NULLA VERITAS SINE TRADITIONE
(9/94)
Viviamo in tempi che si caratterizzano, anche, per una sorta di guerra
delle "parole", in cui l'uso improprio e volutamente distorto di termini
antichi tradisce chiaramente la subdola volontà di capovolgimento
del vero e del reale. Potrà sembrare una fisima, ma sta di fatto
che non si perde occasione per far sí che il significato di certi
termini venga sostituito con il suo esatto opposto, al fine di annullare
contemporaneamente il senso dei valori che tale significato suggerisce
e mantiene.
Questo è quello che accade a proposito dei termini Tradizione
e Verità, che per il loro uso ed abuso hanno finito con l'essere
quasi sinonimi di abitudine, folklore e superstizione, l'uno, e di opinione,
pensiero soggettivo e speculazione intellettiva, l'altro.
Con questo non pretendiamo minimamente di ergerci ad esclusivi difensori
della Tradizione e della Verità, poiché abbiamo costantemente
presente il senso dei nostri limiti e delle nostre manchevolezze; piuttosto,
proprio consci del fatto che siamo assillati da una profonda sete di Tradizione
e di Verità, ogni nostro sforzo è teso all'acquisizione di
tutti quegli elementi che ci possano servire da punto d'appoggio per accrescere
quel poco che sappiamo e di cui sentiamo un profondo bisogno.
Quanto di quello che ci circonda oggi giorno ci aiuta in questo senso?
Ivi comprese le espressioni correnti dell'insegnamento religioso? Quanto
della vita che conduciamo è informato dai principi che discendono
dalla Verità e dalla Tradizione?
Difficili domande e complicatissime risposte. Se non fosse che ogni
Domenica, le letture del Santo Vangelo sembrano parlare con una tale chiarezza,
con una tale semplicità e con una tale determinazione, che lo sconcerto
aumenta.
Si pensi, per esempio, alla formula della Consacrazione del canone
della S. Messa: essa è ripresa dai passi dei Vangeli che riportano
le stesse parole di N. S. G. C. (Mt 26, 26-29; Mc 14, 22-25;
Lc
22, 19-20), dal giorno in cui Egli le pronunciò gli Apostoli le
hanno ripetute, come da Lui ordinato, in tutte le riattualizzazioni del
Santo Sacrificio. Anni e anni sono passati, secoli, millenni: sempre le
stesse parole, sempre gli stessi gesti, sempre le stesse specie; dagli
Apostoli ai Vescovi, dai Vescovi ai preti, dai preti ai fedeli, per millenni,
è stato ripetuto e trasmesso e seguito lo stesso rito istituito
da N. S. G. C.
Ecco una Tradizione ben radicata, si direbbe. Certo, questo rito cosí
essenziale per la Chiesa e per la salvezza dei Cristiani è senza
dubbio una Tradizione antica, radicata, universalmente riconosciuta, ma,
ci chiediamo, su che cosa si fonda tutto il suo valore tradizionale?
Lo stesso Magistero di Santa Madre Chiesa si compone, anche, di tutti
quegli insegnamenti scritti e orali che risalgono ai Padri: la Tradizione
dei Padri, appunto; e anche qui, ci chiediamo, su che cosa si fonda tutto
il valore tradizionale dell'insegnamento dei Padri?
Se le parole della Consacrazione non fossero state pronunciate da N.
S. G. C., avrebbero il valore che hanno per il semplice fatto che sono
state ripetute per millenni?
Se l'insegnamento dei Padri non trasmettesse lo stesso insegnamento
impartito da N. S. G. C. agli Apostoli, avrebbe il valore che ha per il
semplice fatto che è stato formulato da uomini pii e santi e che
è stato accettato e ripetuto per millenni?
In realtà, da sempre, la Santa Chiesa non ha mai usato i termini
a caso, Essa è stata sempre ben conscia che l'uso di dati termini
doveva corrispondere, inevitabilmente, a qualcosa di reale e di vero: la
Tradizione dei Padri, allora, non è altro che la trasmissione fedele
dell'insegnamento divino, donatoci dalla Volontà imperscrutabile
del Padre per mezzo del Suo Figlio e da Questi trasmesso agli uomini per
la loro salvezza. È tutto qui il senso del termine Tradizione: una
catena ininterrotta di trasmissione che veicola l'insegnamento divino e
quindi la Verità.
