Tradizione e abusi
Sulla responsabilità del Concilio Vaticano
II
Qualche critica a quanto scriviamo e … qualche precisazione
in generale
Rilievi critici
A proposito di difesa della Tradizione:
Se si dice di difendere la Tradizione, immancabilmente
si difende quanto la Chiesa tramanda, aggiornando ai tempi correnti il
Buon Deposito che da Cristo stesso è stato affidato agli Apostoli.
Non sono pertanto d'accordo sulla bocciatura a priori
del Vaticano II in quanto contrario alla Tradizione perché se così
fosse, sarebbe ovviamente da sconfessare allo stesso modo ogni Concilio
indetto subito dopo la scomparsa dell'ultimo Apostolo per adeguare non
la SOSTANZA della Tradizione, ma i MODI di TRASMETTERLA ai contemporanei
(ivi compreso il Tridentino che, non si capisce bene perché invece
può essere invocato come fonte ultima della Tradizione. Ma forse
anche ai suoi tempi è stato osteggiato allo stesso modo dai contemporanei...).
Cosa conta di più la SOSTANZA della Tradizione
o la LINGUA per trasmetterla?
Se poi consideriamo che la lingua latina è
considerata dal Vaticano II la lingua liturgica per eccellenza, e quindi
la pietra di paragone per ogni traduzione nelle altre lingue, non capisco
il perchè del vostro atteggiamento di ostracismo a ciò che
non è latino.
Peraltro, mi pare, Gesù parlava l'aramaico
e gli Apostoli hanno scritto abbastanza in greco, mentre l'Antico Testamento
era per la quasi totalità scritto in ebraico.
Se diamo dietro al detto TRADUTTORE=TRADITORE ci sarebbe
da porsi anche il dubbio se quanto tradotto da San Girolamo e affini fosse
pienamente corrispondente a quanto scritto nelle lingue di coloro che le
hanno redatte e, a monte, se quanto redatto fosse corrispondente al pensiero
di Colui che ha ispirato le Sacre Scritture... e chi ne ha più ne
metta.
Mi pare sia da tempo che la Chiesa ha dato dottrina
sufficiente per dare un taglio a simili questioni.
Se poi c'è qualcuno che ABUSA della sua posizione
facendo passare per Tradizione ciò che non lo è, fosse pure
PRETE o VESCOVO, è lui che dovrà risponderne a Dio
per lo scandalo procurato. Per esperienza personale certe persone si trincerano
dietro il Vaticano II per giustificare i loro abusi.
Normalmente sono quelli che invece di unire in Cristo
dividono le persone in gente "di destra" o "di sinistra" (dimenticando
che Cristo è stato crocifisso "fra due ladroni"), fanno cose stravaganti,
inutili e dannose per provocare lo scontro con i cosiddetti "benpensanti",
rovinano le famiglie mettendo i figli contro i genitori, offendono dall'altare
chi, per decenza e rispetto del luogo dove si trova non vuole rispondere,
rovinano i confratelli più giovani che, sistematicamente, vanno
in crisi e lasciano il loro ministero… eccetera eccetera.
Nei loro confronti non c’è scelta o siamo persecutori
o complici, non c’è spazio umano e cristiano di dialogo
Naturalmente certi profeti di sé stessi
non ardiranno minimamente a lasciare la tonaca e il palco che gli deriva
(oltre allo stipendio). Quando vedranno che non è più aria
o chiederanno il trasferimento accusando i parrocchiani di non collaborazione
e ostilità nei loro confronti o, se chiamati a rispondere
delle loro malefatte chiederanno scusa delle proprie intemperanze, si faranno
mandare da un’altra parte e ricominceranno indisturbati a fare danni
Se questo è quello che succede non è
certo per il Vaticano II (che peraltro nei suoi interventi è
molto puntuale e non avalla o protegge certi atteggiamenti), ma per coloro
che, o per troppa benevolenza nella fiducia del pentimento dell’altro o
per Dio non voglia calcolo lasciano che tali abusi vengano perpetuati e,
come detto sopra, si prenderanno le loro responsabilità in
vista del giudizio di Dio.
Saluti
Risposta
Gentile Signora,
pensiamo che sia il caso di puntualizzare alcune questioni
che Lei solleva nella sua lettera; non tanto per controbattere le sue argomentazioni,
quanto per fare chiarezza su alcuni punti di importanza generale.
