STEFANO CARUSI, ANTONIO LIVI, ENRICO MARIA RADAELLI, Dogma e pastorale, Ermeneutica dal Magistero del Vaticano II al Sinodo sulla famiglia - Casa editrice Leonardo da Vinci, Roma 2015 - pp. 216, € 20,00.

Il libro, reperibile nelle librerie, può essere richiesto allo stesso Autore (info@enricomariaradaelli.it)


Il libro, la cui composisizione e pubblicazione è sta sollecitata da Mons. Livi, è composto, per così dire, a tre mani:


Don Stefano Carusi: coordinatore della rivista informatica Disputationes theologicae.



Mons. Antonio Livi: Presidente dell’Unione Apostolica “Fides et ratio” per la difesa scientifica della verità cattolica, è l’autore del trattato su Vera e falsa teologia, che ispira i criteri di discernimento proposti in questo volume.



Prof. Enrico Maria Radaelli:  Direttore del Dipartimento di Metafisica della bellezza presso l’ISCA (International Science and Common-sense Association), ed è autore di numerosi saggi teologici che riguardano direttamente gli argomenti di questo volume.

Gli indici si possono consultare sul
sito dell'Autore


Presentazione (di Antonio Livi)

I testi qui raccolti forniscono i criteri di sicuro discernimento teologico che possono rimediare al grave disorientamento provocato dalla discussione sui temi all’ordine del giorno nel Sinodo sulla famiglia, convocato da papa Francesco con l’intenzione di consultare l’episcopato mondiale sul modo migliore di applicare la dottrina della Chiesa alla situazione attuale delle famiglie cattoliche di tutto il mondo. Egli stesso aveva già indicato nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium le principali linee pastorali da seguire, e va notato che in questo documento di base la pastorale non si distingue – né concettualmente né praticamene – dall’evangelizzazione e dalla catechesi, ossia dalla fedele comunicazione della verità rivelata, dove la dottrina dogmatica non può essere separata da quella morale. Si rilegga, in proposito, quanto si trova scritto al paragrafo 36 di questo importante documento magisteriale:
«Tutte le verità rivelate procedono dalla stessa fonte divina e sono credute con la medesima fede, ma alcune di esse sono più importanti per esprimere più direttamente il cuore del Vangelo. In questo nucleo fondamentale ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto. In questo senso, il Concilio Vaticano II ha affermato che “esiste un ordine o piuttosto una gerarchia delle verità nella dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana”. Questo vale tanto per i dogmi di fede quanto per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa, ivi compreso l’insegnamento morale» (Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii gaudium ai Vescovi, ai Presbiteri, ai Diaconi, alle Persone Consacrate e ai Fedeli Laici sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, 24 novembre 2013, n. 36).

Anche in molti discorsi e allocuzioni pronunciati tra la prima e la seconda sessione del Sinodo papa Francesco ha voluto chiarire le sue intenzioni, che consistono precisamente in un’attualizzazione e una conferma della dottrina dei suoi immediati predecessori:
«Il 25 marzo, solennità dell’Annunciazione, in molti paesi si celebra la giornata per la vita. Per questo, vent’anni fa san Giovanni Paolo II in questa data firmò l’enciclica Evangelium vitæ. Per ricordare tale anniversario oggi sono presenti in piazza molti aderenti al Movimento per la Vita. Nell’Evangelium vitæ la famiglia occupa un posto centrale, in quanto è il grembo della vita umana. La parola del mio venerato predecessore ci ricorda che la coppia umana è stata benedetta da Dio fin dal principio per formare una comunità di amore e di vita, a cui è affidata la missione della procreazione. Gli sposi cristiani, celebrando il sacramento del matrimonio, si rendono disponibili ad onorare questa benedizione, con la grazia di Cristo, per tutta la vita. La Chiesa, da parte sua, si impegna solennemente a prendersi cura della famiglia che ne nasce, come dono di Dio per la sua stessa vita, nella buona e nella cattiva sorte: il legame tra Chiesa e famiglia è sacro e inviolabile. La Chiesa, come madre, non abbandona mai la famiglia, anche quando essa è avvilita, ferita e in tanti modi mortificata. Neppure quando cade nel peccato, oppure si allontana dalla Chiesa; sempre farà di tutto per cercare di curarla e di guarirla, di invitarla a conversione e di riconciliarla con il Signore. […] Tutti – papa, cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, fedeli laici – tutti siamo chiamati a pregare per il sinodo. Di questo c’è bisogno, non di chiacchiere! […] Il prossimo sinodo dei vescovi possa ridestare in tutti la consapevolezza del carattere sacro e inviolabile della famiglia, la sua bellezza nel progetto di Dio» (Francesco, Udienza generale di mercoledì 25 marzo 2015).

