LA  PASSIONE  DI  CRISTO
 
 

Pubblichiamo qui di seguito alcune informazioni sull'ormai famoso film di Mel Gibson, 
che verrà diffuso nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 7 di aprile.

Qualche dato, raccolto qua e là.

Il film, realizzato e diretto da Mel Gibson, ha richiesto 13 anni di preparazione. Il costo di 30 milioni di dollari è stato sostenuto dallo stesso regista.

Gibson è nato nei pressi di New York nel 1956, sesto di undici figli. Nel 1968 la famiglia si trasferisce a Sidney, in Australia. Egli compie gli studi superiori in una scuola cattolica. Frequenta poi l'Istituto di Arte Drammatica, ove si diploma. Nel 1980 si sposa. Dal matrimonio nascono 7 figli. Una di questi si è fatta suora.




Collegamento per visionare la presentazione del film

Intervista a Mel Gibson - Rilasciata alla Agenzia cattolica Zenit nel marzo del 2003
Articolo di Vittorio Messori - Redatto il 17 febbraio 2004 dopo aver assistito ad una proiezione privata della pellicola
Articolo di Henri Tincq, su Le Monde, 26 febbraio 2004
Intervista a Don Augustine Di Noia - Rilasciata all'Agenzia cattolica Zenit.org l'8 dicembre 2003

Qualche libro da consultare:
          ANDREA TORNIELLI, “La Passione. Dai Vangeli al film di Mel Gibson
              Prefazione di Vittorio Messori
        GIANCARLO PADULA, "I Segreti della Passione di Cristo. Dalle visioni di Caterina Emmerick al film The Passion of 

the Christ di Mel Gibson"
                    Presentazione

La testimonianza di un Vescovo

Il pathos della croce in un cinema - Articolo di Marcello Veneziani in seguito alla visione del film, 9 aprile 2004




Intervista a Mel Gibson

Marzo 2003. Intervista rilasciata all'Agenzia Zenit.org

Cosa l'ha spinta ha realizzare questo progetto? 
L'idea si è delineata gradualmente nel corso degli ultimi 10 o 12 anni da quando, verso i 35 anni, ho cominciato ad indagare sulle radici della mia fede. Ho sempre creduto in Dio, alla sua esistenza, e sono stato educato a credere in un certo modo. Ma verso i 30 anni stavo andando alla deriva e altre cose avevano preso il primo posto. A quel punto mi sono reso conto che avevo bisogno di qualcosa di più se volevo salvarmi. Sentì l'esigenza di fare una ricerca più approfondita del Vangelo, di ricostruire l'intera storia.... 
E' stato lì che l'idea ha cominciato a sfiorare la mia mente. Ho cominciato a vederla realisticamente, a ricrearla nella mia mente in modo che avesse un senso per me, così da esserne coinvolto. Questo è ciò che voglio portare sullo schermo. 

Sono stati fatti già tanti film sulla vita di Cristo. Perché farne un altro? 
Non credo che gli altri film abbiano colto la forza reale di questa storia. Voglio dire, ne avete mai visto qualcuno? O sono approssimativi nella storia, o hanno pessime colonne sonore...Questo film vuole mostrare la passione di Gesù Cristo proprio nel modo in cui è avvenuta. E' come viaggiare indietro nel tempo e vedere gli eventi svolgersi esattamente come si sono svolti. 

Come fa ad essere sicuro che la sua versione sia così precisa? 
Abbiamo fatto una ricerca. Racconto la storia così come la racconta la Bibbia. Credo che la storia, così come è realmente avvenuta, parli da sola. Il Vangelo è una sceneggiatura completa e questo è ciò che filmeremo. 

Sembra una svolta rispetto alle solite produzioni di Mel Gibson. La sua specialità è l'azione, l'avventura, la storia d'amore. Perché ha deciso di fare un film religioso? 
Faccio quello che ho sempre fatto: raccontare storie. Credo che siano importanti nel linguaggio che parlo meglio: il cinema. Sono convinto che le storie più grandi siano storie di eroi. Le persone aspirano a qualcosa di superiore e indirettamente, attraverso l'eroismo, elevano in questo modo il loro spirito. 
Non esiste storia di eroismo più grande di questa, sull'amore più grande che si possa avere, cioè donare la propria vita per qualcuno. La Passione è la più grande storia di avventure di tutti i tempi. Credo che sia la storia d'amore più grande di tutti i tempi; Dio che si fa uomo e gli uomini che lo uccidono, se non è azione questa, niente lo è. 

Chi vorrà vedere un film come questo? 
Credo che interessi tutti. La vicenda ha ispirato l'arte, la cultura, il comportamento, i governi, i regni, i paesi...ha influenzato il mondo più di quanto si possa immaginare. E' un evento cardine nella storia che ci ha resi ciò che oggi siamo. Credenti e non credenti, tutti ne siamo stati influenzati. 
Così tante persone sono alla ricerca del significato della vita e si fanno molte domande. Verranno cercando delle risposte, qualcuno le troverà, qualcun'altro no. 

Allora questo film non è solo per i cristiani? 
"Ghandi" è stato in cima alle classifiche dei film più noleggiati, ma non era un film solo per gli induisti. Questo film è per tutti, per credenti e non credenti, Gesù Cristo è senza dubbio una delle figure storiche più importanti di tutti i tempi. Provi a citare una persona che ha avuto un impatto più grande sul corso della storia... 

Ma se questo film mira a far rivivere il Vangelo, non risulterà offensivo per i non cristiani? Per esempio, il ruolo avuto dalle autorità ebraiche nella morte di Gesù. Se lei descrive questo non rischia di essere offensivo? 
Questa non è una storia di ebrei contro cristiani. Gesù stesso era un ebreo, sua madre era un'ebrea e così lo erano i 12 apostoli. E' la verità che, come dice la Bibbia, "E' venuto tra i suoi e i suoi non l'hanno accolto"; non posso nasconderlo. 
Ma questo non significa che i peccati del passato fossero peggiori dei peccati del presente. Cristo ha pagato il prezzo per tutti i nostri peccati. La lotta tra bene e male e l'immenso potere dell'amore vengono prima della razza e della cultura. Questo film è sulla fede, sulla speranza, sull'amore e il perdono. Queste sono cose di cui il mondo potrebbe fare maggior uso, specialmente di questi tempi. Questo film vuole infondere speranza, non offendere. 

Alcune persone penseranno comunque che lei vuole imporre il suo credo agli altri. Non è così? 
Non ho inventato questa storia. L'unica cosa che io ho fatto è stata quella di crederci. E' qualcosa che succede dentro di te e poi necessariamente si manifesta all'esterno. Io sto solo cercando di raccontarlo nel miglior modo possibile, meglio di quanto sia stato fatto finora. Quando hai a che fare con una storia realmente accaduta, è responsabilità del regista renderla il più accurata possibile. Chi ha una mentalità aperta la apprezzerà per quello che è. 

E le scene di violenza? Il pubblico non considererà inopportune quelle più realistiche? 
Per qualcuno sarà così, ma, dico io, questo è il modo in cui si sono verificati i fatti. Non c'è violenza gratuita in questo film. Non credo comunque che sia adatto ai minori di 12 anni a meno che non si tratti di un bambino molto maturo. E' un film abbastanza forte. 
Penso che siamo stati abituati a vedere delle crocifissioni all'acqua di rose e ci siamo dimenticati di quello che realmente avveniva. Sappiamo che Gesù è stato flagellato, che ha portato la sua croce, che gli sono stati messi dei chiodi alle mani e ai piedi, ma raramente ci soffermiamo a pensare cosa questo realmente significhi. 
Crescendo non mi sono reso conto di ciò che questo ha comportato per Cristo. Non mi sono reso conto di quanto deve essere stato duro. L'orrore di ciò che Gesù ha sofferto per la nostra redenzione non mi coinvolgeva realmente. Comprendere quello per cui è dovuto passare, anche solo ad un livello umano, mi fa sentire non solo compassione, ma anche in debito: desidero ripagarlo per l'immensità del suo sacrificio. 

