Pillole “gesuitiche”


di F. R.






Sui media nazionali di qualche giorno fa, sono state riportate le dichiarazioni del dimissionario superiore generale dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolas [nella foto con papa Bergoglio], il cosiddetto “papa nero”, a capo di 18mila religiosi sparsi in 112 paesi.

Può esserci più amore cristiano in un’unione canonicamente irregolare che in una coppia sposata in Chiesa”.

Il pesante macigno sferrato in barba e in danno ai sacramenti (contro il vincolo matrimoniale e contro la stessa eterogeneità dei sessi, necessaria allo stabilirsi di tale vincolo; contro la necessità della riconciliazione/confessione; contro lo stato di grazia…) non è una mera “svista bergoglianamente intesa”, suscettibile di subitanea smentita dall’ormai esausto padre Lombardi; no! È affermazione ponderata, pesata ed addirittura “argomentata” (dal suo punto di vista, s’intende!).

Infatti il prelato si è ben guardato dal cercare di dire e non dire, mediare, simulare o ammiccare – atteggiamento tipico del modernismo – ma ha deliberatamente preso posizione verso un’opzione semplicemente anti-evangelica, non cristiana.

Seguiamo il discorso.

La discussione, libera e franca, si sta indirizzando verso il cambiamento, l’adeguamento pastorale alla mutata realtà dei tempi odierni. E’ un segno epocale perché invece in questi anni ci sono state forze che hanno tentato di riportare indietro la Chiesa rispetto alla grande stagione conciliare”.

Cosa rileviamo? In primo luogo la presenza di una sottile, neanche tanto, empatia con il pragmatismo filosofico, di matrice hegeliana, il quale sfocerà nell’inevitabile illusione del potere creativo del divenire storico o addirittura dell’idea, che da esso scaturisca. È una resa totale a questa ideologia: il segno dei tempi!

La mutata realtà è vista come un black hole in grado di attrarre tutta la luce… ahimè anche quella spirituale emanata dalle sacre Scritture. Non conta nulla l’esse, e da esso e per esso l’agere; il pensante homo sapiens è risucchiato nel vortice del progresso continuamente in fieri, irreversibilmente mutevole, al punto che il suo intelletto non appare più idoneo a discernere il bene dal male… è passivamente obbligato ad adeguarsi all’indistinto cangiante.
Non si offendano i lettori, ma tale matrice di pensiero ben è rappresentata nella riproduzione di simboli satanici, dove la stella a cinque punte (l’uomo ed i cinque elementi), rovescia le facoltà nobili e spirituali verso gli inferi, significandone la piena sottomissione.

In secondo luogo, c’è da annotare il riferimento alle forze che invece tentano la “resistenza” la frenata, il ritorno della Chiesa al passato; i poveri bigotti non si sono accorti della “grande stagione conciliare”!… evidentemente un’era glaciale… ma, insomma, soprassediamo; poniamo invece l’accento sull’idea che di Chiesa il generalissimo sembra avere: una Chiesa che possa andare indietro piuttosto che avanti, questo a conferma di quanto appena sostenuto su quale sia la radice filosofica di questa banalità.

Come rispondere? Ci sarebbero tanti modi… usiamo le parole di Gesù: “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt. 24, 35).
Ebbene, delle due l’una: o si crede che la Chiesa sia ispirata da Dio e pertanto sia sempre foriera della manifestazione della divina volontà sull’uomo, quando usa della sua infallibilità e parla come Chiesa di Cristo (questo certamente non accade in un’assise sinodale di quella di cui si discute) ed in questo caso, ovviamente, non è suscettibile di mutazione di alcun tipo in relazione ai contenuti trasmessi ed indicati per ottenere la salvezza, oppure è un’istituzione umana, niente più niente meno di una sorta di mega ONLUS, dal che ci si domanda a qual fine costoro si diano tanta pena di studiare e deliberare.
In questa vanificazione dell’essenza della Chiesa sta anche l’inutilità del persistere della figura del Pontefice o del Generale dei gesuiti: si dimettano in blocco e dedichino del tempo a qualcos’altro.

