Qualcuno dovrà pur
dirlo
di G. L. G.
ESPIANTI/TRAPIANTI: l'anima non conta piú nulla?
Sembra che l’anima nemmeno esista quando si sentono parlare gli esaltatori,
clerici e laici, della cosiddetta “donazione” di organi e dei trapianti
degli stessi.
Nessuno la nomina, nessuno la prende in considerazione.
Ma l’anima c’è, anzi ce ne sono due: quella di chi è
privato dei suoi organi vivi e quella di chi riceve nel suo corpo gli organi
vivi di un altro.
Cosa succede a queste due anime?
Se appena si affronta il problema si presenta un panorama sconvolgente.
Se consideriamo l’anima dell’espiantato:
A) La pratica dei trapianti richiede l’uso di organi umani vivi.
Tali organi sono espiantati da persone dichiarate
in cosiddetta “morte cerebrale” il cui stato, al momento stesso
dell’espianto, è il seguente:
- il cuore sta battendo
spontaneamente, senza aiuto alcuno;
- il sangue sta circolando,
mantenendo caldo e flessibile il corpo e vitali gli organi contenuti nel
corpo;
- mani, piedi, e tronco
possono muoversi per effetto di riflessi provocati da stimoli; (I movimenti
dovuti all’espianto
sono noti come “segno di Lazzaro”: siccome sono di ostacolo alla procedura
chirurgica di espianto, al cosiddetto
“morto cerebrale” si somministrano farmaci paralizzanti e/o anestetizzanti);
- la respirazione
è efficace e richiede solo l’aiuto della ventilazione meccanica;
- le donne incinte
portano avanti la gravidanza, anche per mesi;
- gli organi genitali
producono ovociti e spermatozoi in grado di generare, per cui, con l’ausilio
delle attuali tecniche di
fecondazione
assistita usate per i vivi, anche persone in cosiddetta “morte cerebrale”
potrebbero avere, in questo stato,
prole
normale;
- è privo di
coscienza e di alcuni riflessi;
- l’elettroencefalogramma,
cosiddetto “piatto”, non indica assenza di attività elettrica cerebrale
ma, (a norma della legge
vigente), indica attività elettrica cerebrale di ampiezza inferiore
a 2 microvolt, circa il 5% del valore normale.
Si tenga presente che «…soggetti
adulti ansiosi o soggetti neonati possono avere un tracciato piatto che
di per sé non è assolutamente definibile
patologico…» (PROF. LUDOVICO BERGAMINI, Direttore
dell’Istituto di Clinica delle malattie
nervose, Università di Torino, Manuale di neurologia clinica,
II edizione, I ristampa,
Edizioni Libreria Cortina, Torino 1986,
pag. 230) (1).
B) Da Adamo fino a qualche decina di anni fa tutto il genere
umano e tutte le religioni, compresa la cattolica, hanno sempre
considerate le persone nello stato sopra descritto
come vive, magari moribonde ma non morte.
D’altra parte, (sempre secondo quanto hanno
sempre ritenuto tutto il genere umano e tutte le religioni fino a qualche
decina
di anni fa), l’espianto di organi quali il
cuore che batte è tale da provocare la morte, cioè uccidere,
la persona viva.
Si rende necessario, quindi, esaminare se
il preteso nuovo criterio di cosiddetta “morte cerebrale” a cuore battente
sia
compatibile con gli insegnamenti della Religione
Cattolica per cui la morte dell’uomo è la separazione dell’anima
dal corpo,
(abbiamo letta questa definizione, data per
pacifica e scontata, già nel “De bono mortis” di S. Ambrogio,
scritto nel 395).
C) San Tommaso, nella Summa Theologica, Prima Pars, Quaestio
LXXVI (De unione animae ad corpus, in octo
articulos divisa), Art. VIII, (Utrum
anima sit tota in qualibet parte corporis?), insegna:
«CONCLUSIONE:
L’anima è tutta in
qualsivoglia parte del corpo secondo la totalità della perfezione
e dell’essenza,
non invece secondo la totalità
della virtù, perché non è in una qualsivoglia
parte del corpo
secondo una qualsivoglia sua potenza».
Come ciò sia possibile San
Tommaso indica nel seguito:
«RISPONDO che si deve
dire che…
poiché l’anima è unita
al corpo come forma, allora è necessario che essa sia in tutto il
corpo, e in
qualsivoglia parte del corpo medesimo:
la forma del corpo, infatti, non è accidentale, ma
sostanziale. La forma sostanziale è
perfezione non solo del tutto, ma anche di qualsivoglia parte
del tutto.
E che sia tutta in qualsiasi parte del corpo,
lo si può capire da questo…
Se dunque ci si chiedesse della bianchezza,
se fosse tutta in tutta la superficie, e tutta in
qualsivoglia sua parte, bisognerebbe
distinguere; perché
- se si fa menzione
della totalità quantitativa, che la bianchezza ha per accidente,
allora non
sarebbe tutta in qualsivoglia parte della supeficie. E similmente si deve
dire della totalità della
virtù. Più infatti può colpire la vista la bianchezza
che è in tutta la supeficie che la bianchezza
che è in qualche sua particella;
- ma se si fa menzione
della totalità della specie e della essenza, allora tutta la bianchezza
è in
qualsiasi parte della supeficie.