Che dire della barriera linguistica? Lei sta girando in due lingue ormai morte - Latino e Aramaico ? e non ha intenzione di usare i sottotitoli. Non sarà un impedimento? 
Le pitture di Caravaggio non hanno i sottotitoli, ma la gente comprende il messaggio. Lo "Schiaccianoci" non ha i sottotitoli, ma la gente comprende il messaggio. Sono convinto che l'immagine supererà la barriera linguistica. E' ciò che spero. 
Ciò che mi interessa è di rendere la storia più realistica possibile. C'è qualcosa di sorprendente nel vedere un film nel linguaggio originale. La realtà esce allo scoperto e ti prende, c'è un coinvolgimento completo. So che stiamo solo ricreando, ma facciamo del nostro meglio affinché lo spettatore abbia la sensazione come di essere realmente presente. 
E credo che sia piuttosto controproducente dire alcune di queste cose usando una lingua moderna.
Succede come quando tu senti dire "essere o non essere" e ti viene istintivo rispondere fra te e te "questo è il problema". Ma se tu senti pronunciare le parole come sono state pronunciate all'epoca, rimani sorpreso. Vedo che questo succede quando lavoriamo. Vedi le cose più chiaramente durante la recitazione, nelle sfumature dei personaggi, nel movimento della cinepresa - è il movimento, è la scelta dei tempi, è tutto questo. All'improvviso tutto mi appare molto chiaro. E' in quel momento che comincio a girare. 

Quando avrà concluso questo progetto sarà una delusione per lei tornare a soggetti meno sublimi? 
No, sarà un sollievo fare qualcosa di più leggero considerato che in questo progetto sento un forte carico di responsabilità. Spero solo di poter rendere giustizia alla storia. Non si può piacere a tutti, ma, lo ripeto, non è questo il mio scopo.

L'Utima Cena




Articolo di Vittorio Messori

Pubblicato nella prima pagina del Corriere della Sera del 17.02.2004
 
 

Una Passione di violenza e di amore

Nella saletta insonorizzata la luce si riaccende dopo due ore e sei minuti. Non siamo che una dozzina (io il solo giornalista), consapevoli di un privilegio: per invito di Mel Gibson e del produttore Steve McEveety della Icon Films il Corriere è il primo giornale in Europa a vedere sullo schermo la cassetta appena giunta da Los Angeles con la copia finalmente definitiva. Quella stessa che mercoledì prossimo sarà in duemila sale americane, in cinquecento inglesi, in altrettante australiane, quella la cui attesa ha mandato in corto circuito tutti i siti Internet e che nella prima settimana recupererà (i book-maker lo danno per certo) i 30 milioni di dollari della produzione. Il Papa stesso non ha visto che una versione provvisoria, mancante tra l’altro di parte delle musiche. Ma sì, stasera siamo i primi, gli italiani dovranno attendere sino al 7 aprile, i francesi e gli spagnoli addirittura sino a giugno. Quando finiscono di scorrere i titoli di coda, dove i nomi americani si alternano a quelli italiani, dove i ringraziamenti al Comune di Matera si affiancano a quelli per teologi e specialisti di lingue antiche, dove Rosalinda, la figlia di Celentano (il diavolo) sta accanto a un’ebrea romena (la Madonna), quando il tecnico abbassa la leva che ridà la luce, nella saletta continua il silenzio. Due donne piangono, quietamente, senza singhiozzi; il monsignore in clergyman che ho accanto è pallidissimo, gli occhi chiusi; il giovane segretario tormenta nervoso un rosario; un timido, solitario inizio di applauso si spegne subito, nell’imbarazzo. 
Per molti, lunghissimi minuti nessuno si alza, nessuno si muove, nessuno parla. Dunque, quanto ci annunciavano era vero: The Passion of the Christ ha colpito, l’effetto che Gibson voleva si è realizzato in noi, prime cavie. Per quanto vale, io stesso sono sconcertato e muto: per anni ho passato al vaglio, una per una, le parole del greco con cui gli evangelisti narrano quegli eventi, nessuna minuzia storica di quelle 12 ore a Gerusalemme mi è sconosciuta, ne ho tratto un libro di quattrocento pagine che Gibson stesso non ha ignorato. So tutto. O, meglio, scopro adesso che credevo di sapere: tutto cambia se quelle parole si traducono in immagini di una tale potenza da trasformarle in carne e in sangue, in segni graffianti di amore e di odio. 
 

LA SCOMMESSA - Mel lo ha detto con l’orgoglio unito all’umiltà, con il pragmatismo impastato al misticismo che forma in lui un miscuglio singolare: "Se quest’opera dovesse fallire, per cinquant’anni non ci sarà futuro per il film religioso. Qui dentro abbiamo buttato il meglio: soldi quanti ne occorrevano, prestigio, tempo, rigore, carisma di grandi attori, scienza degli eruditi, ispirazioni dei mistici, esperienza, tecnica d’avanguardia. Ci abbiamo buttato, soprattutto, la nostra certezza che valeva la pena, che ciò che successe in quelle ore riguarda ogni uomo. Con questo Ebreo avremo a che fare per sempre, tutti, dopo la morte. Se non la spuntiamo noi, chi potrà farcela? Ma la spunteremo, ne sono certo: il nostro lavoro è stato accompagnato da troppi segni che me lo confermano". In effetti sul set è avvenuto assai più di quanto non si sappia, molto resterà nel segreto delle coscienze: conversioni, liberazioni dalle droghe, riconciliazioni tra nemici, abbandono di legami adulterini, apparizioni di personaggi misteriosi, esplosioni di energie straordinarie, figuranti lucani che si inginocchiavano al passaggio dello straordinario Caviezel-Gesù, persino due folgori, una delle quali ha colpito la croce, e che non hanno ferito alcuno. E, poi, coincidenze lette come segni: la Madonna con il volto dell’attrice ebrea a nome Morgenstern che, lo si è notato solo dopo, è, in tedesco, la Stella Mattutina delle litanie del rosario. 
Gibson si è ricordato del monito del beato Angelico: "Per dipingere il Cristo, bisogna vivere con il Cristo". Il clima, tra i Sassi di Matera e gli studi di Cinecittà, sembra essere stato quello delle sacre rappresentazioni medioevali, dei cortei dei flagellanti davanti alle reliquie dei martiri. Un Carro di Tespi del Trecento, per il quale, ogni sera, un prete in talare nera, quella con la lunga fila di bottoni, celebrava una messa al campo, in latino, secondo il rituale di san Pio V. Proprio qui, in effetti, è la ragione vera della decisione di far parlare gli ebrei nella loro lingua popolare, l’aramaico, e i romani in un latino basso, da militari, che ferisce le orecchie di noi, vecchi liceali, abituati alle raffinatezze ciceroniane. Gibson, cattolico amante della Tradizione, è coriaceo assertore della dottrina ribadita al Concilio di Trento: la Messa è anche pasto fraterno ma è innanzitutto sacrificio di Gesù, rinnovazione incruenta della Passione. Questo è ciò che importa, non è il "capire le parole", come vogliono i nuovi liturgisti di cui Mel sbeffeggia la superficialità che gli appare blasfema. Il valore redentivo degli atti e dei gesti che hanno il vertice sul Calvario non ha bisogno di espressioni che chiunque possa capire. Questo film, per il suo autore, è una Messa: che, dunque, sia in una lingua oscura, com’è stata per tanti secoli. Se la mente non comprenderà, tanto meglio, ciò che conta è che il cuore capisca che tutto quel che è avvenuto ci redime dal peccato e ci apre le porte della salvezza. Proprio come ricorda la profezia di Isaia sul "Servo di Jahvé" che, a tutto schermo, è messa come prologo all’intera pellicola. Il prodigio, comunque, mi è sembrato verificarsi: dopo un po’, si abbandona la lettura dei sottotitoli per entrare, senza distrazioni, nelle scene - terribili e meravigliose - che bastano a se stesse. 
 

