|
|
Aspettando il Motu Proprio
Presentazione
Tutto questo è vero, ma per chi conosce l’andamento
delle vicende interne ai palazzi vaticani, soprattutto in questi ultimi
quarant’anni, tanto ritardo è rivelatore di un diffuso e grave malessere
circa il senso dei presupposti e dei fini di questo Motu Proprio.
In più di un anno e mezzo sono state espresse diverse
opinioni sulla manifesta intenzione del Papa e più volte si è
fatto riferimento agli argomenti del Cardinale Ratzinger: uso del latino,
preghiera ad Dominum, sacralità del Rito, uso del gregoriano.
Sottolineando, sia pro, sia contro, la necessità di perseguire solo
il bene della Chiesa.
“Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita “etsi Deus non daretur”: come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta. Ma se nella liturgia non appare più la comunione della fede, l’unità universale della Chiesa e della sua storia, il mistero del Cristo vivente, dov’è che la Chiesa appare ancora nella sua sostanza spirituale? (J. Ratzinger, La mia vita: ricordi, 1927-1977, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, 1997, p. 113).Questo aiuta a comprendere come non potrebbe esistere una “questione liturgica” di per sé: essa è tutt’uno con la Fede, con la pratica della Fede, con la salvezza delle ànime, col bene della Chiesa. Per dirla col Cardinale Ratzinger, la questione della liturgia o è strettamente connessa con la perdurante crisi nella Chiesa o non è affatto. Purtroppo la questione liturgica “è”, e lo è in tutta la sua drammaticità perché è drammatica la crisi che si sta vivendo nella Chiesa da quarant’anni. Crisi che riguarda tutti i fedeli, chierici e laici, con la loro tenuta dottrinale, la loro pratica liturgica, la loro adesione agli insegnamenti del Signore, la loro condotta morale. Stando così le cose non v’è dubbio che il
ripristino della liturgia tradizionale più che corrispondere ad
una convinzione di Papa Ratzinger è una necessità per il
bene della Chiesa. Benedetto XVI si è solo assunto l’onere di affermarlo
più o meno pubblicamente, più o meno tacitamente.
(su)
A più riprese abbiamo letto che il ripristino dell’uso
dei libri liturgici tradizionali non dovrà essere frainteso,
poiché si tratterebbe di preservare il grande tesoro liturgico della
Chiesa a cui hanno attinto milioni di fedeli e di Santi.
È stato stolto ritenere che la liturgia millenaria della Chiesa potesse passare per obsoleta e superata dai tempi. È stato oltremodo stolto sostenere la supposta necessità di una liturgia “aggiornata”, più adatta alla comprensione dei fedeli moderni, come se questi, per definizione, fossero incapaci di comprendere la liturgia praticata fino ad allora da loro stessi.Ma, attenzione, non deve trarre in inganno la dichiarata sensibilità verso il “tesoro liturgico” che non deve andare perduto. Bisogna riconoscere che se questo fosse veramente un punto centrale della questione liturgica, essa stessa sarebbe certamente infondata. Ripristinare la liturgia tradizionale non può equivalere ad erigere una bacheca dove esporre i gioielli di famiglia, ancorché si abbia voglia anche di usarli. Una mentalità siffatta, che, purtroppo, sappiamo presente anche in certi ambienti legati alla Tradizione, può solo portare alla definitiva demolizione della liturgia tradizionale. In questo caso sì che si vedrebbero confermate le fisime speciose coltivate in questi quarant’anni, e all’interno della Chiesa, dai nemici della Tradizione e della Santa Chiesa. Se la liturgia tradizionale dev’essere ripristinata principalmente perché non vada perduta, allora è meglio che si perda. (su)
Il Motu Proprio perché
si rispetti la “diversa sensibilità” dei fedeli
Altro argomento a favore del ripristino della liturgia
tradizionale è costituito dalla dichiarata intenzione di difendere
i diritti di quei fedeli che si sentirebbero attratti dalla forma liturgica
anteriore al Concilio.