Il modernismo in realtà, come ogni cosa che viene dal demonio, alla lunga colpisce i suoi stesi promotori! Se la Chiesa è un’istituzione umana, beh allora, ma cosa ci interessa di questo Sinodo?

Sulla Comunione ai divorziati?
Non si può impedire al Sinodo di discuterne come vorrebbe qualcuno. I vescovi non sono stati convocati per ribadire idee astratte a colpi di dottrina, bensì per cercare soluzioni a questioni concrete. Significativamente il Papa e molti padri sinodali hanno fatto riferimento nei loro interventi ai testi del Concilio. Ad esprimersi è quella la Chiesa in ascolto dello spirito che anche il cardinale Martini ha auspicato fino alla fine della sua vita”.

Attenzione: parlare di una questione già chiarissima prima del Sinodo costituisce il primo errore; questo infatti lascia presumere alla possibilità di un cambiamento e quindi apre già le coscienze dei fedeli ad una valutazione soggettivistica del comandamento. Quindi la discussione, se proprio voleva/doveva essere indirizzata a tali temi, sarebbe dovuta partire da premesse chiare ed indiscusse. Sappiamo che non è andata così. E guarda caso, la molla che dà la spinta a questo inutile ciarlare è sempre il medesimo, conclamato Vaticano II.
Questo suppone, è ovvio, una sorta di infallibilità rinforzata del Vaticano II!!!! Guai a contraddirlo! Venti secoli di storia si possono discutere!! Ma il CVII, no!!! Non sia mai!

Eppure, a voler seguire il ragionamento, si potrebbe dire: “mi scusi!...i tempi sono cambiati, ormai il Vaticano II non va più bene”! Effettivamente è quello che è avvenuto; tuttavia, non desiderando una salutare pausa per respirare lo Spirito Santo (da parte degli uomini di Chiesa, perché la Chiesa ne è in sé stessa ricolma!!), guardando a quello che sempre è stato creduto e ritenuto vero e fermo, ma per cercare una nuova fuga in avanti.

La Chiesa in ascolto dello spirito!”. Insegnamento del già guru cardinal Martini, che questo, ci si dice, auspicò fino alla morte; davvero? Non lo invidiamo affatto!

Riportiamo ancora:
I conservatori parlano di dottrina in pericolo…

E’ sbagliato assolutizzare. Prendiamo il caso delle unioni di fatto. Non è che se c’è un difetto tutto è male. Anzi c’è da qualcosa di buono laddove non si fa male al prossimo. Francesco lo ha ribadito: “Siamo tutti peccatori”. Va alimentata la vita in ogni campo. Il nostro compito è avvicinare la gente alla grazia, non respingerla con i precetti. Per noi gesuiti è prassi quotidiana. Lo sa bene l’Inquisizione”.

In che modo?

Il nostro fondatore Sant’Ignazio è stato sottoposto per ben otto volte all’esame dell’Inquisizione dopo aver parlato di ascolto dello Spirito. Allora come oggi per noi conta più lo Spirito perché viene da Dio rispetto alle regole e alle norme che invece sono opera degli uomini. Alla morale familiare e sessuale servono dolcezza e fraternità. Non si tratta di dividere ma di armonizzare.  Non si può evangelizzare le persone a  colpi di Vangelo. Solo la scelta di concentrarsi su Cristo mette al riparo dalle sterili dispute, dalle controversie ideologiche astratte. Le lacune e le imperfezioni non inficiano l’interezza dell’evoluzione della famiglia nella società degli ultimi decenni. Se c’è qualcosa di negativo, non significa che tutto è negativo”.

Il Gesuita non sembra aver ben studiato: “bonum ex integra causa malum ex quocumque defectu”. Deliberatamente si confonde la regola oggettiva che è alla base del precetto e che ci indica la verità da seguire per essere salvi, con l’applicazione pratica, sempre deficitaria (tranne che nei grandi santi), che di essa normalmente si ottiene da parte dell’uomo.

