Qualcuno dovrà pur
dirlo
di G. L. G.
Zelus domus tuae comedit me . (Salmo LXVIII, 10) . (1)
« ... Essendo prossima la Pasqua dei Giudei, [Gesù]
salì a Gerusalemme, e trovò nel tempio venditori di buoi,
di pecore e di colombe e cambiavalute seduti al banco. Allora, fatta come
una frusta di cordicelle, li cacciò tutti dal tempio… I suoi discepoli
si ricordarono allora che stava scritto: “Lo zelo della tua casa mi ha
consumato…”», (Giovanni, 11, 13-15, 17) . (2)
Giovedì 26 agosto 1999, poco dopo le 14, un uomo di circa sessant’anni,
Benedetto Mininni, originario di Bari, si è suicidato con un colpo
di pistola all’interno della Basilica di San Pietro, a Roma.
Il vecchio Codice di Diritto Canonico (canone 1172) stabilisce che una
chiesa è profanata (violatur):
- dal delitto di omicidio (delicto omicidii), [anche il suicidio],
- da uno spargimento di sangue ingiurioso e rilevante (iniuriosa et
gravi sanguinis effusione),
- dall’essere stata adibita a usi empi e sordidi (impiis vel sordidis
usibus),
- dalla sepoltura di un infedele o di uno scomunicato dopo la sentenza
di condanna .
In tali casi la chiesa non può essere usata (nefas est divina
celebrare officia), (canone 1173), fino a che non sia stata riconciliata
(reconcilietur) con i riti all’uopo prescritti, (canone 1174).
Il nuovo Codice di Diritto Canonico al canone 1211 stabilisce che: “I
luoghi sacri sono profanati se in essi si compiono con scandalo azioni
gravemente ingiuriose, che a giudizio del vescovo sono tanto gravi e contrarie
alla santità del luogo da non essere più lecito esercitare
in essi il culto finché l’ingiuria non venga riparata con rito penitenziale,
a norma dei libri liturgici”, (3).
Secondo “La Stampa” del 28 agosto “…si è dunque considerato che
il gesto non costituiva una deliberata (!) profanazione del tempio e per
“lavare” l’offesa è stato sufficiente un rito di riparazione ieri
durante l’abituale messa vespertina…” .
Secondo “Il Giornale” del 28 agosto “…Padre Giovanni Ferrotti, parroco
di San Pietro, ha spiegato che la messa assumeva “un tono particolare in
seguito a quanto accaduto: pregheremo per la remissione dei nostri peccati,
per l’anima del nostro fratello che si è tolto la vita e per tutti
i defunti”, quindi, accompagnato da un sacerdote che fungeva da chierichetto,
è passato in mezzo ai fedeli e li ha aspersi di acqua benedetta
e ha ripetuto il gesto sui lati sinistro e destro dell’intera navata.…”
, (4).
Non si ha notizia di preghiere esplicite durante la S. Messa volte
a placare Dio, il padrone di casa lì presente.
Sarà stata rispettata, forse, la lettera del nuovo Codice di
Diritto Canonico ma tutto ci pare penosamente inadeguato alla sacralità
del luogo e alla offesa a Dio presente nel tabernacolo in corpo, sangue,
anima e divinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, adorato da tutte
le schiere di Angeli e di Santi.
Quello che è certo è che lo zelo per la casa di Dio non
consuma più nessuno.
Ciò che fa male non è tanto la frettolosa miseria di qualche
goccia di acqua benedetta a ridosso di una Messa “di routine” ma
la mancanza di ogni commozione delle anime di fronte al sacrilegio, la
mancanza di ogni compassione per l’oltraggio a cui è stato fatto
segno Nostro Signore, prigioniero di amore nel Santissimo Sacramento.
Se nella nostra casa, tempio amato della nostra vita familiare, qualcuno
si suicidasse davanti a noi, la nostra casa non ci sembrerebbe più
la stessa; non basterebbero un pugno di segatura sul sangue per terra e
uno spruzzo di acqua benedetta sulle pareti per farcela risentire centro
incontaminato dei nostri affetti.
