I dubbi di un fedele

(2005) 
 

Domanda

 Illustre Signor Direttore,
Vorrei sapere se il Suo sito intende parlare delle tesi che si trovano nel libro…
[…]
Ma se l’autore ha ragione (e S. Tommaso con lui), allora bisogna davvero dimenticare gli ultimi 40 anni di Chiesa. Oppure, come dice il libro, “dimenticarne invece 2000”?
Spero che la Sua emerita rivista prenda presto posizione sulla cosa perché non so più cosa pensare.

Gratissimo, confido nel Suo aiuto,

Risposta

Conoscenza della Verità
Scelta tra la Chiesa di ieri e la Chiesa di oggi
Tradizione ancora di salvezza

Egr. Signore,
quando uscì la prima versione del libro, ne parlammo sul nostro giornale.
[…]
Ciò nonostante, per quel poco che sappiamo del contenuto della nuova versione, ci sembra che l'argomentazione svolta dall’autore si presenti, ad un tempo, estremamente semplice ed estremamente complessa.
Estremamente semplice, per il fatto che egli afferma che l'unico vero Dio è il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnatosi per opera dello Spirito Santo, tale che Padre, Figlio e Spirito Santo sono la SS. Trinità, unico Dio. Questo è quanto ripetiamo ogni Domenica a Messa.
Estremamente complessa, per il fatto che egli svolge una argomentazione dimostrativa di una verità che è conoscibile in quanto esistente, ma inconoscibile in quanto essente. In altre parole, di essa se ne sa l'esistenza vera dalla Rivelazione, che parla alla ragione, ma essa non si conosce nella sua essenza, se non per illuminazione, a cui ci si accosta per intuizione e per visione mistica.


Noi uomini non possiamo cogliere con immediatezza la Verità, proprio in forza del nostro essere uomini, e cioè in quanto siamo esseri limitati e racchiusi nell'esistenza. 
Come diceva san Paolo, noi guardiamo "come in uno specchio"; e lo specchio che suggerisce san Paolo non è solo simbolo della conoscenza riflessa, ma anche simbolo della conoscenza inversa. 
In uno specchio si coglie in maniera relativa, solo con il senso della vista, una realtà che è, ad un tempo, apparente (in quanto riflesso di quella vera) e invertita (in quanto risultato di una visione indiretta, come di spalle). Tanto è vero, questo, che ogni conoscenza della Verità per noi uomini resta un Mistero.
Dio stesso è necessariamente (per noi) Mistero: dalla sua Onnipotenza alla sua Misericordia, dalla sua Essenza alla sua Incarnazione, dalla sua inoppugnabile Unicità alla sua rivelata Trinità.
In altre parole, si può dire che l'Unicità di Dio è cosí irrisolvibile che ogni tentativo per "precisarla" si traduce in una sua limitazione; al tempo stesso, la rivelazione della Trinità di Dio è altrettanto irrisolvibile e, soprattutto, innegabile.
Dio è Uno e Trino, ma i nostri limiti umani non ci permettono di poter giungere fino ad affermare che Dio è Uno o non è, oppure che Dio è Trino o non è, se non premettendo che si tratta sempre di una affermazione relativa. Diversamente, pretenderemmo di "racchiudere" Dio entro una sorta di definizione che è solo propria di noi uomini (come “definire” Dio che è, non solo “indefinito”, ma “infinito”?). 
Così che in realtà possiamo solo dire, molto semplicemente, che Dio è un Mistero, che la Trinità è un Mistero, che la stessa nostra incomprensione è un mistero, ed è per venire incontro alla nostra incomprensione che Dio si "rivela" a noi misteriosamente, dando di Sé stesso un'immagine che possiamo riuscire a cogliere con i nostri modesti mezzi. Ma pur sempre un'immagine, che, per di più, ci giunge "ri-velata", e cioè ulteriormente ammantata da un simbolico velo che sottolinea la nostra condizione di relativa cecità. Lo stesso velo che ci permette di "guardare" a Dio "senza poterlo vedere", perché se lo vedessimo "ne moriremmo": vale a dire che solo morendo alla nostra condizione umana possiamo pensare di guardare la Verità "faccia a faccia".


Detto questo, possiamo considerare quello che, a quanto ci sembra di capire, è il problema che Lei si pone: la scelta tra l'insegnamento della Chiesa di ieri e l'insegnamento di quella di oggi.

In realtà, le cose non stanno esattamente così.
La Chiesa è sempre Una, quella che ha insegnato per duemila anni la stessa e unica Verità, e che questa stessa Verità insegna in maniera irriducibile, se non altro perché questa Verità è una sola: essendo La Verità.
Piuttosto, occorre tenere presente che questo insegnamento si trova, necessariamente, a dover essere "presentato" alla comprensione degli uomini a cui è rivolto. 
È qui che sorgono alcuni problemi.

Negli ultimi secoli la Chiesa ha dovuto affrontare e contrastare (ancor più che nei secoli passati) un'offensiva massiccia proveniente dalle forze di questo mondo. 
Non bisogna dimenticare che il Principe di Questo Mondo è sempre in mezzo a noi: certo, già sconfitto dalla Potenza e dalla Gloria dell'Unigenito immolatosi sulla Croce per la remissione dei nostri peccati, già condannato dalla Giustizia di Dio, ma pur sempre presente tra le ànime fino a quando il definitivo ritorno del Figlio di Dio non consumi con la sua Giustizia anche Questo Secolo.

