Clamoroso!
Cristo arruolato tra i “padri costituenti” della
Repubblica Italiana

Gli equivoci e le trappole della “laicità”




Per il testo della sentenza abbiamo usato quanto pubblicato dal quotidiano Il Foglio il 16.2.2006

È di questi giorni la notizia che il Consiglio di Stato si è espresso a favore del mantenimento del Crocifisso nelle aule scolastiche. Ha così avuto torto una signora finlandese che aveva chiesto che venisse rimosso dall’aula della scuola frequentata dai suoi figli, ad Abano Terme.

Questa questione della presenza del Crocifisso nei luoghi pubblici è una di quelle che negli ultimi anni ha innescato grosse diatribe e dotte disquisizioni tra laici, confessionali, credenti, non credenti, musulmani, ebrei, e chi più ne ha più ne metta.
In nome della cosiddetta laicità dello Stato molti hanno sostenuto e sostengono che il Crocifisso non può stare nei luoghi pubblici, perché, in tal modo, verrebbe imposta la presenza eminente di un simbolo cristiano anche ai non credenti e ai credenti di altre religioni. 
D’altronde, l’acclarata netta separazione tra Stato e Chiesa, ultimamente accettata da quest’ultima come legittima (se non addirittura di natura “evangelica”), si fonda sulla moderna convinzione che lo Stato sia cosa ben diversa dalla Chiesa, in questo caso dalla Chiesa cattolica, ma anche cosa ben diversa da qualsivoglia altra religione. Quindi, nei luoghi pubblici, che attengono allo Stato e non alla Chiesa cattolica o a qualsivoglia altra religione, non può essere presente alcun simbolo religioso e, tanto meno, il simbolo di una sola religione, con l’esclusione dei simboli delle altre religioni.
La cosa è talmente evidente e di una logica talmente inoppugnabile che non dovrebbe comportare alcun dubbio né permettere alcuna discussione.

Ma la sentenza in questione sembra contraddire questa logica.
Com’è possibile una cosa del genere?
È evidente che vi sono solo due possibilità: o non è vero che vi debba essere netta separazione tra Chiesa e Stato (e infatti non è vero) o non è vero che il Crocifisso sia un simbolo religioso (e invece lo è sicuramente).

In questa sentenza si afferma che: "Non si può pensare al crocifisso esposto nelle aule scolastiche come ad una suppellettile, oggetto di arredo, e neppure come ad un oggetto di culto; si deve pensare piuttosto come ad un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello stato."

Ne deriva che il Crocifisso può essere esposto nelle aule scolastiche in quanto simbolo della “laicità”.

E subito viene da chiedersi: 

ma si sta sempre parlando dello stesso Crocifisso? Cioè della raffigurazione della morte in Croce di Nostro Signore Gesù Cristo?
E ci chiediamo anche: se nostro figlio va a scuola e vede il Crocifisso affisso alla parete delle sua aula e chiede all’insegnante il significato di tale affissione e questa gli risponde che il Crocifisso significa la “laicità”, facciamo davvero bene a mandare nostro figlio in quella scuola?

Ecco! Dirà qualcuno. Ecco i soliti estremisti ad ogni costo. A questi non va bene niente.
Si lamentano se il Crocifisso viene tolgo dalle scuole e si lamentano se il Crocifisso viene mantenuto nelle scuole. Sono solo dei “bastian contrari”!

Mettiamo dunque in chiaro una cosa. 
Noi siamo ben contenti che il Consiglio di Stato si sia espresso per il mantenimento del Crocifisso nelle aule scolastiche. Siamo più che contenti.
Anche se sappiamo che la cosa non è finita qui: da oggi, infatti, ci sarà una mobilitazione massiccia per togliere di mano a quel giudice, e a tutti gli eventuali altri, le argomentazioni “laicissime” con cui egli ha sostenuta la sua sentenza.
Noi siamo ben contenti, ma non possiamo tacere il fatto che le motivazioni della sentenza non abbiano niente a che fare col Crocifisso, né con la Religione Cattolica né con la Chiesa.