Lei inizia dicendo che non è d’accordo sulla bocciatura
a priori del Vaticano II.
Neanche noi.
Quindi, se Lei pensasse che tale bocciatura a priori
sia praticata anche da noi, sarebbe in errore.
Dopo attenta lettura dei documenti del Concilio e dopo
averli confrontati con la pratica della liturgia, della pastorale e della
predicazione così come si è svolta in questi quarant’anni
di post-concilio, si impone una sola conclusione: troppe cose non vanno,
troppa confusione, troppe storture.
Non facciamo l’elenco, diciamo solo che se “è
dai frutti che li riconoscerete”, in giro vi sono fin troppi frutti
avvelenati.
Senza stare qui ad approfondire (nelle pagine del nostro
sito si trova già abbastanza da far riflettere), basta riandare
al discorso alla Curia Romana pronunciato dal Santo Padre Benedetto XVI
il 22 dicembre del
2005. Lì il Papa afferma che vi è stata
una cattiva interpretazione del Concilio, in termini di rottura con la
Tradizione. Certo, non specifica, ma è indubbio che non si riferisse
alla cattiva interpretazione di certi sagrestani o di qualche prete. Parlare
di cattiva interpretazione significa riferirsi ai cardinali, ai vescovi,
ai
teologi, e via elencando.
Ora, com’è possibile parlare di cattiva interpretazione
a prescindere dagli stessi documenti conciliari ?
Solo ammettendo che tali documenti siano anche solo parzialmente
equivoci è possibile parlare di cattiva interpretazione “in buona
fede”.
Dal che deriverebbe che i documenti del Concilio Vaticano
II sono da emendare e da correggere (senza contare che rimarrebbe anche
da capire se sono equivoci per ignoranza e incompetenza o per cattiva volontà).
Se così non fosse, rimarrebbe solo la possibilità
che i “cattivi interpreti” siano stati tali “in male fede”, e per 40 anni;
e trattandosi di cardinali, vescovi e teologi è certo che si tratterebbe
di una cosa gravissima (senza contare che in questi 40 anni neanche i papi
si potrebbero chiamare fuori dalla responsabilità).
Peraltro, Benedetto XVI non è certo il primo arrivato:
è stato a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede per
25 anni, egli sa bene quello che dice.
A parte questo primo elemento, sul quale sarebbe davvero
necessario riflettere a lungo, è opportuno fare qualche precisazione
sulla trasmissione del Deposito della Fede, circa la distinzione tra sostanza
e modi di trasmetterlo, come li chiama Lei.
Non v’è alcun dubbio che sia l’annuncio evangelico
sia la trasmissione della dottrina sono sempre stati, sono e saranno direttamente
e intrinsecamente legati all’àmbito umano cui sono destinati.
Per la diversificazione della famiglia umana, ogni contesto
ha una sua specificità e sarebbe assurdo anche solo pensare che
si possa predicare e trasmettere la dottrina allo stesso modo ai Lapponi
e agli Zulu. La
Chiesa infatti ha sempre agito di conseguenza, basti
pensare che i primi discepoli degli Apostoli si recarono dagli Zoroastriani
e dai Druidi ottenendo in entrambi i casi conversioni clamorose e in massa.
Attenzione però. Perché la supposta
differente trasmissione “ai contemporanei” può indurre in gravi
errori.
Mentre la dottrina può essere presentata con modi
e forme atti ad essere meglio compresa, si deve sempre aver cura che essa
venga presentata e recepita nella sua integralità. Diversamente
si finirebbe col presentare
dottrine diverse e col recepire dottrine ancora diverse.
In breve, non è la dottrina che si adatta al
costume e alla mentalità, ma sono queste che devono conformarsi
alla dottrina. D’altronde, uno degli scopi essenziali della dottrina, fatta
salva l’urgenza primaria della salvezza delle ànime, è proprio
l’adeguamento della mentalità “contemporanea”, sia essa antica o
moderna.
Ben inteso. Quando parliamo di dottrina non abbiamo in
mente il Catechismo o la teologia, ma ci riferiamo in generale all’insegnamento
e alla pratica della Religione, ivi compresi gli aspetti morali e comportamentali
propri di ogni insegnamento religioso (questo peraltro vale, in linea di
principio, sia per la vera Religione cattolica sia per le false religioni).
Forse che Nostro Signore ebbe titubanze o scrupoli a
riguardo ?
