IL POTERE TEMPORALE

deve essere SUBORDINATO

A QUELLO SPIRITUALE

Parte quarta


di Don Curzio Nitoglia


Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta


Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/






Il Papa sul Soglio incorona il Re inginocchiato



ALTRE CONSEGUENZE SOCIALI DEL SOGGETTIVISMO LUTERANO


Un’altra conclusione in campo sociale e politico di quest’eresia sulla grazia è quella secondo cui gli ordini di un governante non santo non sono vincolanti e possono essere non obbediti; Vangelo e potere politico sarebbero inevitabilmente in disaccordo poiché il potere politico è intrinsecamente perverso, come la natura umana è totalmente distrutta dal peccato originale.

Vitoria (1), Soto (2) e Suarez (3) ed anche il domenicano cardinal Tommaso de Vio detto Cajetanus (4), affrontano questi errori e li cónfutano, facendoli risalire all’Umanesimo riproposto nella seconda metà del XVI secolo da Erasmo da Rotterdam in maniera meno radicale che da Lutero. Secondo tali dottrine la Chiesa e il Trono sarebbero vacanti di autorità umana e ripieni solo di grazia e santità, ma ciò porterebbe all’anarchia sociale  e religiosa poiché l’uomo è fatto di anima e di corpo, di intelletto e sensi; perciò, non vede la grazia e la santità, che son note solo a Dio, e ha bisogno di un’autorità visibile cui obbedire per essere governato nelle cose temporali (Stato) e spirituali (Chiesa).

L’anarchia civile, secondo i tomisti del Cinquecento, è figlia della dottrina teologica luterana della Chiesa come comunità dei soli santi; dunque dal luteranesimo nascerebbe immancabilmente la rivoluzione sociale, come realmente avvenne in Inghilterra (1648, 1688) e in Francia (1789).

Lo schiavismo

Lo schiavismo e la colonizzazione selvaggia erano anch’essi una conseguenza di tali dottrine luterane. Il loro ideatore fu Juan Ginés de Sepulveda (1490-1573) (5), che aveva studiato diritto e lettere antiche in Bologna. Secondo lui gli indigeni delle Americhe, non avendo la fede e la santità, potevano essere ridotti in schiavitù, in quanto senza la grazia non avevano neppure una natura integra e quindi non potevano governare se stessi poiché più simili alle bestie che agli uomini. Come si vede egli si rifaceva all’eresia luterana secondo cui qualsiasi vera Società (civile e spirituale) deve essere fondata solo sulla santità. 

Naturalmente i tomisti del Cinquecento confutarono anche questa dottrina alla luce degli insegnamenti sulla grazia, la giustificazione e la Chiesa come venivano affrontati, proprio allora, dal Concilio di Trento (1545-1563) (6).


La legge naturale è conoscibile dalla ragione umana

Gli scolastici cinquecenteschi insistono molto sulla dottrina tomistica secondo cui la ragione umana è rimasta integra sebbene ferita (“homo est vulneratus in naturalibus facultatis, spoliatus gratuitis donibus, sed natura mansit integra”). Quindi non solo il singolo uomo può conoscere la natura delle cose e la legge naturale, ma può fondare delle Società imperfette (famiglia) e perfette (Stato) fondate sulla legge naturale e su strumenti utili per conseguire il fine temporale subordinatamente a quello spirituale poiché Dio ha creato l’uomo e lo ha sopraelevato all’ordine soprannaturale e quindi non si può disgiungere la natura dalla grazia, anzi, - riprendendo l’Aquinate - “la grazia non distrugge la natura, ma la presuppone e la perfeziona” (S. Th., I, q. 1, a. 8, ad 2).

Insomma, il potere politico non necessariamente deve essere infuso soprannaturalmente da Dio per essere legittimo poiché la natura non è intrinsecamente perversa, come vorrebbero i luterani. Quindi, la società politica o civile non deve essere instaurata solo direttamente e soprannaturalmente da Dio. 

Francisco de Vitoria esclude categoricamente che “la vera e legittima sovranità politica deve essere basata sempre e soltanto sulla grazia” (7) e accomuna tale dottrina all’eresia proto-luterana di Wyclif e Hus.


Conclusione

Se ci si basa anche solamente sul buon senso o la retta ragione naturale si può facilmente capire quanto sia falso il sistema filosofico naturalistico dell’umanesimo e la dottrina esageratamente soprannaturalistica luterana, che sono i due  opposti errori (per eccesso e per difetto) i quali si adagiano, come due burroni, a destra e a sinistra di una vetta (la retta ragione elevata a filosofia da Aristotele e san Tommaso d’Aquino, secondo cui “la grazia non distrugge la natura, ma la presuppone e la perfeziona” (8)).

