episcopale: «Comple in sacerdotibus tuis ministerii tui summam / Compi nei tuoi sacerdoti la perfezione del tuo ministero [sacerdozio]».
Pietro Palazzini nel Dictionarium morale et canonicum (Roma, Officium Libri Catholici, 1965, II vol., p. 270 e 271, voce “Episcopi/ Episcopatus”) scrive: «La forma del sacramento dell’Episcopato consiste nella invocazione dello Spirito Santo. Ciò lo si prova 1°) con le citazioni della S. Scrittura. […]. 2°) con l’ insegnamento dei Padri più antichi: la Tradizione apostolica (lib. VIII, capp. 4-5) e Dionigi l’Areopagita (De ecclesiastica hierarchia, cap. 5). Ma nel Rito latino della Consacrazione episcopale, come è ora in vigore, ci sono più invocazioni dello Spirito Santo […]. Inoltre la Costituzione apostolica Sacramentum Ordinis di Pio XII (30 novembre 1947) specifica e insegna: “nella Consacrazione del Vescovo la forma latina consta delle parole del Prefazio, delle quali sono essenziali per la validità: “Comple in sacerdote tuo ministerii tui summam/porta a perfezione nel tuo sacerdote [ordinando vescovo] la pienezza del ministero [ossia del sacerdozio]”. Tuttavia, quanto alla forma, per la liceità del sacramento e non per la validità, il Vescovo consacratore deve dire, sul consacrando, anche la frase: “accipe Spiritum Sanctum”, mentre gli impone le mani e subito dopo l’imposizione delle mani la preghiera: “propitiare Domine”».

Quindi, Palazzini, che in teologia morale e sacramentaria non era l’ultimo arrivato, non contraddice Pio XII, ma constata che nella S. Scrittura e nella Tradizione apostolica si invocava solo lo Spirito Santo e che poi nel 1947 Pio XII ha stabilito che l’essenza della Consacrazione episcopale consiste, per la validità, nelle parole del Prefazio. Tuttavia papa Pacelli, determinando che quanto alla materia dell’Ordine sacro l’essenza del sacramento consisteva nell’imposizione delle mani e non nella consegna degli strumenti, non è voluto entrare nella questione storico/teologica della situazione precedente il 1947 ed ha lasciato libera la discussione su quale sia stata precedentemente la materia dell’Ordine, essendo un problema arduo e dibattutissimo. Quindi non solo Palazzini non contraddice Pio XII, ma neppure “sì sì no no” non contraddice né l’uno né l’altro e tantomeno si contraddice. Anzi si constata che la questione della materia (e della forma) dell’Ordine non è stata così evidente ed immutabile, nel corso della storia della liturgia cattolica, altrimenti Pio XII non si sarebbe astenuto dal pronunciarsi in merito, come fa qualche emerito “teologo” che definisce a destra e a manca come se fosse il Papa.   

Concludendo, per esprimerci meglio e far capire a tutti la questione, la Costituzione Apostolica di Pio XII del 30 novembre 1947 viene recepita e non contraddetta dal Palazzini, il quale vuol significare soltanto che la Consacrazione episcopale dà la pienezza del Sacerdozio tramite lo Spirito Santo, il quale è il perfezionatore dei doni datici da Cristo (cfr. Leone XIII, Enciclica Divinum illud munus, 9 maggio 1987, DS 3325-3331); così come nella Cresima il Paraclito perfeziona la grazia ricevuta nel Battesimo.

Naturalmente, con il 1947, le parole essenziali della forma consacratoria dei Vescovi nella Chiesa latina sono quelle insegnate da Pio XII, ma ciò non implica che le forme di rito greco, di Tradizione apostolico/ patristica (accidentalmente, ma non sostanzialmente diverse dalla forma imposta da Pio XII alla Chiesa latina nel 1947), in cui si invoca lo Spirito Santo (“Da, o Padre, a questo tuo servo che hai eletto all’episcopato di pascere il tuo santo gregge e di avere la potestà del primato del sacerdozio nello Spirito”/ “Signore, fortifica con la venuta del tuo Santo Spirito questo eletto” (5) ), siano invalide, come ritengono alcuni.
Dunque Paolo VI, per aver ripreso la forma greca e lasciato quella latina, non ha invalidato il sacramento della consacrazione episcopale.
Certamente stupisce che nella Chiesa latina si sia lasciata la forma millenaria in uso in occidente e si sia adottata la forma altrettanto antica, ma in uso in oriente. È un “insano archeologismo”, di cui scriveva Pio XII (Enciclica Mediator Dei, 1947), più o meno opportuno, non è la miglior Riforma liturgica possibile, ma la sostanza della forma sacramentaria c’è e quindi i “nuovi Vescovi” son veramente Vescovi.

