APPUNTI DI ICONOGRAFIA SACRA 
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Vere e proprie miniere d'oro, per quanti si dedicano alla raccolta di immaginette sacre, sono costituite dai vecchi messali o dai libri di preghiera che, tenuti un tempo sul comodino delle nostre nonne, oggi riempiono ahimè i bauli di qualche soffitta. Una "segregazione" questa, se volgiamo, piuttosto ingiusta, soprattutto se si considera l'immenso patrimonio di fede, di storia e di cultura, di cui queste piccole immagini sono depositarie, nonché la meraviglia che, malgrado gli anni, esse riescono a suscitare  anche nell'animo dell'osservatore meno attento ed esperto. Una constatazione, questa, che non sfuggí neppure ai Padri conciliari riunitisi a Trento nel 1545 per arginare lo scisma protestante, i quali, precorrendo, per cosí dire, i tempi moderni, compresero fin d'allora le enormi potenzialità di una comunicazione visiva ad indirizzo catechetico e, proprio per questo, diedero ulteriore slancio a quella produzione di stampe sacre che, iniziata nel XIV secolo con la xilografia su legno, finí col ridimensionarsi per una sistemazione piú agevole in spazi di piccole dimensioni: tasche, cassetti, ecc.
Pur essendo nati da poco inoltre, i santini conquistarono ben presto i cuori di tutta l'Europa, tanto che, per proteggersi dai briganti, viaggiatori e pellegrini, anziché munirsi di un'arma, preferivano conservare sotto i loro indumenti ritratti dei santi patroni o persino tappezzare l'interno delle valigie con volti di San Cristoforo.
A seguito però di queste forme di pietà popolare, non mancò chi, desiderando facili guadagni, tentò di dar origine a produzioni piú economiche e generalmente cosí scadenti, da richiedere l'immediato intervento dell'autorità ecclesiastica che, per frenare la frequenza di questi episodi sempre piú deplorati dalle corporazioni di allora, non solo fissò i caratteri dell'iconografia sacra, ma istituí anche una apposita censura per vagliare la qualità ed il decoro dei prodotti.

A segnalarsi in quest'epoca per raffinatezza fu poi la Francia che, specie a Parigi, ospitò importanti atelier quali quelli di St. Jacques, che soppiantarono ben presto quelli di rue Mentorgueil e diedero vita alla xilografia su metallo (generalmente rame) che, grazie alla collaborazione di incisori orafi, permise la realizzazione di una stampa piú curata ed elegante.
A questa produzione poi, negli ultimi anni del XVII secolo, si sostituí quella dei cosiddetti "canivets", piccoli quadretti artistici impreziositi da pizzi ricavati su carta velina con un apposito temperino (il canivet, appunto), con un evidente richiamo ai pizzi veneziani, in un andirivieni di fronzoli che, soltanto in parte, riuscirono a nascondere la mancanza di originalità e di inventiva, segno del tramonto di un'epoca e di uno stile: il Barocco.
Per constatare una rinascita del santino, occorrerà attendere, agli inizi del XIX secolo, l'avvento della siderografia nei laboratori di rue St. Sulpice, che dettarono legge, per quanto concerneva il designe, coll'omonimo stile "sulpicien" e sostituirono ai pizzi incisi a mano quelli meccanici (a punzone).
Ben presto però anche questo genere entrò in crisi e solo agli inizi del '900 si ebbe una ripresa con lo stile Mogorelle, portato a grandi livelli da fabbriche quali la Bouasse Lebel e la Letaille, destinate a dominare in questo settore fino alla prima guerra mondiale, cui seguirono immediatamente le ingerenze del Liberty, allora particolarmente in voga e caratterizzato dall'abbondanza di motivi floreali e da un gusto figurativo piú fiabesco e sdolcinato.

L'evoluzione storica del santino, però, non si esaurisce soltanto nel progredire delle tecniche tipografiche, come finora abbiamo visto, bensí coinvolge anche aspetti artistici ed ecclesiologici ben piú rilevanti: basti pensare in tal senso ai motivi del "Volto Santo", dell'"Ecce Homo" o del "Crocifisso", cosí esaltati dalla Controriforma quali esempi di penitenza e mortificazione in spregio alla mondanità sfrenata del Rinascimento, oppure a quelli che vedono protagonisti i bambini, particolarmente ricorrenti nei primi del '900, indubbiamente síntomo di una particolare attenzione da parte della Chiesa per il mondo dell'infanzia, cui San Pio X avrebbe concesso il dono dell'Eucaristia, oppure anche al motivo della Barca di Pietro percossa dalla furia del mare e del vento, che vede come passeggeri Pio IX o Leone XIII, entrambi saliti al soglio pontificio in epoche particolarmente funeste sotto il profilo dei rapporti tra Santa Sede e Stato Italiano, all'indomani dell'unità.
Oltre a ciò non dobbiamo neppure dimenticare che una seria analisi di quest'usanza tipicamente cattolica non può prescindere certo dall'elemento di fede: accanto alla funzione catechetica infatti, riscontrabile specialmente in alcune collane illustranti le litanie lauretane, i misteri del Rosario o persino le sequenze del Padre Nostro, l'immaginetta è fondamentalmente testimone della presenza di un Dio che, incarnandosi, ha voluto calarsi pienamente nella storia dell'uomo e rendersi ad esso visibile quale modello di amore e bontà. In tal senso si comprende come la Chiesa, raccogliendo l'anelito dell'uomo alla contemplazione del mistero, riscontrabile anche nella Sacra Scrittura nell'esperienza di Giacobbe o degli Apostoli all'indomani della Resurrezione di Cristo, ne abbia voluto favorire l'ascesi mistica, dando ad esso la possibilità di esclamare con una santa come Bernadette Soubirous, cui apparve la Vergine alla fine del secolo scorso: "Io l'ho vista!". 

Ne consegue che il santino è molto piú di un semplice cartoncino colorato, piú o meno bello, con pizzi e dorature, poiché con la sua suggestione sembra, per cosí dire, legare in una armonia stupenda cielo e terra nell'unico mistero di Dio che, affascinando l'uomo di ogni tempo, renderà il nostro stupore innanzi ad una immaginetta sempre rinnovato.



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