Pio XII, il Papa degli Ebrei - Questo il
titolo del libro scritto dal dott. ANDREA TORNIELLI, noto e apprezzato
vaticanista de “Il Giornale”. Un libro che, già dal titolo, si pone
in polemica con l’andazzo di certa pubblicistica che vorrebbe far credere
in un Pio XII “complice” delle increbili malefatte del regime nazista.
Invero, può sembrare un po’ strano che a difendere il venerabile
Pio XII si adoperi un “giornalista”, i cui interessi si pensano limitati
alle vicissitudini quotidiane, piuttosto che alle vicende “storiche”. Ma,
in realtà, la cosa piú strana è che la fortuna di
questa leggenda del Papa “connivente” sia nata non in àmbito storico,
bensí in àmbito teatrale. Sí, perché tutta
la polemica intorno a Pio XII e agli Ebrei ha avuto come punto di partenza,
quanto meno in termini propagandistici, un lavoro teatrale: Il Vicario,
del 1963, roba da guitti.
Ora, pensare che un lavoro teatrale qualunque possa dar vita ad una
leggenda come questa è cosa davvero ingenua: ci dev’essere dell’altro.
Le invenzioni teatrali hanno potuto trovare credito solo a condizione che
esistesse già una atmosfera di avversione e antipatia nei confronti
della Chiesa. Non solo, ma che esistesse già una sorta di predisposizione
al linciaggio di tutto ciò che la Chiesa aveva rappresentato fino
a quel momento.
Era il 1963: strane coincidenze della storia.
Furono gli anni della svolta del Concilio Vaticano II. Fu in quegli
anni che anche tanti uomini di chiesa si convinsero che la Chiesa dovesse
dare inizio ad un processo di revisione di tutto il suo passato, sia dal
punto di vista storico sia dal punto vista dottrinale. Nessuna meraviglia,
dunque, che le invenzioni maldestre di un guitto possano essere state prese
in considerazione, tanto da dar vita ad un annoso “dibattitto”.
Tra l’altro, l’argomento usato per gettare fango sul Vicario di Cristo
era, ed è, un vero “cavallo di battaglia”, o meglio, un vero “cavallo
di Troia”: se si voleva, o si vuole, male a qualcuno, se si voleva, o si
vuole, creare un clima ostile nei confronti di qualcuno o di qualcosa,
bastava sussurrare il sospetto che si trattasse di “antisemitismo”. Ed
è questo il vero motivo per cui le stolte furberie di un guitto
abbiano potuto produrre tanto rumore da giungere fino ai nostri giorni.
Figuriamoci! Se si fosse parlato male di Pio XII perché, per
esempio, aveva avallato la mobilitazione civile contro il pericolo comunista:
nel giro di qualche mese nessuno ne avrebbe piú parlato. Ma non
si può tacere, neanche dopo piú di trent’anni, quando il
fango lanciato a piene mani è intriso di lesa maestà ebraica.
Certo, si tratta di un vezzo, di un cattivo vezzo, di una incredibile
speculazione, di un atto di autolesionismo, ma, purtroppo, la cosa continua
ad essere d’effetto: ce l’ha con gli Ebrei… quindi, bisogna linciarlo.
Basta solo che se ne parli, sia la cosa vera o falsa.
E che le cose stanno cosí lo dimostra proprio il fatto che perfino
gli stessi Ebrei si sono levati a difesa di Pio XII, fin da quel lontano
1963, ma ormai la calunnia era stata lanciata: il marchio impresso; e i
realisti piú realisti del re hanno continuato a sbracciarsi in difesa
della lesa maestà ebraica, perfino nonostante gli stessi Ebrei.
Come è facile comprendere, il vero problema non è Pio
XII, ma la Chiesa e la sua dottrina. La vicenda tutta inventata di Pio
XII “indifferente” alla sorte degli Ebrei, è stato uno dei tanti
efficaci strumenti per scardinare e demolire le strutture della Santa Chiesa
Cattolica.
Il libro di Tornielli parla di tutto questo, e ne parla da giornalista
che ha potuto documentarsi proprio grazie alla specificità del suo
lavoro: pettegolezzi e documenti, opinioni e fatti, vengono messi a confronto
per dimostrare come la vicenda di Pio XII sia una incredibile trovata pubblicitaria.