È davvero scandaloso che in quarant’anni i Vescovi, salvo poche eccezioni, abbiano ripetutamente rifiutata ogni richiesta di celebrazione della liturgia tradizionale. È davvero scandaloso che per quarant’anni certi fedeli cattolici siano stati trattati dai loro Pastori come degli appestati e dei terroristi sol perché osavano chiedere una Messa tridentina. Ed è oltremodo scandaloso che questo sia avvenuto mentre tantissimi Vescovi promuovevano, sostenevano o accettavano le più pacchiane, le più diseducative, le più ingiuriose, le più blasfeme, le più diaboliche pratiche pseudo-liturgiche. Ed è ancor più scandaloso che questo sia avvenuto col silenzio, a volte col tacito assenso, della Gerarchia, anche dopo la pubblicazione del Motu Proprio del 1988.Ma buone intenzioni come queste non devono trarre in inganno. Non possiamo non rivolgere una preghiera di ringraziamento alla Santa Vergine perché tanti prelati siano riusciti finalmente a comprendere la legittimità delle richieste dei fedeli legati alla Tradizione, e ancor più dobbiamo ringraziare la Vergine Maria per il continuo aumento del numero di coloro che oggi sostengono e difendono queste richieste. Ma non dobbiamo ignorare che la legittimità delle richieste dei fedeli legati alla Tradizione non può e non deve essere intesa secondo l’ottica della tutela dei diritti di “chiunque”.Se questo può valere, come è stato fin ad ora, per i pruriti dei cattolici, chierici e laici, partoriti dall’ammodernamento conciliare, si deve evitare di cadere nella trappola di farlo valere per le richieste dei fedeli legati alla Tradizione. Sappiamo bene che vi sono tanti amici che argomentano in questo senso, e sappiamo anche che ve ne sono tanti che lo fanno in maniera strumentale, per mettere alle corde le obiezioni dei Vescovi contrari alla Tradizione, ma ci si deve guardare dal riconoscere merito a tale argomentazione. Anche a voler prescindere dai discorsi che parlano di sensibilità estetica o culturale o perfino spirituale, chiaramente del tutto inaccettabili, se i fedeli legati alla Tradizione fossero mossi anche solo da ciò che si usa chiamare “sensibilità liturgica” sarebbero decisamente da condannare, come sarebbero da condannare i Vescovi che acconsentono loro. (su)
Abbiamo anche letto, soprattutto in tanti articoli scritti
da vaticanisti, che il Papa intenderebbe compiere un atto in grado di condurre
all’unità ecclesiale la Fraternità Sacerdotale San Pio X.
Ma non bisogna dimenticare che la richiesta della Fraternità ha in vista non il suo proprio interesse, ma l’interesse della Tradizione e quindi della Chiesa.Piuttosto, a considerare le cose da questo punto di vista, ci sarebbe da chiedersi come mai tanti preti e Vescovi non seguano l’esempio della Fraternità San Pio X. Certo, solo appena sette, otto anni fa, chi affermava
questa verità elementare veniva sommerso da una valanga di dinieghi
sdegnati, provenienti da questo o quel dicastero romano e perfino dagli
stessi ufficiali romani preposti alla tutela dell’uso della liturgia tradizionale.
Si fa peccato a pensare che tutti costoro oggi si vergognano un po’ a dover ammettere che hanno sempre nascosta o manomessa la verità ? (su)
Su questo aspetto legato alla Fraternità San Pio
X vi è un altro elemento da considerare.
Attenzione, il Papa vuole favorire la Fraternità, vuole cedere agli scismatici, vuole aprire alla reazione, all’oscurantismo, al Medio Evo.E certi chierici, francesi in testa, ricordano che tra queste conquiste vi è la Chiesa finalmente adulta, libera, progressista, catto-comunista, che respingerebbe sdegnata l’accoglienza dei reazionari di Lefebvre. Certo, questi atteggiamenti si qualificano da soli, e
tuttavia stiamo parlando di Vescovi e di Cardinali, non di sagrestani (con
tutto il rispetto per questi ultimi). Vescovi e cardinali che in quarant’anni
si sono vietati di esprimere anche il minimo rimprovero nei confronti dei
loro presbiteri sovvertitori della liturgia e della dottrina cattoliche,
che in quarant’anni si sono preoccupati solo di condannare e di provare
ad emarginare nella Chiesa tutti coloro che volevano e vogliono rimanere
fedeli agli insegnamenti millenari della Chiesa.
Ci sono interi episcopati dove le vocazioni sacerdotali sono talmente basse da non riuscire a superare neanche quelle che può vantare un solo seminario della Fraternità San Pio X.Non l’unità della Chiesa sta a cuore a costoro, ma la divisione della Chiesa e soprattutto la separazione e l’allontanamento dalla Chiesa di tutti coloro che vogliono rimanere fedeli alla Chiesa. (su)
A questa questione del pericolo di aprire le porte alla
Fraternità, è legata l’altra relativa al pericolo di far
del male al povero e indifeso Concilio Vaticano II.
