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RATZINGER, LA MESSA IN LATINO E GLI INQUISITORI
tratto dal sito di Antonio Socci, al seguente indirizzo http://www.antoniosocci.it/Socci/index.cfm?CFID=40929&CFTOKEN=23564599 Non c’è nulla di più intollerante
Lo conferma, per l’ennesima volta, l’anatema che dalle colonne del “Manifesto” Adriana Zarri (teologa, o meglio giornalista cattoprogressista) ha scagliato contro Guido Ceronetti, definito “anticonciliare, di tipo lefebvriano” (lui che non è neanche cattolico). Di quale terribile colpa si sarebbe macchiato lo scrittore
torinese?
In effetti il latino era il concreto legame universale che univa i cristiani di tutto il pianeta in un’unica Chiesa guidata da Pietro e in un’unica fede che nessun potere poteva intaccare. Cancellare quella liturgia ha enormemente indebolito i cristiani. La Zarri ieri ha irriso Ceronetti perché il progressismo cattolico italiano fu decisivo nello smantellamento della lingua della Chiesa. Ma è probabile che Benedetto XVI restauri proprio il tesoro dell’antica tradizione liturgica compreso il latino e il gregoriano (lo fa pensare anche il recente incontro del Papa con la fraternità lefebvriana). Anche se i progressisti grideranno al tradimento del Concilio. In realtà mai il Concilio ha decretato l’improvvisa e ingiustificata messa la bando della lingua sacra con cui la Chiesa per duemila anni ha espresso il suo Credo. Anzi, la distruzione della liturgia latina contraddice proprio l’art. 36 della Costituzione conciliare sulla liturgia. Contraddice la Lettera Apostolica “Sacrificium laudis” di Paolo VI, contraddice la “Veterum sapientia” di Giovanni XXIII (“nessun innovatore ardisca scrivere contro l’uso della lingua latina nei sacri riti”) e contraddice la “Mediator Dei” di Pio XII che riaffermava “l’obbligo incondizionato per il celebrante di usare la lingua latina”. Contraddice insomma tutta la tradizione cattolica. Ma come fu possibile allora far passare una simile “rivoluzione”
contro la volontà della Chiesa?
“il ‘partito rivoluzionario’, cioè il partito intellettuale si è impadronito della gestione della liturgia…la rivoluzione moderna non nasce dal popolo, è sempre il colpo di Stato di una minoranza… la riforma liturgica fu applicata in modo autoritario e violento...
Commenta Ratzinger: “Rimasi sbigottito per il divieto
del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata
in tutta la storia della liturgia. Si diede l’impressione che questo fosse
del tutto normale. Il messale precedente era stato realizzato da s. Pio
V nel 1570, facendo seguito al Concilio di Trento; era quindi normale che,
dopo 400 anni e un nuovo Concilio, un nuovo papa pubblicasse un nuovo messale.
Ma la verità storica è un’altra. Pio V si era limitato a
far rielaborare il messale romano allora in uso, come nel corso vivo della
storia era sempre avvenuto lungo tutti i secoli… senza mai contrapporre
un messale a un altro. Si è sempre trattato di un processo continuativo
di crescita e di purificazione, in cui però la continuità
non veniva mai distrutta…
Ed ecco una pagina clamorosa che prefigura il programma del suo pontificato: “Per la vita della Chiesa è drammaticamente urgente un rinnovamento della coscienza liturgica, una riconciliazione liturgica, che torni a riconoscere l’unità della storia della liturgia e comprenda il Vaticano II non come rottura, ma come momento evolutivo. Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita ‘etsi Deus non daretur’: come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta”. Sarà una svolta straordinaria, innanzitutto per
la Chiesa. Ma non solo. Significherà ritrovare anche “una sorgente
fecondissima di civiltà” (come scrisse Paolo VI) e soprattutto di
bellezza.
E’ una storia dimenticata o meglio rimossa, che è stata appena rievocata da Francesco Ricossa nel libro “Cristina Campo, o l’ambiguità della Tradizione”. In piena stagione sovversiva, ovvero nel 1966 e nel 1971, uscirono due manifesti in difesa della Messa tradizionale di s. Pio V. E furono firmati da personalità di eccezionale rilievo. Ne cito alcuni: Jeorge Luis Borges, Giorgio De Chirico, Elena Croce, W. H. Auden, i registi Bresson e Dreyer, Augusto Del Noce, Julien Green, Jacques Maritain (che pure era l’intellettuale prediletto di Paolo VI, colui a cui il Papa consegnò, alla fine del Concilio, il documento agli intellettuali), Eugenio Montale, Cristina Campo, Francois Mauriac, Salvatore Quasimodo, Evelyn Waugh, Maria Zambrano, Elémire Zolla, Gabriel Marcel, Salvador De Madariaga, Gianfranco Contini, Giacomo Devoto, Giovanni Macchia, Massimo Pallottino, Ettore Paratore, Giorgio Bassani, Mario Luzi, Guido Piovene, Andrés Segovia, Harold Acton, Agatha Christie, Graham Greene e molti altri fino al famoso direttore del “Times”, William Rees-Mogg.
Fonte: © Il Giornale - 18 settembre 2005 (torna su)
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