Lettera al cardinale Giovanni Saldarini

sui trapianti


Carmagnola, 8 dicembre 1995, Festa dell'Immacolata Concezione.

A Sua Em. Rev.ma
il card. Giovanni Saldarini
Arcivescovo di Torino
 

 Eminenza Reverendissima,
      ci perdoni, innanzi tutto, il disturbo che arrechiamo all'Eminenza Vostra, che ben sappiamo oberata dagli impegni pastorali della nostra Diocesi.
 Sono proprio preoccupazioni di ordine pastorale che ci spingono a sottoporre a Vostra Eminenza un fatto accaduto a Carmagnola, il 23 novembre u. s., che rappresenta uno dei tanti casi che muovono le nostre coscienze a turbamento e a scompiglio.

 Organizzato dalla Parrocchia SS. Pietro e Paolo, di Carmagnola, si è tenuto, in locali della parrocchia, una sorta di incontro per giovani, avente per oggetto il problema dei trapianti.
Quale stupore, Eminenza, nel constatare che non si trattava di catechesi per i giovani, incentrata sul rapporto fra morale cristiana e problema dei trapianti! 
Quale amarezza, Eminenza, nel vedere i giovani abbandonati dal vice Parroco in balia di persone qualunque, seppur forniti di titoli laico-accademici, tutte dedite esclusivamente alla ipervalutazione della donazione degli organi! 
Quale tristezza, Eminenza, nel sentire che nessuno parlava del significato profondo di una buona morte, come insegnatoci e raccomandoci dalla santa Tradizione dei Padri! 
Quale afflizione, Eminenza, nella mancata attesa di una sola parola che richiamasse l'insegnamento morale della Santa Chiesa. 
Quale dolore, Eminenza, nell'ascoltare parole di compiacimento a fronte di un argomento che fa tremare le vene e i polsi, e trattato invece come la pubblicità del detersivo.

Addirittura, i rappresentanti di una certa associazione che promuove l'espianto generalizzato degli organi umani, ad uso indifferenziato di sempre piú preoccupanti procedure medico-scientifiche, si sono permessi di indurre i giovani inesperti presenti ad una diffusa adesione alla loro associazione: come dire che hanno usato i giovani della parrocchia per far proseliti approfittando della loro giovane età e usando della dichiarata connivenza del vice Parroco che dovrebbe essere il loro educatore.

 Questa triste vicenda è indicativa di una mentalità che ormai ha superato di molto i pur ampi limiti della discrezionalità concessa alla cura pastorale del Parroco e del Sacerdote in genere. 
Ma non è in vista di un rimprovero che intendiamo muovere a questo o a quel prelato che abbiamo deciso di richiamare l'attenzione dell' Eminenza Vostra. Piuttosto perché l'accaduto ci dà occasione di rivolgerci alla Vostra autorità pastorale e dottrinale circa il significato morale di certe costumanze e di certi orientamenti che ormai si diffondono a macchia d'olio in seno alla comunità cristiana dei credenti e dei praticanti.

Non crediamo di esagerare affermando che siamo in presenza di una penetrazione subdola eppure incisiva, in seno al popolo di Cristo, di concezioni che minano alla base la morale e la dottrina derivate dagli insegnamenti e dai precetti di nostro Signore.
Ci limitiamo, per l'occasione, a far presente il problema della diffusione della pratica dei trapianti di organi umani, problema strettamente connesso allo sviluppo tecnologico applicato alla medicina e all'uso che se ne fa.