Ma non si rende conto il Papa che con questo Motu Proprio si mette a rischio il Concilio ?La cosa buffa è che il Papa è proprio uno dei padri del Concilio, così che si pretenderebbe di insegnare il bene del Concilio proprio ad uno dei suoi padri più autorevoli: quello stesso Ratzinger che lo ha portato in grembo, che lo ha partorito, che lo ha allattato, che lo ha cresciuto e che lo ha difeso per 25 anni come Prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Eccessiva presunzione ? Forse, ma certamente preoccupazione sincera. Se il Motu Proprio rimette in auge la liturgia tradizionale è certo che molti fedeli si chiederanno perché essa non è stata più usata per quarant’anni; perché per quarant’anni si è detto di essa e della Chiesa che prima la usava ogni sorta di bruttura e di indecenza. Si capisce che la preoccupazione è legittima. Anzi. Sacrosanta. Qualcuno prova a rimediare precisando che il Concilio
non ha colpe per il quarantennale ostracismo decretato alla liturgia tradizionale,
ma è palese a tutti che quando si parla di riforma liturgica e di
accantonamento della liturgia tradizionale nessuno può prescindere
dal Concilio.
Non c’è un fedele che non sappia che la liturgia tradizionale non è stata più usata dalla Chiesa per espressa volontà del Concilio. Non c’è predica e non c’è esortazione pastorale che non ricordi che il rinnovamento liturgico, e quindi l’accantonamento della liturgia tradizionale, è stato voluto dal Concilio.I fedeli, presto o tardi, penseranno che se si è ripristinata la liturgia tradizionale è perché si è tradito il Concilio. Inevitabile. E anche se si giungesse a dichiarare ufficialmente (come
si cerca di fare più o meno apertamente) che non vi è contraddizione
col Concilio, perché il Concilio non ha mai neanche parlato di abrogare
o anche solo di accantonare la liturgia tradizionale, non si cambierebbe
la realtà di questi ultimi quarant’anni e soprattutto non si intaccherebbero
i convincimenti che in questo tempo sono stati pesantemente conficcati
nelle menti di tanti fedeli.
È innegabile infatti che si finirà col trovarsi di fronte ad un terribile dilemma: o coloro che in questi anni si sono richiamati al Concilio erano tutti in mala fede, papi compresi, o il Concilio è stato talmente equivoco, talmente suscettibile delle più contraddittorie letture, talmente vago, impreciso e superficiale da giustificare tutto e il contrario di tutto.Ne consegue che il ripristino della liturgia tradizionale è impossibile che non implichi un ripensamento di quanto accaduto in questi quarant’anni e quindi un ripensamento del post-Concilio e del Concilio stesso. Chi paventa dei rischi in questo senso ha perfettamente ragione.D’altronde, se la liturgia tradizionale, e il suo uso, è ancora un argomento che suscita interesse all’interno della Chiesa, questo lo si deve al fatto che in questi quarant’anni vi sono stati dei fedeli, chierici e laici, che hanno tenute ferme le loro riserve e le loro opposizioni nei confronti della liturgia moderna, e lo hanno fatto proprio a partire dalla critica al Concilio. Senza di loro e senza questa ferma posizione critica, la liturgia tradizionale sarebbe scomparsa quarant’anni fa, o poco dopo, e nessuno ne avrebbe mai più sentito parlare, se non in qualche ristretto circolo culturale di assoluta insignificanza. Soprattutto non se ne sarebbe più parlato in Vaticano, tra i Cardinali, tra i Vescovi, tra gli esperti, tra i liturgisti, i quali è solo grazie alla tenacia e al sacrificio di tanti laici e, soprattutto di tanti chierici fedeli alla Tradizione che oggi possono pensare di ripristinare la millenaria liturgia della Chiesa per il bene della stessa Chiesa. (su)
Di contro, non sono pochi i prelati che si affannano a
ripetere che il Concilio non verrà minimamente toccato. Anzi, pare
che proprio a partire dal Concilio si potrebbe dimostrare che, non solo
la liturgia tradizionale ha il diritto di esistere in seno alla Chiesa,
ma è sulla base del Concilio stesso che la moderna liturgia riformata
può e deve avvicinarsi sempre più a quella tradizionale.
