Redemptionis Sacramentum
Il documento sugli abusi liturgici

LE PRIME REAZIONI

Il testo del documento
Il commento dell'abbé Claude Barthe, della rivista Catholica




Il cardinale Arinze deve spingersi ancora oltre

Facendo seguito all’enciclica Ecclesia de Eucharistia, il cardinale Arinze ha pubblicato l’istruzione Redemptionis Sacramentum, il cui scopo primo è di denunciare gli abusi più vistosi che si incontrano nelle celebrazioni liturgiche condotte in base alla riforma di Paolo VI. Tra i documenti che in questi ultimi dodici anni hanno provato a mettere ordine nella materia, questo è sicuramente il più preciso e il meglio argomentato. Anche se il cardinale ha dovuto versare dell’acqua nel suo vino, non si può che gioire per le eccellenti intenzioni del Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, intenzioni condivise da numerosi responsabili della Curia attuale.

L’effetto più favorevole di questa istruzione sarà quello di legittimare gli sforzi di " risacralizzazione " che compiono ogni giorno un certo numero di preti delle nuove generazioni.

Ma, in definitiva, si tratta di un testo, che si aggiunge alle montagne di testi esistenti. C’è da augurarsi che la Redemptionis Sacramentum sia seguito da misure concrete. Il cardinale Arinze, che ha il vantaggio di non parlare invano, arriverà fino ad assumere delle misure esemplari ­ quantomeno delle ammonizioni -  contro i responsabili degli abusi che elenca, fossero anche dei vescovi, dei cardinali o perfino… dei cerimonieri pontifici ?

Per altro, per lodevole che sia, questo documento malgrado tutto somiglia ad uno di quei rimedi che tentano disperatamente di ridurre i sintomi anziché impegnarsi sulle cause del male. Il primo abuso liturgico, la fonte di tutti gli altri abusi liturgici, non consiste nella riforma fabbricata da Annibale Bugnini e dai suoi esperti, e che in realtà non fu altro che una vera rivoluzione ? 
Dopo essere stata usata per trentacinque anni, il buon senso vorrebbe che si faccia un bilancio oggettivo dei suoi frutti. Oggi, tutti gli osservatori onesti constatano, in maniera evidente, la sparizione del senso del sacro, e alla più semplice analisi, nella liturgia di Paolo VI notano l’indebolimento del rispetto dovuto alla Presenza Reale, la minore visibilità del sacerdozio gerarchico, la diminuita espressione del carattere sacrificale della Messa. Le liturgie orientali, che non hanno subito la riforma di Paolo VI, mostrano in maniera eloquente tutto quello che la liturgia romana ha perduto. Occorre dunque augurarsi che il cardinale Arinze prosegua coraggiosamente il cammino appena iniziato.

Sono sempre più numerosi coloro che, senza essere tradizionalisti, pensano che la libera celebrazione della Messa di San Pio V sarebbe un potente fattore di emulazione per un " ritorno al sacro ". 
Cos’è che impedisce al cardinale Arinze di dichiarare che la Messa di San Pio V non è mai stata abrogata e che quindi può essere celebrata ovunque e da qualsiasi prete che lo desideri ?

L’abbé Claude Barthe, Catholica





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