Nota su beatificazioni e canonizzazioni


di F. R.





Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti
(Lc. 6, 26)


Nel contesto relativo agli sproloqui “sinodali” non poteva mancare, per i modernisti/postmodernisti. la ciliegina sulla torta: la beatificazione del Montini.
Papa quanto meno controverso!
Figura emblematica del modernismo cangiante; accusato dei peggiori crimini: dal tradimento di Pio XII alle pratiche omosessuali, dalle nomine di vescovi omosex e pedofili all’alleanza massonico-comunista.
Rinviamo a studi ben documentati in materia.

E cosa dice il Papa di lui? Parafrasiamo: è stato un Papa che seppe scrutare i segni dei tempi, che non tornò indietro! Ebbe il grande merito di essere in linea con “le novità di Dio”!
Cogliamo l’occasione per condividere alcune riflessioni in merito, traendo spunto da un articolo che è stato pubblicato nel luglio scorso su Vatican Insider (Canonizzazioni infallibili?), per cercare di approfondire una tematica di stretta attualità e forse anche di notevole interesse.

Parliamo di beatificazioni e canonizzazioni e del relativo esercizio dell’infallibilità pontificia, in esse.

In materia, su questo sito, troverete già interventi illustri (prof. De Mattei, mons. Gherardini, mons. Williamnson).

Premettiamo: dai documenti del Magistero, non s’è mai accennato all’estensione di tale potere anche alle dichiarazioni di santità delle persone defunte; tuttavia, molti teologi, sin dagli albori della proclamazione del dogma dell’infallibilità, hanno creduto di poterlo conseguentemente applicare alla fattispecie.

Vediamo cosa ci dice il vescovo Giuseppe Sciacca, noto canonista e segretario aggiunto del tribunale della Segnatura Apostolica; di seguito approfitteremo per aggiungere ulteriori riflessioni.

D. Il Papa è infallibile quando proclama un nuovo santo?
R. «Secondo la dottrina comune e prevalente, il Papa quando procede con una canonizzazione è infallibile. Com'è noto, la canonizzazione è la sentenza con la quale il Pontefice dichiara solennemente che un beato gode della gloria del cielo e ne estende il culto alla Chiesa universale, in maniera precettiva e definitiva. Non si discute dunque che la canonizzazione sia espressione del primato petrino. Al tempo stesso però non dovrebbe considerarsi infallibile secondo i criteri per l’infallibilità che troviamo definiti nella costituzione dogmatica “Pastor aeternus” del concilio Vaticano I».

D. Ciò significa secondo lei che il Papa può sbagliare quando proclama un santo?
R. «Non ho detto questo. Non intendo infatti negare che la sentenza emessa nelle cause di canonizzazione abbia un carattere definitivo, e dunque sarebbe temerario, anzi empio, affermare che il Papa possa errare. Dico però che la proclamazione della santità di una persona non è una verità di fede, perché non appartiene al novero delle definizioni dogmatiche e non ha come oggetto diretto o esplicito una verità di fede o di morale, contenuta nella rivelazione, ma solo un fatto indirettamente collegato. Non a caso, né il Codice di diritto canonico del 1917, né quello attualmente vigente, né il Catechismo della Chiesa cattolica espongono la dottrina della Chiesa sulle canonizzazioni».

Come precisato nel prosieguo dell’intervista, a non molto vale neppure il richiamo di San Tommaso d’Aquino, dal momento che la portata dell’infallibilità come definita dal grandissimo teologo, alla sua epoca, era non perfettamente coincidente con quanto poi sarà dichiarato dal concilio Vaticano I. Questo Concilio infatti sembra aver operato – ed in questo è evidente la mano Divina – teologicamente parlando, una vera e propria operazione chirurgica, un discernimento rigoroso, nel fissare le condizioni con le quali opera la suddetta assistenza infallibile dello Spirito Santo.
Interessantissima considerazione è inoltre riscontrabile di seguito.

