La Guerra Giudaica (66-135)

prefigurazione dell’attuale guerra israelo/palestinese (2023)


Parte prima


di Don Curzio Nitoglia

Parte prima
Parte seconda


Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/







Distruzione della Giudea



Gli Zeloti provocano Roma (66 d. C.)

Verso la metà del maggio del 66 la Torre Antonia, presso il Tempio di Gerusalemme, venne assalita dagli Zeloti e dal popolo giudaico, che passarono a fil di spada la guarnigione romana ivi stanziata.

Il generale Vespasiano, nell’ottobre del medesimo anno, prese il comando della guerra contro i Giudei, ma il 1° luglio del 69 fu nominato Imperatore e lasciò il posto di comando in Gerusalemme a suo figlio Tito (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib., IV, par. 3, n. 8).

Sempre nel 66 gli Zeloti-Sicari s’impadronirono della fortezza di Masada, uccidendo la guarnigione romana lì presente.

Nel 69 Simone Bar-Ghiora era divenuto potentissimo in Masada, con quarantamila uomini armati. Il Fariseismo era degenerato in Zelotismo e questo si era organizzato nel banditismo dei Sicari (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib. IV, par. 9, n. 10).


Roma doma!

Tito arrivò nella primavera del 70 davanti a Gerusalemme, diede l’ordine di costruire dei terrapieni e cominciò l’assalto contro il terzo o il più esterno muro della città di Gerusalemme, che cadde dopo cinquanta giorni di pugne feroci. Quindi, fu la volta del secondo muro che cadde dopo cinque giorni, di modo che i Romani penetrarono nella città bassa, ma dopo quattro giorni i Romani dovettero ritirarsi assaliti dai Giudei.
Allora Tito fece costruire un muro e scavare un fosso tutt’attorno alla città (come aveva predetto Gesù, cfr. Lc., XIX, 43), che misuravano circa 6 km. I soldati Romani impiegarono solo 3 giorni per tale costruzione (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib., V, par. 12, n. 1 ss.).   


Da Masada a Betar

Molti Giudei disertarono rifugiandosi presso i Romani (Guerra Giudaica, V, 10, 420).
La fame tra il popolo causò molti orrori e atti di cannibalismo (Guerra Giudaica, lib. V, par. 10, n. 427). Addirittura “cosa assai miserevole, le madri strappavano il cibo dalle bocche dei figlioli” (Guerra Giudaica, lib. V, par. 10, n. 430).
I Giudei che non si erano arresi e venivano fatti prigionieri erano crocifissi dai Romani (Guerra Giudaica, lib. V, par. 11, n. 446). Molti invece erano rinviati con le mani mozzate a Gerusalemme ad ammonire i rivoltosi (Guerra Giudaica, lib. V, par. 11, n. 455).

Era tale lo scrupolo del superstizioso Tito, che, secondo la testimonianza di Flavio Giuseppe, “per risparmiare un Tempio straniero causava il danno e la strage dei suoi uomini” (FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib. VI, par. 4, n. 228-235, tr. it. a cura di G. RICCIOTTI, Torino, SEI, II ed. 1949, vol. 3°, pp. 258-259).
Infatti, Tito s’ostinava a non dare l’ordine di incendiare il Santuario, nel quale si erano arroccati i soldati ebrei, e faceva invece lavorare le macchine d’assedio su elementi secondari per causare all’edificio il minor danno possibile. Quando poi si decise di ordinare d’incendiare le porte esterne dei cortili, non era ancora che un attacco a una parte esterna del Tempio. Tito stesso comandò quasi sùbito ai suoi di spegnere quell’incendio (Ibidem, lib. VI, par. 4, n. 250-270, pp. 262-266).

I Cristiani sin dal principio del 66, sotto la guida del vescovo di Gerusalemme Simeone (secondo vescovo di Gerusalemme - dal 62 al 107 - dopo san Giacomo il Giusto) e memori delle profezie di Gesù (Mt., XXIV, 15), lasciarono Gerusalemme e si rifugiarono in Pella al di là del Giordano e distante 100 km da Gerusalemme (I. SCHUSTER – G. B. HOLZAMMER, Manuale di Storia Biblica. Il Nuovo Testamento, vol. 2, parte II, Torino, SEI, II ed., 1952, p. 911).

Ora, come scrive Flavio Giuseppe le fiamme all’interno del Tempio ebbero inizio e furono causate per opera dei Giudei. Infatti, “ritiratosi Tito, i ribelli [...] si scagliarono di nuovo contro i Romani e infuriò uno scontro fra i difensori del Santuario e i soldati intenti a spegnere il fuoco” com’era stato loro ordinato da Tito. Ed ecco il momento fatale. “I legionari romani, volti in fuga i Giudei, li inseguirono fino al Tempio e fu allora che un soldato [...] spinto da una forza soprannaturale, afferrò un tizzone ardente e […] lo scagliò dentro, attraverso una finestra [...] che dava sulle stanze adiacenti al Santuario” (Ibidem, lib. VI, par. 5, n. 271-280, pp. 267-268). Era il 15 agosto del 70.


