Articoli diversi tratti da altre fonti

Una violazione del diritto naturale

del Dott. Michael Davies
Presidente di Una Voce Internazionale

Mi è stato chiesto da Una Voce America di svolgere alcuni commenti sui recenti avvenimenti riguardanti la Fraternità San Pietro. Avrei preferito attendere fino a dopo il 2 ottobre, quando si svolgerà la riunione del Consiglio della Federazione Internazionale Una Voce, a Colonia. Ho convocato questa riunione affinché il Consiglio possa decidere sulla migliore linea d’azione da tenere alla luce di ciò che possiamo sicuramente definire come una crisi del movimento tradizionale.
Io ho scritto ai Cardinali Felici, Medina Estévez e Ratzinger per esprimere loro la mia indignazione su quanto accaduto, e al pari di me hanno scritto anche numerose associazioni nazionali della nostra Federazione. Ho anche preso contatto con altre organizzazioni laiche, in particolare Pro Missa Tridentina, in Germania, Ecclesia Dei, in Australia, e CIEL, in Inghilterra. Tutti hanno espresso il loro totale sostegno per Padre Josef Bisig, per il modo ingiusto e oltraggioso col quale sono stati trattati, lui e la sua Fraternità, a causa della loro intransigente aderenza all’integralità del Messale del 1962. Vi prego di pregare per Padre Bisig e per i membri leali della sua Fraternità.

Con una lettera datata 29 giugno 1999, un gruppo di 16 preti francesi della Fraternità San Pietro ha interpellato il Cardinale Angelo Felici, della Commissione Ecclesia Dei, all’insaputa del loro legittimo Superiore, Padre Josef Bisig. Essi stessi hanno ammesso che si è trattato di un atto molto grave, contrario alla norma comportamentale spettante a dei preti, ma si sono giustificati con la pretesa che la situazione all’interno della FSSP fosse di una cosí grave urgenza da rendere necessario scavalcare Padre Bisig ed appellarsi direttamente alla Santa Sede. La cosa ha causato, in seno al movimento tradizionalista, la crisi piú grave che vi sia mai stata dalla consacrazione episcopale del giugno 1988. La cosa è cosí seria, in effetti, che pone in pericolo l’esistenza del movimento tradizionalista riconosciuto dalla Santa Sede; contraddicendo l’ottimismo generato dal pellegrinaggio a Roma dell’ottobre 1998.

Era stato deciso che nell’agosto 1999 si tenesse a Roma un Capitolo Generale della FSSP, e la “situazione urgente” addotta dai sedici preti consisterebbe nel fatto che le elezioni preparatorie per questo capitolo sarebbero state opportunamente gestite, cosí che tutti gli eletti costituirebbero “un gruppo fortemente contrario ad ogni adattamento del rito del 1962 secondo gli auspici dei Padri Conciliari”, e favorevole invece ad “una posizione ecclesiale parallela e marginale”. Questo rimprovero mostra l’illogico convincimento di cui è intrisa l’intera lettera, la quale è anche caratterizzata da una piú che superficiale conoscenza dei principi liturgici basilari e della storia della Messa Tradizionale fino al Vaticano II. I 16 preti hanno avuto la temerarietà di definire la maggioranza dei membri incardinati nella FSSP che non condividono la loro posizione, come nient’altro che un “gruppo” in seno alla Fraternità. A rigore di logica, invece, il termine “gruppo” può essere applicato ai 16 che si oppongono alla stragrande maggioranza dei 92 preti e diaconi della Fraternità. Pretendono poi di costituire un terzo dei 92 preti, dimostrando che la loro conoscenza della matematica è pari quella che hanno dei principi  della logica e della liturgia.
Che dire poi della “posizione ecclesiale parallela e marginale” che secondo questo sparuto gruppo dei sedici terrebbe la stragrande maggioranza dei loro confratelli?
Nel Decreto di erezione della FSSP, rilasciato a Roma dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, il 18 ottobre 1988, si stabilisce che “Alla Fraternità Sacerdotale San Pietro, cosí come gli altri preti che sono ospitati nelle case della Fraternità o che esercitano il ministero sacro nelle sue chiese, è concesso l’uso dei libri liturgici in vigore nel 1962.” In questo Decreto [si veda il decreto riportato a parte] non v’è una parola che possa far pensare che il Messale del 1962 debba essere adattato “agli auspici dei Padri Conciliari”, quali che siano. 
Nel suo libro, The Reform of the Roman Liturgy, Mons. Klaus Gamber scrive:  “Una cosa è certa, che il nuovo Ordo Missæ che ora viene presentato non è stato approvato dalla maggioranza dei Padri Conciliari.” (1).
Un’osservazione simile fu fatta dal Cardinale Ratzinger nel suo intervento all’Ergife Palace Hotel, a Roma, il 24 ottobre 1998, quando fece notare che: “L’attuale Costituzione sulla Liturgia non parla affatto di celebrazione di fronte all’altare o di fronte al popolo. A proposito della lingua, essa dichiara che il latino dev’essere conservato, mentre il volgare deve occupare un posto piú ampio ‘specialmente nelle letture e nelle monizioni, in alcune preghiere e canti…’” (SC, 36, 2).