Fin dalle prime pagine (p. 14) Tornielli ricorda il caso del rabbino
Meir Lau che accusò pubblicamente Pio XII, nel 1998, di aver taciuto
dal suo alto seggio in occasione della “notte di cristallo” (9/11/38):
è giú le piú spericolate campagne giornalistiche contro
il Papa “connivente”. Solo che quel 9 novembre Pio XII non esisteva ancora,
semplicemente perché Mons. Eugenio Pacelli venne eletto papa il
2 marzo del 1939.
Una svista? No, solo una buona occasione per gettare fango sulla Chiesa
preconciliare, che non poteva essere che cattiva. Iudaeus dixit.
Mentre la Chiesa postconciliare è buona. Tanto buona che nessuno
ha mai osato pensare di anche semplicemente criticare l’operato di Giovanni
XXIII e di Paolo VI che hanno, non solo taciuto nei confronti degli immensi
macelli (con milioni di vittime cristiane) operati dal comunismo, ma hanno
intrattenuto solleciti e graziosi rapporti diplomatici con l’impero comunista,
perfino abbandonando al carcere e alla eliminazione fisica fedeli, preti
e Vescovi cattolici. (cf. p. 19).
E giustamente Tornielli ricorda i ripetuti riconoscimenti ebraici circa
l’opera meritoria di Pio XII (pp.25-31): “Il Papa appena morto non è
criticato per ciò che non ha detto, ma è ringraziato innanzi
tutto per ciò che ha fatto” (p. 32).
Ed è curioso come Tornielli segnali degli episodi che testimoniano
di un certo clima anticattolico che, già presente da diversi lustri
entro e intorno agli ambienti ecclesiastici, subito dopo la II guerra mondiale
assunse maggiore virulenza e risonanza. Il caso del prete scomunicato Bonaiuti,
antesignano del modernismo cattolico e precursore del Vaticano II; del
cattolico francese Mauriac. Se li accostiamo ai piú recenti John
Cornwell, che lo stesso Tornielli segnala e cita piú volte, a Garry
Wills (entrambi ex seminaristi), allo spretato James Carroll, diventa semplice
comprendere come si tratti veramente di una speculazione di cattolici modernisti
che cercano anche con questo mezzo di arrecare quanto piú danno
possibile alla Chiesa e alla Religione.
Tornielli riporta anche un lungo brano della famosa “enciclica mancata”
di Pio XI, preparata e concepita per condannare il razzismo, e per la quale
si accusa Pio XII della mancata pubblicazione dopo la sopraggiunta morte
del suo predecessore. In questa enciclica mai pubblicata, Pio XI presentava
la dottrina millenaria della Chiesa sulla questione ebraica: condannando
pesantemente l’antisemitismo e chiarendo che la Chiesa è stata sempre
critica solo nei confronti del giudaismo religioso, negatore del Cristianesimo
e spregiatore e crocifissore del suo Messia: il Signore Gesú. Siamo
nel 1939, e Pio XII ritenne piú prudente la non pubblicazione per
non dare ulteriori alibi all’antisemitismo tedesco. Se Pio XII l’avesse
pubblicata sarebbe stato accusato di aver dato una mano al razzismo; ma
non l’ha pubblicata, ed allora viene accusato di aver dato una mano al
razzismo. Certo, è incoerente, ma lo è solo per la gente
di buon senso, per i modernisti cattolici e per i loro manutengoli di ogni
colore, invece, la cosa è del tutto coerente, perché porta
acqua al mulino dei demolitori della Chiesa.
Un intero capitolo del libro è dedicato alle allocuzioni e agli
scritti di Pio XII sull’argomento, cosí che si possono avere sotto
mano certe dichiarazioni dalle quali si comprende come Pio XII non avesse
poi tante scelte, tranne quella di compiere un bel gesto che oggi avrebbe
fatto tanto piacere a certi ebrei partigiani e ai modernisti cattolici,
ma che ieri avrebbe portato alla morte centinaia di migliaia di cattolici
tedeschi e polacchi.
Il libro è una citazione continua di documenti e dichiarazioni
pubbliche, sulle quali Tornielli fonda, non tanto una difesa di Pio XII,
quanto il suo stupore e un certo disappunto per tutti coloro che si sono
inventati e continuano a divulgare la leggenda dal Papa cattivo.
Completano il volume le riproduzioni di alcuni interessanti documenti
redatti da Mons. Pacelli e da Pio XII, una nutrita bibliografia e un utilissimo
indice dei nomi citati.
ANDREA TORNIELLI, Pio XII, Il Papa degli Ebrei, Edizioni Piemme,
Casale Monferrato, 2001, pp. 400, Euro 19,63.
(3/2003)
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