Progresso e Spirito che soffia dove vuole

Risposte a un frate
 

Rilievi critici


Ho dato un'occhiata al vostro sito. Sono davvero rimasto colpito da come guardiate con pessimismo la contemporaneità, vedendo solo nel passato un cristianesimo autentico e capace di esprimersi con simboli eterni per tutte le epoche e per tutti i tempi. 
Cari fratelli, vorrei dirvi che lo Spirito soffia dove vuole e noi non sappiamo dove egli voglia condurci, io sono certo che  con tutte "quelle cose strane" che oggi la Chiesa fa, vuole portarci alla salvezza, poiché Cristo stesso non vuole che nessuno dei suoi figli si perda. 
Io credo che lo Spirito regge e manda avanti la Chiesa, non osiamo noi farci giudici di quello Spirito che si è manifestato palesemente con il rinnovamanto apportato dal Concilio Vaticano II, e che ha accompagnato tutto il post concilio, illuminando il grande Paolo VI e Giovanni Paolo II. 
Un'ultima cosa: Gesù (fondatore della Chiesa) ha predicato su barche e colline, all'interno delle sinagoge è stato sempre respinto poiché trasgressore della tradizione giudaica, bene, cari fratelli, non facciamo i farisei che fanno dipendere la validità della Eucaristia da muri costruiti con pietre, pensiamo piuttosto a costruire chiese con cuori ardenti e innamorati di Cristo Signore. 
Vi immaginate il povero pescatore di nome Pietro, vestito con umili e poveri indumenti entrare nella Basilica a lui dedicata  a Roma.....cosa direbbe? 
E cosa direbbe Gesù che ci ha detto che il Figlio dell'uomo non ha un posto dove posare il capo mentre molti di noi vivono in palazzi vescovili, ricchi di arte e di comodità che poco hanno di evangelico.
Mi scuso, ma vi ricordo che la Verità che voi cercate di difendere deve essere ricercata nella preghiera, nell'ascolto della Parola, nella celebrazione dei Divini Misteri, in tutta umiltà e semplicità di cuore.
 
 

Risposta


Caro Fra …,
scusi il gran ritardo di questa risposta, ma purtroppo la prima cosa che ci caratterizza  è l’insieme dei nostri limiti, come inevitabile.

Sembra che Lei, nel dare un’occhiata al nostro sito, sia rimasto impressionato dalla vena di pessimismo che informa i nostri scritti. 
Che la nostra posizione sia intrisa di pessimismo è vero solo in parte. 
Il nostro pessimismo in realtà è il frutto della semplice constatazione: per quanto si possano operare dei distinguo, non crediamo si possa mettere in dubbio che da un bel po’ di tempo (con tutta evidenza da circa 5-6 secoli) il mondo occidentale, prima, e il mondo intero, poi, si muovano come lungo una china che sembra ineluttabilmente condurre verso il basso (posto che l’alto per il mondo moderno corrisponda ancora ai Cieli), ultimamente con un moto accelerato davvero sorprendente. 

Questa constatazione è valida sia dal punto di vista cosiddetto laico sia dal punto di vista religioso.
Dal punto di vista laico non s’era mai vista una compagine umana caratterizzata essenzialmente dalla frenesia, dal piacere mondano e, soprattutto, da quella che si usa chiamare “angoscia esistenziale”. 
La società attuale si presenta essenzialmente come una compagine umana prevalentemente alienata.
Se non bastassero i tantissimi sintomi disseminati ovunque, si consideri il numero enorme di psichiatri, di psicanalisti e di psicologi che si incontrano in tutti gli ambiti del vivere civile, e in posti di decisiva preminenza.

Dal punto di vista religioso non v’è dubbio che, inevitabilmente, questo malessere generale si rifletta anche nella Chiesa. 
L’impressione che Lei ha riportata per cui, secondo noi, solo nel passato vi sarebbe un cristianesimo autentico, corrisponde solo in parte al nostro reale convincimento. 
In effetti, se la Religione, così come è stata ed è praticata, risente inevitabilmente del processo di degrado complessivo che interessa l’umanità, ne deriva ovviamente che la pratica religiosa dei tempi passati era molto più coerente e molto più seria e più vera di quella di adesso.
Ovviamente il riferimento è valido per l’insieme di quella che una volta era la “Cristianità”, fatte salve le diverse situazioni personali che anche oggi possono sempre condurre fino alla santità.