Secondo il luteranesimo la natura umana è totalmente corrotta. Quindi, l’uomo non ha le capacità raziocinative per conoscere la verità e la natura delle cose, inoltre la volontà è stata talmente erosa che l’uomo ha perso completamente la libertà.

Ma, se osserviamo i fatti che riguardano la vita raziocinativa e la libera volontà umana dobbiamo asserire che l’intelletto umano conosce la natura delle cose e che la volontà è libera di fare il bene o il male. Infatti, se nego la possibilità di raggiungere la verità o di conoscere la realtà oggettiva che mi circonda non posso avere nessuna certezza e debbo dubitare di tutto, ma nel momento in cui dubito di tutto non dubito della mia affermazione secondo cui bisogna dubitare, la quale contraddittoriamente per me è una certezza. Invece; se fossi coerente, dovrei dubitare anche che io dubiti. Quindi, la certezza di dover dubitare è in contraddizione con lo scetticismo. L’esperienza dei fatti mi fa costatare, per esempio, di sapere con certezza che un “triangolo ha tre angoli e un quadrato quattro e che il triangolo non è un quadrato”. Questo è un fatto è un principio primo per sé evidente che non è possibile negare, si mostra e non si dimostra essendo evidente. Contro il fatto non vale nessuna argomentazione che lo nega (9). Per quanto riguarda la libertà, l’esperienza mi fa constatare che quando voglio un oggetto (un gelato, un libro, una bicicletta…) sono cosciente di non essere necessitato da esso (posso benissimo non volerli o non prenderli o non usarli anche se mi piacciono). Inoltre, ho la coscienza e la costato con certezza che, pur se mi piace di più il vino, posso scegliere l’acqua. 


LA CONSEGUENZA POLITICA DI QUESTI ERRORI

La conseguenza socio/politica di questi errori è la negazione della bontà di ogni Società umana (famiglia /Stato) e della natura gerarchica della Chiesa.

Il nominalismo individualista

La radice di questo errore va ricercata nel nominalismo individualista secondo il quale non esistono essenze e nature ma solo individui. Ora, l’individualismo porta a propugnare la rivolta contro ogni autorità, non solo quella statale, ma anche umana e divina per arrivare all’autonomia assoluta dell’individuo. La sua natura è l’autonomia dell’individuo e la società senza autorità umana e divina. Esso fa dell’individuo l’Assoluto, del mezzo il fine e della creatura il Creatore.

Ma, l’individualismo nominalista (che sta all’origine del Liberismo odierno) è contraddetto dagli stessi filosofi soggettivisti e idealisti, almeno nella vita pratica. Essi quando fanno i filosofi, salgono in cattedra, in teoria propugnano l’idealismo o il soggettivismo individualista della conoscenza e dell’etica, ma in pratica agiscono, e quindi pensano, da realisti.


Il realismo della conoscenza

Conoscere significa apprendere qualcosa come un oggetto il quale sta davanti (ob-jacet) a me indipendentemente dal mio pensiero. Non sono io che produco col mio pensiero quest’oggetto che giace (jacet) davanti (ob) a me. Ora, “l’azione segue l’essere e il modo di agire segue il modo d’essere”. Quindi, conosco e agisco in base ad una realtà e a leggi oggettive.

Ogni uomo normale si rende conto che non è il suo pensiero a produrre la realtà e la morale, ma si tratta di una realtà e di una regola morale già costituita in se stessa prima che egli la conosca.


Stato e Chiesa

Quindi, lo Stato, essendo un insieme di famiglie che s’uniscono e formano un villaggio e poi più villaggi formano una Civitas o una Polis, è conforme alla natura umana, la quale è fatta per vivere socialmente in unione con gli altri (famiglia, villaggio e Stato). Infatti, l’uomo da solo non riuscirebbe a conseguire il suo fine temporale o naturale, ma ha bisogno della Società.

Per quanto riguarda la Chiesa non basta il buon senso naturale per respingere l’errore luterano, ma occorre la divina Rivelazione per capire qual è la natura della Religione fondata da Cristo. Qualsiasi persona che abbia un minimo d’istruzione religiosa (Catechismo e lettura del Vangelo) sa che Gesù paragona la Chiesa a un “ovile” e ad un “gregge” ben visibile, fatto di pecore, di agnelli e di pastore in carne e ossa con tanto di recinto (Lc., XII, 32; Gv., X, 1); a una “città sul monte” fatta di case e ben visibile da tutti (Mt., V, 14); a un “albero sui cui si posano gli uccelli” fatto di radici, tronco, rami e fronde (Mc., IV, 30) .

