ARNALDO XAVIER DA SILVEIRA, Ipotesi teologica di un papa eretico
Presentazione di Roberto de Mattei - Traduzione di Calogero Cammarata - Edizioni Solfanelli, Chieti, 2016 - pp. 200, € 15,00.

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Recensione di Nicodemo Grabber

pubblicata su Corrispondenza Romana

Incoraggiato dal vescovo di Campos monsignor Antonio de Castro Mayer e dal professor Plinio Corrêa de Oliveira, il giovane filosofo e giurista brasiliano Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira pubblicava nel 1970 un ricco studio sull’ipotesi teologica del Papa eretico, seconda parte di un dittico che nel 1969 aveva visto già pubblicato il saggio critico sul Novus Ordo Missae.

Ora le Edizioni Solfanelli offrono al lettore italiano la traduzione integrale del saggio di Arnaldo da Silveira in un bel volume di 199 pagine impreziosito dalla Prefazione del professor Roberto de Mattei. Dopo quasi mezzo secolo lo studio sull’ipotesi teologica del Papa eretico non solo non ha perso di interesse ma, dopo i primi anni di regno di Francesco, la questione è oramai uscita dai ristretti circoli accademici per irrompere su giornali e riviste, blog e siti internet, nei discorsi più o meno celati di prelati e semplici parroci, intellettuali cattolici e laici.

Ecco allora che l’edizione italiana dello studio di Arnaldo da Silveira non appare in questo 2016 semplicemente per la lettura erudita di pochi ma come contributo offerto a Pastori e chierici, religiosi e laici per leggere teologicamente la crisi di vertice, per impostare la discussione che la realtà impone con categorie sicure radicate nella Tradizione cattolica.

L’autore intende presentare la questione così come affrontata e risolta dai grandi maestri della teologia cattolica e nel fare ciò elegge a propria auctoritas principale il Dottore della Controriforma san Roberto Bellarmino. E tuttavia ciò non impedisce, anzi sostiene, lo sforzo originale dell’Autore nel fare sintesi e nel superare l’insegnamento dello stesso Bellarmino dove questo si riveli debole o impreciso.

La prima parte del saggio è dedicata alla presentazione delle cinque opinioni sull’ipotesi di un Papa eretico così come esposte da san Roberto Bellarmino nel suo De Romano Pontifice. Dopo alcune note preliminari e un efficace schema che riproduce in quadro sinottico le cinque opinioni con relative auctoritates a sostegno di ciascuna e valutazione sintetica datane da Bellarmino, l’Autore procede dedicando ad ognuna delle cinque opinioni un capitolo del volume dove l’opinione è presentata secondo la formulazione del Bellarmino, ne sono evidenziati gli argomenti a favore svolti dai dottori che l’hanno sostenuta, ne sono segnalate le criticità e le eventuali diverse interpretazioni, con Bellarmino e oltre Bellarmino. Poi l’Autore conclude fornendo un giudizio complessivo sull’opinione in oggetto.

Le cinque opinioni sono nell’ordine così presentate: 1) Il Papa non può essere eretico;
 2) Cadendo nell’eresia, anche puramente interna, il Papa perde il pontificato ipso facto;
 3) Anche se cade nell’eresia, il Papa non perde il suo ufficio;
 4) Il Papa eretico non è deposto ipso facto, ma deve essere dichiarato deposto dalla Chiesa;
 5) Il Papa eretico è deposto ipso facto nel momento in cui la sua eresia diventa manifesta.

La prima opinione è quella di Alberto Pighi a cui aderiscono molte auctoritates ma più come ad una pia opinione che come ad una certezza; solo il teologo Agostino Matteucci la riterrà di fede. Arnaldo da Silveria presenta diversi argomenti contro questa prima opinione rilevando come la storia stessa della Chiesa la smentisca e come l’ipotesi di un Papa eretico sia stata pacificamente esposta per secoli dalla teologia e dal diritto canonico.

Il Decretum di Graziano, ove si riporta la sentenza attribuita a san Bonifacio, prevede la possibilità d’un Papa che devia dalla fede e così Innocenzo III e tutto il medioevo cristiano tanto che tale possibilità è considerata da san Roberto Bellarmino «opinione comune». Anche «i Concilii generali hanno ammesso», scrive Suarez, la possibilità di un Papa eretico. Vi sono poi i casi di Onorio e di Pasquale II che l’Autore considera esemplari.