LA QUALITÀ - Sul piano tecnico, l’opera appare di una qualità altissima, tanto che i precedenti film su Gesù potranno sembrare ridotti a parenti poveri e arcaici: in Gibson, luci sapienti, fotografia magistrale, costumi straordinari, scenografie scabre e, quando necessarie, sontuose, trucco di incredibile efficacia, recitazione di grandi professionisti, sorvegliati da un regista che è anche un loro illustre collega. Soprattutto, effetti speciali talmente mirabolanti che, come ci diceva Enzo Sisti, il produttore esecutivo, resteranno segreti, a conferma dell’enigma dell’opera, dove la tecnica vuole essere a servizio della fede. Una fede nella versione più cattolica - non a caso il compiacimento del Papa e di tanti cardinali, Ratzinger non escluso - di cui The Passion è un manifesto che gronda simboli che solo un occhio esercitato discerne in pieno. Occorrerebbe un libro (due, in effetti, sono in preparazione) per aiutare lo spettatore a capire. 
In sintesi estrema, la "cattolicità" radicale del film sta innanzitutto nel rifiuto di ogni demitizzazione, nel prendere i vangeli come cronache precise: le cose, ci viene detto, sono andate così, proprio come la Scrittura le descrive. Il cattolicesimo sta, poi, nel riconoscimento della divinità di Gesù che convive con la sua piena umanità. Una divinità che erompe, drammaticamente, nella sovrumana capacità di quel corpo di subire una quantità di dolore come mai alcuno né prima né dopo, in espiazione di tutto il peccato del mondo. Ma la "cattolicità" radicale sta anche nell’aspetto "eucaristico", riaffermato nella sua materialità: il sangue della Passione è intrecciato di continuo al vino della Messa, la carne martoriata del corpus Christi al pane consacrato. E sta, pure, nel tono fortemente mariano: la Madre e il Diavolo (che è femmina o, forse, androgino) sono onnipresenti, l’una con il suo dolore silenzioso, l’altro - o l’altra - con il suo compiacimento maligno. Da Anna Caterina Emmerich, la veggente stigmatizzata, Gibson ha preso intuizioni straordinarie: Claudia Procula, la moglie di Pilato, che offre, piangendo, a Maria i panni per raccogliere il sangue del Figlio è tra le scene di maggior delicatezza in un film che, più che violento, è brutale. Come brutale fu, appunto, la Passione. Il Pietro disperato dopo il rinnegamento, si getta ai piedi della Vergine per ottenere perdono. Credo, comunque, che l’importanza, anche teologica, attribuita alla Madonna nonchè l’eucarestia, non spiritualizzata, non ridotta a "memoriale" ma vista nel modo più materiale, dunque cattolico (la transustanziazione ), creeranno qualche disagio nelle chiese protestanti americane che, senza avere visto il film, già si sono organizzate per favorirne la diffusione. 
Se al martirio sono dedicate due ore, due minuti bastano per ricordare che non fu quella l’ultima parola. Dal venerdì santo alla domenica di Pasqua, alla risurrezione, che Gibson ha risolto accogliendo una particolare lettura delle parole di Giovanni: uno "svuotamento" del lenzuolo funerario, lasciando un segno sufficiente per "vedere e credere" che il suppliziato ha trionfato della morte. 
Antisemitismo o, almeno, antigiudaismo? Non scherziamo con parole troppo serie. A visione effettuata, penso abbiano ragione i non pochi, e autorevoli, ebrei americani che ammoniscono i loro correligionari di non condannare prima di vedere. Chiarissimo è, nel film, che ciò che grava sul Cristo e lo riduce in quello stato non è la colpa di questo o di quello, bensì tutto il peccato di tutti gli uomini, nessuno escluso. All’ostinazione nel chiedere la crocifissione da parte di Caifa (quel sadduceo collaborazionista che non rappresentava affatto il popolo ebreo, da cui era anzi detestato, il Talmud su di lui e sul suocero Anna ha parole terribili), fa più che abbondante contrappeso il sadismo inaudito dei carnefici romani; alle viltà politiche di Pilato che lo portano a violentare la sua coscienza, si oppone il coraggio del sinedrita - episodio aggiunto dal regista - che affronta il Sommo Sacerdote gridandogli che quel processo è illegale. E non è forse ebreo il Giovanni che sorregge la Madre, non è ebrea la pietosa Veronica, non è ebreo l’impetuoso Simone di Cirene, non sono ebree le donne di Gerusalemme che gridano la loro disperazione, non è ebreo Pietro che, perdonato, morirà per il Maestro? All’inizio del film, prima che il dramma si scateni, la Maddalena chiede, angosciata, alla Vergine: "Perché questa notte è così diversa da ogni altra?". "Perché - risponde Maria - tutti gli uomini erano schiavi e ora non lo saranno più". Tutti, ma proprio tutti: "giudei o gentili" che siano. Quest’opera, dice Mel Gibson amareggiato da aggressioni preventive, vuol riproporre il messaggio di un Dio che è Amore. E che Amore sarebbe se escludesse qualcuno? 

Gesú è caricato della croce




Articolo pubblicato da Le Monde in Francia
il 26 febbraio 2004

Mel Gibson, un cattolico tradizionalista?

Se non è legato al ramo americano della Fraternità San Pio X ? che raccoglie dal 1970 l’eredità di Mons. Marcel Lefébvre, vescovo francese dissidente nei confronti del Concilio Vaticano II ? ne condivide la sensibilità, l’avversione per la messa e il catechismo “moderni”, l’attaccamento all’antica liturgia con incenso, tonaca e latino. Se rifiuta ogni antisemitismo, il suo film non tiene conto dello sforzo considerevole di revisione della questione giudaica fatto dai papi Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.
È un devoto. Durante i mesi della lavorazione del film a Roma, Mel Gibson ha fatto celebrare ogni giorno la messa secondo il rito tridentino (del concilio di Trento, detta anche messa di San Pio V) da due preti, Jean Charles-Roux (fratello di Edmond), religioso della congregazione italiana dei rosminiani, e Michel Debourges, un altro francese dell’Istituto Cristo Re, con sede a Gricigliano (vicino Firenze), vicino alla Fraternità San Pio X.
Cappellano e confessore di Gibson, di sensibilità tradizionale (ma senza legami con la Fraternità scismatica di Mons. Lefébvre), il padre Jean Charles-Roux così parla di lui a Paris-Match:  “La sua pietà, è la fede del carbonaro. Mel non è Tommaso d’Aquino, né un uomo di grande cultura. Mi sembra piuttosto legato ad un rituale con il quale esprime la sua fede.”
Mel Gibson ha una pesante eredità. Suo padre, Hutton, ha rotto con i tradizionalisti, che giuducava “troppo liberali, troppo moderni”, secondo l’abbé Alain Lorans, uno dei portavoce della Fraternità San Pio X. Egli si definisce “sedevacantista”, considera cioè che, a partire dai papi modernisti, la sede di Roma sia vacante! Suo figlio ha fatto costruire in California una chiesa riservata ai fedeli del suo culto, Nelle sue interviste, il padre di Gibson difende delle posizioni revisioniste, che negano la cifra di 6 milioni di giudei morti nella Shoah.Un punto di vista che non è condiviso dal figlio.
Negli Stati Uniti i cattolici tradizionalisti sono circa 100.000. Contano su una sessantina di preti e su un seminario, a Winona (Minnesota), che è subentrato a quello di Ridgefield, dove si recava in visita Mons. Lefébvre (morto nel 1991). Essi si raccolgono in tredici priorati, con sede in California (Arcadia), Texas (El Paso), Arizona (Pheonix), New York (Siracusa).
Marginale nella Chiesa cattolica, la Fraternità San Pio X (500 preti) è presente in Francia, in Svizzera, in Germania, nell’America del Sud e del Nord. La rottura con Roma ebbe luogo nel giugno del 1988, quando Mons. Lefébvre, senza il consenso del papa, nominò e consacrò a Ecône (Svizzera) quattro vescovi, divenuti i suoi successori. Egli venne subito scomunicato, al pari dei vescovi che aveva consacrati.
Il Vaticano moltiplica i segni in vista di una riconciliazione. La celebrazione dell’antica messa secondo San Pio V è autorizzata in tutte le diocesi, a certe condizioni. Nel 2003, una messa di questo tipo è stata celebrata da un cardinale di curia in una delle quattro basiliche maggiori di Roma. Gesti apprezzati dai tradizionalisti, ma che scatenano la collera dei cattolici conciliari.
Una riunificazione, tuttavia, non è prossima. In una recente conferenza stampa a Roma, Mons. Bernard Fellay, attuale superiore svizzero della Fraternità, ha violentemente accusato gli sforzi di avvicinamento di Giovanni Paolo II con tutte le altre religioni e con i giudei.

Henri Tincq

Gesú incontra Sua Madre




Intervista del Rev. Don Augustine Di Noia 

Rilasciata all'Agenzia Zenit.org l'8 dicembre 2003











"La Passione" di Mel Gibson in rassegna in Vaticano

Intervista esclusiva con Padre Di Noia della Congregazione per la Dottrina della Fede

CITTÀ DEL VATICANO, 8 dicembre 2003 (Zenit.org).