L’Ordine sacerdotale

La materia richiesta per la validità dell’Ordinazione sacerdotale è l’imposizione delle mani (6).
Alcuni teologi - Galtier, E. Hugon, Gassi - fondandosi sull’ autorità di molti Dottori della Chiesa (S. Alberto Magno, S. Tommaso d’ Aquino, Capreolus, S. Antonino da Firenze e Cajetanus), hanno ritenuto che la materia richiesta ad validitatem fosse la sola consegna degli strumenti e la forma fosse nelle rispettive parole pronunciate dal Vescovo consacrante nel consegnare gli strumenti.
Altri valenti teologi e Dottori ecclesiastici (Scoto, Bellarmino, Vasquez) hanno insegnato che nell’ Ordine del Sacerdozio vi è una duplice materia: 1°) la consegna degli strumenti. per poter consacrare l’Eucarestia; 2°) l’imposizione delle mani per poter assolvere i peccati.
Altri, infine, (Tanquerey, Noldìn e Billot) seguono, con qualche sfumatura, questa tesi.
Pio XII ha precisato che la sola imposizione delle mani è la materia del sacramento dell’Ordine sacerdotale. La forma consiste nelle parole del Prefazio (cfr. Sacramentum Ordinis, 1947) (7).

CONCLUSIONE

Le obiezioni contro la validità dei nuovi sacramenti non ci sembrano teologicamente serie.
Nonostante la tempesta modernista, i fedeli hanno ancora 1°) la Gerarchia istituita da Cristo e sempre sussistente sino alla fine del mondo, anche se nell’agire è assai difettosa; 2°) i Sacramenti, che sono il canale principale della Grazia divina per poter andare in Paradiso.
Dunque l’elemento divino della  Chiesa (la Grazia, tramite i Sacramenti che la producono) e quello umano (la Gerarchia, fatta da uomini, ma col potere di insegnare, santificare e governare) non hanno cessato né potevamo cessare di esistere, altrimenti la Chiesa (Corpo Mistico di Cristo) quale l’ha voluta Gesù sarebbe finita anch’essa.

«Nel passo del Vangelo di Marco (VI, 47-56) è scritto giustamente che la Nave (ossia la Chiesa) si trovava nel mezzo del mare, mentre Gesù stava da solo sulla terra ferma: poiché la Chiesa non solo è tormentata ed oppressa da tante persecuzioni da parte del mondo, ma talvolta è anche sporcata e contaminata di modo che, se fosse possibile, il suo Redentore in queste circostanze, sembrerebbe averla abbandonata completamente» (San Beda In Marcum, cap. VI, lib. II, cap. XXVIII, tomo 4).

NOTE

1 - Cfr. P. Anciaux, De sensu confirmationis rituum, in «Collect. mechl.», n. 40, 1955, p. 192 ss.; D. L. Greenstok, El problema de la confìrmaciòn, in «Ciencia Tomista», 1954, pp. 2011-240.
2 - Cfr. S. Cirillo di Gerusalemme, Cathech., 21, mistag. 3, PG 33, 1088-1904 ; S. Ambrogio, De mysteriis, 7, 34-42; De Sacramentis, 3, 2, 8-10, PL 16, 399-403 e 434-436.
3 - Cfr. A. Chavasse, Etude sur l’onction des infirmes dans l’Eglise latine, Lione, 1942; Z. Alszeghy, L’effetto corporeo dell’Estrema Unzione, in «Gregorianum», n. 58, 1957, pp. 368-405; F. Cuttaz, L’Estrema Unzione, Catania, 1962; G. Davanzo, L’Unione degli Infermi. Questioni canonico-morali, Torino-Roma, Marietti, 1958; E. Doronzo, De Extrema Unctione, Milwaukee, 1954; D. Jorio, La Sacra Unzione degli infermi, Roma, 1935; J. Kren, De  sacramento Extremae Unctionis tractatus dogmaticus, Ratisbona, 1907.
4 - P. Palazzini, Vita sacramentale, Roma, Paoline, 1976, parte II, sezione II, “Ordine Sacro e Matrimonio”, pp. 57-58; cfr. A. Delchard, Constitution apostolique “Sacramentum Ordinis” du 30 novembre 1947, in “Nouv. Revue Théologique”, n. 70, 1948, pp. 519-529; B. Botte, La Constitution apostolique “Sacramentum Ordinis”, in “La Maison-Dieu”, n. 16, 1948, pp. 124-129 ; M. Kuppens, Le constitutif essentiel des ordres sacrés d’après la Constitution apostolique de S. S. Pie XII, in «Rev. eccl. de Liège», n. 35, 1948, pp. 160-171 ; 229-247. 
5 - A. Piolanti, I Sacramenti, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1a ed., 1956; Città del Vaticano, LEV, 2a ed.,  1990, p. 498.
6 - Cfr. J. Coppens, L’impositions des mains, Parigi, 1925; H. Bouessé, Théologie et sacerdoce, Chambèry, 1937; P. Gasparri, Tractatus canonicus de sacra ordinatione, Parigi, 1892, 2 voll. ; G. M. von Rossum, De essenta sacramenti ordinis, Roma, 1931; M. Schmaus, Il sacerdozio: sua natura, suo compito, in «Renovatio», n. 5, 1970, pp. 179-202; G. Siri, L’immutabile sacerdozio, Brescia, 1970.  
7 - Cfr. P. Palazzini, Vita sacramentale, cit., 1976, parte II, sezione II, pp. 69-70, nota n. 66.



ottobre 2014

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