Le fiamme divorano il Tempio della Vecchia Alleanza

Le fiamme ormai divampavano e qualcuno corse ad avvisare Tito, che corse verso il Tempio per cercare di domare l’incendio.  “Egli diede ordine ai combattenti di spegnere il fuoco, ma essi non udirono le sue parole” (Ibidem, lib. VI, par. 5, n. 281-283, pp. 269-280). Così il fuoco divampò anche nella Sancta Sanctorum e la distrusse contro il volere di Cesare.
Questo era il segno che Dio aveva abbandonato il Tempio, aveva rotto l’Antica Alleanza con i Giudei, poiché loro per primi l’avevano rotta mettendo in Croce il Figlio del Padre.


I sacerdoti d’Israele sono passati a fil di spada

I sacerdoti sopravvissuti, narra ancora Giuseppe Flavio, arresisi, supplicarono tutti assieme il vincitore di risparmiare loro la vita.  Ma Tito, che si era mostrato tanto clemente verso il Tempio e pronto, da buon romano, a perdonare chi si sottometteva, questa volta fu inspiegabilmente inflessibile. “L’imperatore rispose che per loro era ormai passato il tempo del perdono, che se ne stava andando in cenere l’unica cosa (il Tempio) per cui avrebbe avuto senso salvarli [...] e diede, pertanto, l’ordine di metterli a morte” (Ibidem, lib. VI, par. 6, n. 318-322, pp. 276-279).
Ecco la prova apodittica della fine dell’Antica Alleanza, della Sinagoga mosaica, che da allora non avrà più né il Tempio, né il Sacerdozio e si trasformerà nella Sinagoga rabbinico-talmudica.

Flavio Giuseppe narra che il numero complessivo dei morti da parte dei Giudei fu di un milione e centomila (Guerra Giudaica, lib., V, par. 13, n. 569; Ibidem, lib. VI, par. 9, n. 420), di cui 600 mila morti di stenti e fame e 500 mila uccisi; mentre Tacito (Hist., V, 13) parla di 600 mila vittime complessive; invece Sulpicio Severo (Chronich., II, 30)  riprende la cifra di Flavio senza specificare tra gli uccisi ed i morti per effetti collaterali, la quale sembra essere la più verosimile (cfr. G. RICCIOTTI, Flavio Giuseppe. Lo storico giudeo-romano. Introduzione, Torino, SEI, 1949, II ed., vol. I, p. 75-77). 
Tra gli storici si discute sull’entità della cifra senza timore di finire in galera per vilipendio della resistenza.

Gli ausiliari Arabi e Siri dell’esercito romano sventravano i Giudei fuggiaschi per estrarre dalle loro viscere le monete d’oro che avevano ingurgitate prima di fuggire: “Uno dei disertori, rifugiatosi presso i Siri, fu sorpreso a raccogliere monete d’oro dagli escrementi del proprio ventre; infatti essi partivano da Gerusalemme dopo aver inghiottito le monete. Ora, scoperto questo espediente in uno dei rifugiati, negli accampamenti si sparse la voce che i disertori avevano il ventre ripieno di  monete d’oro, e quindi gli ausiliari Arabi e Siri squarciavano il loro ventre. In una sola notte ne furono sventrati circa duemila” (Guerra Giudaica, lib. V, par. 13, n. 548-552).  

Gesù ai Farisei che lo invitavano a rimproverare i discepoli quando, la Domenica delle Palme, alla sua entrata in Gerusalemme fu osannato dalla folla al grido di “Benedetto Colui che viene nel nome del Signore”, esclamò: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc., XIX, 37-40). Le pietre che avrebbero gridato sono quelle del Tempio: lo testimoniano le lacrime di Gesù che, sùbito dopo, piange sulla sorte terribile che incombe su Gerusalemme e ritorna col pensiero alle “pietre”: “Abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai conosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (Lc., XIX, 44).
C’è dunque un legame assai stretto tra il riconoscimento della messianicità di Gesù e quelle pietre del Tempio distrutto!

Aggeo aveva profetizzato che il secondo Tempio (distrutto poi nel 70) “sarà più glorioso del precedente perché vedrà l’era messianica” (Ag., II, 4-9). Quel Tempio, perciò, non poteva essere distrutto prima dell’avvento del Messia, e proprio ciò avrebbe dovuto costituire per gli Ebrei di ogni epoca la prova inequivocabile che il Messia era già venuto!

 

Fine della Parte prima

 




 
novembre 2023
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