Nel Vangelo in diversi passi si ripete: “Vi è
stato insegnato … io vi dico”. Senza contare i passi in cui si ripete:
“guai a voi…”.
A proposito del Concilio di Trento.
Guardi che non sono solo i fedeli tradizionali a considerarlo
caposaldo della dottrina. Legga il discorso di apertura del Concilio Vaticano
II pronunciato da Giovanni XXIII e noterà che è il Papa a
sostenere che dal
punto di vista dottrinale non v’era nulla di nuovo da
dire perché faceva testo il Concilio di Trento
(15. Il “punctum saliens” di questo Concilio
non è dunque la discussione di un articolo o dell’altro della dottrina
fondamentale della Chiesa… Per questo non occorreva un Concilio. Ma dalla
rinnovata, serena e tranquilla adesione a tutto l’insegnamento della Chiesa
nella sua interezza e precisione quale ancora splende negli atti Conciliari
da Trento al Vaticano I, lo spirito cristiano, cattolico ed apostolico
del mondo intero attende un balzo innanzi verso una penetrazione
dottrinale e una formazione delle coscienze, in corrispondenza più
perfetta alla fedeltà all’autentica dottrina…).
D’altronde, il Concilio di Trento ebbe inevitabilmente quella
connotazione per il semplice fatto che dovette confutare le falsità
dei seguaci di Lutero; e furono proprio costoro gli unici “contemporanei”
che lo osteggiarono.
Veniamo alla lingua.
Noi non ostracizziamo affatto ciò che non è
latino. Anzi. Del latino non ce ne importa proprio un bel niente. Non solo
non lo parliamo noi, ma siamo ben coscienti del fatto che non lo si parla
più diffusamente da
circa 1700 anni.
Altra cosa è l’uso della lingua liturgica fissa,
praticato non solo dalla Chiesa Cattolica Romana (il latino per circa duemila
anni) e dalla Chiesa d’Oriente (greco, per duemila anni, e slavonio,
da più di mille anni), ma da qualunque altro contesto religioso
o sapienziale che abbia un minimo di serietà propria: chieda agli
Ebrei o ai Musulmani, o ai Confuciani o agli Indù, o a chi vuole.
Sempre e ovunque la lingua liturgica fissa ha rappresentato
sia l’unità del contesto, sia la certezza della trasmissione dell’integrità
del culto, sia pure la garanzia contro i travisamenti possibili legati
all’uso di lingue parlate e necessariamente mutevoli.
In più occorre notare che in particolare per il
Cattolicesimo la unicità e la fissità della lingua liturgica
è sinonimo proprio di cattolicità e cioè di universalità.
Lasci stare poi le stranezze tutte moderne circa San
Girolamo, l’aramaico e il vero “pensiero di Colui…”. In verità solo
i moderni, e i moderni preti ed esegeti, potevano argomentare sciocchezze
del genere; pur se si deve riconoscere che tali argomentazioni spesso si
limitano a circolare sui giornaletti, anche sedicenti cattolici, che inseguono
la moda, anch’essa moderna, della volgarizzazione ad ogni costo.
Quanto alla “dottrina sufficiente” che la Chiesa avrebbe
“dato” “da tempo” in materia, Le confessiamo le nostra ignoranza.
Non si può certo sapere tutto !
Noi, purtroppo siamo rimasti fermi alla Costituzione sulla
liturgia del Concilio Vaticano II, la Sacrosanctum Concilium,
dove si riafferma la necessità dell’uso del latino anche per i fedeli
(Art. 36 § 1: L’uso della lingua latina,
salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini [cioè
nel Rito Romano];
Art. 54: …si abbia cura però che i fedeli sappiano
recitare a cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell’Ordinario
della Messa che spettano ad essi;
Art 116: La Chiesa riconosce il canto gregoriano come
canto proprio della liturgia romana: perciò nelle azioni liturgiche,
a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale).
Detto questo, Le chiediamo: siamo noi che abbiamo
fisime ingiustificate o qualcun altro in questi 40 anni ha raccontato ai
fedeli un cumulo di bugie ? Preti, vescovi e papi compresi ?
Non si scandalizzi, ma si è mai chiesta come mai
gli stessi Padri Conciliari che non intesero abolire il latino, poi, tornati
alle loro diocesi, da vescovi, l’hanno abolito ?