Peraltro, quando si constata che oggi non è più utilizzabile il termine “Cristianità”, è evidente che ci si trova al cospetto di un processo di diminuzione a fronte del quale non servono a niente le analisi antropologiche e sociologiche: il processo che si è prodotto è un processo di “scristianizzazione”, a fronte del quale non è possibile cavarsela col semplice richiamo dello Spirito che soffia dove vuole. Non solo sarebbe troppo semplice, ma soprattutto contraddittorio.
Se poi si dovesse a tutti i costi considerare in termini ottimistici tutto quello che ci circonda e che si muove all’interno della compagine cattolica (o cristiana), sorgerebbe impellente la necessità di spiegare il continuo richiamo dei Papi recenti al bisogno di una nuova evengelizzazione.

Lei dice che sarebbe lo Spirito a muovere tutto ciò che oggi vive in seno alla compagine cattolica e quindi, in un certo senso, in seno alla Santa Chiesa. 
Ci permettiamo segnalare che nell’intera esistenza, in tutto il creato, “non si muove foglia che Dio non voglia”, e certo non potrebbe essere diversamente, poiché tutto ciò che si pretendesse esistere al di fuori della volontà e della onnipotenza di Dio, per ciò stesso sarebbe inesistente.
Attenzione, però, poiché la volontà di Dio e il disegno complessivo della Divina Provvidenza non possono essere considerati alla maniera umana e, soprattutto, in maniera unidirezionale. 
Lei afferma, per esempio, che Cristo vuole che nessuno dei suoi figli si perda, e questo è certamente vero, ma è altrettanto vero che certi suoi figli possono benissimo (o malissimo) perdersi per loro responsabilità. 
Se così non fosse si dovrebbe parlare di una sorta di automatismo, in base al quale tutti coloro che si dicono seguaci di Cristo per ciò stesso sono destinati alla salvezza. 
Siamo convinti che la Chiesa non ha mai insegnato una simile dottrina (che peraltro finirebbe col vanificare perfino l’Incarnazione), e se oggi capita che in certo modo essa venga praticata all’interno della Chiesa, si può solo constatare il conflitto con l’insegnamento millenario della stessa Chiesa; cosa che sentiamo il dovere di far notare ogni volta che se ne presenta l’occasione.

Peraltro, è paradossale come oggi si ricorra indiscriminatamente alla concezione del soffio imprevedibile dello Spirito, mantenendo la riserva mentale e il pregiudizio che laddove noi si creda o si voglia far credere abbia soffiato lo Spirito, da lì non può venire che solo del bene.
In un Concilio lo Spirito è presente ed esercita la sua influenza in relazione ai disegni di Dio, ma questo non significa e non ha mai significato che gli uomini che partecipano al Concilio smettano di essere tali in maniera automatica o magica. 
In questo mondo non v’è alcun intervento automatico di Dio o del Suo Spirito, non basta convocare un Concilio per costringere lo Spirito a manifestarsi o ad esercitare la sua influenza: se il contesto non recepisce l’influenza dello Spirito, per i limiti troppo umani dei suoi componenti, questo stesso Spirito non trasforma certo automaticamente i resistenti.
La libertà di perdersi dell’uomo rimane intatta fino alla Parusia.

Ci si dimentica spesso (e anche questa è una conseguenza del Concilio), che il Diavolo è sempre presente nel mondo e il fatto che lo Spirito soffia dove vuole non toglie nulla alla realtà della sua presenza e della sua azione interamente volta alla perdizione delle ànime, comprese le ànime dei Vescovi, dei Cardinali e dei Papi.

Quanto poi al rinnovamento apportato dal Concilio e che, accompagnando tutto il postconcilio, avrebbe illuminato gli ultimi Papi, pensiamo che neanche Lei ci creda, poiché proprio gli ultimi Papi hanno continuamente richiamato al dovere di ricondursi al vero spirito del Concilio avendo constatato che il grande distacco tra le intenzioni del Concilio e le successive realizzazioni del postconcilio ha prodotto spesso il travisamento della dottrina e della pratica religiosa. 