Facciamo subito presente a Vostra Eminenza che, indipendentemente dal merito di un qualunque dibattitto sull'argomento, vi sono migliaia e migliaia di fedeli che, seppure rimangono in timido e dubbioso silenzio, vivono con un senso di ripulsa l'idea stessa che l'uomo possa essere fatto oggetto di manipolazioni di qualunque tipo, trasformando di fatto i manipolati in mere cose inanimate e i manipolatori in orgogliosi imitatori di Dio, con i primi ridotti a succubi illusi di chissà quali prospettive di pseudoimmortalità corporale e i secondi miseramente oppressi da manie di onnipotenza che conducono al disconoscimento di Dio e dei suoi comandamenti.
 Tali resistenze, fondate sulla millenaria educazione morale cristiana, sembra che non vengano tenute, oggi, in debito conto; ma, soprattutto, nasce l'interrogativo circa la permanente validità del magistero morale della Santa Chiesa.

Vostra Eminenza sa che i trapianti di organi sono basati sul principio, elementare, che gli organi stessi devono essere ben vitali, cioè ben efficienti, perché possano funzionare nel nuovo organismo in cui vengono trapiantati. In termini tecnici, essi devono essere ben irrorati di sangue, il che significa che devono essere espiantati da un organismo pulsante e, quindi, ancora vivo. Massimamente quando trattasi del cuore o del cervello. 
Certo, potremmo stare a discutere giorni interi sul sottile distinguo medico-scientifico sul momento della morte cosiddetta “fisiologica”, ma non sposteremmo di una virgola il problema centrale: gli organi devono essere ancora pulsanti e ricchi di sangue, pena il loro disfacimento e la loro inutilizzazione.

Ora, non potendosi stabilire con certezza il momento della morte, ne deriva che fino alla prova evidente della iniziata putrefazione, l'organismo umano deve ritenersi ancora vivo, e nessuna pretesa scientifica, peraltro sempre indefinita, incerta, discussa fra gli stessi scienziati e comunque sempre cangiante, può pretendere di presumere la morte. 
Ci è stato insegnato che l'uomo è composto dal corpo che lo sostanzia e dall'anima che lo informa, e che il concetto di vita è il risultato della combinata azione dell'anima che, informando il corpo, rende un essere umano “animato”, tanto che quest'essere può considerarsi “estinto” quando viene meno quest'azione dell'anima: cioè quando l'anima abbandona il corpo. Solo allora l'uomo è veramente morto: ogni altro discorrere sui sintomi corporei piú diversi, tanto dibattuti e tanto sconosciuti, che si pretende per di piú misurare con degli strumenti messi a punto da quegli stessi uomini che dichiarano la loro ignoranza circa la causa e il fine del vivere dell'uomo e del suo corpo, è mera presunzione tutta umana e dispregio del mistero della vita che ci viene da Dio e di cui a Lui solo dobbiamo rendere conto.

Come si vede chiaramente, Eminenza, non si tratta di un semplice problema di applicazione tecnologica, quasi si dovesse decidere se andare a piedi o in carrozza, bensí della inaudita responsabilità di squarciare il petto di un uomo ancora vivo, almeno di fronte al dubbio che non sia ancora morto, per esportargli, per esempio, il cuore ancora caldo e palpitante. Il che, ci sembra, forse ingenuamente, ma in modo del tutto evidente, sia cosa inammissibile, mostruosa e sicuramente contraria alla volontà di Dio. Non ci è stato detto: non uccidere?

Qualcuno potrebbe farci notare che esistono migliaia di uomini, anche cristianamente informati, che si occupano attentamente del problema; da qui si è giunti alla pratica dei trapianti e alle legislazioni che stabiliscono le norme per questi macabri rituali moderni. È vero, il problema infatti è molto complesso e non potrebbe essere liquidato con qualche argomentazione basata sulla ripulsa istintiva di certe pratiche moderne. Se non fosse che, nelle attuali condizioni in cui viviamo, è la sfrenata corsa alla tecnologia manipolatoria della vita umana che informa certi credenti, e non altro.