La cosiddetta “posizione ecclesiale parallela e marginale” dei preti leali della Fraternità consiste semplicemente nel fatto che vogliono rimanere fedeli ai principi ed allo scopo per i quali fu eretta la loro Fraternità, principi e scopo che i sedici hanno accettato quando sono stati incardinati nella Fraternità. Nel Decreto di erezione non v’è una parola che possa far pensare che il Messale del 1962 debba essere adattato “agli auspici dei Padri Conciliari”. I sedici preti hanno quindi cercato di sostituire la loro propria veduta a quello che è lo scopo della FSSP, veduta che è stata rigettata a stragrande maggioranza nelle elezioni per il Capitolo Generale, a sostegno della posizione chiaramente statuita dal Decreto di erezione. Quando costoro entrarono nella Fraternità erano a perfetta conoscenza dello scopo e dell’etica di essa: se adesso non li condividono piú e non sono in grado di convincere la maggioranza dei membri della Fraternità ad accettare la loro posizione, la sola cosa logica ed onorevole che possano fare è di abbandonarla e fondarne una nuova, oppure entrare in una fraternità di cui possano condividere lo scopo. Si potrebbe pensare, per esempio, alla Congregazione di Gesú e Maria.

Il seguito della lunga e prolissa lettera dei sedici mostra come i suoi autori divengano via via sempre piú emotivi e irrazionali. La maggioranza dei preti e dei seminaristi che rimane fedele al loro decreto di erezione diviene, ipso facto, affetta da “uno spirito di separazione”. Il disaccordo col nobile gruppo dei sedici diventa una “mancanza di fiducia nella Chiesa”; cosí che i sedici e la Chiesa diventano una cosa sola. A differenza dei loro confratelli, i signori sedici non sono “preti per un rito, ma per la Chiesa e le anime”. 
Cosa significa che la maggioranza dei preti della FSSP non sono preti per la Chiesa e le anime? 
La verità è che la FSSP è stata eretta come una società sacerdotale destinata a servire la Chiesa e la salvezza delle anime per mezzo dell’esercizio del sacro ministero basato su “l’uso dei libri liturgici in vigore nel 1962”, come è chiaramente dichiarato nel Decreto di erezione.
Nel discorso dell’ottobre del 1988, il Cardinale Ratzinger ha dichiarato:
“Dieci anni dopo la pubblicazione del Motu proprio Ecclesia Dei, quale bilancio possiamo fare? Penso che innanzi tutto sia il momento di esprimere la nostra gratitudine e il nostro ringraziamento. Le diverse comunità nate grazie a questo testo pontificio hanno dato alla Chiesa un gran numero di vocazioni sacerdotali e religiose, le quali, con zelo, con gioia e in profonda unione col Papa, rendono il loro servizio al Vangelo in questo momento storico. Per mezzo di esse, molti fedeli hanno avuto la gioia di poter vivere la liturgia e di confermare il loro amore per la Chiesa o hanno avuto la possibilità di riscoprirle entrambi. In molte diocesi - e non sono poche - questi preti e questi religiosi servono la Chiesa in collaborazione con i Vescovi e in fraterna unione con quei fedeli che si sentono a loro agio con le forme rinnovate della nuova liturgia. Tutto questo non può che muoverci alla gratitudine!”

