Intervista al Cardinale Carlo Maria Martini
rilasciata al quotidiano romano Il Tempo, il
7 aprile 2004
Ci avviamo verso lo sfascio definitivo della Chiesa
?
Chi si batte per il Concilio Vaticano III ?
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Il card. Martini, già Arcivescovo di Milano e a suo tempo indicato
come papabile, continua a battersi per la demolizione della Santa Chiesa.
Chi conosce il Cardinale sa bene che si tratta di una persona molto
intelligente e preparata, non è possibile pensare, quindi, che le
sue dichiarazioni siano solo delle estemporanee manifestazioni del suo
pensiero personale. Se il Cardinale ha rilasciata la seguente intervista
è impossibile non pensare che lo abbia fatto in perfetta sintonia
con un certo àmbito della Chiesa, quello che mira ad una nuova svolta
modernista e all'accentuazione della compromissione della Chiesa col mondo
moderno.
In questo ultimo anno, nonostante alcuni segnali facessero pensare ad
una qualche volontà di “recupero” (e forse proprio in contrapposizione
ad essa), si è determinato una sorta di “giro di vite” da parte
degli ambienti modernisti, che hanno una forte influenza nella Curia romana.
La stessa salute del Santo Padre ha concorso all'attuazione di questa nuova
svolta.
Questa intervista del card. Martini aiuta a comprendere che si sta facendo
di tutto per preparare il futuro conclave alla scelta di un Papa che sia
in grado di accentuare le spinte in avanti del postconcilio, in contrapposizione
con chi vorrebbe invece che il futuro Papa attui tutti quei rimedii necessarii
a sanare i disastri provocati da questo stesso postconcilio.
Non sopravvalutiamo certo le parole e l'influenza del card.Martini,
ma non possiamo far finta di niente di fronte alla gravità delle
dichiarazioni che egli ha voluto rilasciare in questa intervista. È
fin troppo evidente che qui parla un cardinale “fuori giuoco” a nome di
tanti altri che sono ancora in giuoco e con una precisa volontà.
Vi è una frase un questa intervista che è la chiave per
comprendere quanto sia grave lo stato in cui versa la Chiesa per mano di
certi suoi “ordinati”:
“Ogni qualvolta la Chiesa vuole conformarsi o piacere al mondo e
non segue più il Vangelo rischia di diventare sale scipito. La Chiesa
ha il dovere di rifarsi continuamente alla parola di Dio e al Vangelo.
Questo è ciò che io ho sempre sostenuto come principio di
fondo della vita ecclesiale.”
Una frase del tutto condivisibile, che il Cardinale profferisce in perfetta
buona fede. Ma che cosa intende quando parla di “rifarsi continuamente
… al Vangelo”?
È questo il punto!
“I Sinodi … non sono diventati quel Consiglio permanente della Chiesa
che si era proposto il Concilio, quindi c'è ancora della strada
da fare.”
La fedeltà al Vangelo del card. Martini consiste nella “domocraticizzazione”
della Chiesa. Beninteso, qui non si tratta di misconoscere l'importanza
della funzione “magisteriale” dei Vescovi, che in definitiva sono i successori
degli Apostoli, ma è del tutto incredibile che ci si possa rifare
proprio al Vangelo per disconoscere il principio di Autorità che
deve reggere la Chiesa in maniera unitaria e gerarchica. Non c'è
un solo passo dei Vangeli che avalli una tale interpretazione.
La Chiesa è retta invisibilmente da Nostro Signore, che ha il
suo rappresentante visibile nel Papa, che non è solo “momento fondante
dell'unità della Chiesa”, come dice il card. Martini, ma è
il garante e il “confermatore” nella fede di tutti i fedeli di Cristo.
Il Papa è l'espressione più alta della dottrina della Chiesa,
la quale non può reggersi senza un riferimento unico e indiscutibile
in terra, esattamente come si regge sull'unico riferimento in terra e in
Cielo che è il Cristo.
Supporre che Essa debba essere retta dall'insieme delle “opinioni”
dei Vescovi, come auspica il card.Martini, significa semplicemente spostare
il fondamento della Chiesa dal Cielo alla terra.
