Contorsionismo curiale
Ovvero
“Scomunica si, scomunica no”
Era da anni che non si sentiva parlare pubblicamente e
apertamente di scomuniche inflitte dalla Chiesa per gravi motivi morali
(peccato mortale o, come si dice modernamente, peccato grave).
Dopo aver ripreso a parlare, negli anni recenti, del
dovere dei cattolici di attenersi a quanto comandato dalla Chiesa, era
sembrato logico ascoltare la notizia che l’Arcivescovo di Città
del Messico avrebbe scomunicato i cattolici che, in quanto politici, hanno
votato la legge per la depenalizzazione dell’aborto.
Nel corso del trasferimento da Roma a San Paolo del Brasile,
il Papa ha detto ai giornalisti di condividere l’operato dell’Arcivescovo
di Città del Messico, tanto più che la scomunica è
prevista dal Codice di Diritto Canonico ( “ La scomunica non è una
cosa arbitraria, ma è prevista dal Codice ”; Zenit, 10.5.2007).
Evidentemente il Papa si riferisce al Canone 1398:
Qui abortum procurat, effectu secuto, in excomunicationem
latae sententiae incurrit
Chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella
scomunica latae sententiae.
Di fatto, stando così le cose, non serviva neanche
un pronunciamento formale dell’Arcivescovo di Città del Messico,
Norberto Rivera Carrera, poiché i suddetti politici cattolici erano
e sono scomunicati “automaticamente” (latae sententiae), e cioè
senza bisogno del pronunciamento formale della Chiesa.
Ora, il motivo che ci ha spinto a scrivere questa breve
considerazione è che in una nota del 9.5.2007 l’Agenzia cattolica
Zenit
ha riportato una precisazione del Direttore della Sala Stampa della Santa
Sede, padre Federico Lombardi S.I., con la quale si sottolinea che
non essendo stata emessa alcuna scomunica da parte dei Vescovi messicani
per quei politici, neanche Benedetto XVI intendeva farlo.
Se lo dice Padre Lombardi dobbiamo crederci.
Resta solo da capire il significato vero di questo moto
ondulatorio.
Poiché, anche a voler ammettere che l’Arcivescovo
Carrera non abbia scomunicato nessuno (i giornalisti enfatizzano sempre
tutto!) e che lo stesso abbia fatto il Papa, è davvero difficile
capire dove vuole andare a parare padre Lombardi, tenuto conto che in quell’aereo
c’era anche lui a sentire il Papa e la frase che abbiamo citata.
Ci chiediamo, infatti, cosa intenda dire padre Lombardi
quando, a chi gli chiede se quei politici cattolici sono scomunicati, risponde:
“No, si autoescludono dalla Comunione” (Zenit, 9.5.2007).
Ci sembra di ricordare che fu proprio Giovanni
XXIII, l’11.10.1962, nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II,
ad affermare che “ Al giorno d’oggi, tuttavia, la Sposa di Cristo preferisce
far uso della medicina della misericordia piuttosto che della severità:
essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi col mostrare la validità
della sua dottrina piuttosto che con la condanna.”
Insomma, sembrerebbe che padre Lombardi abbia tenuto a precisare
che la linea della Chiesa non è cambiata, dal 1962 ad oggi: Essa
non scomunica nessuno. Non lo fa l’Arcivescovo di Città del Messico,
né, tampoco, il Papa.
A questo punto, però, vi è qualcosa di paradossale.
Il Papa dice che la scomunica è
prevista dal Codice di Diritto Canonico (quindi c’è o potrebbe o
dovrebbe esserci), il padre Lombardi dice che non di scomunica si tratta,
ma di “autoesclusione dalla Comunione”. Due cose che sembrerebbero diverse,
pur riferendosi indubbiamente allo stesso Canone 1398. Solo che nel Canone
in questione si parla di scomunica latae sententiae, che chiaramente significa
che chi commette il reato previsto si “autoesclude” dalla Comunione ecclesiale
e quindi dalla Chiesa, e quindi… è scomunicato. Insomma il Papa
e padre Lombardi non sono d’accordo, ma dicono la stessa cosa, e la dicono
secondo lo stile conciliare: questa cosa è così, ma è
anche diversa da così.