Certo che tutto porta la firma del Papa, ma lo stesso
Papa che firmò la Sacrosanctum Concilium, firmò
poi la nuova Messa in volgare !
Non crede che ci sia qualcosa che non va ? O pensa davvero
che noi si sia un po’ pazzi in seno ad una compagine ecclesiale di sani
di mente ?
Senza contare che, cosa ancora più grave, lo stesso
dicasi per la S. Messa Tridentina.
Non v’è un solo rigo del Concilio che parla del
suo accantonamento, né della “creazione” di una “Nuova Messa”:
eppure è da 40 anni che i papi, i cardinali, i vescovi, i preti
officiano la “Nuova Messa” in nome del Concilio Vaticano II.
C’è qualcosa che non va o siamo noi i pazzi nella
Chiesa ?
Veniamo adesso agli abusi.
Piaga della Chiesa, certo, ma ancor peggio piaga per
la salvezza delle ànime dei fedeli.
Veda, signora, in fondo la Chiesa non è minimamente
toccata da cose come queste, anzi, vi è anche abituata. La Chiesa
è santa al di là delle miserie degli uomini di chiesa.
In duemila anni, abusi ce ne sono stati
a non finire, ma non era mai accaduto che, come oggi,
questi interessassero l’intero ecumene cattolico, a tutti i livelli, per
tutti i Sacramenti, per di più con tanto di avallo della Santa Sede,
sia esso espresso o tacito.
Qui si tratta di Sacramenti invalidi e inefficaci,
che non veicolano più la Grazia e conducono i fedeli alla perdizione.
Nessuno può permettersi di pensare che la Misericordia
di Dio non sia in grado di sopperire agli errori dell’uomo, né che
gli errori degli uomini possano minimamente interferire con la Misericordia
e il Disegno di Dio. Ma questo non significa che un Sacramento invalido
possa diventare valido per diretto intervento dello Spirito Santo.
Se così fosse Nostro Signore non avrebbe istituito
un bel niente, avrebbe pensato a tutto Lui, duemila anni fa, oggi e per
sempre. Non c’era bisogno degli Apostoli, di San Pietro, di San Paolo,
della Chiesa.
Forse ha ragione Lei, certa deriva, che a chiamarla
col suo vero nome deve dirsi apostasia ed eresia, non è colpa
del Vaticano II, ma questo significa che, a maggior ragione, è
colpa degli uomini di chiesa, e non
dei sagrestani, ma dei preti, dei liturgisti, dei teologi,
dei vescovi e dei papi, i quali, non solo avrebbero tradito il Vaticano
II, ma per anni hanno fatto di tutto per farci credere che tutte le novità,
le creatività, le invenzioni, le iniziative, insomma le apostasie,
le eresie e le diavolerie, erano tutte “figlie legittime” del Vaticano
II.
Chi tocca il Vaticano II… muore ! … Se è un
fedele tradizionale.
Se invece è un fedele moderno… va ad insegnare
in qualche Università Pontificia.
Tutto ciò non fa bene alla Chiesa, non fa bene
alla Fede, non fa bene soprattutto alla salvezza delle ànime.
E tutti coloro che non hanno potuto accedere alla Grazia
o che hanno ricevuto un cattivo insegnamento, sia con la parola sia con
l’esempio, cosa sarà delle loro ànime ?
È questo il vero dramma !
Che vadano alla perdizione eterna dieci, cento, mille,
centomila chierici, di ogni ordine e grado, è davvero un problema
loro, ma che per colpa loro ci vadano anche milioni di fedeli, questo è
un problema che ci riguarda tutti: perché ognuno di noi potrebbe
essere uno di quei milioni.
Un’ultima cosa.
Se in questi 40 anni non ci fossero stati nella Chiesa
coloro che tenacemente hanno denunciato abusi, storture, derive, anche
riferendosi alle responsabilità derivate dagli equivoci documenti
del Concilio, chi
si ricorderebbe oggi della Messa Tridentina, della dottrina
tradizionale, della liturgia millenaria della Chiesa ?
Non abbiamo alcuna pretesa di essere senza macchia, saremmo
invero stolti, ma non ci si può chiamare in causa per la crisi che
attanaglia la Chiesa da quarant’anni, tralasciando così, anche senza
volerlo, di chiamare in causa i veri responsabili dello sfacelo.
Sempre a sua disposizione.
In nomine Domini
IMUV
febbraio 2007
Torna a Sommario |