Un suicidio nel Tempio di Dio, abitato da Dio vivo e vero, oggi non
pare più un gran disastro, ma poco più di un fastidio passeggero.
Forse è giusto che sia così se, come è vero, nel
Tempio di Dio è stata concelebrata la Santa Messa con capi di chiese
scismatiche, (e forse eretiche), (5).
Preghiamo che Dio non riserbi ad esso e a noi quello che riserbò
al Tempio e agli abitanti di Gerusalemme.
NOTE
(1) - “Nam zelus domus tuae comedit me, et opprobria exprobantium
tibi ceciderunt super me.
Afflixi ieiunio
animam meam, et versus est in opproprium mihi.
Saccum indui
pro vestimento, et ludibrio factum sum illis.
Fabulantur
contra me qui sedent in porta, et conviciantur mihi, qui bibunt vinum.”
(Psalmus LXVIII,
10-13)
“Perché lo zelo della
tua casa mi ha divorato e le bestemmie di chi ti insulta mi caddero addosso.
Umilio nel digiuno
la mia anima ed è motivo di insulto per me.
Ho fatto mia
veste un sacco e ciò mi rende ad essi oggetto di scherno.
Sparlano di
me coloro che siedono alla porta, gli avvinazzati mi ingiuriano.”
(Salmo 68, 10-13).
Chi ama la casa di Dio sente
come se fossero fatte a lui le offese che ivi gli empi hanno fatte a Dio
profanandola. Egli,
allora, si offre a Dio come
vittima di espiazione, e per questo gli empi lo insultano e lo ridicolizzano.
Non rideranno più
quando Dio li caccerà
fuori dove c’è pianto e stridore di denti.
(2) - Il Tempio constava di parecchi cortili e del Tempio propriamente
detto. Gesù entrò nel primo cortile, detto “dei Gentili”,
perché anche i Gentili
vi potevano entrare, mentre negli altri entravano soltanto gli Ebrei. La
Pasqua, richiamando a
Gerusalemme pellegrini a
migliaia, aveva, con la connivenza dei sacerdoti, introdotto l’uso che
nel cortile dei Gentili vi si
portassero anche venditori
di animali e cambiavalute per comodità di coloro che dovevano procurarsi
le vittime per i
sacrifici legali o il denaro
ebraico per pagare il tributo al Tempio. Però i cortili erano destinati
soltanto alla preghiera,
all’istruzione religiosa
e, in genere, al culto. Per questo Gesù agisce energicamente contro
i profanatori.
(C. BORLA, C. TESTORE S.
J., Il Santo Evangelo, SEI, 1936; dalle note al Vangelo di San Matteo.)
(3) - Citazione del canone 1211 tratta da “La Stampa” del 28 agosto
1999.
(4) - Con queste parole del parroco di San Pietro il suicida, che nell’atto
stesso del morire viola il 5° Comandamento “Non
Uccidere”, viene messo sullo
stesso piano del defunto che accetta la morte mandata da Dio. In questo
modo l’atto del
suicidio perde la connotazione
intrinseca di peccato e, di conseguenza, il suo valore di profanazione:
morire in chiesa di
infarto o sparandosi un
colpo alla testa diventano la stessa cosa. La compassione che possiamo
provare per chi si suicida
non ci deve far dimenticare
che l’atto in sé costituisce materia di peccato mortale: quanto
alla responsabilità personale s
specifica è ben vero
che di essa giudica Dio ma questo non ci autorizza a mettere moralmente
sullo stesso piano la morte
naturale e il suicidio.
(5) - Chi scrive ha assistito, anni fa, alla televisione, alla concelebrazione
della Santa Messa in San Pietro fatta da Giovanni
Paolo II assieme al capo
di una chiesa scismatica di cui purtroppo non ricorda il nome.
Durante la concelebrazione,
in tempi diversi, due fulmini caddero sulla cupola di San Pietro: il tuono
riempì due volte il
Tempio e fu sentito fortissimo
anche attraverso la televisione; la caduta dei due fulmini fu confermata
dal commentatore
della trasmissione.
(10/99)
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