E il nostro iniziale entusiasmo per il rinnovato vigore disciplinare
della Chiesa subisce una pesante mazzata: si rinnova tutto perché
non cambi niente!
A questo punto si pongono inevitabilmente due questioni.
La prima è relativa al fatto che a proposito
di aborto, di pratica dell’aborto, di leggi che depenalizzano l’aborto,
di politici cattolici che approvano e promulgano tali leggi, di chierici
conniventi con la pratica dell’aborto e con le leggi che la sostengono
e la procurano, è pieno l’ecumene cattolico, e l’Italia non fa certo
difetto.
Non ci sono scomuniche, perché la Chiesa non scomunica
più nessuno che viola le leggi di Dio, ma, a quanto sostiene conciliaristicamente
padre Lombardi, c’è sicuramente l’ “autoesclusione dalla Comunione
ecclesiale”, cosa che comporta inevitabilmente, per gli interessati
laici l’impossibilità di accedere ai Sacramenti e per gli
interessati chierici la perdita dello stato clericale (a norma dei
Canoni 1041, § 4, e 1044, § 3).
Chi può negare che vi sono centinaia di politici
cattolici che dovrebbero essere esclusi dall’amministrazione dei Sacramenti
e centinaia di chierici che, anche per la sola cooperazione, dovrebbero
essere ridotti allo stato laicale ?
E non ci riferiamo a qualche incidente di percorso, ma
a 40 anni di pratica politica e pastorale, compreso l’aspetto dello scandalo
pubblico nei confronti dei fedeli che in questi anni hanno appreso che
collaborare per l’aborto e con l’aborto è cosa, se non lecita, quanto
meno misericordiosamente compresa e accettata dalla Chiesa del post-concilio.
Qualcuno sa qualcosa di queste esclusioni e di queste
svestizioni derivate giocoforza dall’autoesclusione dalla Comunione ecclesiale
precisata da padre Lombardi ?
La seconda questione è relativa alla persistenza
delle scomuniche comminate dalla Chiesa da recente. Scomuniche che
non possono essere certo “mutate” in “autoesclusioni dalla Comunione ecclesiale”,
perché si tratta di scomuniche nient’affatto “automatiche” (latae
sententiae), ma espressamente pronunciate dalla Chiesa (ferendae
sententiae).
Avendo in vista sempre i politici cattolici e il loro
rapporto con la Comunione ecclesiale, segnaliamo il decreto del Sant’Uffizio
del 1 luglio 1949, con il quale sono stati scomunicati i comunisti e coloro
che ne appoggiano, ne sostengono o ne propagano la dottrina o l’opera.
(riproduciamo qui sotto uno dei famosi avvisi sacri che
un tempo si affiggevano nelle chiese per l’edificazione dei fedeli
in fondo alla pagina il testo del
decreto del Sant'Uffizio)

E subito ci vengono in mente le centinaia di parrocchie
e le tantissime diocesi dove i (cattivi) consigli pastorali, parroci e
vescovi in testa, hanno appoggiato, sostenuto e propagato la dottrina e
l’opera comuniste, procurando quegli stessi frutti che oggi si pensa di
poter combattere con delle semplici seppur vigorose dichiarazioni di principio:
aborto, divorzio, disgregazione della famiglia, disarticolazione dei rapporti
tra moglie e marito e tra genitori e figli, sfrenata diseducazione dei
figli e dei giovani in genere, diffusione del vizio e della droga, esaltazione
della personalità individuale in nome della dignità dell’individuo
o della persona che dir si voglia. E potremmo continuare.
Tale scomunica (*) è
sempre in vigore e per le migliaia di chierici
e laici che vi sono incorsi e vi incorrono è augurabile che arrivi
il richiamo del Papa, o magari di padre Lombardi, se non altro per ricordare
loro e per ricordare ai politici interessati che sono dei cattolici “scomunicati”.
Per intanto, non ci risulta che sia mai stata rimessa,
se non in modo del tutto unilaterale e illegittimo da quei vescovi e da
quei preti che in questi ultimi 40 anni hanno fatto vivere intere parrocchie,
se non addirittura diocesi, tenendo primariamente in conto quella che viene
detta “moderna necessità” della Chiesa e consistente nel supposto
dovere della Chiesa di venire incontro alle esigenze, supposte legittime,
della “gente”, grandi e piccoli, esigenze che sono tutte di ordine meramente
sociale, o psico-sociale, o antropologico.