A quanto ci risulta, e fino a prova contraria, il processo che ha informato il rapporto fra la morale cattolica e il mondo scientifico moderno si è sempre presentato come un problema di compatibilità fra la sempre piú ampia pretesa scientifica e il tradizionale magistero della Chiesa. Prima si è giunti alla sperimentazione di certe pratiche, fuori dalla Chiesa e spesso contro la Chiesa, poi queste pratiche sono state proposte, applicate e diffuse fra la gente, e quindi la Chiesa è stata costretta a misurarle con la sua dottrina e a considerale lecite, o accettabili, o illecite.
 Non è una sottigliezza, Eminenza, qui ci troviamo di fronte ad una realtà tanto complessa quanto sovversiva, una realtà che, ormai da qualche secolo, pone prima la Chiesa di fronte al fatto compiuto e poi la costringe a pronunciarsi pro o contro, mettendola nella triste situazione di sconcertare i fedeli o di rassicurarli. 
Nasce da una tale condizione il problema dell'adeguamento del magistero morale della Chiesa, adeguamento che, giorno dopo giorno, si è spesso rivelato come un cedimento alle esigenze tutte umane di questo mondo che di Dio non vuol sentir parlare.

Chi può mettere in dubbio che il trapianto di un organo vitale ha dato a molte persone la possibilità di vivere ancora, a fronte della certezza di una morte immediata? E da qui che scatta il processo di condivisione dei trapianti: da questa considerazione che è tutta intrisa di pietà per le sorti terrene di un individuo!
 Anche a voler ammettere che il prolungamento della vita di un individuo sia un atto di misericordia, cosa che da sola presenta un numero enorme di interrogativi pesanti, sia per il metodo che per il merito, è accettabile che un problema cosí complesso, che attiene al mistero piú oscuro della esistenza umana, al mistero della vita e della morte, possa ridursi alla semplice pietà per uomo che non vuole morire e che riesce a prolungare la propria permanenza in questo mondo magari per qualche anno e spesso per qualche giorno?

Ci permettiamo fare osservare, Eminenza, che nelle nostre Parrocchie non si sente piú parlare della preparazione ad una buona morte, non si sente piú parlare di affidarsi alla volontà di Dio che ci chiama a Sé quando vuole e come vuole, non si sente piú parlare della sofferenza come oblazione dell'uomo. 
Anzi, mentre una volta si considerava la morte improvvisa, per esempio, come una eventualità da cui si pregava Iddio di liberarci, oggi ci si compiace che…: poveretto, cosí non ha sofferto! e non si fa piú caso al fatto che magari, il poveretto, non è morto in grazia di Dio e che per questo, probabilmente, perderà l'anima sua. 
Anzi, i morti non in grazia di Dio, i suicidi, per esempio, vengono considerati alla pari di altri che muoiono con la dovuta preparazione cristiana; e sempre con motivazioni di malintesa pietà cristiana.

È questa la triste realtà, Eminenza: dalla pazienza all'accettazione, dall'accettazione alla condivisione, dalla condivisione alla soggiacenza e alla riduzione al minimo della dottrina e della morale.
Questo spiega perché quel povero vice Parroco di cui dicevamo all'inizio fosse cosí compreso nell'esaltazione dell'aspetto caritatevole del trapianto e non si accorgesse di star inoculando nei giovani a lui affidati il germe della dissoluzione morale, della confusione dottrinale e della perdizione eterna.

Può sembrare, Eminenza, che qualcuna delle nostre considerazioni sia esagerata, eppure quando ci chiediamo qual'è l'atto di maggiore responsabilità che, in termini morali, coinvolge il destino ultimo dell'uomo, non possiamo che correre con la mente e col cuore agli innumerevoli richiami di nostro Signore, dei Santi e dei Padri: la vita non ci appartiene e non possiamo prepararci ad essa, possiamo solo viverla e dobbiamo viverla in ossequio ai comandamenti del Creatore, alla morte possiamo invece prepararci, con una vita santa. Come dire che di fronte ai due momenti cruciali del nascere e del morire, solo nei confronti della morte abbiamo un certo potere: imitando nostro Signore che ha sconfitto la morte e unendoci a Lui che è il Signore della vera Vita.