Pensiamo che nessuno possa mettere in dubbio che documenti come la Dominus Iesus e la Ecclesia de Eucharistia esprimano la profonda preoccupazione per come si sono condotte le cose del postconcilio sia in ordine alla dottrina (Dominus Iesus) sia in ordine alla liturgia (Ecclesia de Eucharistia).

Piuttosto occorrerebbe riflettere sulle cause profonde di quanto è accaduto, 
sulle cause profonde dell’abbandono della fede da parte di un numero sempre maggiore di credenti, 
sulle cause profonde del continuo assottigliarsi del numero del postulanti presso i seminari e i conventi, 
sulle cause profonde di una diffusa disaffezione per le cose del cielo ampiamente diffusa anche tra i chierici, ormai dediti soprattutto all’attenzione per le cose della terra. 
E nel  riflettere su tali cause, tenere presente il senso, quasi escatologico, di quel processo di diminuzione di cui parlavamo prima.

Ci dispiace, poi, ma ci vediamo costretti a dissentire fortemente dalle sue considerazioni circa il valore del luogo ove rendere culto a Dio.
Non se la prenda, caro Fra …, ma dovrebbe prendere in considerazione l’idea di approfondire meglio le sue conoscenze in questo campo, limitando certi spericolati voli pindarici di matrice sentimentale e di tipo retorico e parolaio.
Come si fa a far finta di dimenticare che è stato Nostro Signore a pretendere un apposito luogo di culto, ove fosse possibile celebrare la Pasqua e dove diede vita al nuovo culto della Nuova Alleanza con l’istituzione dell’Eucaristia?
Come si fa a preferire la retorica populista e demagogica della Chiesa povera, intendendo con idee siffatte una Chiesa senza chiese?
Se nostro Signore avesse voluto una Chiesa tutta immaginaria o intellettuale o sentimentale o magari eterea oppure fatta solo di buona volontà e di buone intenzioni, perché avrebbe istituito i Dodici e avrebbe affidato ad essi gli insegnamenti che questi hanno trasmesso ai loro successori e che comprendevano anche la costruzione di edifici di culto degni del Re dell’Universo?
Quando oggi si imbastisce la retorica della Chiesa povera contrapposta alla basilica ricca d’oro, come se quest’ultima fosse solo l’invenzione di qualche povero stolto prete, si cade nella trappola del demonio, poiché nessuno potrebbe seriamente affermare che per duemila anni la Chiesa si sia sbagliata e solo col Concilio e col postconcilio avrebbe finalmente capito tutto.

Non è piuttosto il contrario che si dovrebbe pensare, alla luce della logica più elementare?

Veda, caro Fra …, anche Lei, forse, è caduto nella trappola tutta moderna e satanica che il mondo più va avanti nel tempo e più cresce in scienza e sapienza; e senza rendersene conto ha finito con l’applicare alla Chiesa questo insano e innaturale concetto.
Ora, se non siamo davvero diventati sordi e ciechi: dove esiste nel creato un qualche cosa che vive secondo questa progressione crescente, fosse pure anche solo ideale?
L’universo intero è retto da una legge tanto evidente quanto elementare: ogni cosa che nasce per ciò stesso cresce, regredisce e muore
Nulla cresce in maniera indefinita, tutto invece decresce, fino a morire. 
È la sorte che toccherà anche a questo “secolo”, esattamente come è detto nei Vangeli. 
La fine è vicina, dicono i Vangeli, e occorre tenere sempre presente che il Signore verrà quando meno ce lo aspettiamo.
Non solo, ma nella vita di ognuno di noi questo è talmente lampante che meraviglia come un credente non se ne renda conto: basta una malattia per ricordarci che siamo qui solo di passaggio, destinati non a crescere, ma a perire.
E lo stesso vale per i popoli e per l’umanità tutta intera.

Che poi oggi sembra si sia diffuso tra i credenti, chierici e laici, lo strano convincimento del valore quasi divino del progresso, tanto che certuni non si vergognano di sostenere che un giorno o l’altro si giungerà al compimento del Regno di Dio sulla terra, è cosa che attiene all’eresia dilagante che, dalle radici sviluppatesi negli ultimi secoli, ha prodotto i suoi fiori avvelenati sui prati arati dai nuovi teologi del Concilio.

In nomine Domini 

IMUV 



settembre 2007



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