In effetti poco importa, rispetto al tema, se papa Onorio sia caduto o meno nell’eresia, se avesse ragione Bellarmino o Cesare Baronio, rileva invece che il Terzo Concilio di Costantinopoli, il Sesto Concilio Ecumenico, anatematizzò Onorio, che san Leone II condannò il suo Predecessore (se pur attenuando la condanna emessa dal Concilio), che la condanna fu confermata da ben tre Concilii e che papa Adriano II, parlando proprio di Onorio, fece riferimento alla caduta del Papa nell’eresia come unico crimine per il quale gli inferiori possono resistergli e rigettarne le dottrine.

Ugualmente è irrilevante, rispetto alla questione in oggetto, sapere se Pasquale II errò nella fede nel suo accordo con Enrico V, significativo è invece notare come san Bruno giudicasse eretico il privilegio accordato a Enrico V e come il futuro papa Callisto II, assieme a sant’Ugo di Grenoble, san Goffredo di Amiens e molti altri vescovi minacciarono addirittura di rompere la comunione con Pasquale II se non avesse rinnegato l’eretico accordo con l’imperatore. Lo stesso sant’Ivo di Chartres, che pure difese Pasquale II dall’accusa di eresia, affermò per iscritto la perdita dell’ufficio petrino in caso di deviazione dalla verità evangelica.

E nullo è l’argomento di chi addita nel dogma dell’infallibilità pontificia proclamato dal Vaticano I la ragione per affermare l’impossibilità d’un Papa eretico. Nullo per almeno due ragioni, perché la questione di Onorio fu sollevata in Concilio come obbiezione all’infallibilità e l’obbiezione fu superata non negando l’errore di Onorio ma dimostrando che Onorio errò in atti non infallibili (dunque fallibili e, nel caso di Onorio, erronei) e perché lo stesso Concilio, per bocca del relatore generale monsignor Gasser, precisò che la dottrina del Vaticano I «non è quella di Alberto Pighi».

Se è dunque possibile che un Papa cada nell’eresia ciò che deve essere valutato sono le conseguenze. Ecco allora le restanti quattro opinioni. La seconda opinione, sostenuta dal Torquemada, è confutata, con Suarez, in ragione del carattere visibile della Chiesa. La terza, sostenuta solo dal canonista Bouix e giudicata “molto improbabile” da Bellarmino, è rifiutata da Arnaldo da Silveira perché «contrasta con la Tradizione praticamente unanime della Chiesa; non è coerente con molti testi della Sacra Scrittura; non sembra valutare correttamente il male estremo che un Papa eretico potrebbe fare alla Chiesa». Restano la quarta e la quinta opinione, la quarta è del Gaetano, di Suarez e di Giovanni di San Tommaso, la quinta è di san Roberto Bellarmino.

Il Nostro Autore fa propria la critica di Bellarmino alla quarta opinione giudicandola una forma di semi-conciliarismo in quanto porta in sé un larvato pregiudizio al primato petrino.

Arnaldo da Silveira fa propria la quinta opinione, quella del Bellarmino, che sviluppa e rigorizza attingendo alla riflessione di autori successivi al grande Controriformista e alla propria originale riflessione teologica. Così a questa quinta opinione sono dedicati due capitoli, dove il secondo, ormai esposta la posizione di san Roberto Bellarmino, è dedicato ad una difesa più dettagliata dell’opinione precisando alcuni aspetti anche oltre la lezione bellarminiana.

L’incompatibilità tra eresia e giurisdizione è riconosciuta radicale (in radice) ma non assoluta così che Nostro Signore può mantenere «a titolo precario, la persona del Pontefice eretico nella sua giurisdizione» e lo fa sin tanto che l’eresia del Papa non sia notoria e pubblicamente divulgata. Ugualmente è precisato il rapporto tra perdita del papato e perdita della condizione di membro della Chiesa in ragione dell’eresia.