- Diversi alti ufficiali del Vaticano hanno assistito ad una proiezione privata del film "La Passione" di Mel Gibson e ne sono rimasti entustasti.Componenti della Segreteria di Stato del Vaticano, del Pontificio Concilio delle Comunicazioni Sociali, e della Congregazione per la Dottrina della Fede, il gruppo che supervisiona le questioni dottrinali cattoliche, hanno espresso unanime approvazione e apprezzamento del film. 
Quella che segue è un'intervista esclusiva di ZENIT ad uno degli spettatori, il Padre Domenicano Augustine Di Noia, sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. 
Padre Di Noia ha insegnato teologia a Washington D.C., per 20 anni e ha prestato servizio come teologo per la Conferenza Episcopale degli Stato Uniti prima di venire a lavorare per il cardinale Joseph Ratzinger presso la Congregazione dottrinale, poco più di un anno fa. Il film (http://www.passion-movie.com/) dovrebbe uscire nelle sale nel 2004. 

"La Passione del Cristo" di Mel Gibson ha fatto notizia da mesi ? molto prima del periodo previsto per l'uscita nelle sale. In qualità di spettatore, qual è la sua impressione globale sul film? 
Padre Di Noia: Guardare questo film, costituirà un'esperienza profondamente religiosa per molti. 
Per me lo è stata. Una cinematografia eccezionale e una recitazione altrettanto brillante, combinate con la profonda introspezione spirituale del regista sul significato teologico della passione e morte di Cristo ? tutto ha contribuito ad una produzione di squisita sensibilità artistica e religiosa. 
Chiunque veda questo film ? credente o non credente ? sarà costretto a confrontarsi con il mistero centrale della passione di Cristo e in definitiva con il Cristianesimo stesso: se questo è il rimedio, quale dovrà essere stato il male? 
Il Curato d'Ars sostiene che nessuno possa avere cognizione di cosa Nostro Signore abbia sofferto per noi; per capirlo, dovremmo conoscere tutto il male causato dal peccato, e questo non lo potremo sapere fino al momento della nostra morte. 
Solo come una grande opera d'arte può fare, il film di Mel Gibson ci aiuta a cogliere qualcosa che è quasi al di là della nostra comprensione.
All'inizio, nell'Orto del Getsemani, il diavolo tenta Cristo con la domanda inevitabile: come può qualcuno sopportare i peccati del mondo intero? 
È troppo. 
Cristo quasi soccombe all'idea, ma poi prosegue con convinzione per portare avanti esattamente questo ? per accogliere su di sé, secondo la volontà del Padre, i peccati del mondo intero.
È davvero impressionante. 
Vi è un forte senso, presente per tutto il film, del dramma cosmico del quale siamo tutti parte. Non c'è possibilità di rimanere neutrali, e nessuno può semplicemente restare spettatore di questi eventi.
La posta in gioco è davvero molto alta ? qualcosa che, a parte Cristo stesso, è intuita chiaramente solo da Maria sua madre e dal demonio sempre presente. 
Gradualmente lo spettatore si unisce ai personaggi in una progressiva comprensione di questo, mentre che l'azione si sposta inesorabilmente dal Monte degli Ulivi verso il Monte Calvario.
 

Il film è fedele alla narrazione della passione di Cristo del Nuovo Testamento?
Padre Di Noia: Bisogna tener presente che vi sono quattro racconti della passione di Cristo nel Nuovo Testamento, che si concentrano soprattutto sul significato religioso degli eventi.
Nel "La morte del Messia" - probabilmente il più completo ed equilibrato racconto della Passione - Padre Raymond Brown ha dimostrato che, pur essendovi alcune differenze tra i Vangeli, essi sono in generale sostanzialmente univoci.
Il film di Mel Gibson non è un documentario ma un'opera di artistica immaginazione. 
Il regista ha incorporato elementi dalla Passione raccontata da Matteo, Marco, Luca e Giovanni, ma rimane fedele alla struttura fondamentale comune ai quattro Vangeli. 
Entro i limiti possibili in una ricostruzione immaginifica della passione di Cristo, il film di Gibson e pienamente fedele al Nuovo Testamento.

Che cosa l'ha colpita di più riguardo a questo film?
Padre Di Noia: Vuole una risposta semplice? Jim Caviezel e Maia Morgenstern.
Il ruolo di Cristo deve essere uno dei più difficili ruoli da interpretare.
Sono stato molto colpito dall'intensità con cui Caviezel ha rappresentato Cristo. 
Non è facile da ottenere senza manifestare una sorta di autocoscienza intrusiva. Caviezel - e sicuramente anche Gibson - comprendono che Gesù è il Figlio di Dio incarnato, ed è al contempo pienamente umano. Ripensando al film, mi pare che Caviezel ottiene questo principalmente mediante il suo sguardo, anche quando guarda direttamente noi e quelli che lo circondano con il suo occhio sano.
Caviezel rende, in modo pienamente convincente ed efficace, il Cristo che sopporta la passione e la morte volontariamente,  in obbedienza al Padre suo, in riparazione della disobbedienza del peccato. 
Assistiamo a ciò che la Chiesa chiamerebbe la "sofferenza volontaria" di Cristo.
Richiama le parole di San Paolo: "Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" [Romani 5:19]. 
E non è solo questione di obbedienza, ma è principalmente  questione di amore. 
Cristo compie tutto per amore al Padre - e a noi. 
Questo emerge tecnicamente in maniera lampante nell'eccezionale  interpretazione di Cristo da parte di Jim Caviezel.
Ma la Maria di Maia Morgenstern è egualmente efficace. 
Mi ha ricordato qualcosa che Sant'Anselmo aveva detto in un'omelia sulla Madre Benedetta: Senza il Figlio di Dio, nulla potrebbe esistere; senza il Figlio di Maria, nulla potrebbe essere redento.
Ammirando l'interpretazione della Mrogenstern, si sente fortemente che Maria "lascia andare" il suo Figlio affinché lui possa operare la salvezza, e unendosi alle sue sofferenze diventa la Madre di ogni redento.

Alcuni hanno sostenuto che il film è eccessivamente  violento. Lei che ne pensa?
Padre Di Noia: Più che violento direi che è brutale. Cristo è trattato in modo brutale dai soldati romani. 
Ma non vi è violenza gratuita. La sensibilità artistica all'opera è chiaramente più quella del Grünwald e del Caravaggio, piuttosto che quella del Beato Angelico o del Pinturrichio. 
Stiamo parlando di un film, certamente, ma Gibson ha chiaramente subito l'influenza della raffigurazione delle sofferenze di Cristo della pittura Occidentale.
Il corpo di Cristo estremamente malridotto - graficamente  ritratto in questo film eccezionale - deve essere posto in questo contesto di artistica rappresentazione. 
Ciò che molti artisti meramente suggeriscono, Gibson ce lo vuole mostrare.
Pienamente in linea con la Tradizione teologica cristiana,  Gibson ci rappresenta il Figlio incarnato che è capace di sopportare ciò che una persona ordinaria non può - sia in termini fisici che di tormento mentale. Il corpo rovinato di Cristo deve essere contemplato con gli occhi del profeta Isaia che descrive il Servo sofferente sfigurato e irriconoscibile.
La bellezza fisica di Jim Caviezel serve ad accentuare l'impatto generale della progressiva deturpazione che Cristo subisce sotto i nostri occhi - con il terribile risultato che, come il Servo sofferente, "Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto" [Isaia 53:2]. 
Richiede gli occhi della fede per vedere che lo sfiguramento del corpo di Cristo rappresenta lo sfiguramento spirituale e il disordine causato dal peccato.
La raffigurazione di Gibson del Cristo flagellato - dal quale molti spettatori potrebbero essere tentati di volgere via lo sguardo - presenta graficamente ciò che San Paolo disse nella seconda lettera ai Corinzi: "Colui che non aveva  conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" [5:21]. 
Quando guardiamo il corpo rovinato di Cristo in questo film capiamo cosa significa "lo trattò da peccato".
 

