APPUNTI  SULL'ARTE  RELIGIOSA 
(9/93)

Come ogni filosofia che non sia arricchimento della philosophia perennisè aberrante, cosí ogni espressione artistica che non fluisca dal o rifluisca nel filone dell'ars perennis è aberrante, involutiva, decadente, se mai è ancora degna del nome di arte. 
L'esteta con pieno dominio della tecnica, necessaria a domare la materia che gli si offre come veicolo possibile della sua emozione spirituale, è poeta, vale a dire artista in  senso completo: la sua attività espressiva è comunicazione di un dono - in un particolare raggio della luce di Dio, risplendente nel creato - e donando al altri quel dono, lo impreziosisce e lo gode in comunione; anzi, solo donandolo e moltiplicandolo, si rende conto di possederlo appieno, e ne ottiene il possesso massimo possibile. Pur essendo manifestazione sensibile, l'arte resta nel suo profondo un fatto eminentemente immateriale e ultimamente teologale. 
Ma allora tutta l'arte è sacra, e non possiamo contraddistinguere un'arte specificamente sacra dall'arte in genere? Tutta l'arte è sacra; ma non tutta l'arte è religiosa e tanto meno chiesastica o liturgica in senso cattolico. Appunto perché rivelazione di Dio mediante un'imitazione della natura, nella quale Iddio ha impresso la propria orma, l'arte è necessariamente sempre sacra. Ma per essere chiesastica o liturgica in senso cattolico, deve inoltre essere rivelazione di Dio immediata; deve avere cioè per oggetto un dato della rivelazione soprannaturale dei misteri di Dio, degli interventi diretti di Dio nelle vicende umane; in altre parole deve avere come oggetto un oggetto che si può cogliere solo se illuminato dalla luce della Fede: il lume naturale della ragione non basta a tanto. Perciò per l'arte delle nostre chiese si esige un artista credente e praticante. 
Credente e praticante. Non basta che sia credente, e che esprima una verità di fede o un fatto connesso con la fede; ma dev'essere credente di fede viva di speranza e viva di carità teologale, e teologale perché non basta l'orizzontalismo della fraternità. Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore: ecco il primo comandamento! E questo stato di grazia è indispensabile per le opere d'arte pura, aventi cioè come unico scopo quello di trasmettere un messaggio; è desiderabile, anche se non cosí rigorosamente indispensabile, per le opere d'arte funzionale e ornamentale: arte funzionale, come un pulpito, un lampadario, un colonnato; arte ornamentale, come un disegno geometrico o floreale, policromo di un pavimento, o una serie di festoni di foglie d'alloro o di vite con bacche e grappoli, sotto un cornicione. Molto desiderabile anche per sfatare chi asserí che certi sacri edifici ebbero per cemento la bestemmia. Ma indispensabile, ancora una volta, per le opere d'arte pura, come pale d'altare, statue, Crocifissi, e per la musica chiesastica. 
L'arte chiesastica infatti è insieme adorazione a Dio, cui in chiesa si offre il meglio dell'attività umana anche sotto la forma dell'arte; ed è catechesi per i fedeli. Ora questa catechesi non è magistero naturale, che occasioni l'espressione di un concetto nell'allievo; ma è magistero soprannaturale, ordinato a suscitare o ad alimentare vieppiú la vita della grazia. Ora nell'economia ordinaria della grazia, l'artista è fontana di grazie attuali per i fedeli in proporzione innanzitutto della sua inserzione nel Verbo eterno ed incarnato, sorgente di ogni grazia. Se l'artista non è vivo alla grazia, in via ordinaria non è efficace dal punto di vista soprannaturale, e la sua opera non è opera d'arte chiesastica, semmai è ancora arte. 
Ecco perché l'artista chiesastico ideale è un Beato Angelico, che dipinge in ginocchio. Diversamente la sua emozione interna sarà sentimentalismo insincero, non sarà un vero sentimento religioso; e la sua tecnica non darà corpo e sembianze che a una menzogna; potrà stupire, potrà attrarre per la spettacolarità, ma non gioverà alle anime. Perciò dovendo scegliere tra un artista in possesso di una tecnica piú scaltrita, ma meno mistico, e uno meno ricco di tecnica, ma piú mistico, la scelta non può essere che a favore del secondo: l'opera di questo farà pregare i fedeli piú che l'opera di quello.


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