Il giudice afferma infatti: 
[…]
In tal senso il crocifisso potrà svolgere, anche in orizzonte ‘laico’, diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni. Ora è evidente che in Italia il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana.
[…]

Tutta la sentenza è argomentata in questo modo, così che la signora ha avuto torto non perché non può imporre alla maggioranza dei cattolici presenti in aula e a scuola il suo punto di vista esclusivo e di parte, non perché la sua pretesa offende la sensibilità religiosa dei cattolici, non perché il Crocifisso è “il” simbolo dei cristiani, non perché la sua pretesa è blasfema: ma perché, in uno Stato laico, il Crocifisso è “simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato. ” 
Ed è tale ancor di più, sembra, proprio per la sua presenza nelle aule scolastiche!

Beh! Saremo dei “basian contrari”, ma quando ascoltiamo cose come queste non possiamo non reagire, gridando: basta! Non se ne può più di questi trucchi!
Basta con l’offesa alla Religione Cattolica! 
Basta con l’equiparazione di Cristo ad un qualsiasi politicante moderno! 
Basta con la riduzione al minimo di ogni sacrosanto sentire dei credenti! 

Di questo “crocifisso” con la lettera minuscola, mantenuto a scuola per fare da sostegno alla Costituzione della Repubblica Italiana, non ce ne importa niente! 

Tenetevelo, egregi signori. E non pensate di poterci prendere in giro con trucchi del genere.

È da alcuni secoli che la cosiddetta “laicità” si industria in tutti i modi per combattere la Religione Cattolica. 
Si incominciò con le accuse contro la Chiesa e l’Autorità, espresse per bocca dei “protestanti”. 
Si continuò con la demonizzazione dei religiosi. 
Si passò alla sottomissione dei vescovi all’autorità statale. 
Si giunse alle espropriazioni del beni ecclesiastici.

Raggiunto l’obiettivo della remissione della Gerarchia cattolica, si cambiò tattica. 
Si passò all’accettazione della Religione Cattolica a condizione che questa, per bocca dei suoi rappresentanti, si considerasse “una” religione e non “la” Religione. 
Si accettò la Religione Cattolica solo come un convincimento personale, come una opinione di uno o più singoli, rispettabilissima al pari di una qualsiasi altra opinione personale su qualsivoglia altra cosa. 
Si riconobbe poi che la Religione Cattolica, a queste condizioni, potesse esprimersi liberamente attraverso i suoi rappresentanti e le sue strutture, al pari di qualsiasi altra religione.

Raggiunto così l’obiettivo della banalizzazione della Religione Cattolica, ecco che oggi si fa un altro passo avanti: il Crocifisso non è più un simbolo cristiano, ma un simbolo laico.

Se i cristiani credono davvero che il Crocifisso rappresenti il fulcro della vera Religione: il Sacrificio del Figlio di Dio incarnato che riscatta con la Sua morte in Croce i peccati del mondo, beh!, questo è affar loro, che riguarda le loro case, le loro chiese e le loro coscienze. Per lo Stato, che è l’ente per eccellenza, a cui fanno capo tutti i cittadini, cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, induisti, animisti, agnostici, atei, ecc., … 
per questo Stato il Crocifisso è il simbolo “ dei valori …, che connotano la civiltà italiana. ” … “ che sono i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato. ” 

E se, a prima vista sembrerebbe trattarsi di un implicito riconoscimento dell’elemento cristiano come fondamento della “civiltà italiana”, nella pratica ci si rende conto che si tratta invece della equiparazione del Crocifisso ad un qualsiasi elemento umano di tipo filosofico-sociale, con tutta l’opinabilità che è propria di tali elementi. 

Nella sentenza, infatti, si afferma che: " Il crocifisso è esso stesso un simbolo che può assumere diversi significati e servire per intenti diversi (…). In un luogo di culto il crocifisso è propriamente ed esclusivamente un ‘simbolo religioso’, in quanto mira a sollecitare l’adesione riverente verso il fondatore della religione cristiana. In una sede non religiosa, come la scuola, destinata all’educazione dei giovani, il crocifisso potrà ancora rivestire per i credenti i suaccennati valori religiosi, ma per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata se assumerà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, se esso è in grado rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo) valori civilmente rilevanti, e segnatamente quei valori che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile."