Nonostante la paterna raccomandazione del Pontefice a limitare troppe “inutili chiacchere”, non pochi episcopati (in particolare quelli della Germania, dell’Austria, dell’Olanda, del Belgio e della Svizzera), in vari  documenti ufficiali preparati in vista dei lavori finali del Sinodo hanno auspicato che si arrivi a legittimare per tutta la Chiesa una prassi che nei loro rispettivi Paesi è già largamente adottata e che comporta la negazione dei più fondamentali principi dottrinali sulla morale sessuale, sul matrimonio e sull’Eucaristia. In dissenso esplicito da quanto dichiarato ufficialmente dalla conferenza episcopale svizzera, il vicario generale della diocesi di Coira ha scritto:
«Anche in Svizzera uomini e donne cattolici si sono interessati all’inchiesta su matrimonio e famiglia, eseguita in vista del sinodo dei vescovi del prossimo ottobre. E le loro richieste sono la comunione per i divorziati e risposati con rito civile e il riconoscimento da parte della Chiesa di coppie dello stesso sesso, come anche la loro benedizione. Ciò non sorprende molto. Sorprende piuttosto, invece, la dichiarazione degli autori del sondaggio che il sinodo dei vescovi e i fedeli condurrebbero un “dialogo tra sordi”. In realtà, il fraintendimento non è tra i partecipanti al sondaggio e il sinodo, ma tra loro e papa Francesco. Il papa ha recentemente pubblicato la bolla per l’Anno Santo, che avrà inizio l‘8 dicembre 2015 e che metterà al centro la misericordia di Dio, affinché “la parola del perdono possa giungere a tutti e la chiamata a sperimentare la misericordia non lasci nessuno indifferente”. Papa Francesco può parlare in questo modo perché intende la misericordia in senso classico, come viene descritta nella parabola biblica del figliol prodigo. Il figlio, dopo aver dissipato l’eredità e aver vissuto al di sotto della sua dignità, ritorna dal padre e riconosce che i valori del padre erano in effetti quelli giusti. Così ottiene misericordia e perdono. Riferito al sinodo dei vescovi sulla famiglia e all’Anno Santo, questo significa che papa Francesco – su fondamento biblico e in sintonia con i suoi predecessori sulla cattedra di Pietro – concepisce il matrimonio, che è costituito da un uomo e una donna ed è indissolubile, quale unico luogo previsto da Dio per vivere la sessualità. A chi non riesce a vivere secondo questo piano divino, ma dimostri almeno certe disposizioni a riconoscere quel piano e dia prova di un minimo di buona volontà a ritornare al piano divino, papa Francesco mette a disposizione i ricchi tesori della divina misericordia. I partecipanti al sondaggio in Svizzera, però, non vogliono proprio questa misericordia. Le affermazioni dottrinali difese da papa Francesco riguardo al matrimonio e alla famiglia non sono per loro orientamenti vincolanti né norme obbligatorie. È come se il figlio della parabola evangelica dicesse a suo padre: “Voglio continuare a fare quello che finora ho fatto, perché è giusto. Dammi altri soldi!”. I partecipanti al sondaggio non vogliono dunque riconoscere il criterio di valori del messaggio biblico tramandato dalla Chiesa e rifiutano di cambiare il proprio stile di vita. Si aspettano piuttosto che sia l’annuncio di fede della Chiesa a cambiare e ad adattarsi ai criteri del loro stile di vita. Vogliono quindi che la Chiesa debba riconoscere e rispettare le “realtà familiari molteplici”, come le famiglie “patchwork” e le famiglie “arcobaleno”. Solo così, dicono, la concezione di famiglia cristiana potrebbe riacquistare rilevanza. La misericordia secondo papa Francesco appare, di fronte a una tale richiesta, una elemosina umiliante che l’emancipato uomo contemporaneo respinge. Accogliere la misericordia significherebbe appunto riconoscere la validità dei valori del padre, in questo caso del Santo Padre. Viene invece richiesta la sovranità di poter definire autonomamente i contenuti della fede. Nel prossimo sinodo dei vescovi la materia in discussione va quindi oltre il tema del matrimonio e della famiglia. Si tratta della questione se è la dottrina della Chiesa o la realtà sociale a stabilire il criterio al quale i fedeli debbano fare riferimento. Mi viene in mente l’arcivescovo Johannes Dyba della diocesi di Fulda, in Germania, dove ho studiato. A noi seminaristi una volta disse: “Dobbiamo abbracciare il mondo per alitare su di esso lo spirito cristiano. Alcuni, invece, si lasciano piuttosto abbracciare dal mondo fino ad esalare l’ultimo respiro cristiano”. Un abbraccio del genere non rientra neanche nel pensiero di papa Francesco, che nella sua esortazione apostolica Evangelii gaudium ha messo in guardia i cattolici da un complesso di inferiorità “che li conduce a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro convinzioni” e da “una specie di ossessione per essere come tutti gli altri”» (Martin Grichting, Quelli che non vogliono la misericordia di Dio, lettera a Sandro Magister del 6 maggio 2015

