Abbiamo sottomano un piccolo libretto che ripropone il De
bono mortis di SANT'AMBROGIO. Si tratta di una breve riflessione
del santo, condotta negli ultimi anni della sua vita, sul significato liberatorio
della “buona morte”. In tempi ancora recenti certe confraternite della
Misericordia si denominavano esattamente “della buona morte”, poiché
i loro membri si assumevano il compito di aiutare i cristiani nel momento
cruciale del trapasso. Preoccupazioni siffatte sembrano non appartenere
piú ai cristiani moderni, e se ancora rimangono dei residui teorici
circa la concezione della vita come preparazione ad una buona morte, di
fatto molti credenti conducono la propria esistenza quotidiana come se
non dovessero morire mai. Càpita infatti sempre piú spesso,
e con l'avallo anche indiretto della gerarchia, che ci si convinca che
la morte possa essere “domata” dalla potenza scientifica della medicina
moderna: con il che si confessa, in effetti, la grande paura della morte,
tanto diffusa oggigiorno al pari del terrore del dolore.
Sant'Ambrogio ricorda invece che: «Se la morte è
stimata terribile tra i vivi, non è dunque tale per sé, quanto
nell'opinione che ciascuno se ne fa, sia essa dettata dal sentimento o
dai timori della propria coscienza. Accusi dunque ognuno la debolezza della
propria coscienza, e non la durezza della morte, e si reputi la morte un
porto di quiete per i giusti e invece un naufragio per i malvagi.»
La lettura delle opere dei Padri della Chiesa si presenta spesso difficoltosa,
magari solo per la mole di questo o di quel testo, quindi ben venga la
diffusione di piccoli libretti di facile consultazione, che trattano brevemente
di questioni importanti, come nel caso in questione.
[SANT'AMBROGIO, Il bene della morte (De bono mortis),
ed. Il leone verde, Torino, pp. 77.]
(6/98)
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