APPUNTI DI ICONOGRAFIA SACRA
(9/93)
Vere e proprie miniere d'oro, per quanti si dedicano alla raccolta di
immaginette sacre, sono costituite dai vecchi messali o dai libri di preghiera
che, tenuti un tempo sul comodino delle nostre nonne, oggi riempiono ahimè
i bauli di qualche soffitta. Una "segregazione" questa, se volgiamo, piuttosto
ingiusta, soprattutto se si considera l'immenso patrimonio di fede, di
storia e di cultura, di cui queste piccole immagini sono depositarie, nonché
la meraviglia che, malgrado gli anni, esse riescono a suscitare anche
nell'animo dell'osservatore meno attento ed esperto. Una constatazione,
questa, che non sfuggí neppure ai Padri conciliari riunitisi a Trento
nel 1545 per arginare lo scisma protestante, i quali, precorrendo, per
cosí dire, i tempi moderni, compresero fin d'allora le enormi potenzialità
di una comunicazione visiva ad indirizzo catechetico e, proprio per questo,
diedero ulteriore slancio a quella produzione di stampe sacre che, iniziata
nel XIV secolo con la xilografia su legno, finí col ridimensionarsi
per una sistemazione piú agevole in spazi di piccole dimensioni:
tasche, cassetti, ecc.
Pur essendo nati da poco inoltre, i santini conquistarono ben presto
i cuori di tutta l'Europa, tanto che, per proteggersi dai briganti, viaggiatori
e pellegrini, anziché munirsi di un'arma, preferivano conservare
sotto i loro indumenti ritratti dei santi patroni o persino tappezzare
l'interno delle valigie con volti di San Cristoforo.
A seguito però di queste forme di pietà popolare, non
mancò chi, desiderando facili guadagni, tentò di dar origine
a produzioni piú economiche e generalmente cosí scadenti,
da richiedere l'immediato intervento dell'autorità ecclesiastica
che, per frenare la frequenza di questi episodi sempre piú deplorati
dalle corporazioni di allora, non solo fissò i caratteri dell'iconografia
sacra, ma istituí anche una apposita censura per vagliare la qualità
ed il decoro dei prodotti.
A segnalarsi in quest'epoca per raffinatezza fu poi la Francia che,
specie a Parigi, ospitò importanti atelier quali quelli
di
St. Jacques, che soppiantarono ben presto quelli di rue
Mentorgueil
e diedero vita alla xilografia su metallo (generalmente
rame) che, grazie alla collaborazione di incisori orafi, permise la realizzazione
di una stampa piú curata ed elegante.
A questa produzione poi, negli ultimi anni del XVII secolo, si sostituí
quella dei cosiddetti "canivets", piccoli quadretti artistici
impreziositi da pizzi ricavati su carta velina con un apposito temperino
(il canivet, appunto), con un evidente richiamo ai pizzi
veneziani, in un andirivieni di fronzoli che, soltanto in parte, riuscirono
a nascondere la mancanza di originalità e di inventiva, segno del
tramonto di un'epoca e di uno stile: il Barocco.
Per constatare una rinascita del santino, occorrerà attendere,
agli inizi del XIX secolo, l'avvento della siderografia nei laboratori
di rue St. Sulpice, che dettarono legge, per quanto concerneva
il designe, coll'omonimo stile "sulpicien" e sostituirono
ai pizzi incisi a mano quelli meccanici (a punzone).
Ben presto però anche questo genere entrò in crisi e
solo agli inizi del '900 si ebbe una ripresa con lo stile Mogorelle,
portato a grandi livelli da fabbriche quali la Bouasse Lebel
e la
Letaille, destinate a dominare in questo settore fino
alla prima guerra mondiale, cui seguirono immediatamente le ingerenze del
Liberty,
allora particolarmente in voga e caratterizzato dall'abbondanza di motivi
floreali e da un gusto figurativo piú fiabesco e sdolcinato.
L'evoluzione storica del santino, però, non si esaurisce soltanto
nel progredire delle tecniche tipografiche, come finora abbiamo visto,
bensí coinvolge anche aspetti artistici ed ecclesiologici ben piú
rilevanti: basti pensare in tal senso ai motivi del "Volto Santo",
dell'"Ecce Homo" o del "Crocifisso",
cosí esaltati dalla Controriforma quali esempi di
penitenza e mortificazione in spregio alla mondanità sfrenata del
Rinascimento, oppure a quelli che vedono protagonisti i bambini, particolarmente
ricorrenti nei primi del '900, indubbiamente síntomo di una particolare
attenzione da parte della Chiesa per il mondo dell'infanzia, cui San Pio
X avrebbe concesso il dono dell'Eucaristia, oppure anche al motivo della
Barca di Pietro percossa dalla furia del mare e del vento, che vede come
passeggeri Pio IX o Leone XIII, entrambi saliti al soglio pontificio in
epoche particolarmente funeste sotto il profilo dei rapporti tra Santa
Sede e Stato Italiano, all'indomani dell'unità.
Oltre a ciò non dobbiamo neppure dimenticare che una seria analisi
di quest'usanza tipicamente cattolica non può prescindere certo
dall'elemento di fede: accanto alla funzione catechetica infatti, riscontrabile
specialmente in alcune collane illustranti le litanie lauretane, i misteri
del Rosario o persino le sequenze del Padre Nostro, l'immaginetta è
fondamentalmente testimone della presenza di un Dio che, incarnandosi,
ha voluto calarsi pienamente nella storia dell'uomo e rendersi ad esso
visibile quale modello di amore e bontà. In tal senso si comprende
come la Chiesa, raccogliendo l'anelito dell'uomo alla contemplazione del
mistero, riscontrabile anche nella Sacra Scrittura nell'esperienza di Giacobbe
o degli Apostoli all'indomani della Resurrezione di Cristo, ne abbia voluto
favorire l'ascesi mistica, dando ad esso la possibilità di esclamare
con una santa come Bernadette Soubirous, cui apparve la Vergine alla fine
del secolo scorso: "Io l'ho vista!".
Ne consegue che il santino è molto piú di un semplice
cartoncino colorato, piú o meno bello, con pizzi e dorature, poiché
con la sua suggestione sembra, per cosí dire, legare in una armonia
stupenda cielo e terra nell'unico mistero di Dio che, affascinando l'uomo
di ogni tempo, renderà il nostro stupore innanzi ad una immaginetta
sempre rinnovato.
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