“Convocare, di tanto in tanto, delle assemblee sinodiali veramente
rappresentative di tutto l'episcopato e - perchè no - universali
(Sinodi e Concilio sono la stessa parola) per affrontare questioni in agenda
nella vita della Chiesa. Un'esperienza che valga a sciogliere qualcuno
di quei nodi disciplinari e dottrinali che riappaiono periodicamente come
punti caldi sul cammino della Chiesa.”
Quali sono quei “nodi disciplinari e dottrinali che riappaiono periodicamente
come punti caldi sul cammino della Chiesa”?
Non v'è dubbio che qui il Cardinale parla delle gravi preoccupazioni
dottrinali e pastorali che sono state sollevate dall'applicazione del Concilio
in questi ultimi quarant'anni. Parla proprio della crisi delle vocazioni,
delle deviazioni dottrinali, degli abusi litugici, del fallimento della
pastorale, del disastro della pratica della fede. Parla proprio dello stravolgimento
causato dall'applicazione del Concilio, stravolgimento che “inevitabilmente”
ha riproposto un sacco di interrogativi circa la tenuta della fede.
Il Cardinale si rende conto che sono “riapparsi certi nodi dottrinali”,
ma si rifiuta di accettarli come conseguenza del magistero e della pastorale
postconciliari di questi ultimi quarant'anni. Anzi, suggerisce che tali
“nodi” vengano affrontati e sciolti dal consesso dei Vescovi
“Non vedo perchè tale capacità decisionale non possa
comprendere l'intero episcopato ...” - dice il Cardinale -
“Dal confronto dei diversi linguaggi e dalla condivisione degli stessi
problemi possono venire decisioni che aiutano la Chiesa ad affrontare con
più forza il futuro.”
Insomma, quegli stessi Vescovi che hanno prodotto i guasti e permesso
il “riapparire dei nodi dottrinali”, dovrebbero risolverli con un semplice
“parliamone”.
Sembrerà una forzatura, ma non è possibile evitare di
chiedersi se il card.Martini sia davvero in grado di cogliere il senso
di quel Vangelo a cui dichiara di volersi rifare.
Cosa prospetta, in definitiva, il Cardinale?
Un Concilio permanente che si sostituisca al Papa e alla Curia Romana
nella conduzione della Chiesa.
Insomma, è come dire che la dottrina, la liturgia e la pastorale
non derivano più da Nostro Signore, ma, dopo duemila anni, debbono
esprimere l'insieme delle opinioni di tutti i fedeli. Una sorta di religione
democratica dove il Vangelo e Gesù Cristo vengono relegati nel limbo
delle idealità, a servire da riferimenti “etici” per le concioni
e i dibattiti degli uomini.
E occorre incominciare da subito, dice il Cardinale, dal prossimo conclave,
inserendo una rappresentanza di tutti i Vescovi.
Nel frattempo organizzare un terzo Concilio Vaticano.
Attenzione, però !
Il Cardinale afferma di non aver mai parlato di Vaticano III, perché
“Vaticano III significa rimettere in questione tutti i problemi così
come ha fatto il Vaticano II. La mia proposta andava in una direzione diversa.”
Abbiamo l'impressione di trovarci di fronte ad una sorta di confessione
involontaria. La rivoluzione - sembra dire il Cardinale - l'abbiamo già
fatta col Vaticano II, adesso occorre realizzare questa rivoluzione in
maniera definitiva.
Per intanto, però, di Concilio Vaticano III se ne parla e come!
Un sito internet già attivo da diversi anni, che sembra una
iniziativa di certi vescovi sudamericani, propugna la convocazione di del
Vaticano III, e la petizione proposta allo scopo porta le firme di 2 cardinali,
41 vescovi, 998 preti, 1782 religiosi, 442 teologi, 8524 laici, 367 diversi.
Il sito risulta essere aggiornato a tutto marzo 2004.
Si tratterà sicuramente di un fenomeno marginale, ma non ci
risulta che i vescovi firmatari siano stati destituiti o messi in condizione
di non nuocere.
Che cosa propugna questo gruppo di vescovi nella petizione che ha inviato
al Papa? (vedi petizione)
Esattamente quello che propugna il cardinale Martini. Addirittura con
gli stessi termini.
È solo una conicidenza?
Trascuriamo la questione dell'Ordinazione alle donne, sulla quale il
card. Martini, usando l'eufemismo delle diaconesse, si esprime in maniera
equivoca, pur facendo capire che è favorevole.