D. Ci sono elementi storici che fondano la sua posizione?
R. «Mi sembra rivelatrice dell’autocoscienza quantomeno problematica che i Papi avevano dell’infallibilità nelle canonizzazioni la formula della cosiddetta “protestatio” in vigore fino al pontificato di Leone X. I Pontefici, immediatamente prima di procedere all’atto della canonizzazione, affermavano solennemente e pubblicamente di non voler fare qualcosa che fosse contro la fede, o la Chiesa cattolica o l’onore di Dio. Come pure si possono citare le brevi orazioni che monsignor Antonio Bacci, poi cardinale, grande cultore dello “stylusCuriae” pronunciava a nome del Papa durante i riti di canonizzazione in San Pietro, dopo la perorazione dell’avvocato concistoriale, con espressioni che non militano certo per la tesi infallibilista, quali ad esempio “inerrans oraculum” (inerrante, non infallibile oracolo), “immutabile sententiam” (immutabile, non infallibile sentenza), “expectatissimam sententiam” (attesissima, non infallibile sentenza). Ancora, uno storico come Heinrich Hoffmann ammette che un’obiezione circa l’infallibilità potrebbe provenire – all’interno dell’allora rito di canonizzazione in vigore fino alla riforma di Paolo VI - dal fatto che immediatamente prima della solenne dichiarazione, i Pontefici manifestassero una qualche esitazione, “mentem vacillantem”, invocando “specialem Sancti Spiritus assistentiam (una speciale assistenza dello Spirito Santo».

Ebbene, questi elementi, opportunamente evidenziati, ci svelano la sottile titubanza dei pontefici nella dichiarazione solenne che porta a canonizzare un defunto. Tali esitazioni non venivano né vengono superate dall’utilizzo di formule di stile, quali «decretiamo e definiamo», all’apparenza vincolanti in virtù della forza della lettera, la quale però, nel caso de quo, appare impropriamente e forzatamente estesa al di là delle intenzioni del legislatore della Pastor, in quanto proposta per la definizione di un fatto che in realtà non attiene in maniera specifica alle verità presenti nel deposito della Fede, che sono invece le sole ed uniche destinatarie (per volontà del menzionato concilio Vaticano I) dell’impiego di tali rigorose perifrasi.

Possiamo inoltre aggiungere che dal concilio Vaticano II in poi sembra essersi smarrito lo stesso concetto di “definizione dogmatica”. Avendo incentrato tutto sulla ormai nota ed inflazionata “pastorale”, i Pontefici difficilmente si ergono nella posizione cattedratica dell’insegnamento infallibile. Forse anche questo porta ad indebolire uno degli elementi essenziali per la sussistenza dell’infallibilità e cioè l’intenzione di definire ed “obbligare secondo il definito”.
Ma andiamo oltre. Perché riteniamo, al di là di quanto già scritto, che dirimente di tutto possa essere ravvisato in una ulteriore argomentazione.

Cosa preme sottolineare? Semplicemente questo: nel beatificare o, ancor di più, nel canonizzare una persona la Chiesa non fa altro che dichiarare l’accertamento di una corrispondenza: quella della vita della persona in questione con i principi evangelici.

La domanda a cui si vuole rispondere è infatti questa: ha vissuto tizio in conformità alla legge di Cristo, tanto da farsi santificare da Lui in vita, tanto da essere così esempio e modello per i cristiani della Chiesa militante?

La risposta affermativa della Chiesa, quella che segue le indagini ed il dibattito del processo canonico, porta appunto a dichiarare solennemente questa presa d’atto.
Può essere fallibile una tale affermazione?
Può il fedele vedersi privato della certezza della divina assistenza tipica dell’infallibilità su una materia del genere?

Per rispondere, cerchiamo di capire a cosa serva l’infallibilità.
Essa non è garantita per un qualche capriccio, ma è finalizzata e funzionale a salvare la mente, l’intelletto e quindi la Fede del credente, chiunque sia.

La Fede infatti, quale adesione dell’intelletto ad una verità rivelata, ha necessità di essere perfettamente argomentabile, senza lasciare (s’intende!) la propria componente metarazionale, quanto alla portata e qualità del creduto; questo comporta che la certezza dei contenuti della fede discenda sia dalla Logica divina, coerente e mai contraddittoria, sia dalla necessità di riscontro di essa da parte di chi crede. Dio garantisce in ordine alla verità di ciò che è vero e di ciò che è falso, di ciò che salva e di ciò che invece danna. L’amore di Dio non permette che chi cerca Lui possa essere ingannato su ciò che è essenziale alla salvezza (fede e morale e relativi contenuti); a questo fine dona l’infallibilità del Magistero (secondo i limiti indicati) e la inerranza della sacra Scrittura.

A questo punto, chiediamoci: a che pro l’infallibilità nel caso delle canonizzazioni?
Basta ragionare sul rischio!
Cosa si rischia?
Qual è l’inganno terribile al quale il fedele semplice è esposto nel credere Paolo VI in Cielo?
A parere di chi scrive. Nessuno!