Tutta questa discussione pubblica sta provocando inevitabilmente un grave disorientamento tra i fedeli cattolici. Essi non possono non avvertire la pressione che da molte parti viene esercitata sul Santo Padre perché giunga a decretare, alla fine dei lavori del Sinodo, una nuova prassi pastorale della Chiesa in relazione alla morale sessuale e alla disciplina dei sacramenti (in particolare, l’Eucaristia, l’Ordine sacro e il Matrimonio).

UNA NUOVA PRASSI DI MISERICORDIA
PER CHI NON OSSERVA LE NORME DELLA MORALE SESSUALE?

Uno dei cambiamenti pastorali richiesti riguarda quei battezzati che, dopo aver contratto un regolare matrimonio canonico, si sono separati dal coniuge, hanno fatto ricorso al divorzio civile e poi hanno istituito, con un coniuge diverso da quello legittimo, una convivenza more uxorio (non importa se riconosciuta come matrimonio dalle leggi dello Stato, perché il matrimonio civile tra battezzati è canonicamente nullo). Chi si trova in questa condizione è stato sempre considerato dalla Chiesa come persona in stato di permanente e notorio peccato grave, ragione per cui non può, in base ai decreti del Concilio di Trento e alle vigenti leggi canoniche, essere ammesso alla comunione eucaristica, a meno che non ottenga prima l’assoluzione sacramentale (condizione della quale è il pentimento efficace, ossia l’abbandono dello stato di permanente e notorio peccato grave). La nuova prassi pastorale che molti (a cominciare dal cardinale Walter Kasper) propongono in nome della “misericordia”, comporterebbe qualche inedita forma di riconoscimento ecclesiastico delle cosiddette “seconde nozze” (ossia, in realtà, del concubinato) e di conseguenza l’ammissione dei cosiddetti “divorziati risposati” (terminologia equivoca e teologicamente inammissibile) alla comunione eucaristica. Robert Spaemann, che è oggi il più autorevole filosofo cattolico, ha parlato dello sconcerto provocato nell’opinione pubblica cattolica in Germania dal fatto che il cardiale Kasper abbia presentato la sua proposta come suggerita dallo stesso papa Francesco, tanto che a questa presunta autorità si richiamano adesso molti vescovi di tutto il mondo, a cominciare da quelli tedeschi guidati dal cardinale Reinhard Marx: «Non si può – dice Spaemann – parlare dell’indissolubilità del matrimonio da una parte, e dall’altra benedire una “unione di secondo letto”» (Cfr «Die Philosophen Robert Spaemann und Hans Joas im Gespräch über das neue Pontifikat: “Das Gefühl des Chaos wird man nicht ganz los”», in Phänomen Franziskus Das Papstamt im Wandel, (Herder Korrespondenz-Spezial), Verlag Herder, Freiburg 2015, p. 23)

Analoghe proposte di riforma riguardano la pubblica “accoglienza”, da parte della Chiesa, delle coppie di omosessuali, “accoglienza” che viene ritenuta necessaria oggi, non solo in nome della “misericordia” ma anche e soprattutto in nome dei “valori autentici” che la Chiesa dovrebbe essere in grado di riconoscere alle “convivenze di fatto”, anche a quelle basate sui rapporti sessuali contro natura. Più o meno esplicitamente, si argomenta a favore del “rispetto” per le condotte omosessuali facendo riferimento alla necessità che la Chiesa non si estranei dall’evoluzione del costume sociale, visto che oggi, per lo strapotere mediatico e legislativo della “lobby gay”, esse ricevono ogni tipo di tutela giuridica da parte dello Stato, almeno nei Paesi occidentali, ivi compresi quelli di secolare tradizione cattolica.





luglio 2015