Quello che invece colpisce è un lapsus del Cardinale.
A proposito dei mea culpa di Giovanni Paolo II, egli dichiara: “Io
ho accolto con gioia questa richiesta di perdono. Il Papa ha fatto una
scelta "conciliare" e ha interpretato bene il momento ecclesiale di grande
sincerità, fiducia, onestà. Chi riconosce i propri errori
si sente forte della forza dello Spirito. Se lette nel contesto del Vangelo
le richieste di perdono non presentano difficoltà. Anzi. Sono un
atto di coraggio e di onestà.”
È davvero incredibile come la presunzione dei prelati modernisti
possa sfociare impunemente nell'impudenza.
Quando mai Giovanni Paolo II ha chiesto perdono “riconoscendo i propri
errori” ?
È da decenni che si chiede perdono per le presunte colpe di
duemila anni di vita della Chiesa, ma non v'è mai stato un minimo
riconoscimento degli errori commessi dagli uomini di Chiesa nel Concilio
e nel postconcilio. Eppure i disastri sono sotto gli occhi di tutti, e
tanti documenti ufficiali lamentano la perdita della fede, il tradimento
dell'insegnamento, l'abuso e lo stravolgimento della liturgia: ma mai nessuno
ha chiesto perdono per i propri errori.
Il Cardinale si sarà espresso male, ma ha rivelato al tempo
stesso il suo profondo convincimento: la Chiesa ha quasi sempre sbagliato:
per non sbagliare più deve diventare democratica e misconoscere
l'insegnamento di Cristo e il Magistero apostolico.
L'intervista del card. Martini
(le sottolineature sono nostre)
"Un consiglio di reggenza per la Chiesa"
I Sinodi non lo hanno ancora realizzato secondo il
progetto del Concilio.
Verso un vero dialogo
Il cardinale Martini rompe il silenzio da Gerusalemme
e
dice sì a una diaconia femminile per valorizzare
ruoli e risorse
EMINENZA, qual è il nucleo del pontificato di Giovanni Paolo
II ?
"Io mi rifarei alla prima Enciclica "Redemptor hominis",
cioè la dignità dell'uomo redento da Cristo. In tale principio,
collocato nell'orizzonte del Vangelo, sta il punto più alto del
pontificato di Papa Wojtyla".
E le difficoltà che invece sono emerse?
"Non riguardano tanto la persona del Pontefice, riguardano
il cammino della Chiesa nella storia. La Chiesa deve sempre affrontare
nuove situazioni. E oggi si tratta di rispondere alla domanda: come convivere
fra diversi senza farsi del male, senza confondersi e magari quando si
condivide lo stesso territorio. Già S. Paolo ammoniva: "Se vi mordete
e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi gli uni con gli
altri". E ancora: "Non vi fate illusioni: non ci si può prendere
gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che ha seminato"".
Collegialità. Sinodi. Centralismo e partecipazione. Un bilancio
in chiaro e scuro.
"Il bilancio è complesso. Certamente il Vaticano
II e poi papa Paolo VI istituendo nel 1965 il Sinodo avevano in mente uno
strumento significativo, una specie di "Consiglio permanente di reggenza"
della Chiesa insieme al Papa. Questa intuizione si è sviluppata
solo in parte. I Sinodi hanno avuto il grande merito di mettere insieme
i vescovi, di farli conoscere, di permettere loro di scambiarsi pareri.
Ma non sono diventati quel Consiglio permanente della Chiesa che si era
proposto il Concilio, quindi c'è ancora della strada da fare".
Per mesi i principali giornali hanno parlato di lei. Hanno scritto
che il cardinale Martini voleva o proponeva un Concilio Vaticano III! E'
stato un abbaglio giornalistico o questa esigenza è e rimane un'esigenza
dell'intero episcopato mondiale?
"Io non ho mai parlato di Vaticano III perche' l'espressione
può essere fraintesa e può confondere. Vaticano III significa
rimettere in questione tutti i problemi così come ha fatto il Vaticano
II. La mia proposta andava in una direzione diversa. Convocare, di tanto
in tanto, delle assemblee sinodiali veramente rappresentative di tutto
l'episcopato e - perchè no - universali (Sinodi e Concilio sono
la stessa parola) per affrontare questioni in agenda nella vita della Chiesa.