La virulenza della recente offensiva avversaria avrà pure delle giustificazioni: e sicuramente una di queste è l'accresciuta debolezza degli uomini di fronte alle lusinghe del Principe di Questo Mondo. E gli uomini di chiesa sono uomini del tempo, noi tutti siamo uomini del nostro tempo: così che questa accresciuta debolezza ha permesso che le lusinghe dell'Avversario penetrassero nello stesso Corpo Mistico. 
La Chiesa continua e continuerà a rimanere Una e Santa, ma nel seno delle sue membra si diffondono perniciose la lusinga e la suggestione, l'inganno e l'orgoglio: quasi fumo che avvolge e intenebrisce le menti e i cuori, quel "fumo di Satana" che percepì perfino lo stesso papa Montini.

Il problema si pone quindi in relazione alla "presentazione" dell'insegnamento costante e univoco della Santa Chiesa, e, soprattutto, in relazione alla nostra disponibilità e alla nostra comprensione offuscate dal "fumo".

Ultimamente, e in modo del tutto eclatante e coercitivo negli ultimi quarant'anni, l'insegnamento della Chiesa si è "presentato" in maniera discutibile e contraddittoria. Pur non potendo avere la pretesa di soppiantare le presentazioni precedenti (e cioè l'insegnamento tradizionale), quest'ultima presentazione, per mezzo degli uomini che l'hanno elaborata, ha scambiato la causa con l'effetto.

Secondo una logica di facile comprensione la causa dell'insegnamento della Chiesa dovrebbe risiedere nella Verità vista alla luce, per così dire, dell'ignoranza umana e dovrebbe avere per effetto la sua ricezione da parte degli uomini che riconoscono questa loro ignoranza e sentono il bisogno della conoscenza. Ultimamente, dimentichi di questa condizione oggettiva in cui ci troviamo, certo ingannati dal "fumo" di cui dicevamo prima, ci si è illusi che la causa risieda nel bisogno umano di "apprendere" (senza necessariamente "comprendere") alla luce, o piuttosto sotto l’impulso, della accondiscendenza, del consenso, con l'effetto di produrre una adesione razionalmente convinta, psicologicamente appagante e umanamente praticabile.

Così facendo ci si è spinti sempre più ad elaborare una presentazione dell'insegnamento che corrispondesse sempre meglio "all’uomo". Com'era inevitabile, questa tendenza ha prodotto qualcosa che avvicinandosi sempre più alla accresciuta incomprensione umana, si è sempre più allontanata dalla chiarezza originaria.
Invece che alla Verità si è fatto spazio alle "verità" (di più facile comprensione), invece che la risposta si sono offerte le risposte, invece dell'adesione fiduciosa si è richiesto il consenso critico, invece che la fermezza dell'eterno si è suggerita la labilità del contingente, invece del semplice "ciò è" si è preferito il duttile "ciò sarebbe", e via di questo passo.
Dell'insegnamento della Santa Chiesa non è cambiato nulla, in realtà, ma fin troppo è cambiato nella sua esposizione, nella sua presentazione, nella sua ricezione, nella sua diffusione e, infine, nella sua affermazione
Il risultato è un diffuso relativismo, una malfondata consapevolezza e una irrefrenabile soddisfazione del continuo mutamento.
Per di più, per un processo di concatenamento di causa-effetto, deviazioni ed errori che avrebbero potuto limitarsi alla sola “presentazione”, per inevitabile conseguenza hanno finito con l’interessare il contenuto stesso dell’insegnamento: convinti della ortodossia dell’errore apparente, in molti casi si è inevitabilmente giunti alla “correzione” (o stravolgimento) della dottrina, usando degli espedienti dialettici che fondano la loro legittimità nella negazione della religione e di Dio.

Grazie a Dio, però, ci sono tanti credenti, chierici e laici, che, come Lei, si pongono il problema, che cercano di resistere, che lanciano allarmi.


Come vede, egregio signore, non v'è alcuna scelta da fare: piuttosto v'è solo una posizione da tenere.
Fermi agli insegnamenti di sempre, noi cattolici abbiamo il dovere di guardare a quanto si offre ai nostri occhi, oggi, in tema di insegnamento, col giusto e necessario equilibrio di colui che sa di non potersi opporre al più o meno vorticoso fluire delle acque, ma sa anche che il suo posto è lì, lì dove Dio ha voluto che fosse, lì dove sono rimasti fermi e irremovibili i suoi padri, i Papi, i Santi e i Martiri.
Non può opporsi al precipitare del fiume in piena, ma non può neanche abbandonarsi al vorticare delle onde, e per questo si aggrappa all'àncora della Tradizione, certo che essa non affonda nella melma instabile del fiume in piena, ma nel fondamento inamovibile dell'insegnamento divino.

Questa "tenuta" può essere più o meno compresa, più o meno condivisa, ma certo non ha alcun'altra pretesa che quella di rimanere fedele a quanto ci è stato tramandato di ciò che è stato insegnato, non dagli uomini, ma da Dio.

A volte si può ricevere l'impressione di andare "controcorrente", e può sorgere il dubbio che possa affiorare una qualche forma di compiacimento per questo sentirsi e per questo mostrarsi "diversi". 
È possibile, la lusinga è sempre in agguato, ma vi è un piccolo metro che aiuta a tenere a bada questo rischio: chi si pone oggi su questa posizione non può ricevere consensi diffusi, non può gioirne; si incontreranno sempre più distacco e solitudine, accompagnati dalla triste consapevolezza che tutto si sfalda intorno a noi. Non v'è nulla di cui gioire, non si può gioire nel constatare la distruzione e il deserto incombente. 

L'unica consolazione che rimane è che si è fatto ciò che si doveva fare, senza nulla chiedere in cambio, sperando di aver fatto sempre tutto alla maggior Gloria di Dio.
Nessuna certezza: poiché ogni certezza sta solo in Lui.

Cordiali e fraterni saluti in nomine Domini.

IMUV 



settembre 2007 



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