Ora, se le nostre preoccupazioni attuali finiscono col limitarsi al prolungamento di questa vita terrena, come stupirsi se si arriva poi fino allo scambio fra un moribondo e un sopravvivente? Come si fa poi a far capire che è piú importante considerare dubbia la morte di un uomo piuttosto che, nel dubbio, considerarlo morto per far sopravvivere un altro? 
Su cosa possiamo seriamente basare l'idea che ci sia un vero valore nel prolungamento artificiale della vita di un uomo? 
Ma, soprattutto, come possiamo continuare a dirci cristiani di fronte al dubbio che abbiamo ucciso un uomo, sia pur moribondo, per prolungare la vita di un altro moribondo?

Qualcuno potrebbe farci notare che “la scienza” dà per certa la morte del “donatore” (eufemismo per indicare colui a cui si strappano le viscere), e può anche essere vero: con “la scienza” non si può mai dire. Ma proprio “la scienza” ci fa dire che può anche essere non vero. Per esempio, la scienza è in grado di fecondare un ovulo di una donna in “coma irreversibile” con uno spermatozoo di un uomo in “coma irreverbile”; è in grado di assistere e di far portare a compimento la gestazione di questa donna, ed è in grado di far nascere un figlio da questa mostruosa operazione subumana.
Ebbene, il figlio nato da questi due esseri, che è un essere vivo, è il figlio di due vivi o di due morti? Se egli è vivo è quasi certo che è il frutto della vita, cioè è figlio di due vivi, quindi i due esseri in “coma irreversibile”, non essendo morti, non potrebbero e non dovrebbero essere sottoposti a espianto di organi. Questo invece accade, normalmente, con tanto di avallo della legge laica, trànseat, e con tanto di imprimàtur dell'autorità religiosa (?).
Se invece i due esseri da cui è nato questo figlio fossero morti, non v'è dubbio che si tratterebbe di una sorta di operazione necromantica, che invero avrebbe molto dell'assurdo oltre che del diabolico: una vita generata da due morti. Certamente sorgerebbero una miriade di interrogativi. Il figlio nato è un essere normale? La sua vita sarebbe da considerare alla pari con quella di un nato da due vivi? E ancora. Di chi è figlio questo nuovo nato? Figlio dei morti? 

Certo, qualcuno potrebbe dire che non vi sono limiti alla Potenza divina. Chi ci dice che un tale sviluppo non rientri nei disegni imperscrutabili di Dio? E via di questo passo. Oh! Eminenza! Quante volte, in questi ultimi anni, abbiamo sentito discorsi siffatti lanciati dai “pulpiti” delle nostre chiese! E a proposito delle cose piú diverse: della salvezza dei miscredenti o della giustificazione degli impenitenti, per esempio.

Il varco è aperto: per quanto angusto da esso fluiranno tutti i piú perniciosi fumi del Demonio.
Tutto si giustifica, oggigiorno, tutto diviene oggetto di malintesa misericordia, tutto viene accettato come passibile di “confronto”, di “dialogo”: perché no! parliamone! E ci si dimentica molto spesso che il Diavolo è buon teologo.
Eppure nostro Signore ci ha chiaramente avvertiti: È inevitàbile che avvéngano scàndali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scàndalo!
 Tutto ciò che avviene in questo mondo, pur rientrando necessariamente nei disegni di Dio, non per questo può essere giustificato, anzi, in linea di principio, tutto ciò che attiene a questo mondo attiene, per ciò stesso, al Príncipe di questo mondo. 

Diremo allora che tutta la vita dell'uomo è da guardare con disprezzo? Certo che no! Ma altrettanto sicuramente staremo attenti a considerare che il Suo Regno non è di questo mondo e che, quindi, le opere del mondo vanno tutte soggette a cauzione: non è guardando al mondo come bene che si può scoprire in esso l'errore, ma è sapendolo come ferito dal peccato originale che in esso si può e si deve cercare di compiere il bene; e il bene del mondo è massimamente la sua giustificazione ultima in Cristo, Che ricapitola in sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra.