Siamo tutti peccatori! Giusto! Ed allora? Avviciniamo la gente alla grazia!!! E cosa significa, se non: mondarsi dal peccato e seguire la verità del comandamento?
Se non si ha una meta da raggiungere, ci si voglia spiegare verso dove si debba indirizzare il cuore; avvicinare alla grazia infatti significa far abitare l’uomo nuovo, sostituire il cuore di pietra, versare vino nuovo; implica sempre e comunque un movimento dell’anima, che, giustamente la tradizione chiama metanoia: conversione, ossia cambiare direzione, seguire altro rispetto a prima.

Se invece di indicare la via, si conferma nell’errore, spiegando che di fatto non esiste alcuna via, annulliamo in questo modo ogni effetto della grazia suddetta, impedendole di agire. La grazia infatti viene da Dio, ma è efficace se la si accoglie liberamente, aprendosi alla sua azione.

Ma, consentiteci, di riscrivere nuovamente “Non si può evangelizzare le persone a  colpi di Vangelo”; giustamente al Vangelo chi ci crede più?!
Certo sembra che poco ci credano coloro che lo vogliono usare come una scure! Il santo Vangelo non dà colpi, come li intende il generalissimo; molto di più! è capace di penetrare nel punto di divisione dell’anima e lo spirito! La Parola di Dio cambia le persone, se chi la trasmette, la vive come cosa vera e come cosa propria. Parlare di “controversie ideologiche astratte” è stratagemma sofistico per spostare la questione dalla verità alla prassi.

Non ci sono controversie, qui. O si ama Cristo e si osserva la sua parola o ci si sta prendendo in giro.

Non possiamo chiudere il nostro intervento senza commentare il contenuto dell’affermazione posta in apertura “Può esserci più amore cristiano in un’unione canonicamente irregolare che in una coppia sposata in Chiesa”.
L’equivoco vero a cui si espone il prelato è quello di confondere il piano orizzontale dell’amore umano, con quello soprannaturale della carità sponsale, l’unica che salva, perché in esso si opera il miracolo dal Manzoniano ricordo di un malinconico pensiero “dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo”.

Sembra infatti sfuggire al Gesuita che il vincolo sacramentale del matrimonio chiami in causa niente meno che il sigillo dello Spirito Santo, indelebile fino alla morte del consorte. Ci si sposa in chiesa, non perché, riprendendo le parole del presule, si voglia una cerimonia canonicamente regolare (anche quello per carità!), questa non è altro che una conseguenza della trasformazione dell’amore umano di due persone in una carità destinata a portare frutti per la Vita eterna.
Come il pane ed il vino, all’atto della trasformazione, transustanziazione nel Corpo e Sangue di Cristo, rendono Cristo presente e vivo, così l’amore degli sposi è capace, in virtù del Sacramento, di operare la metamorfosi delle passioni in amore che veicola la salvezza, per i coniugi e per i figli che Dio abbia deciso di donare loro.

Premiare un amore canonicamente irregolare significa prescindere da qualunque idea di Grazia divina che possa cambiare la vita. Infatti a nulla vale l’obiezione che molto spesso coppie, sposi in chiesa, si odino e si insultino al punto da essere di scandalo! In questo caso infatti la grazia non è più efficace non perché non si sia conferita, ma perché la persona liberamente ne vuole prescindere; il suo status tuttavia resta differente, sempre in grado, qualora volesse profittarne, di rendere efficace l’opera di Dio in essa. Nell’altro caso, unione senza matrimonio religioso, non esiste alcuna possibilità di recupero e di purificazione o santificazione, finché non si ricorra appunto al Sacramento.

L’uomo da solo non è capace di amare davvero. “Senza di me non potete far nulla”, dice il Signore. Non esiste vero amore unitivo e sponsale fuori dal vincolo sacramentale, perché il vero amore, il volere e cercare il bene dell’altro, punta al massimo e non si accontenta con meno, che non sia la Vita eterna per l’amato.



ottobre 2014

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