Un'esperienza che valga a sciogliere qualcuno di quei nodi disciplinari
e dottrinali che riappaiono periodicamente come punti caldi sul cammino
della Chiesa".
Se ho ben capito, i Sinodi degli ultimi anni sono serviti a poco.
Lei, il 7 ottobre 1999, raccontava nell'Aula Paolo VI davanti al Papa il
suo "sogno", quello di affrontare temi come la carenza di ministri ordinati,
la posizione della donna nella Chiesa, la sessualità, la disciplina
del matrimonio, l'ecumenismo. Orbene, i Sinodi non sono certo nella linea
da lei indicata?
"Sì, i Sinodi, sin dall'inizio hanno mostrato
difficoltà a fondere il rispetto delle opinioni di tutti i vescovi
con una capacità decisionale reale. La dimensione decisionale,
teorizzata, non è stata esercitata. Non vedo perchè tale
capacità decisionale non possa comprendere l'intero episcopato ...".
Lei si riferisce a più di 4500 vescovi. Sono un numero imponente.
"Io credo che oggi, con i mezzi di comunicazione e di
trasmissione del pensiero, è facilissimo mettere insieme le persone.
Ciò sarebbe utile ed eviterebbe che le culture diverse in cui è
immersa la Chiesa vadano un po’ per conto loro. Dal confronto dei diversi
linguaggi e dalla condivisione degli stessi problemi possono venire decisioni
che aiutano la Chiesa ad affrontare con più forza il futuro".
La grandezza di un pontificato si giudica anche dal meccanismo di
reclutamento dei vescovi. E' un meccanismo che soddisfa o c'è qualcosa
da rivedere? E poi non c'è solo collegialità, partecipazione
dall'alto, c'è partecipazione dal basso.
"I sistemi possono essere perfezionati così da
tenere sempre più in considerazione anche i pareri della gente.
Importante è acquisire un ventaglio il più ampio possibile
di pareri sui candidati. Partecipazione dal basso? Io ho sperimentato
nella mia Chiesa locale una forte presenza del popolo di Dio. Anche a riguardo
della successione episcopale questo popolo si è espresso, ha fatto
conoscere i suoi desideri. La categoria di "popolo di Dio" va approfondita,
coltivata ma essa è ormai acquisita nella storia della teologia
e nella storia della dottrina cristiana".
Lei vede solo cardinali in Conclave o il Conclave potrebbe essere
arricchito da altre presenze?
"Le proposte sono state tante. Potrebbe essere ragionevole
rappresentare meglio le Conferenze Episcopali con la presenza, in Conclave,
dei Presidenti delle stesse Conferenze. Non nego che il Collegio dei
Cardinali abbia già una sua rappresentatività, però
un Conclave allargato terrebbe maggiormente conto della articolazione della
Chiesa che guarda al Papa come momento fondante della propria unità".
"Ingravescentem aetatem". Un cardinale compie 80 anni ed è
"out", fuori dal Conclave. E' d'accordo?
"E' bene mettere dei limiti di età anche nella
Chiesa. Ci possono essere casi di persone estremamente vitali, ma è
meglio seguire le prudenze umane biologiche e dare spazio ai giovani. Compiuto
il proprio dovere ci si fa da parte. Nella Chiesa ci sono persone sagge
che possono far sentire la loro opinione anche al di là di un semplice
ballottaggio".
Diaconato femminile. Rimane sempre un terreno minato. Lei e' un biblista.
I teologi, o la maggior parte di essi, lo ritengono un tema improponibile.
"Non saprei dare una soluzione teorica. Sicuramente assistiamo
al fiorire di nuovi ministeri. E per quanto riguarda la loro efficacia
i ministeri femminili nella Chiesa sono di primaria importanza. Penso al
tema della carità, assistenza ai disabili, pace, ambiente, vita,
ecologia, famiglia. Tutto ciò va riconosciuto e promosso".
Siamo di fronte ad una vera e propria "diaconia femminile"?
"E' così. Una diaconia che merita un riconoscimento
maggiore di quello che viene attualmente reso possibile dalla legislazione
canonica".
Nel conflittuale rapporto fra cristiani, mi riferisco in specie a
quello fra cattolici e ortodossi, chi deve fare un passo indietro?