Nel corso degli anni, molti registi si sono cimentati con film su Gesù o sulla passione. Ritiene che il film di Mel Gibson sia particolarmente originale?
Padre Di Noia: Non sono un critico cinematografico.  Saranno i critici a giudicare il film di Gibson e a 
confrontarlo con ad altre grandi descrizioni della vita e della passione di Cristo, quali quelle di Pasolini e di Zeffirelli. Come gli altri registi, Mel Gibson apporta la propria sensibilità artistica all'argomento, e in questo senso il film è assolutamente originale.
Certamente, "La passione del Cristo" è più intensamente incentrata sulla sofferenza e la morte di Cristo che la maggior parte di altri film del genere. Ma, come reazione iniziale, tre cose del film di Gibson mi colpiscono per essere alquanto particolari.
Una è la rappresentazione del diavolo, che libra sullo sfondo, e a volte in primo piano, come una costante e sinistra presenza minacciosa. Non mi viene in mente un altro film che abbia ottenuto questo effetto con tale drammatica efficacia.
Un altro elemento è la solitudine di Cristo: In qualche modo, anche se circondato dalle folle, il film mostra Gesù realmente da solo nel sostenere la terribile sofferenza.
Infine, la rappresentazione dell'Ultima cena con una serie di flashback inseriti nell'azione del film. 
Quando giace sul pavimento insanguinato dopo la flagellazione, Cristo guarda i piedi cosparsi di sangue di uno dei soldati e il film torna in modo significativo alla lavanda dei piedi durante l'Ultima cena.
Simili flashback nel corso della passione e crocifissione ci riportano allo spezzare del pane e al bere dal calice. Gli spettatori, attraverso gli occhi di Cristo, assistono alle parole: "questo è il mio corpo" e "questo è il mio sangue". Il significato sacrificale e quindi eucaristico del Calvario è raffigurato mediante questi persistenti flashback.
Vi è una sensibilità cattolica molto efficace. 
Nella recente enciclica sull'Eucaristia, il Papa Giovanni Paolo II diche che Cristo ha istituito il memoriale della sua passione e della sua morte prima della sua sofferenza - anticipando il sacrificio della croce. 
Nell'immaginazione artistica di Mel Gibson, Cristo "ricorda" l'Ultima cena anche mentre pone in essere il sacrificio che essa commemora.
Per molti cattolici che vedono queste immagini, la Messa non sarà più la stessa. 
In ogni caso, prescindento da questioni di originalità, il film di Mel Gibson sarà indubbiamente annoverato tra i migliori.

Il film "La Passione" incolpa qualcuno per ciò che è successo a Cristo?
Padre Di Noia: Questa è una domanda interessante e molto difficile.
Ipotizziamo di porre la domanda a qualcuno che non abbia familiarità con racconti del Vangelo sulla passione. Se gli si chiede: "Chi è il colpevole di ciò che è successo a Gesù?", dopo qualche riflessione egli risponderà: "Beh, lo sono tutti, no?". Questa risposta mi sembra quella esatta.
Guardando "La Passione" strettamente dal punto di vista della rappresentazione cinematografica, ciò che succede nel film è che ciascuno dei personaggi principali contribuisce in qualche modo al destino di Gesù: Giuda lo tradisce; il Sinedrio lo accusa; i discepoli lo abbandonano; Pietro lo rinnega; Erode ci gioca; Pilato consente la sua condanna; la folla lo schernisce; i soldati romani lo flagellano, gli infliggono ogni sorta di dolore e infine lo crocifiggono; e il diavolo, in qualche modo, sta dietro a tutte queste azioni.
Tra tutti i personaggi principali della storia, solo quello di Maria è veramente senza colpa. 
Il film di Gibson rende molto bene questo aspetto dei racconti della Passione. 
Nessuna persona e nessun gruppo di per sé, indipendentemente dagli altri, è da considerare responsabile: lo sono tutti.

Sta dicendo che nessuno in particolare è responsabile della passione e morte di Cristo? 
Padre Di Noia: Beh, ritengo di si - certamente dal punto di vista della rappresentazione cinematografica. Ma anche dal punto di vista teologico, Mel Gibson ha raffigurato in modo molto efficace questo elemento che è centrale nella visione cristiana della passione e morte di Cristo. 
La storia racconta di come i peccati di tutte queste persone cospirano al verificarsi la passione e morte di Cristo, e quindi suggerisce la verità fondamentale per la quale siamo tutti responsabili. I loro peccati e i nostri peccati mandano Cristo sulla croce, e lui li prende su di sé volontariamente.
È per questo che costituisce una lettura seriamente erronea quella che vorrebbe assegnare la colpa a un personaggio o a un gruppo, o ancor più quella che cerca di esimere qualcuno dalla responsabilità.
Il problema, in quest'ultimo caso, è che se non sono tra i colpevoli, come posso essere tra coloro che condividono i benefici della croce?
Torna alla mente un verso di un canto natalizio: "As far as the curse extends, so far does his mercy flow" ("Nella misura in cui si estende il male, scaturisce anche la sua grazia"). 
Dobbiamo renderci conto che i nostri peccati sono tra quelli che Cristo ha preso su di sé, in modo da essere ricompresi nella sua preghiera: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno". Auguriamoci di non essere lasciati fuori da questa preghiera.
Il lettore cristiano è chiamato a trovare il proprio posto nell'ambito di questa raffigurazione della redenzione. Questo è chiaro nella lettura della Passione durante la liturgia cattolica della Settimana Santa, quando l'assemblea si accomuna alla folla che urla "crocifiggilo".
In modo paradossale la liturgia ci aiuta ad accogliere come preghiera queste grida altrimenti orrende. Naturalmente non "desideriamo" letteralmente che Cristo soffra la crocifissione, ma sì vogliamo essere salvati dai nostri peccati. Dal punto di vista della fede, anche l'agghiacciante "che il suo sangue ricada su di noi e sui nostril figli" deve essere compreso non come una maledizione ma come una preghiera.
Esattamente ciò di cui noi abbiamo bisogno - e che la folla radunata davanti a Pilato inconsciamente chiedeva - è di essere "lavati nel Sangue dell'Agnello", come esprime l'Apocalisse.

Vi è stata molta polemica sul presunto antisemitismo o antigiudaismo del film. Può condividere con ZENIT il suo pensiero al riguardo?
Padre Di Noia: Parlando in qualità di teologo cattolico sarei portato a condannare antisemitismo o antigiudaismo in qualsiasi racconto della passione e morte di Cristo - e non solo per le terribili offese che sono già state inflitte al popolo ebreo, ma anche perché, come ho già accennato, questo rappresenta una lettura profondamente erronea dei racconti della passione.
Ma mi consenta di rispondere schiettamente alla sua domanda. Non vi è assolutamente nulla di antisemitico o antigiudaico nel film di Mel Gibson.
È deplorevole che persone che non hanno visto il film, ma che hanno solo visto alcune bozze del copione, abbiano dato adito all'accusa che il film "La Passione del Cristo" fosse antisemita. Io sono convinto che una volta che il film sarà uscito e le persone abbiano avuto la possibilità di vederlo, l'accusa di antisemitismo semplicemente evaporerà.
Il film non esagera né minimizza il ruolo delle autorità giudaiche e dei procedimenti legali relativi alla condanna di Gesù. Ma proprio perché presenta un quadro complessivo di ciò che potrebbe definirsi il "calcolo della colpa" nella passione e morte di Cristo, il film tenderebbe più a sopire l'antisemitismo negli spettatori, piuttosto che a fomentarlo.
Da un punto di vista teologico, ciò che è ancora più importante è che il film propone ciò che gli evangelisti e la Chiesa hanno sempre visto con chiarezza: ciò che Cristo esperienza nel cammino dal Getsemani al Golgota, e oltre, sarebbe totalmente incomprensibile se si prescindesse dall'Alleanza di Dio con Israele.
Il quadro concettuale è composto quasi interamente dalla storia e letteratura, dai profeti e gli eroi, dalle storie e le leggende, dai simboli, dai riti, dalle osservanze e in definitiva dall'intera cultura ebraica.
È questa cornice che rende intelligibile e esprimibile la necessità naturale per una soddisfazione e redenzione di fronte al peccato umano e la decisione amorevole di Dio di venire incontro a questa necessità. 
Lungi dall'incitare all'antisemitismo o all'antigiudaismo, il film di Gibson porterà gli spettatori ad approfondire la loro comprensione di questo contesto indispensabile della passione e morte del Gesù di Nazaret, del Servo sofferente.

Quale sarà l'impatto del film?
Padre Di Noia: Come è noto, nella storia cristiana, i fedeli sono stati incoraggiati a meditare sulla passione di Cristo. La spiritualità di ogni grande santo - vengono subito alla mente San Francesco, San Domenico, Santa Caterina da Siena - è stata marcata da una devozione alla passione di Cristo.
Perché? Perché hanno riconosciuto che non esiste via più sicura per far sgorgare dal cuore umano quell'amore capace di rispondere adeguatamente all'amore di Dio che ha dato il suo Figlio per noi.
Credo che il film di Mel Gibson muoverà le persone a questo tipo di amore. 
Il cuore dovrebbe essere di pietra per rimanere impassibile di fronte a questo film straordinario e dall'impenetrabile profondità dell'amore divino che esso tenta di rendere vivo sullo schermo.