Questo errore nell’era moderna ha conosciuto due rami diversi e contrari, ma che si ricongiungono come le due facce d’una stessa medaglia: il naturalismo machiavellico, che non tiene conto dell’aldilà, e il soprannaturalismo luterano, il quale reputa intrinsecamente perverso tutto ciò che è naturale.

La seconda scolastica, come “un nano sulle spalle d’un gigante” (S. Tommaso d’Aquino e la prima scolastica), è riuscita a scorgere, a confutare questi errori, che già erano stati avanzati dal donatismo nel IV secolo, e a prevedere le loro conseguenze catastrofiche in maniera filosofico/teologica scientifica (il buon senso eretto a scienza filosofica, innalzato dalla luce della fede a scienza teologica).

Oggi quando gli errori della modernità (XV-XIX secolo) sono giunti al parossismo nichilistico della post-modernità (XX secolo) si può e si deve tornare a San Tommaso come nel Cinquecento la seconda scolastica grazie all’Aquinate poté operare la vera controriforma e restaurare gli individui, la società e la Chiesa.

Dalla restaurazione della metafisica e del realismo della conoscenza dipende anche la restaurazione della morale naturale, della filosofia politica ed economica, le quali ci aiutano a essere veramente uomini, intelligenti e liberi e c’impediscono di farci travolgere dalla marea montante della sovversione neoliberistica e nichilistica, le quali rendono l’uomo simile al bruto, schiavo e determinato dai suoi istinti più bassi.






NOTE

1 - De potestate civili, cit., II, p. 186.
2Libri decem de justitia et jure, folio 247b.
3De justitia et jure libri sex, p. 1870 e 1876. 
4 - De comparata auctoritate Papae et Concilii, Lione, 1541.
5 -  Cfr. G. JARLOT, Les idées politiques de Suarez et le pouvoir absolu, in «Archives de Philosophie», n. 18, 1949, p. 71 ss. ; Q. SKINNER, Le origini del pensiero politico moderno, Bologna, Il Mulino, 2 voll., 1989.  
6 - Parimenti, nel V secolo, papa Stefano I e s. Agostino d’Ippona confutarono l’eresia donatista, la quale sosteneva che 1°) la Chiesa è la Società dei soli santi e che 2°) i Sacramenti amministrati dai peccatori o dagli eretici sono invalidi, gettando così i fedeli nell’anarchia e nel soggettivismo sacramentale ed ecclesiologico (dubbio teologico metodico, ripreso in filosofia da Cartesio circa 1000 anni dopo). Inoltre il donatismo sosteneva che 3°) ogni potere politico è malvagio e non può mai collaborare, neppure in subordinazione, con la Chiesa la quale è fatta di soli Santi.
7De Indiis recenter inventis, in Relectiones, cit., p. 292.
8 - S. Th., I, q. 1, a. 8, ad 2.
9 - Aristotele, circa 300 anni prima di Cristo, scriveva a proposito di coloro che negano l’evidenza: “Eraclito dice di negare il principio di non contraddizione, ma allora perché va a Megara e non se ne sta tranquillo a casa pensando di camminare? E perché non si getta nel pozzo, ma si guarda bene dal farlo proprio come se pensasse che cadere non è lo stesso che non cadere?” (Metafisica, IV, 4, 1008 b). Onde “lo scettico coerente dovrebbe chiudersi nel mutismo assoluto; perché parlare vuol dire avere ed esprimere certezze. Quindi Cratilo finì col tacere e muoveva solamente il dito” (ARISTOTELE, Metafisica, IV, 5, 1010 a). In breve, ogni uomo fuori della discussione filosofica è immancabilmente realista e per l’idealista nell’atto di filosofare vale sempre ciò che scriveva Aristotele riguardo ai sofisti del suo tempo: “Non si crede a tutto ciò che si dice” (Metafisica, IV, 3, 1005 b). Infatti, lo scettico Pirrone “per coerenza si sforzava di non badare ai precipizi, ma, assalito da un cane, s’impaurì, ben distinguendo un cane che lo aggrediva da un agnello innocuo” (DIOGENE LAERZIO, Raccolta delle vite e delle dottrine dei filosofi, IX, 2). Poi Aristotele concludeva: “È ridicolo andare in cerca di ragioni contro chi, rifiutando il valore della ragione, non vuol ragionare” (ARISTOTELE, Metafisica, IV, 4).






 
febbraio 2024
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