Da ciò deriva, all'inverso, che ogni formulazione della Verità
ed ogni concezione ad Essa relativa trova giustificazione solo nel rispetto
di una reale e precisa trasmissione, senza la quale vi è il rischio
certo di trovarsi di fronte ad un qualcosa di meramente umano, che solo
per specialissimo intervento dello Spirito Santo è in grado di aderire
correttamente all'unica Verità; ed anche in questo caso, quindi,
non dell'azione dell'uomo si tratterebbe, bensí dell'azione divina
che si manifesta per mezzo della Terza Persona della SS. Trinità.
Altro che uso consolidato, foss'anche di millenni (cosa peraltro mai
accaduta), altro che radicamento nell'"animo popolare", altro che nobili
gesti ed esemplari comportamenti imitati o ripetuti o ricordati: è
possibile parlare di Tradizione solo in presenza di un traditum
(che deriva da tradere: consegnare, affidare, trasmettere,
tramandare), cioè solo in presenza di un quid che viene trasmesso
e di cui nessun uomo ha la paternità, di un quid che per
il fatto di dover essere semplicemente trasmesso dall'uomo trae necessariamente
origine da oltre l'umano, e cioè dal divino. Cosí è
possibile parlare di gesti tradizionali, di azioni tradizionali, di insegnamenti
tradizionali, di segni tradizionali, di simboli tradizionali, cose queste
che sono le uniche in grado di veicolare la Verità, per il semplice
fatto che hanno la stessa origine della Verità e che, in ultima
analisi, sono una sola cosa con Essa.
Ogni altro uso dei termini tradizione e tradizionale, diverso da quello
appena detto, non può essere che causa di incomprensione, fattore
di disordine, elemento di deviazione, nonostante ogni buona intenzione,
di cui, come è noto, sono lastricate le strade dell'Inferno.
All'inizio dicevamo che oggigiorno, e ormai da alcuni secoli, è
in atto una perniciosa volontà di deviazione, che si serve anche
dell'uso distorto dei termini, e non ci sembra di avere esagerato ove si
pensi a quanta poca rispondenza, per non dire contraddizione, esiste oggi
fra certe caduche usanze ed il fatto che vengano etichettate come "tradizioni".
Si obietterà che, in realtà, la Tradizione, nelle sue espressioni
e nelle sue modalità esterne, si rinnova necessariamente, e qualcuno
dice che si "deve" rinnovare (preso com'è dalla smania del "nuovo
è bello"), senza che per questo si debba pensare ad un qualsivoglia
travisamento della Verità. Indubbiamente ciò è vero,
anzi è qualcosa di strettamente connesso alla natura stessa della
vita dell'umanità, con i suoi mutamenti spaziali e temporali; ma
il problema è di altra natura: non si tratta di diffidare dell'adattamento
delle espressioni e delle forme che veicolano sempre la sola ed unica Verità
- la Santa Chiesa, infatti, è sempre stata attenta a che si considerassero
le diversità e i mutamenti umani - si tratta piuttosto di aver sempre
presente che è la Tradizione che trova in sé stessa espressioni
e modalità diversificate, poiché essa, derivando direttamente
dalla Verità, non può che contenere in nuce tutte le possibili
variazioni passate, presenti e future.
Ben altra cosa, invece, è il convincimento che le mutate condizioni
di vita dell'umanità abbiano il potere, per il semplice fatto di
esistere, di piegare la Tradizione alle esigenze umane, il che sarebbe
come dire che non è Dio che informa la vita degli uomini, ma è
la vita degli uomini che modella il suo dio. Cosa questa che, guarda caso,
non ha poi niente di nuovo (con buona pace dei "progressisti" e dei "modernisti"),
poiché è sempre accaduto nella storia dell'umanità
che l'uomo abbia preteso di modellare il suo dio; ma quanti ricordano che
in simili frangenti la punizione divina si è abbattuta inesorabile
sui temerarìì e sugli stolti?