Diremo allora che tutta la medicina è malvagia. Certo che no! Ma con altrettanta sicurezza sappiamo che non della medicina si tratta, se intesa come tentativo per alleviare le sofferenze corporee della debolezza umana, bensí di un pericoloso andazzo che guarda al futuro come se la morte potesse essere sconfitta per mano d'uomo. Il che, in altri termini, significa che ci troviamo di fronte al totale misconoscimento della vera realtà: che cioè la morte è stata sconfitta una volta per tutte dall'Unico vero Uomo totale e perfetto: il nuovo Adamo, il Figlio di Dio e Salvatore nostro Gesú Cristo.

Senza parlare di certe disatrose conseguenze che si producono con la diffusione di certa tecnologia. Conseguenze che potrebbero elencarsi per giorni interi, in relazione a tutti i campi del vivere odierno. Ma in relazione al problema dei trapianti, per esempio, come impedire che l'illusione dell'uomo della strada, senza piú alcun freno neanche da parte della Chiesa, conduca fino all'errato convincimento che qualunque “fastidio” fisico, e perfino psichico, possa essere alleviato ed anche eliminato con la tecnologia medica? Come frenare la pericolosa tendenza che ormai vede coinvolte migliaia e migliaia di persone che si fanno trapiantare di tutto? Che si fanno ritoccare, correggere, manipolare ogni piú impensabile parte del corpo? E cosa ancora piú grave: come frenare, come impedire che, anche in questo campo, si instauri la corsa alla ricerca affannosa, indiscriminata, talvolta disonesta, molte volte criminale, dei pezzi di ricambio umani, al fine di soddisfare la sempre maggiore richiesta “del mercato”?

Certo, Eminenza, la Chiesa condanna e continua a condannare certi eccessi. Non v'è dubbio. Ma è anche fuori d'ogni dubbio che l'eccesso che oggi si condanna è relativo ad una norma che solo l'altro ieri veniva considerata essa stessa un eccesso. Il che è cosí poco comprensibile che si sa bene come molti credenti abbiano finito col convincersi che ciò che è condannato oggi non lo sarà piú domani, quindi, perché aspettare domani? Non esageriamo, Eminenza, poiché è risaputo che quanto ha insegnato la Chiesa fino a qualche anno fa, oggi viene considerato come “superato”… no, non dai miscredenti, non dai laici, ma dai chierici, dai Parroci, dai Pastori, anche se, grazie a Dio, non da tutti.
 È questo un fatto, Eminenza, di cui l'Eminenza Vostra può darci atto meglio di tanti altri, vista la possibilità che Vostra Eminenza ha di sentire piú da vicino un certo “polso” della Chiesa militante.

Una volta accettato che farsi allungare la vita è cosa da poco conto: basta un nuovo pezzo di ricambio; una volta accettato che è cosa lodevole distribuire a dritta e a manca i pezzi del proprio corpo: tanto che la mutilazione volontaria diviene atto di ammirevole carità; una volta accettato che i pezzi  del corpo possono essere espiantati solo sulle pur dubbie ed interessate assicurazioni di certa medicina: senza alcuna preoccupazione circa il dubbio che si uccida un uomo vivo; una volta accettato tutto questo e permesso che rientri legittimamente nella forma mentale dell'uomo della strada, come impedire poi, col richiamo all'eccesso, che i pezzi del corpo umano diventino oggetto di libero mercato? Come impedire che si instauri il commercio dei pezzi umani? Come impedire che si scivoli, per l'insita debolezza dell'uomo, che non è stata ben considerata fino a quel momento, nella mercificazione criminale dei pezzi umani ottenuti con l'eliminazione fisica di una o piú persone?