Come non pensare che questi convincimenti si fondino sul pregiudizio modernista e progressista della evoluzione della liturgia e della dottrina ?Si tratta della semplice accettazione e della conseguente applicazione del concetto di evoluzione alla liturgia della Chiesa; esattamente come è accaduto e come accade con la dottrina della Chiesa. L’espressione “magistero vivente” è emblematica in questo senso: poiché per “vivente” si può intendere correttamente solo “cangiante”, come è cangiante la vita organica dell’uomo. In questo senso è del tutto esatto parlare di Concilio che non verrebbe minimamente toccato dal Motu Proprio, poiché si tratterebbe di praticare questa concezione evolutiva a suo tempo fatta propria del Concilio.D’altronde, è con la stessa logica che sono passati i moderni concetti di ecumenismo, libertà religiosa e separazione e parità dei poteri. Logica che ha visto perfino diversi chierici che si dichiarano fedeli alla liturgia tradizionale impegnati nello sforzo di trovare a tutti i costi negli antichi insegnamenti della Chiesa degli spunti atti a giustificare perfino la libertà religiosa, inevitabilmente intesa come libertà di religione, come libertà per tutti di scegliere la religione più vicina ai dettami della propria coscienza (basta leggere gli annuali messaggi per la pace di Giovanni Paolo II). In un certo senso la cosa è ben comprensibile.Non sembri un paradosso. Anni fa si è tenuto a Fontgombault un convegno sulla liturgia, nel corso del quale si è parlato proprio della “riforma della riforma”.Ora, quasi per non smentire che al giorno d’oggi si vive tranquillamente tra mille contraddizioni, c’è solo da aggiungere che in termini di persistente validità del Concilio è anche diffuso il convincimento che esso, in fondo, sarebbe ancora da applicare interamente e correttamente. Ed uno degli elementi che comporrebbero questa corretta e completa applicazione sarebbe proprio il recupero di tutta quella parte della liturgia tradizionale esiliata e stracciata per quarant’anni, ma di cui tanti sentono oggi la mancanza. (su)
Se e quando il Santo Padre deciderà di pubblicare
questo sospirato Motu Proprio, è indubbio che lo farà allo
scopo di perseguire il bene della Chiesa, il quale coincide con la soluzione
della crisi che oggi la attanaglia ed è tutt’uno con la suprema
legge della Chiesa: la salvezza delle ànime dei fedeli.
Oggi sono in tanti coloro che condividono quanto affermato allora dal Card. Ratzinger, e quasi a tutti è chiaro che in materia liturgica sia necessario e urgente un cambiamento di rotta.I mutamenti e i cedimenti liturgici, in questi 40 anni, si sono accompagnati ad altrettanti mutamenti e cedimenti dottrinali. E come dai cambiamenti liturgici si è passati in maniera inavvertita agli abusi liturgici così si è giunti agli abusi dottrinali. Cambiamenti e abusi sono ormai dei dati acquisiti nella compagine ecclesiale e per molti fedeli, laici e chierici, è quasi impossibile comprendere dove finisce il lecito è inizia l’illecito. Disgraziatamente, questo stato di cose implica un vero e proprio mutamento della Fede. Per risolvere seriamente la crisi nella Chiesa non si può prescindere da questo aspetto. Il ripristino della liturgia tradizionale sarà un grande passo avanti in questa direzione, ma esso dovrà essere accompagnato da una vasta, diffusa, incisiva azione di correzione per una buona catechesi e per l’insegnamento della sana dottrina.Ora, quando si sostiene con convinzione che il bene della Chiesa si persegue anche con l’urgente ripristino della liturgia tradizionale, è innegabile che implicitamente si guardi anche al recupero degli insegnamenti e della dottrina tradizionali. Ed è altrettanto innegabile che si esprima un giudizio negativo nei confronti delle innovazioni del post-concilio. Indipendentemente dal fatto che tale giudizio negativo poggi sui documenti del Concilio o solo sulla sua interpretazione, il dato certo è che in questi ultimi quarant’anni non si è fatto il bene della Chiesa. Non diciamo che si è fatto il male della Chiesa, perché questo a molti potrebbe apparire eccessivo e ingiusto, ma è certo che ciò che si è fatto non corrisponde al bene della Chiesa, per perseguire il quale, infatti, si ritiene necessaria e urgente una inversione di rotta.Questa riflessione, condotta in maniera seria e ponderata, deve costituire il punto di partenza per ogni decisione futura. Sarebbe impensabile che la si tralasciasse o la si sottovalutasse. Da qui, un lavoro immane, che tocca in profondità
la vita dell’intera compagine cattolica.
Visto lo stato delle cose, un lavoro del genere lo
si potrà svolgere realmente e proficuamente solo con l’aiuto di
Dio.
E l’obbligo più grande è dei chierici, dei Pastori, dei Successori degli Apostoli.Anche i laici possono e devono svolgere la loro parte, come hanno fatto fino ad oggi i fedeli legati alla Tradizione, ma occorre riconoscere che senza la parte svolta dai sacerdoti e dai Vescovi fedeli alla Tradizione non saremmo mai giunti a questo punto. Continuiamo a pregare il Signore Gesù Cristo e la Santa Vergine Maria perché mandi nella vigna sempre più operai fedeli alla Santa Tradizione, così che si realizzi il necessario raddrizzamento all’interno della Chiesa. Per intanto, ci auguriamo che questo tanto annunciato Motu Proprio venga pubblicato al più presto, e ci riserviamo di riparlarne dopo averne letto il testo. IMUV (su)
1 giugno 2007 AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI AL DOSSIER SUMMORUM PONTIFICUM CURA |