Sua Eminenza afferma quindi che dobbiamo essere grati per il fatto che vi sono molti preti dediti all’uso esclusivo dei libri liturgici in vigore nel 1962. Egli non suggerisce a queste comunità la necessità di adattare il Messale del 1962 “agli auspici dei Padri Conciliari”, quali che siano. 
I preti che in maggioranza sono leali nei confronti della loro Costituzione e del loro superiore, sono affetti, secondo i signori sedici, da uno spirito di separazione e, peggio ancora “In questa costante progressione verso uno spirito di separazione, si ritrova passo passo quello slittamento insensibile che nel 1988 condusse la Fraternità San Pio X a rifiutare le proposte romane”. Che il cielo ci aiuti! 
Ma il peggio deve ancora venire: “…è sorprendente constatare come molti di coloro che non hanno conosciuto il movimento detto “tradizionalista” e la sua storia prima del 1988, siano affascinati dalla figura di Mons. Lefèbvre e vogliano fare della Fraternità San Pietro l’esatta replica della Fraternità San Pio X…”.
I signori sedici sono pronti a fornire la prova dello spirito di separazione che pervade la FSSP, e ricordano, orrore degli orrori, che i fedeli non hanno cantato il Pater noster alla Messa Pontificale del 1999 officiata nella cattedrale di Chartres. Perché l’assemblea lo avrebbe fatto?
Nella Costituzione Apostolica Ecclesia Dei, il Papa Giovanni Paolo II chiede, motu proprio, che “dovrà essere ovunque rispettato l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede Apostolica, per l’uso del Messale Romano secondo l’edizione tipica del 1962 (9).” La nota (9) specifica: “Cfr. Congregazione per il Culto Divino, lettera Quattuor abhinc annos, 3-X-1984: AAS 76 (1984) pp. 1088-1089.”
Questa lettera prescrive che: “Queste celebrazioni devono essere fatte secondo il Messale del 1962 ed in lingua latina.”, e che: “ Deve essere evitata ogni mescolanza tra i testi ed i riti dei due Messali.”. Ove per i “due Messali” debbono intendersi quelli del 1962 e del 1970, mentre non v’è ragione di supporre che sia autorizzata la mescolanza tra il Messale del 1962 e quello del 1965. Aderendo esattamente alle rubriche del Messale del 1962, la Messa di Chartres è stata celebrata in obbedienza alla legittima autorità della Chiesa. Se i fedeli avessero cantato il Pater noster, come richiesto dai signori sedici, si sarebbe trattato di un atto di disobbedienza alla legittima autorità, sulla stessa linea di ribellione che ha portato all’introduzione della Comunione nella mano e all’accesso delle ragazze all’altare (2).
Per ciò che riguarda la Messa a Chartres, alla quale ero presente, quello che è certo è che l’attiva partecipazione dell’assemblea, indicata dal Cardinale Ratzinger come la fondamentale manifestazione di obbedienza al Concilio, è stata realizzata ad un grado tale da non poter essere superato da alcuna celebrazione, in qualsivoglia rito, in qualsiasi parte del mondo.