Deposizione




Qualche libro da consultare

ANDREA TORNIELLI, “La Passione. Dai Vangeli al film di Mel Gibson”, Edizioni “Il Giornale”, Milano, 2004, pp. 210, euro 5,90. - Disponibile dal 6 aprile 2004.
La prefazione di Vittorio Messori
 

GIANCARLO PADULA, "I Segreti della Passione di Cristo. Dalle visioni di Caterina Emmerick al film The Passion of the Christ di Mel Gibson", Edizioni Tabula Fati, Chieti, 2004, pp. 112, euro 6,50.
- Disponibile presso la Casa Editrice, Via Colonnetta n. 148 - 66013 CHIETI Scalo. Tel. 0871 552828 - 0871 63210 - Fax 0871 404798. E-mail: tabulafati@yahoo.it
Una presentazione

LA PASSIONE - PREFAZIONE DI VITTORIO MESSORI

"Ci vorrebbe una guida, qualcosa come un piccolo manuale per aiutare a capire il significato di quelle dodici ore a Gerusalemme e di queste due ore di proiezione che ce le sbattono in faccia in modo tanto provocatorio".
Questa la convinzione cui arrivammo Andrea Tornielli ed io confrontando le impressioni dopo avere visto in anteprima il film di Mel Gibson ed averne riferito sui giornali cui collaboriamo. Uniti dalla stessa prospettiva cristiana, The Passion of the Christ ci aveva colpiti come di rado capita a chi, per il mestiere che pratica, vorrebbe farsi credere al riparo dalle emozioni. Impraticabile, qui, il distacco - con magari il pizzico di snobismo un po’ cinico - dietro cui si maschera chi, ogni giorno, ne vede, letteralmente, “di tutti i colori”. Qui, avevamo visto tradursi in immagini di un realismo brutale le parole su cui basa la nostra fede stessa. I versetti evangelici, pur tante volte letti e magari meditati, assumevano una rilevanza sconvolgente facendosi immagini concrete, sorrette non solo dal carisma del regista ma anche da tutte le risorse della tecnica più moderna. Da credenti non inconsapevoli dei contenuti e delle dinamiche della fede, ci eravamo resi conto che, in quelle due ore, grondavano dallo schermo significati religiosi che meritavano attenzione e riflessione, ma che rischiavano di sfuggire allo spettatore. Compreso quello cattolico, anche se praticante, vista la situazione deplorevole di una catechesi ecclesiale troppo spesso attratta, oggi, più dal sociologico che dal teologico, più dall’effimero della cronaca che dal fascino dell’Eterno.
Insomma, ci sembrò che sarebbe stato proficuo se qualcuno si fosse seduto accanto allo spettatore “comune”, per aiutarlo a capire ciò che le immagini gli mostravano. Con umiltà certo, lontani dalla pretesa di avere tutto capito, di tutto saper interpretare. Ma anche consapevoli, con realismo, che qualche studio, qualche frequentazione - scontati, per chi, come noi, scriva articoli e libri su questi temi - ci consentivano la conoscenza delle fonti e degli eventi cui il regista si era ispirato.

Affrontando i rischi, le fatiche, le spese di un film come questo, Mel Gibson non si è proposto di fare “cultura” e forse, neppure “arte”: tutto, qui, anche la cultura e l’arte, è subordinato e messo al servizio di un progetto missionario, di una volontà di apostolato. Di una passion de convaincre, per usare la parola pascaliana. Questa l’anomalia di un’opera che non poteva non suscitare polemiche, tesa com’è a tentare di riannunciare Colui che (al contrario di certe attuali caricature buoniste) disse di non essere venuto a portare la pace ma la spada, non la concordia universale ma la divisione persino tra genitori e figli, tra fratello e sorella, tra marito e moglie. In fondo, le dispute che hanno accompagnato e ancor più accompagneranno questo film, anche se spesso ingiuste, settarie, aprioristiche, sono fisiologiche, direi obbligate. Sono, cioè, un segno che c’è, qui, almeno qualcosa dello spirito di quel Maestro davanti al quale gli uomini sempre si divideranno e per il quale sempre saranno in serbo l’odio e l’amore. Scrivere una piccola “guida” per accompagnare la visione della pellicola era dunque porsi nella prospettiva stessa di Gibson, era un mettersi al servizio di un’intenzione missionaria. La quale è segnata, ovviamente, dai limiti, dalle insufficienze, dai segni caratteriali di ogni impresa umana ma costituisce, comunque, un ritorno alla tensione apostolica, così carente tra i tiepidi, spesso sfiduciati, cattolici di oggi.                      |
Comunque, mentre io mi limitavo, un po’ da velleitario, ad auspicare e ad esortare, Tornielli (e ne fui, ovviamente, felice) passava all’azione. Pur conoscendone la capacità di lavoro e l’esperienza di scrittura, restai stupito dal ritmo del suo lavoro, cominciato con la visione attenta, e più volte ripetuta, della pellicola. Il programma è poi continuato con richieste di informazioni e colloqui con alcuni dei collaboratori più stretti del regista. Una fase successiva del blitz di Andrea è consistita nella rilettura critica della gran massa di parole - di lode e di accusa - già dedicate a quest’opera dal media-system del mondo intero. Tutto è stato poi organizzato attorno a quei versetti in greco antico che costituiscono l’unica, vera “trama” di un film che null’altro desidera se non rendere in immagine, nel più fedele dei modi, quanto i vangeli raccontano. Anche il ricorso di Gibson alle visioni di Anna Katharina Emmerick (cui Tornielli da giustamente rilievo), non trascina affatto il regista nel cielo evanescente del mito: al contrario, quanto è stato misticamente scorto dalla stigmatizzata tedesca serve a precisare la cronaca di quelle ore, a renderla ancor più concreta. Si discute se Giovanni Paolo II abbia davvero detto dopo avere assistito alla proiezione: "È andata proprio cosi". Sia stato o no questo il commento papale, questa è stata in ogni caso la convinzione di Gibson; tutto ciò che i vangeli raccontano trova riscontro in ciò che è davvero successo, cominciando dal Getsemani, sino alla tomba vuota all’alba della prima domenica della storia. I vangeli, in questo film, non sono leggenda, postiches di simbolismo mitico giudaico-ellenistico: sono cronaca fedele. Già questa è una sfida che i church-intellectuals giudicano inammissibile, come sa chi conosca lo stato sconcertante degli studi scritturali, anche cattolici; come sa chi debba scorrere quei commentari alla Bibbia dove la sola cosa che è obbligatorio prendere sul serio sono le note a pie di pagina del biblista teologicamente corretto.

Il frutto del lavoro di Andrea Tornielli sta nelle pagine che seguono: intenzionalmente modeste ma serie, divulgative ma fondate, credo proprio che aiuteranno (com’era nelle intenzioni) a mettere a frutto un’occasione unica. L’occasione, cioè, offerta da un uomo ancor giovane ricco di fama, di prestigio, di denaro che - cosa del tutto anomala nell’ambiente delle grandi star del cinema - afferma e pratica la sua fede cattolica nella vita concreta. Sette figli (tra cui una suora di clausura) avuti da una sola moglie non sono consueti dalle parti di Hollywood. Ne è consueta una partecipazione quotidiana alla Messa per giunta secondo la liturgia in latino. Ma ciò che contrassegna la fede aderente alla Tradizione, così come la intende Mel, è il bisogno di parteciparla ai fratelli: da qui, il progetto missionario cui già si accennava, da qui il desiderio di farsi apostolo, sfidando il fuoco di sbarramento subito aperto da molte parti, non escluse quelle di un certo cattolicesimo che si crede “adulto” perché ha rinunciato a convenire e diffama come “proselitismo” ogni tentativo di riannunciare il kérygma.
Il “caso Gibson”, insomma, non è per niente cosa frequente nei tempi che viviamo. Come non tentare di favorire un’intenzione tanto generosa quanto rara? Sarebbe incongruo, dunque, cercare nel lavoro di Torme altre motivazioni che non siano di informazione esplicitamente religiosa. In fondo, c’è anche in lui la passion de convaincre. Pur consapevole che l’opera dell’attore fattosi regista non è un quinto vangelo ma solo un film, Andrea è convinto che una pellicola come questa potrà aiutare a riscoprire quei quattro libriccini in cui è annunciata una Speranza che non delude.
In una prospettiva estranea alla fede, quanto, in The Passion, si vede sullo schermo rischia di apparire come una sconcertante esplosione di brutalità, come una macelleria, ritratta per giunta con un sospetto di morbosità e di sadismo. Queste pagine potranno aiutare a capire che, nella visione della fede, dietro quel sangue, dietro quella sofferenza inaudita, c’è in realtà un mistero. Il mistero di un Uomo che ha caricato sulle sue spalle la colpa e il peccato di tutti gli uomini. E che per tutti, in questo modo terribile e al contempo sublime, ha ottenuto perdono e salvezza. Le scene impietose con cui Gibson sembra volere annichilire lo spettatore non sono di certo gratuite, nulla hanno a che vedere con un horror da spettacolo: è attraverso tanta crudeltà che si è manifestato l’Amore. Era importante che qualcuno cercasse di farlo comprendere allo spettatore, magari anche con un manualetto come quello che qui è proposto.