Per concludere, ci sembra opportuno fare almeno un esempio che aiuti
a comprendere quanto sia fondata la preoccupazione espressa in questa breve
nota. Chiunque abbia assistito alla Santa Messa celebrata secondo il novus
ordo avrà avuto modo di notare che al momento della Consacrazione,
nel pronunciare le parole proferite da N. S. G. C. nell'Ultima Cena, il
sacerdote, prima di elevare il Calice, dice: «questo è
il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per
voi e per tutti in remissione dei peccati». Ora, il testo
latino della Consacrazione, riprendendo i Vangeli che abbiamo citato prima,
recita invece: «hic est enim calix sanguinis mei, novi et æterni
testamenti: mysterium fidei: qui pro vobis et pro multis effundetur in
remissionem peccatorum».
Intendiamoci, non abbiamo la pretesa di derimere una vecchia questione
di esegesi dei testi, circa il vero senso del termine greco che il testo
latino rende con multis, ci preme invece sottolineare che
la Tradizione della Santa Chiesa, ben conoscendo per diretta trasmissione
apostolica il significato esatto delle parole di N. S. G. C., ha ritenuto
corretto l'uso del termine multis perché esso era
quello che esprimeva in latino il vero senso delle parole di N. S. G. C.
Ecco che allora la Tradizione, veicolo della Verità, si adattava
alla diversità espressiva e, come le parole in aramaico di N. S.
G. C. erano già state rese in greco, cosí furono rese in
latino, conservando integro il senso originario e voluto da Dio. Ebbene,
mentre per millenni, e tutt'ora in Oriente, si è ritenuto corretto
trasmettere che il Sangue del nostro Salvatore venne e viene versato per
i discepoli e per molti, ad un certo punto, visto che gli uomini hanno
inventato nuove tecniche di interpretazione dei Libri sacri, ecco che si
scopre che il termine multis non è corretto: poco
importa che cosí hanno detto gli Apostoli! Poco importa che cosí
ci hanno tramandato i Padri della Chiesa! Poco importa che cosí
hanno continuato a trasmetterci tutti i Santi, tutti i Papi, tutti i Vescovi!
Visto che l'uomo moderno si ritiene capace di comprendere meglio di tutti
il vero significato dei Libri sacri, e visto che in questa sua pretesa
egli si ritiene infallibile, non v'è altra soluzione che piegare
la Tradizione alla sua scienza ed alla sua potenza! Ma, cosa indubbia e
piú volte ribadita, ci è stato insegnato come la Santa Chiesa
abbia solo il compito di conservare e trasmettere quanto Le è stato
consegnato dalla Volontà divina, foss'anche in presenza delle piú
dotte ed apparenti discrepanze esegetiche. Peraltro, ci sarebbe parecchio
da dire su questa pretesa "esattezza della scienza" esegetica, in continuo
mutamento e oberata da "tendenze" e da opinioni spesso in contrasto fra
loro, con buona pace sia dell'esattezza sia della scienza.
Possiamo allora dire che l'uso invalso per trent'anni in merito alle
parole della Consacrazione è "ormai" una "tradizione" della Santa
Chiesa? Già, perché è cosí che ci si esprime
oggigiorno anche nei seminari e nelle curie! La Tradizione cambia, si dice;
nient'affatto! la Tradizione adatta le sue espressioni mantenendo intatti
i suoi insegnamenti. Guai a pretendere di mutare una virgola della sostanza
degli insegnamenti della Tradizione, la conseguenza sarebbe la piú
disastrosa e al tempo stesso la piú ridicola: il mutamento della
Verità; il che, per un verso, sarebbe un delitto verso Dio e, per
l'altro, esprimerebbe una diabolica contraddizione, perché la Verità
è una e una sola, come una è la Via e la Vita: il nostro
Signore e Salvatore Gesú Cristo, nel Nome del quale ogni ginocchio
si pieghi in cielo, in terra e nell'inferno e ogni lingua confessi il Signore
Gesú Cristo a gloria di Dio Padre (Fil. 2, 10-11).
Tradizione e Verità sono certamente due elementi cosí
strettamente connessi che mentre, in linea discendende, non può
esservi vera Tradizione che non sia espressione della Verità e sua
diretta promanazione, in linea ascendente, che è quella che piú
interessa coloro che vanno alla ricerca della Volontà di Dio con
cuore puro e animo sottomesso, non può darsi approccio alla Verità
senza l'osseqio, la conoscenza e l'adesione alla Tradizione, unico veicolo
che conduce ad Essa; in altri termini:
Nulla Veritas sine Traditione.
C. C.
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