Certo, non si tratta di buttare via l'acqua sporca con tutto il bambino. Ma, Eminenza, ci deve dare atto che solo fino a qualche decennio fa, se si fosse parlato, in campo medico, dell'espianto di un cuore, molti avrebbero riso e tanti si sarebbero subito preoccupati delle catastrofiche conseguenze. Le stesse legislazioni “civili” prevedevano che una persona poteva essere dichiarata morta solo dopo l'assenza di attività cardiaca verificata per 24 o 48 ore: adesso, invece, basta un apparecchio che dica che il cervello non emette piú segnali (?!), ed eccoti bello e pronto un corpo ancora caldo da squartare e un cuore ancora pulsante da espiantare. Dove andremo a finire di questo passo?

Che ci piaccia o no, è questa la realtà, Eminenza. Ed è questa la realtà che decantava, qualche giorno fa, il vice Parroco che ci dato lo spunto per rivolgere all'Eminenza Vostra un filiale appello perché la Chiesa ci salvi da tali catastrofi, perché la Chiesa ci aiuti a porre un freno definitivo a questo andazzo che ci sa molto da Anticristo e troppo poco di umano. A chi dobbiamo rivolgerci, noi figli di Santa Madre Chiesa, per essere aiutati a sfuggire alle spire di questo mondo sempre piú impazzito che vuole condurre i nostri figli verso un futuro di mostri e di morti viventi? A chi dobbiamo rivolgerci per trovare un ancoraggio sicuro in questo vortice che impazza?
 Una volta c'erano i nostri Parroci, ma oggi anch'essi, come noi, sono perduti e impotenti in mezzo a questo turbinio di voci, di grida, di cose, di fatti, di vita che non si sa piú dove vada! A chi dobbiamo rivolgerci, Eminenza?
 È un grido quasi disperato il nostro, se non fosse che troviamo ancora conforto nelle promesse di nostro Signore e nella speranza della sua salvezza. Ma è tempo che la Santa Madre Chiesa si scrolli di dosso un certo timore nei confronti di certa  “civiltà”, un certo “complesso di inferiorità” nei confronti di tante decantate “conquiste” che puzzano troppo di zolfo: i suoi figli piú attenti si sentono abbandonati e misconosciuti, i suoi figli piú forti si sentono confusi e intimiditi, i suoi figli piú deboli cadono ogni giorno di piú in preda all'illusione e alla deviazione, i suoi figli piú lontani non scorgono neanche piú da che parte stia la Chiesa.
 Ci perdoni questo nostro sfogo, Eminenza, ma sentivamo il bisogno di confessare all'Eminenza Vostra queste nostre sofferte riflessioni, che ci scusiamo non essere in grado di saper esporre in maniera compita e completa. Ma sentivamo anche il dovere, come cattolici, di dover esprimere con sincerità le nostre perplessità, i nostri imbarazzi, le nostre rimostranze. Sentivamo soprattutto come un nostro obbligo il dover sottoporre all'Eminenza Vostra le nostre sincere, disinteressate e convinte proteste per certo andazzo che nella nostra Chiesa sta diventando ogni giorno piú inaccettabile.
 Certi della Vostra paterna benevolenza e della Vostra pastorale comprensione, ci permettiamo, Eminenza Reverendissima, di pregarVi umilmente di concederci la Vostra benedizione, mentre Vi assicuriamo le nostre preghiere per il bene Vostro e di tutta la Santa Chiesa, e formuliamo i migliori voti augurali perché Dio Padre conceda all'Eminenza Vostra di trascorrere in pace e letizia il nuovo Santo natale del Suo Figlio Unigénito, il nostro Signore e Salvatore Gesú Cristo, a Lui lode e gloria nei secoli dei secoli.

 Laudétur Jesus Christus.

Il Presidente
Calogero Cammarata



dicembre 2006



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