Ora, si può anche riconoscere che in una sentenza del genere non fosse possibile usare un linguaggio diverso da questo, ma, al tempo stesso, si deve anche riconoscere che è questo il linguaggio usato, ed è esso a far testo, a prescindere dall’eventuale valore strumentale che potrebbe anche avere e dalle reali intenzioni del giudice.
Qui si dice esplicitamente che il Crocifisso “può servire per intenti diversi”, proprio come se si trattasse di un automobile o di un attrezzo da cucina. Solo in un luogo di culto è un vero e proprio “simbolo religioso in quanto mira a sollecitare l’adesione riverente verso il fondatore della religione cristiana.” Il che significa che per questo Stato la religione cristiana è una credenza religiosa di origine meramente umana, con tanto di fondatore e di seguaci: al pari di una qualsiasi altra opera umana di qualsivoglia natura. 
Non solo una religione tra tante, una religione, cioè, come qualsiasi altra, ma una credenza qualsiasi (chi potrà mai laicamente negare eguale legittimità al culto di Satana, quando questo non scada in forme che contravvengono le norme del “nostro convivere civile”?). 
E se lo dice lo Stato, che è “laico”, bisogna crederci.

Noi ci rendiamo perfettamente conto di vivere in un tempo e in  un contesto connotati essenzialmente dalla confusione e dell’ignoranza, spesso colpevole, ma questo non può consolarci e non potrebbe giustificare il nostro colpevole silenzio.

Anche a voler ammettere che ormai i cattolici siamo rimasti una minoranza, non ancora sparuta, grazie a Dio, ciò non può e non deve significare che dobbiamo essere costretti ad arrenderci alla volontà della maggioranza, o comunque a ricercare con essa, che è essenzialmente laica, e cioè atea, una qualche forma di “pacifica convivenza”.
Intendiamoci, qui non si suggerisce alcuna crociata, anche perché non vediamo dove oggi potremmo trovare i “Crociati” (già deboli, litigiosi, disordinati e incostanti secoli fa); si invita solo a riflettere sull’equivoco indotto dalla falsa distinzione tra laicità e laicismo, per esempio; sul pericolo di accettare  “giusta e santa” una qualche impropria collaborazione tra credenti e miscredenti, sia pure questi ultimi disposti a riconoscere un qualche valore (?!) ai “valori cristiani” (bontà loro!).

È possibile che si possa davvero credere che i cristiani possano riscoprire il legittimo e sacrosanto orgoglio del loro essere seguaci di Cristo con l’aiuto e col sostegno dei miscredenti?

Se i cristiani non si riapproprieranno innanzi tutto del loro bagaglio dottrinale, a prescindere al tempo e dal luogo in cui vivono, finiranno col seguire la stessa sorte di quei cattolici educati e cresciuti nelle cattedrali e nei conventi che a suo tempo hanno collaborato a meditare, elaborare, sviluppare e propagare tutto il pensiero moderno: dall’antropocentrismo rinascimentale, al decadentismo del Seicento, all’illuminismo del Settecento, all’idealismo e al nichilismo dell’Ottocento e al messianismo del Novecento.

Attenzione! Perché il nostro secolo si profila come il secolo del laicismo, con tanto di riconoscimento (bontà loro!) dei valori cristiani, ormai ridotti quasi esclusivamente a la tolleranza, il rispetto reciproco, la valorizzazione della persona, l’affermazione dei suoi diritti, il riguardo alla sua libertà, l’autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, la solidarietà umana, il rifiuto di ogni discriminazione (come si dice in questa sentenza).

E guai a parlare
- di un’unica verità che viene da Dio, 
- della condanna dell’errore e del peccato,
- del rifiuto di ogni forma di violazione della legge divina, 
- della lotta contro ogni suggestione corruttrice, 
- della necessità che lo Stato conformi le sue leggi ai comandi di Dio, 
- del compito dello Stato di sostenere il bene materiale e morale dei credenti 
- del dovere dello Stato di mettere in essere tutti gli strumenti sociali che aiutino i credenti a perseguire meglio il loro bene spirituale, 
- dell’obbligo dello Stato di rifiutare e di combattere ogni forma di abbrutimento, di deviazione  e di sovversione morale e spirituale, sotto la guida illuminata della Santa Chiesa.

Ma voi siete pazzi! Volete tornare al Medioevo!

No, a Dio piacendo e nonostante tutti gli ostacoli posti in essere dal “mondo”, vogliamo solo vivere da seguaci di Cristo, vogliamo vivere da Cattolici! Senza avvilenti infingimenti e senza pericolose furbizie.
 



(febbraio 2006)


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