Ma siccome l’anima non ha la totalità
quantitativa né per sé né per accidente, … , è
sufficiente
dire, che tutta l’anima è
in qualsivoglia parte del corpo, secondo la totalità della perfezione
e
della essenza, ma non secondo
la totalità della virtù: poiché non secondo qualsivoglia
sua potenza
è in qualsivoglia parte
del corpo: ma secondo la vista nell’occhio, secondo l’udito nell’orecchio,
e così via.
Bisogna fare attenzione, tuttavia, che,
poiché l’anima richiede la diversità nelle parti, non si
può
confrontarla nello stesso modo
con il tutto e con le parti: ma con il tutto, principalmente e “per
sé” come al proprio e al
proporzionato perfettibile, con le parti, invece, secondariamente, secondo
il rapporto finalizzato che le
parti hanno con il tutto.»
D) Il caso nostro di una anima in un corpo una cui parte, (ad
es. il cervello), sia gravemente danneggiata o distrutta è
mirabilmente spiegato nel seguente:
«ALLA QUARTA obiezione si deve
dire che:
- alcune delle potenze dell’anima
sono in essa in maniera che eccede tutta la capacità del corpo:
è
il caso dell’intelletto
e della volontà: dal che potenze di questo tipo sono dette
non essere in
nessuna parte
del corpo.
- altre potenze, invece,
sono comuni all’anima e al corpo: dal che discende che di tali potenze
non
è necessario
che una qualsivoglia sia dovunque è l’anima, ma solamente in quella
parte del
corpo che è
proporzionata all’operazione di tale potenza.»
E) Ne risulta che lo stato di un corpo una cui parte sia gravemente
danneggiata o distrutta, (ad es. il cervello), impedirà ad una potenza
dell’anima di estrinsecarsi, ma non impedirà all’anima di essere
ancora tutta in qualsivoglia parte del corpo, cioè di essere unita
al corpo. (2)
Concludendo, ne risulta che:
- il cosiddetto “morto cerebrale” a cuore battente e sangue circolante
è vivo,
- espiantargli gli organi vuol dire ucciderlo.
Se consideriamo l’anima del trapiantato:
purtroppo qui non abbiamo un San Tommaso che ci prenda per mano e risolva
i quesiti tremendi che siamo in grado di porci:
1) Ammesso, e non concesso, che Tizio in cosiddetta “morte cerebrale”
sia privo di anima, e quindi teologicamente morto, allora anche il suo
cuore che batte risulta privo di anima e teologicamente morto.
Il cuore che batte di Tizio viene espiantato, si ferma per alcune ore,
e, infine, viene impiantato nel corpo di Caio dove riprende a battere.
Si domanda:
2) Il cuore di Tizio che ora batte in Caio è un cuore
privo di anima o un cuore informato da una anima?
3) Se il cuore di Tizio che ora batte in Caio è privo
di anima allora in tal caso si domanda:
a) come definire teologicamente
la condizione di Caio una cui parte essenziale del corpo non è informata
dalla anima del
medesimo?
4) Se il cuore di Tizio che ora batte in Caio è, invece,
nuovamente informato da una anima, (da definirsi), allora in tal caso si
domanda :
a) il cuore di Tizio è
risorto ed una anima, (da definirsi), si è incarnata?
b) L’anima di Tizio si è
reincarnata nel suo proprio cuore che ora si trova in Caio?
In tal caso allora si domanda :
b1) Tizio è un poco risorto e Caio ha due anime e due corpi,
oppure
Tizio e Caio restano distinti e coesistono ?
b2) L’anima di Tizio andrà in Paradiso, grazie alla vita
virtuosa di Tizio,
oppure
andrà, ciò nonostante, all’inferno se Caio si comporterà
male ?
c) L’anima di Caio,
invece, informa anche il cuore di Tizio, reincarnandosi parzialmente?
In tal caso allora si domanda :
c1) Il cuore di Tizio diventa di Caio a tutti gli effetti teologici
e una parte di un teologicamente medesimo corpo,
(dal medesimo però fisicamente rigettata come non sua), ha avuto
due anime,
oppure
Una parte di un corpo si è metafisicamente mutata nella corrispondente
parte di un altro corpo rimanendo però
fisicamente diversa, (con conseguente rigetto)?
Concludendo, (ed escludendo reincarnazioni e resurrezioni parziali),
ne risultano legittimi, e tremendi, dubbi:
- che nel trapiantato possano essere presenti due anime: la sua, nel
suo corpo, e quella dell’espiantato, nell’organo di
quest’ultimo;
- che l’espiantato sia sempre vivo, fino alla morte del trapiantato
in cui si trova il suo organo.
Ultimo quesito:
I nostri pastori,
- si sono poste queste domande?
- che risposte si sono date?
- si ricordano ancora veramente del 5° comandamento “non uccidere”
quando incoraggiano la cosiddetta “donazione” a cuore
battente e sangue circolante?
- si ricordano ancora veramente del 10° comandamento “non desiderare
la roba d’altri” quando assecondano la “richiesta” di
trapianti di organi umani vivi altrui?
Solo Dio lo sa.
NOTE
(1) Ringraziamo, per i dati che ci ha forniti, la “Lega Nazionale
Contro La Predazione Di Organi - Bergamo”
Passaggio Canonici
Lateranensi 22, 24121 Bergamo, tel 035-219255
(2) Una curiosità a proposito di cosiddetta “morte cerebrale”
e Sacra Scrittura: «[nella Bibbia] il cuore (leb, lebab)
è l’organo dell’attività intellettiva, come per noi il cervello,
cervello MAI nominato nella Bibbia», (Dizionario Biblico
diretto da MONS. FRANCESCO SPADAFORA, alla voce “uomo”).
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