I SEGRETI DELLA PASSIONE DI CRISTO: 
UN LIBRO, SCRIVE MARIO PALMARO, DOCENTE DI BIOTETICA, 
CHE INSIEME AL FILM SMUOVE LE COSCIENZE

Milano ? “I segreti della Passione di Cristo”, (Edizioni Tabula fati, via Colonnetta 148 ? 66013 Chieti Scalo, tel: 0871-63210; sito Internet: www.tabulafati.it), che da qualche giorno è in distribuzione nelle librerie italiane svela molti retroscena del film in programmazione in queste ore nelle sale italiane, e per questo, più di altre pubblicazioni sull’argomento, sta suscitando molta curiosità tra il pubblico: dal titolo alla copertina, non ultimo il fatto che l’autore, Giancarlo Padula, 50 anni, giornalista professionista e scrittore, addirittura ex leader del Movimento studentesco del ’68, ha una storia molto simile a quella di Mel Gibson, è stato cioè “fulminato sulla via di Damasco”, circa 13 anni fa. “Dobbiamo essere grati a Giancarlo Padula per averci offerto questo agile libretto, la cui brevità non deve ingannare: si tratta di un lavoro profondo, minuzioso, serio. Un’indagine intorno al fatto che ha segnato la storia dell’umanità più di ogni altro, la morte e resurrezione di Gesù di Nazareth”, scrive nella prefazione Mario Palmaro, docente di bioetica dell’Università Regina Apostolorum di Roma, “c’è una porzione di battezzati apostolici romani, ci sono certi ambienti teologici d’elite ma tutt’altro che marginali,  ambienti autorevoli e influenti, che non potranno perdonare all’attore-regista australiano di credere così fermamente alla storicità dei Vangeli.
Quando il milieu teologico di cui sopra vedrà sullo schermo Pietro che taglia un orecchio a Malco nel tentativo di impedire l’arresto di Gesù, e poi vedrà che Cristo compie un miracolo riattaccando l’orecchio e guarendo completamente lo sconcertato servitore; e quando quegli stessi teologi demitizzanti vedranno la terra tremare dopo la morte di Cristo in croce; beh, la loro sorpresa e il loro sconcerto sarà grande e rumoroso. Ad esempio, si obietta a Gibson, nell’ordine, di aver dato troppa importanza al Calvario nella vita di Cristo (sic!), di aver ridotto la sua resurrezione  a un fatto egoistico e privato (ma nel sepolcro non risulta che ci fosse una platea ad assistere all’evento come in un moderno reality show), e ancora — testuale — che Gesù “ha donato la sua vita e nessuno gliel’ha tolta”. Perché tanto accanimento? Dove è finito quel mondo cattolico dialogante e pronto a trovare semi preziosi di fede anche in pellicole che offrono un’immagine caricaturale e negativa della Chiesa e della sua fede? Possibile che Pasolini o Fellini siano sdoganati, e il povero Mel Gibson — che fa del suo meglio per far rivivere a milioni di persone le ore più decisive della storia — sia sommerso di critiche senza appello? Purtroppo, il nostro uomo è vittima di un pregiudizio: poiché frequenta ambienti tradizionalisti, è scattato nei suoi confronti un fuoco di sbarramento a prescindere. La sensazione è che non si giudichi tanto la pellicola, ma il suo autore. Questa è una potente ingiustizia, che rischia di influenzare negativamente il pubblico, privandolo di una rara occasione di meditazione e, non è esagerato dirlo, di preghiera. Alla base di tutto vi è anche una concezione teologica discutibile, che ha messo per anni l’accento sul “messaggio”, sulla “parola”, sul “libro”, quasi che il Verbo si fosse fatto carta. Mel Gibson ci strappa a questa beata tiepidezza intellettualistica e ci costringe a vedere un Dio fatto carne, una carne dilacerata e sanguinante, senza sconti e senza omissioni. È un realismo, una crudezza per intenderci, che ritroviamo in certe pellicole che hanno efficacemente descritto la Shoa; e in quel caso nessuno fra i cattolici gridò allo scandalo affermando che raccontare la vita dei lager in maniera cruenta era inutile e brutale. Gibson vuole mostrare come la sofferenza di Dio in Gesù esprima il vertice di qualsiasi dolore, la somma del patire possibile a un uomo: ed è per questo che si ritrova contro quei teologi che contestano questa idea”.




La testimonianza di un Vescovo

Lettera Pastorale di 
Sua Eccellenza Mons. Jhon F. Donoghue, 
Arcivescovo di Atlanta (USA)
10 febbraio 2004

A Tutti I Cattolici della Arcidiocesi di Atlanta, e a Tutte la Persone di Buona Fede

Cari Amici in Cristo,

mercoledì 25 febbraio celebreremo il Mercoledì Delle Ceneri e l'inizio del periodo di Quaresima dell'Anno del Signore 2004.
Come fanno ogni anno i buoni cattolici intraprenderemo nei successivi quaranta giorni atti speciali di penitenza come Nostro Signore ci ha insegnato, preghiera, digiuno, e offerta di elemosine . Facciamo questo per purificare le nostre menti e per disporre le nostre anime ad accettare più prontamente il dono che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ci ha fatto, cioè la Sua vita e la Sua morte, le Sue sofferenze, e la Sua redenzione di tutto il genere umano . 

Quest'anno c'è un avvenimento speciale che può aiutarci a rendere questa Quaresima diversa da tutte le altre precedenti, e, forse, anche cambiarci permanentemente nel modo in cui visualizziamo e cerchiamo di contraccambiamo il grande amore che Nostro Signore ci ha mostrato .
Questo evento è la distribuzione del film LA PASSIONE , ideato, prodotto e diretto da Mel Gibson . 

La scorsa estate Mel Gibson portò il suo film ad Atlanta e lo fece conoscere a un piccolo numero di autorità religiose locali. 
In quell'occasione ho potuto parlare a lungo con Mr. Gibson in privato e sono pienamente convinto che il suo scopo nel fare questo film fu esclusivamente religioso e che esso manifesta ciò che io considero essere la sua sincera fede e devozione .
Sono anche colpito dalla  volontà con cui ha affrontato la gigantesca sfida di rappresentare accuratamente gli eventi del Vangelo che circondano la Passione di Nostro Signore e dal suo coraggio nell'affrontare tutta la opposizione che questa rappresentazione ha provocato e continuerà a provocare .