Basta leggere le dichiarazioni rilasciate dai prelati
brasiliani proprio in questi giorni di visita del Papa nel loro paese per
rendersi conto che questi presuli ed i loro sodali non riconoscono più
che la “suprema lex” della Chiesa è la “salus animarum”.
A partire dal Concilio, la salvezza delle anime dei
fedeli passa innanzi tutto per il loro benessere materiale, alla faccia
dei Vangeli e di duemila anni di storia della Chiesa di Cristo.
Questo aiuta a capire perché la famosa scomunica
dei comunisti non viene più praticata: chi meglio del comunismo
ha realizzato la ricerca della felicità terrena degli uomini, anche
aiutandoli a liberarsi delle superstizioni della religione e massimamente
della religione cattolica o cristiana in generale ?
Chissà se in tempi di richiami “forti” (come si
usa dire oggi), non avremo la piacevole sorpresa di vedere applicata fedelmente
questa scomunica, non solo contro i comunisti e i pubblici peccatori, ma
anche nei confronti di certi prelati e di quei preti che amministrano loro,
perfino pubblicamente, la Santa Comunione.
IMUV
Decr. S. Officii, 28 iun. (I Iul.) 1949
AAS 41 (1949) 334.
Decretum contra communismum
Qu.:
1. Utrum licitum sit, partibus communistarum nomen dare vel eidem favorem
praestare;
2. Utrum licitum sit edere, progagare vel legere libros, periodica,
diaria vel folia, quae doctrinae vel actioni communistarum pratrocinantur,
vel in eis scribere;
3. Utrum christifideles, qui actus, de quibus in n. 1 et 2, scienter
et libere posuerint, ad sacramenta admitti possint;
4. Utrum christifideles, qui communistarum doctrinam materialisticam
et antichristianam profitentur, et in primis qui eam defendunt vel propagant,
ispo facto, tamquam apostatae a fide catholica, incurrant in excommunicationem
speciali modo Sedi Apostolicae reservatam.
Resp.: (confirmata a Summo Pontifice, 30 Iun.):
Ad 1. Negative: Communismus enim est materialisticus et antichristianus;
communistarum autem duces, etsi verbis quandoque profitentur se religionem
non oppugnare, re tamen, sive doctrina sive actione, Deo veraeque religioni
et Ecclesiae Christi sese infesos esse ostendunt.
Ad 2. Negative. Prohibentur enim ipso iure (CIC, can. 1399).
Ad 3. Negative, secundum ordinaria principia de sacramentis denegandis
iis, qui non sunt dispositi.
Ad 4. Affirmative. |
Decreto del Sant'Uffizio, 28 giugno (1 luglio) 1949
AAS 41 (1949) 334.
Decreto contro il comunismo
Quesiti:
1.se sia lecito iscriversi al partito comunista o sostenerlo;
2.se sia lecito stampare, divulgare o leggere libri, riviste,
giornali o volantini che appoggino la dottrina o l'opera dei comunisti,
o scrivere per essi;
3.se possano essere ammessi ai Sacramenti i cristiani che consapevolmente
e liberamente hanno compiuto quanto scritto nei numeri 1 e 2;
4.se i cristiani che professano la dottrina comunista materialista
e anticristiana, e soprattutto coloro che la difendono e la propagano,
incorrano ipso facto nella scomunica riservata alla Sede Apostolica, in
quanto apostati della fede cattolica.
Risposte: (confermate dal Sommo Pontefice il 30 giugno)
1.negativo: infatti il comunismo é materialista e anticristiano;
i capi comunisti, sebbene a volte sostengano a parole di non essere contrari
alla Religione, di fatto sia nella dottrina sia nelle azioni si dimostrano
ostili a Dio, alla vera Religione e alla Chiesa di Cristo;
2.negativo: è proibito dal diritto stesso (CDC, can. 1399)
3.negativo, secondo i normali principi di negare i Sacramenti a coloro
che non siano ben disposti;
4.affermativo. |
maggio 2007
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