Ci si sarebbe aspettato che, dopo aver ricevuto la scandalosa lettera dei sedici, Sua Eminenza il Cardinale Felici avesse replicato con una ammonizione nei loro confronti, per il modo disonesto e anticattolico col quale avevano operato all’insaputa del loro legittimo Superiore, e che avesse ordinato loro di rimanere fedeli a Padre Bisig e alla costituzione della loro Fraternità. Invece non l’ha fatto, e, ahimé, ha ceduto alle loro oltraggiose richieste: che fosse posticipato il Capitolo generale della Fraternità programmato per agosto e che Padre Bisig fosse sostituito da un amministratore apostolico che prendesse in mano il destino della Fraternità. Infatti il Capitolo è stato posticipato e verrà sostituito da una assemblea plenaria che si terrà a novembre. Padre Bisig, attualmente, non è stato sostituito da un amministratore apostolico, ma, a tutti gli effetti, è stato privato della sua autorità dalla Commissione Ecclesia Dei, cosí che si trova nella impossibilità di espellere i preti sleali dalla Fraternità. Peggio ancora, il Cardinale Felici ha deciso tutto questo senza neanche interpellare Padre Bisig e senza dargli la possibilità di dire la sua sulla questione. Sembra proprio che a partire dal Concilio Vaticano II il principio “audi alteram partem” non venga piú applicato. 
C’è da chiedersi quale sarebbe stata la reazione di un qualsiasi dicastero vaticano se, per esempio, un gruppo di Gesuiti o di Francescani conservatori avesse presentato un ricorso contro il proprio superiore, affermando che egli insegnava eresie e ignorava le norme liturgiche. È pensabile che sarebbe stato privato della sua autorità senza essere interpellato sulla sua versione dei fatti? Il ricorso di un tale gruppo di preti conservatori non sarebbe neanche stato esaminato, ma sarebbe stato immediatamente inviato al superiore modernista.
Il Cardinale Felici ha accusato Padre Bisig di essere in procinto di perdere la sua fiducia nella Santa Sede. Ci chiediamo: su quali basi Padre Bisig dovrebbe rafforzare la propria fiducia nella Santa Sede dopo quello che gli è capitato?

A onor del vero, dobbiamo dare atto ai sedici preti che essi non hanno chiesto di praticare il biritualismo, e lo hanno espressamente dichiarato; anche se tale dichiarazione non è contenuta nella loro lettera. In essa invece chiedono di avere il diritto di concelebrare la Messa crismale dal momento che, secondo loro, il divieto in tal senso opposto da Padre Bisig viene usato da alcuni vescovi come una scusa per escludere la FSSP dalle loro diocesi. Se questi preti si fossero limitati a porre la questione a Padre Bisig in maniera idonea e rispettosa, la loro condotta non sarebbe reprensibile, ma il fatto che abbiano interessato il Cardinale Felici aggirando il loro Superiore ed avanzando i piú disparati appunti nei suoi confronti e nei confronti dei loro confratelli, non è quanto ci si può aspettare da dei preti Cattolici, per non parlare di quelli che si dicono sostenitori della fede tradizionale.
L’azione della Commissione Ecclesia Dei, con la quale è stato spostato il Capitolo Generale e privato Padre Bisig della sua legittima autorità, può essere considerata come una violazione della integrità della Fraternità attuata con un grave abuso dei poteri amministrativi, ed un attacco contro il diritto naturale. 
Per di piú, la lettera, protocollo 1411, non ancora pubblicata e quindi non ancora ufficiale, firmata dal Cardinale Medina Estévez, ha autorizzato, non solo i membri della FSSP, ma tutte le società sacerdotali tradizionali e tutte le comunità monastiche dipendenti dall’indulto, a celebrare la Messa secondo il Messale del 1970, anche in presenza della proibizione dei loro superiori, i quali non possono prendere alcun provvedimento contro di loro. L’intero contenuto di questa lettera del Cardinale Medina, che ha il numero di protocollo 1411, è noto: se essa fosse pubblicata ufficialmente nel giornale della Congregazione, Notitiae, significherebbe che la Fraternità, de facto, è obbligata ad attuare il biritualismo, in contrasto con i chiari intenti della sua costituzione. Per altro verso sembra che la Congregazione non sappia che la Fraternità non è sotto il regime dell’indulto. Essa gode del pieno uso di tutti i libri liturgici in vigore nel 1962, e non solo del Messale del 1962 ( che è l’oggetto proprio dell’indulto), in virtú del protocollo del 5 maggio 1988 (concordato tra il Cardinale Ratzinger e l’Arcivescovo Lefèbvre). Per la FSSP l’uso degli antichi libri liturgici è una legge particolare, non un indulto.

Non è esatto sostenere, come hanno fatto alcuni commentatori, che la lettera prot. 1411 sia una risposta alla lettera dei sedici preti, datata 29 giugno. Questa lettera prot. 1411 è datata 3 luglio, ed è impensabile che un dicastero vaticano possa rispondere cosí velocemente ad una lettera ad esso indirizzata, tanto piú se per farlo deve consultare altri dicasteri (3). Inoltre, uno dei piú rappresentativi dei sedici preti ha dichiarato che quando i loro rappresentanti sono giunti alla Commissione Ecclesia Dei, per consegnare la loro lettera, venne loro mostrata immediatamente la 1411. Questo chiarisce la questione: e fa capire qual è la fonte delle risposte della 1411. È stata avanzata l’ipotesi che tali risposte non siano derivate dalle preoccupazioni dei preti delle società tradizionali, bensí dall’interno stesso della Commissione Ecclesia Dei. La trama si complica!