Arnaldo da Silveira affronta altri casi straordinari quali il Papa scismatico e il Papa dubbio (accenna pure al Papa dimissionario, al Papa incompetente, al Papa scandaloso, al Papa demente, al Papa troppo vecchio, al Papa prigioniero, all’elezione di persona inabile al Pontificato, etc.). Un Papa incompetente o moralmente scandaloso non perde il Papato ne può essere deposto ma avrebbe «l’obbligo in coscienza di rinunciare all’incarico» e «ai Vescovi, ai sacerdoti o anche ai semplici fedeli rimarrebbe il diritto e forse anche il dovere di segnalare al Papa in difetto il suo comportamento».

Parlare di Papa scismatico appare quasi una contraddizione in termini stante l’assioma Ubi Petrus, ibi Ecclesia. Ma, precisa il Gaetano citato dal Nostro, l’assioma vale «fintanto che il Papa si comporta da Papa e capo della Chiesa; in caso contrario né la Chiesa è in lui, né lui è nella Chiesa».

Il Papa sarebbe scismatico nel caso si ribellasse contro i doveri del proprio ufficio oppure facesse venir meno alla Chiesa ciò che essa ha il diritto di aspettarsi da lui, se ordinasse ciò che è contrario al diritto naturale o divino, se non osserverà ciò che osserva la Chiesa universale o ciò che è stato ordinato universalmente dai Concilii universali o dall’autorità della Sede Apostolica. Relativamente al Papa dubbio vale il principio Papa dubius, Papa nullus per cui sarà il Concilio (anche acefalo cioè senza il Papa), secondo Bellarmino, a dover giudicare chi sia il vero Papa. Secondo altri il compito sarà dei Cardinali.

In questo contesto Arnaldo da Silveira affronta il tema della accettazione pacifica e universale quale segno ed effetto della validità dell’elezione. Interessantissimi i capitoli nono e decimo dove, con rigore scientifico e dopo attenta considerazione delle diverse opinioni teologiche in campo, l’Autore conclude circa la possibilità di contenuti erronei e persino eretici nei documenti del Magistero pontificio e conciliare non infallibilmente definiti. È la stessa definizione dell’infallibilità pontificia proclamata dal Concilio Vaticano I a portare con sé implicitamente la risposta affermativa alla questione.

Ritorna il caso di Onorio in quanto l’errore/eresia di questo Papa è contenuto/a in sue lettere al patriarca Sergio di Costantinopoli, documenti certamente non infallibili ma neppure classificabili come scritti privati trattandosi di comunicazioni in materia di fede tra il Papa e il patriarca bizantino. Evidentemente si tratta di atti di Magistero non infallibile. E si potrebbero rintracciare, oltre la caduta di Onorio, altri casi di pronunciamenti papali segnati dall’errore in materia di fede.

La Chiesa ha già sperimentato dolorosamente, nella sua bimillenaria storia, il caso di errori sin dentro l’insegnamento del Papa. E il Nostro si interroga allora, nell’ultimo capitolo, sulla risposta che è lecito adottare in simili casi. È lecito solamente sospendere l’assenso interno oppure è lecita una vera e propria resistenza pubblica? Quando è lecito rompere il silenzioso ossequio? Studiando le risposte date da Padri e Dottori, da maestri teologi e canonisti, l’Autore giunge a determinare i casi e le ragioni che giustificano una resistenza pubblica alle decisioni dell’Autorità ecclesiastica.

Il volume si conclude con un’appendice meritevole di attenta lettura dove si dimostra come l’eresia non debba necessariamente manifestarsi attraverso parole, scritte od oralmente espresse, ma possa svelarsi attraverso atti, gesti, omissioni. Come speriamo essere riusciti a mettere in luce, Ipotesi teologica di un Papa eretico è saggio dal sicuro valore scientifico-teologico e come tale di interesse non limitato alla contingenza di un momento.

Tuttavia sarebbe sciocco tacerne l’importanza nell’attualità d’una crisi che sembra acuirsi di giorno in giorno. Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, già quando lo scrisse nel 1970, pensò il saggio come un invito, uno stimolo e un contributo al dibattito teologico sul tema. Oggi è editato in traduzione italiana con lo stesso medesimo fine, sollecitare e nutrire un dibattito teologico che la gravità della situazione dice necessario. Ipotesi teologica di un Papa eretico è libro che, nell’attuale stato di cose, ogni Cardinale, Vescovo, sacerdote, teologo, canonista o laico istruito e impegnato dovrebbe sentire in coscienza come doveroso leggere.





giugno 2016