CHIESE  POSTCONCILIARI
 

CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
A

Campi Bisenzio
nei pressi di Firenze

ovvero
LA CHIESA DELL'AUTOSTRADA



Per ironia della sorte, questo obbrobrio adibito a luogo di culto cattolico venne concepito negli stessi anni in cui maturava l'intenzione di convocare il Concilio Vaticano II.
Elaborato tra il 1960 e il 1963, il progetto venne definito in concomitanza e in consonanza con lo svolgimento del Concilio e, al pari di questo, diede gli stessi frutti devianti e dirompenti.
Nella stessa Firenze di Santa Maria del Fiore, Santa Maria Novella, Santa Croce, San Miniato,
ecco sorgere la chiesa tenda dell'autostrada, intitolata a San Giovanni Battista.
Un accostamento voluto, peraltro, e voluto proprio in termini
di rottura col passato.
Per i tempi di realizzazione e le giustificazioni addotte dall'architetto si può affermare che è il simbolo eloquente della volontà di rompere con la Chiesa di Cristo per affermare la nuova concezione della Chiesa dell'uomo.



Leggendo qua e là, sulla magnificenza di questo capolavoro moderno, si scopre che l'idea originaria che mosse la sbrigliata fantasia dell'architetto fu “la tenda”, intesa come simbolo arcaico dei popoli nomadi, che si sposava con la novella concezione del vagare, in questo caso lungo l'autostrada, la cui società fu la committente.
Anche in questa idea, peraltro schiava della moda allora dilagante dei “figli dei fiori”, nomadi per vocazione all'ozio e “autostoppisti” spesso dediti agli stupefacenti, si coglie tutta la dirompenza di quella volontà dissacratoria e rivoluzionaria che in definitiva è riuscita nell'opera di sovversione di quel poco di tradizionale che era ancora rimasto in Occidente.
Applicato alla religione, questo lavoro di sovversione ha prodotto in 50 anni i frutti che sono sotto gli occhi di tutti.



Se torniamo all'idea della tenda, non possiamo non riconoscere che essa è stata resa in maniera convincente dall'architetto: peccato che la chiesa cattolica, il tempio cristiano, non abbia niente a che vedere con la “tenda”, al pari peraltro del tempio precristiano, sia esso pagano o perfino ebraico.
Domanda: da dove viene fuori questa bizzarria della tenda?
E la risposta dovrebbero darla i preti e i prelati che allora avallarono questa “bella pensata” e che in 50 anni ne hanno avallato a bizzeffe di corbellerie anticattoliche come questa.
Noi, che siamo ignoranti e provocatori, azzardiamo un'ipotesi:
non è che tende, capannoni, tettoie e simili sono il frutto dell'ignoranza dei canoni dell'architettura sacra cristiana e
della repulsione per duemila anni di esempi di come si costruisce una chiesa?
Neanche se si accosta visivamente il nastro autostradale a questa “tenda” si riesce a cogliere qualche nesso.
Mentre si coglie bene l'impatto psicologico che fa scattare la “curiosità”:
ma guarda che stranezza, bisogna che andiamo a vedere di che si tratta!
Ed ecco la chiesa ridotta a curiosità epidermica e il luogo di culto trasformato in fiera.
Che ne vadano fieri i profani e i laici, antireligiosi per definizione, è comprensibile.
Ma è imperdonabile che non se ne vergognino i chierici, che dovrebbero custodire i simboli della religione cristiana.



Se dall'esterno si passa all'interno, niente cambia di quanto abbiamo detto.
Dov'è la chiesa?
Questo corridoio che dovrebbe costituire l'atrio e dovrebbe condurre alla navata è semplicemente una cosa qualunque adatta a qualunque destinazione; senza contare che il “pellegrino” (o supposto tale) viene introdotto all'interno di questa “chiesa” (che non è una chiesa) attraverso un percorso da ente del turismo, da spazio pubblicitario delle “pro loco” di alcune delle città collegate dall'autostrada
(altra bella pensata costituita dai panneli che si vedono in bella vista).
Cos'abbia a che vedere, questo, con la “chiesa” è un vero mistero.
Tranne considerare che in realtà la vera intenzione non era e non è di “edificare una chiesa”, ma di erigere un monumento alla presunzione e alla vanità di tutti: committenti, architetti, esecutori, custodi e fruitori.
Col permesso delli Superiori!



Ed eccoci all'interno.
Uno splendito altare: una bella tavolata con tanto di sedie da bar dello sport!
La ripetitività di questo motivo banalizzante è il chiaro indice di una volontà dissacratoria, peraltro aggravata dall'evidente presunzione delle strutture portanti.
Qui non v'è un minimo “colpo d'occhio”, un barlume di armonia, uno straccio di ordine: tutto è concepito in chiave sensazionalistica, senza alcuna giustificazione, neppure funzionale.


Comunque si guardi questo incredibile “spazio sacro”,
si rimane colpiti dalla insignificanza dell'altare o degli altari, collocati a casaccio, e dalla esuberanza gratuita del groviglio di cemento che si presenta come un monumento alla scomposta presunzione del committente, dell'architetto e dei prelati fruitori.
Un colpo di maglio alla devozione dei malcapitati fedeli cattolici che avranno la disavventura di introdursi in questo strano luogo privo del minimo segno religioso.
Si noti, peraltro, uno di quei segni caratteristici delle chiese moderne:
l'inversione dei simboli.
Anche qui la volta è capovolta: non più concava, ma convessa.
Non più la volta che si alza verso il cielo, che riproduce la volta celeste, come nella cupola,
ma la volta che si abbassa, che grava sullo spazio che contiene
e preclude il cielo allo sguardo di chi sta in terra.

Siamo noi i cattivi,
o
sono questi nuovi preti della nuova Chiesa che hanno perso la fede?






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