"Ognuno deve fare un passo verso il Vangelo, non so dire
se avanti o indietro. Il Vangelo è libertà, purezza di
cuore, assenza di pretese, desiderio di valorizzare l'altro, rinuncia ai
privilegi. Nessuno è esente dal fare passi decisi verso un Vangelo
più vissuto".
La ripetuta richiesta di perdono di Papa Wojtyla ha provocato più
di un malumore. Alcuni suoi colleghi vescovi hanno trovato imbarazzo nel
tradurla in linea pastorale. E lei?
"Io ho accolto con gioia questa richiesta di perdono.
Il Papa ha fatto una scelta "conciliare" e ha interpretato bene il momento
ecclesiale di grande sincerità, fiducia, onestà. Chi riconosce
i propri errori si sente forte della forza dello Spirito. Se lette nel
contesto del Vangelo le richieste di perdono non presentano difficoltà.
Anzi. Sono un atto di coraggio e di onestà".
A proposito delle radici cristiane d'Europa e della Costituzione
europea, che ne pensa?
"C'è un problema di etichetta e un problema di
sostanza. La sostanza è che la nuova Costituzione europea riporti
nella pratica delle sue leggi quei valori del primato della persona e della
sua relazionalità che sono lo specifico cristiano dato al continente.
Se poi c'è un accenno esplicito alle radici cristiane con una formulazione
condivisa da tutti, bene. L'essenziale però è che i valori
cristiani siano nei fatti, non semplicemente una etichetta".
Non ha l'impressione che il "sale della Chiesa" sia diventato insipido?
"La Chiesa passa continuamente da periodi di progresso
a periodi di crisi e declino. Ciò non è un fenomeno generalizzato.
Il pericolo che lei denuncia però esiste. Ogni qualvolta la Chiesa
vuole conformarsi o piacere al mondo e non segue più il Vangelo
rischia di diventare sale scipito. La Chiesa ha il dovere di rifarsi continuamente
alla parola di Dio e al Vangelo. Questo è ciò che io ho sempre
sostenuto come principio di fondo della vita ecclesiale".
Riesce a individuare nella Bibbia, nel "Primo o Secondo Testamento"
come li definisce lei, una frase che sostenga la Chiesa nel suo cammino,
che la renda piu' fiduciosa e credibile?
"La parola che ripete Gesù tre volte nel capitolo
VI del Vangelo di Matteo: "Il Padre che vede nel segreto ti ricompenserà".
Il che vuol dire non tanto esteriorità, apparenze, vita mediatica,
bensì la realtà nascosta della vita quotidiana vissuta con
fedeltà al Vangelo. E' qui l'essenziale per ogni esistenza cristiana".
Petizione per il Concilio Vaticano III
Noi che sottoscriviamo questa petizione, seguaci di Gesù di Nazareth,
sollecitiamo al Papa, Vescovo di Roma, in continuità con lo spirito
del Vaticano II, la convocazione di un nuovo Concilio Ecumenico che aiuti
la nostra Chiesa Cattolica a rispondere evangelicamente, in fraterno
dialogo e con la maggiore collaborazione possibile con le altre chiese
cristiane e le altre religioni, alle gravi sfide dell’Umanità,
in particolare per i poveri, in un mondo in rapida trasformazione e sempre
più intercomunicante.
Coscienti della difficoltà che comporta l’organizzazione di
un Concilio Ecumenico, chiediamo, nell’àmbito delle nuove possibilità
di comunicazione e di interscambio, che sia concepito come un processo
conciliare, partecipativo e corresponsabile, a partire dalle chiese particolari,
locali e continentali.
Proponiamo che si realizzi nel corso di un periodo di tempo sufficientemente
ampio e con una metodologia appropriata, perché la comunità
dei credenti possa pronunciarsi sui temi che considera più importanti
e urgenti, recependo i suoi contributi nel dibattito e nelle decisioni
conciliari.
In comunione con tutta la Chiesa e in particolare col successore di
Pietro, preghiamo perché lo Spirito ci assista, per rispondere
con profezia e speranza al desiderio di dialogo e di rinnovamento
che interessa la gran parte del Popolo di Dio.
A questa speranza vogliamo rispondere, rispettosamente, firmando questa
petizione.
Dal sito: http://www.proconcil.org/principal.html
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