La interpretazione di Mel Gibson è stata illuminata dalla interpretazione della Chiesa . 
In particolare nella sua rappresentazione della cattura, del processo, e della condanna di Gesù Cristo, nessuno ne porta in esclusiva la colpa, né i Giudei, né i Romani, né gli Erodiani . 
Le sofferenze di Nostro Signore e la Sua morte sono il risultato di una cosa, di una sola cosa : la presenza del male nel mondo come effetto del peccato , la debolezza degli uomini e donne quando sopraffatti dalle tentazioni di Satana . Tutti portano la colpa delle sofferenze e morte di Nostro Signore, tutti dovrebbero sentire dolore o contrizione che l'innocenza di Cristo è l'unico sacrificio efficace per dare soddisfazione per la nostra peccaminosità .
Queste sono lezioni dure per noi da sopportare nel migliore dei casi perché siamo così orgogliosi ; e queste sono lezioni quasi impossibili per la nostra cultura moderna che sembra impegnata alla negazione totale del peccato e del male . 
Il desiderio di Mel Gibson è di mostrare che il male ed il peccato effettivamente esistono, che Satana è reale, e che solo col partecipare umilmente ai meriti guadagnati da Nostro Signore, solamente vedendo, sentendo, condividendo le Sue sofferenze e la Sua morte noi possiamo guadagnare la grazia, il dono di essere nuovamente resi degni di godere della compagnia di Dio . Questo è un dono che Gesù Cristo ha fatto a ogni uomo e donna, il Suo dono  non prende in considerazione razza o credo, il Suo dono abbraccia tutti coloro che abbracciano Lui . La colpa della Sua morte è sul capo dei figli di Adamo e di Eva . E se c'è qualcuno di cui si può dire che Lo ha condannato allora costui è quello di cui Gesù ha detto essere "assassino dall'inizio" : Satana .

Credo che tutti dovrebbero vedere questo film . 
Come vostro vescovo vorrei esortare tutti i cattolici dell'arcidiocesi di Atlanta a vedere questo film. 
Ma non aspettatevi di vedere questo film obbiettivamente o senza esserne cambiati . 
Non vi lascerà rimanere la stessa persona che eravate prima : non sarete mai più incapaci di rappresentarvi l'ampiezza delle sofferenze di Nostro Signore e il terribile prezzo che Egli ha pagato per salvarci . 
E, di conseguenza, non sarete mai più capaci di pensare a voi stessi come innocenti o coinvolti solo relativamente negli avvenimenti della Sua Passione .
Questo è un risultato della vera capacità artistica che Mel Gibson ha portato alla realizzazione, insieme con il lavoro di artisti sorprendenti e di una cinematografia che innalza questo film tra i più grandi mai fatti . 
Ma, cosa più importante di tutte, è il risultato della fedele aderenza di Mel Gibson alle parole e allo spirito del Vangelo .

Un avvertimento importante deve essere dato . 
Questo film non è per bambini, e con questo voglio dire specificatamente quei bambini che non hanno ancora raggiunta una età tale da capire la violenza grafica che può essere fatta da esseri umani ad altri esseri umani, e a loro stessi . 
Non sarebbe saggio per me cercare di decidere quale potrebbe essere questa età : è una responsabilità che io considero essere l'inviolabile privilegio delle madri e dei padri .
Per andare sul sicuro suggerirei che nessun bambino al disotto dell'età scolare per le scuole superiori dovrebbe vedere questo film, a meno che i genitori lo abbiano visto prima e diano il loro consenso. 
In ogni caso i giovani avranno necessità di basarsi sul consiglio di persone più vecchie, come pure di preti ed educatori della Chiesa, per sostenere l'urto di questo film .

Cari amici, la lezione de LA PASSIONE è terribile, e bellissima, da vedere, ma la verità di accettare e rendere questa lezione parte delle nostre proprie vite, è di guadagnare una fede più profonda nel risultato finale dello scopo di Cristo nel venire in mezzo al genere umano : la Sua vittoria sulla morte, la nostra morte, " … per dare la sua vita in riscatto di molti. "

Possa questo magnifico film, un dono di Dio, aiutarci a imparare quello che dobbiamo sapere, e possano la nostra Quaresima e le nostre celebrazioni di Pasqua di quest'anno portaci una abbondanza di contrizione, pentimento, e ritrovata speranza nel potere di Gesù Cristo di salvarci e di darci la vita eterna .

Il vostro 

Reverendissimo  John F. Donoghue
Arcivescovo di Atlanta, USA .
10 febbraio 2004




Il pathos della croce in un cinema

Di Marcello Veneziani

Articolo pubblicato sul quotidiano Il Tempo, Venerdì 9 aprile 2004

Era grigio  e ventoso, come sempre un Venerdì Santo, nell'ora dell'incontro tra Gesù Cristo con la croce sulle spalle e la Madonna addolorata. Ero al mio paese, al sud, come sempre accade nei giorni importanti della tradizione. Avevo negli occhi il film La passione di Cristo che avevo visto poche ore prima, a Roma. Un film grande perché grande era l'Evento di cui narrava, nella lingua del tempo; privo di santità, probabilmente, senza Resurrezione; forse troppo gonfio di fisicità sofferente, perfino ostentata, feroce e dettagliata. Troppo gladiatorio e poco spirituale. Però il film era riuscito in alcuni suoi tratti, probabilmente per luce riflessa, a commuovermi, fino alle lacrime come non mi accadeva ormai da troppo tempo.
Il dialogo con il ladrone e la promessa di redenzione in cielo, il dolore della Madre, il peso condiviso della Croce, il tempo grigio e brutto alla morte di Gesù, come quello di stamattina qui, a pochi chilometri da dove si è girato il film ma a due millenni da quel tempo... Però non c'era pathos nell'incontro di stamane in piazza; migliaia di persone assiepate, bambini sulle spalle dei genitori, spinte e cellulari squillanti, assoluta anestesia del dolore e della fede...
Che strano, mi son detto, ripensando anche ai Sepolcri che ho fatto di chiesa in chiesa, come migliaia di persone, con assoluta noncuranza dell'evento, uno struscio con alibi religioso vago e vagante. Che strano, mi ripetevo. Io ricordo da bambino cos'era la settimana santa, non s'andava al cinema prima di Pasqua perché il cinema significava divertimento e invece questi erano giorni di lutto; e si vedevano donne vestite di nero piangere al passaggio di Cristo e della Madonna. Il dolore si leggeva nei volti di tanti nel pellegrinaggio dei Sepolcri e se un filo di gioia si intravedeva sotto l'aspetto dolente, era il presagio della Pasqua ventura, la certezza risorgente del Lieto Fine.

Adesso invece mi trovo a vivere il contrario: il pathos della croce me l'ha dato il cinema, la memoria di Cristo l'ho comprata per sette euro e mezzo al cinema e invece in chiesa e per la via crucis ho visto altro, spettacolo di una tradizione senza trasporto, senza commozione. Ho trovato più religione in una sala cinematografica, nonostante nelle sale accanto proiettassero film erotici, grotteschi e leggerini; nonostante che tra un tempo e l'altro della passione di Cristo, tra preti e suore, vendessero pop corn e coca cola e una musica di sottofondo assai celebre del passato, invitasse a venire a letto con lei stasera... Ma c'era più religione là nel tempio del divertimento che in Chiesa; la Casa del Signore pareva evacuata, estenuata, disabitata di santità, priva di sacralità, aperta ad un flusso che del turismo laico e sbarazzino non aveva solo una cosa: la curiosità delle cose nuove da vedere. Mi chiedo e vi chiedo: dobbiamo allora cercare la religione negli anfratti più impensati del villaggio globale, tra le luci, i games e le fiction, piuttosto che nella vita quotidiana, nelle chiese e nella storia che si tramanda? E' una religiosità new age, quella che si fa avanti, fatta di effetti speciali, cristi robot, emotività e immagini forti, priva di rito, di luoghi sacri, e di comunità religiosa?

Una religione che si annoda certo ad un Racconto Antico e Condiviso, dunque ad una Tradizione e ad un Immaginario Collettivo trasmesso da secoli; ma rivissuta in modo informale, in luoghi occasionali. Forse, la religione ha perso il suo fascino perché ha perso la forza fascinatrice della sua liturgia, la possente rappresentazione dei suoi riti; non vuole sconvolgere, vuole rassicurare, farsi umana troppo umana, non vuole mostrare il dolore e il maligno, preferisce percorrere le vie dolci del pacifismo, della bontà, del tutti in paradiso... E allora quel che non troviamo in chiesa lo cerchiamo altrove, al cinema persino, in tv, o perfino nelle esperienze trasgressive della modernità. Perfino il crocifisso non va ostentato, è quasi atto osceno in luogo pubblico, fa troppo male quello spettacolo di flagellazione; meglio la croce stilizzata, e sterile, senza Cristo. Non lo so, non sono sicuro di quel che dico; ma temo davvero che la religione dolcificata, per non spaventarci con la morte, il sacrificio e l'inferno, abbia smesso di suscitare in noi anche la voglia di resurrezione, d'ascesi e paradiso. Così quel che perdiamo nella vita e nella storia ce lo andiamo a ripescare in video, mediante fiction. Veni foras, animascope.





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