Nessun rischio nel rivolgere le preghiere, rispetto alle quali, il santo, è solo mero intercessore! Dio concede le grazie, non i santi! E tutte le grazie passano comunque per la mediazione universale di Maria SS, dispensatrice di ogni grazia. Delle nostre preghiere Dio fa ciò che vuole, volgendole sempre al Bene.
Si contesterà: non è così! Il santo è comunque additato come esempio di vita e quindi, solo chi ha avuto una vita illibata e senza scandali può essere degno degli onori dell’altare!
Davvero è così? Per quale motivo?

Invitiamo i lettori a ragionare; la Chiesa è santa per la presenza dei santi oppure esistono i santi, perché la Chiesa è santa?
Sappiamo bene che la risposta corretta è appunto la seconda.

Il santo, o il “dichiarato tale” non potrà mai contraddire il Vangelo!
Tanti santi nella loro vita hanno commesso nefandezze, ma non è per esse che sono stati canonizzati! La vita dei santi non è di per se stessa garanzia di inerranza e di infallibilità!!! Va presa alla luce del Vangelo, alla luce di quella verità e di quella carità, aderendo alle quali, essi sono stati santificati.

Non esiste, per il semplice fedele che veda beatificato il Montini, un possibile inganno nella verità. Non c’è! Perché la vita di Paolo VI, orribile o beata che sia, resta un irrilevante orpello di fronte a ciò che la Chiesa da sempre indica come necessario alla salvezza ed alla santità.

In cosa potrebbe consistere quindi l’errore dei prelati in una canonizzazione (o beatificazione, che sia)?: nell’ “elemento di fatto”; l’accertamento delle verità storiche è stato eseguito male o in maniera parziale, o è stato addirittura artatamente adulterato; accertamento di cosa? Di quello che s’è detto prima: della verificata incarnazione del Vangelo nella persona rispetto alla quale l’indagine è stata svolta.

Insistiamo, prendendo spunto dal Prefazio dei santi pastori, così come scritto nel Novus Ordo: “con il suo esempio la rafforzi, con il suo insegnamento l’ammaestri, con la sua intercessione la proteggi”.
Questo il ruolo dei santi: dare l’esempio ed ammaestrare, quindi intercedere.
Su quest’ultimo punto, abbiamo chiarito. Dio usa e destina le preghiere da vero Dominus; Lui è l’unico che sa davvero muovere l’amore del Cielo, dei santi e degli angeli affinché possano ottenerci qualcosa. Lui è il fine della preghiera. Gesù lo dice chiaramente: il dono dello Spirito Santo e la summa dei benefici che possiamo ottenere (un Dono che si coniugherà diversamente in benedizioni e favori, grazie materiali e spirituali…ma si tratta di un Dono unico).
Quanto invece all’esempio ed all’insegnamento?
Ebbene, l’esempio concerne il comportamento; esso in tanto vale in quanto sia ispirato al Vangelo, come già precisato; lo stesso dicasi per l’insegnamento; se è vero che neppure tutto il Magistero ordinario sia in grado di vincolare la coscienza del fedele, qualora esso presenti difformità rispetto a ciò che è stato perennemente creduto dalla santa Chiesa (cosa di cui ampiamente si discute su questo sito, visti i tempi), a maggior ragione le cosiddette rivelazioni private (a volte meraviglioso dono del Cielo), non possono né debbono prendersi per “oro colato”.

Sappiamo infatti che la Rivelazione si è chiusa alla morte dell’ultimo Apostolo; e questa è una verità imprescindibile, da tenere sempre presente, perché ci può aiutare a comprendere e a vedere meglio cosa davvero si debba trattenere e cosa lasciare.

Spostiamo lo sguardo su Dio e smettiamo di avere un’idea antropocentrica; perché credere che la canonizzazione sia atto garantito da infallibilità – ci scusi il lettore! forse esageriamo – significa dare davvero troppa importanza a quello che possa fare un uomo, sia in questa vita sia nell’altra.

Dio è l’unico Signore della storia, del creato, dell’umanità, dell’esistente…fissato lo sguardo in Lui, la beatificazione del Montini…appare davvero piccola cosa.
Guardate a Lui e sarete raggianti…non saranno confusi i vostri volti”.



13 novembre 1964
Paolo VI depone la tiara sull'altare
Applausi!
Dopo 2000 anni si vorrebbe abolire il vicariato di Cristo!




ottobre 2014

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