Nella lettera pubblicata in The Remnant, il 15 agosto 1999, il signor Yarrington pone alcune importanti questioni, che possono certo essere condivise da coloro che tengono alla Chiesa e alle norme fondamentali del diritto naturale. Egli scrive: “Senza dubbio, niente impedisce ai burocrati degli uffici vaticani di promuovere delle leggi arbitrarie, imposte senza alcuna base ragionevole. In ogni caso, ogni cattivo uso del potere amministrativo è, come tale, un abuso; e comunque non può costituire una vera legge, poiché la legge dev’essere caratterizzata dal fatto che è ragionevole e giusta, il che implica l’aderenza agli accordi preventivamente pattuiti, compresi gli impegni assunti liberamente da coloro che sono entrati nella Fraternità San Pietro… Se queste osservazioni potranno apparire futili a qualcuno, inclusi certuni che detengono il potere amministrativo in Vaticano,  che considerino attentamente le implicazioni del loro ambiguo linguaggio e delle loro ambigue azioni. Lo stesso Diritto Canonico afferma (can. 598, 2), che tutti i membri di un ordine devono ‘organizzare la loro vita in conformità alla legge propria del loro istituto, lottando cosí per la perfezione del loro stato’. Questo fattore è alla base di tutto ciò che costituisce la vera natura degli impegni, della verità e della legge naturale, senza il quale non può mantenersi alcuna società e alcuna legge”.

La vitalità della FSSP e delle altre società sacerdotali tradizionali è ora messa a repentaglio, visto che le migliaia di fedeli che le hanno aiutate finanziariamente, anche a costo di considerevoli sacrifici personali, lo hanno fatto nel profondo convincimento che queste società fossero dedite all’uso esclusivo dei libri liturgici in vigore nel 1962. Tale convincimento non ha nulla di rigido o scismatico, ma è semplicemente conforme ai chiari intendimenti espressi dal Sovrano Pontefice nell’Ecclesia Dei. Se le cose non stanno piú cosí, allora è certo che molti ritireranno il loro sostegno finanziario. È possibile che nella Curia vi sia chi si augura una cosa del genere?
Un fatto è piú che certo: che una volta pubblicato su Notitiae il protocollo 1411, e Dio non voglia che avvenga, sarà chiaro che la sola società sacerdotale i cui membri sono certi dell’uso esclusivo dei libri liturgici del 1962, è la Fraternità San Pio X. 
L’Arcivescovo Lefèbvre ritrattò il suo accordo del 1988 con la Santa Sede perché intuí che il Vaticano non poteva essere considerato affidabile circa il mantenimento delle promesse fatte. Sembrerebbe che oggi vi siano nella Curia delle forze parecchio importanti decise a provare che egli avesse ragione.
 

NOTE
1 - K. GAMBER, The Reform of the Roman Liturgy (Roman Catholic Books, P. O. Box 255, Harrison, N. Y. 10528, 
     1993), p. 61. (su!)
2 - Una Istruzione della Sacra Congregazione dei Riti, De musica sacra (3 settembre 1958), autorizzava i fedeli a recitare il 
     Pater noster insieme al celebrante, in latino, nel corso della Messa dialogata, ma solo nella Messa letta. (su!)
3 - “Sono giunti a questo Dicastero numerosi quesiti circa le possibilità e gli impedimenti connessi all’uso del messale del 
      1962, consesso con l’indulto della legittima autorità. Dopo appropriate consultazioni e con l’approvazione del Pontificio 
      Consiglio per l’Interpretazione dei testi legislativi e della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, comunichiamo qui di 
      seguito le risposte ai quesiti posti.” (su!)

[Articolo pubblicato da Una Voce America]
 
 
 
 

AL DOSSIER SAN PIETRO