LATINO: LINGUA ANGELICA O MORSO DI TARANTOLA?
(12/93)
Sancte Pater,
Quia tu Christum diligis plus his,
Iterum celebra missam tridentinam
Questa la scritta azzurra che campeggiava su un enorme striscione giallo
innalzato da un gruppo di giovani durante la Messa celebrata dal Papa il
26 settembre scorso in piazza del Palio ad Asti.
"Evidentemente - leggiamo in una lettera di protesta
pubblicata da La Stampa - quella lingua "straniera" deve aver
allarmato qualche alto prelato che, con la fulminea rapidità di
chi è morso dalla tarantola, ordinava alle forze dell'ordine di
eliminare subito lo striscione. Quei poveretti venivano identificati e
minacciati bruscamente di sequestro del "corpo del reato". Riavvolto lo
striscione, nonostante le sommesse proteste loro e dei presenti, essi venivano
circondati e tenuti d'occhio da finazieri e poliziotti".
Come si sono permessi quei giovani fedeli di ricordare che la celebrazione
della Messa Tridentina, peraltro mai abrogata, era stata ripetutamente
caldeggiata dal Papa con l'indulto dell'84 e con un fermo richiamo ai Vescovi
di tutto il mondo nell'88, affinchè l'augusta volontà della
Santa Sede Apostolica non venisse ulteriormente disattesa (lettera apostolica
Ecclesia
Dei)?
Eppoi, quei temerari come hanno potuto pensare di farla franca con
l'ostensione di venti metri di lingua barbara, anacronistica, provocatoria
e… anticonciliare?
Tutto quel latino avrà fatto trasalire e nervosamente deglutire
piú di un prelato presente sul palco del Campo del Palio. Come se
non fosse bastato il tormento del desueto colletto romano premuto su quegli
ecumenici e dialoganti pomi d'Adamo.
Tra le poche Eccellenze o Eminenze non morse dalla tarantola censoria
non sarà mancato il Cardinal Saldarini. Lui che, appena giunto a
Torino, non ebbe difficoltà a dire di sí al Papa e a concedere
l'applicazione dell'indulto pontificio, affinché UNA delle 2500
Messe celebrate ogni settimana nella Diocesi seguisse il messale di San
Pio V.
Ai molti altri, ai finti smemorati, ai veri pàvidi, agli autentici
riottosi, in tutta umiltà additiamo qualche salutare lettura:
* l'enciclica Mediator Dei (1947) di Pio XII, che ribadisce:
"Le serie ragioni della Chiesa per CONSERVARE
fermamente l'OBBLIGO INCONDIZIONATO per il
celebrante di usare la lingua latina"
* la costituzione apostolica Veterum Sapientia
(1962) di Giovanni XXIII, che intima:
"Nessun INNOVATORE ardisca scrivere
contro l'uso della lingua latina nei sacri riti"… né (alcuni)
si attentino, nella loro INFATUAZIONE,
di minimizzare in questo la volontà della Santa Sede
Apostolica"
* la costituzione conciliare sulla liturgia Sacrosanctum Concilium
(1963) di Paolo VI, la quale ordina solennemente
che: "Lingua latina usus in ritibus latinis SERVETUR"
* la lettera apostolica Sacrificium laudis (1966) di
Paolo VI, il quale lancia un drammatico appello ai Superiori generali
delle Comunità religiose e, riferendosi alla minaccia
di scomparsa del latino, esclama affranto:
"Lasciateci proteggere, ANCHE VOSTRO
MALGRADO, il vostro patrimonio!"
e afferma inoltre che la sostituzione del latino:
"attenta non solo a questa sorgente
fecondissima di civiltà e a questo ricchissimo tesoro di pietà,
ma
anche al decoro, alla bellezza e all'originario
vigore della preghiera e dei canti della liturgia"
* il memorabile discorso di Paolo VI, pubblicato sull'"Osservatore
Romano" (1969), in cui il Papa deplora la rinuncia al
latino con parole accorate:
"Perdiamo la loquela dei secoli cristiani,
diventiamo quasi intrusi e profani nel recinto letterario
dell'espressione sacra, e cosí perderemo
gran parte di quello stupendo e incomparabile fatto
artistico e SPIRITUALE che è il canto
gregoriano. Che cosa sostituiremo a questa LINGUA
ANGELICA? È un sacrificio di inestimabile
valore. Il latino portava alle nostre labbra la preghiera
dei nostri antenati e dava a noi il conforto
di una FEDELTÀ AL NOSTRO PASSATO SPIRITUALE,
che noi rendevamo ATTUALE per poi trasmetterlo
alle generazioni future".
La materia per riflettere non manca davvero.
Quanto a "loro", i morsicati dalla tarantola del latino, i protervi
censori di quello striscione, discesi dal palco delle "autorità",
sgonfino finalmente il petto e s'impegnino in un semplice e tradizionale
esame di coscienza. Questa volta sarebbe impotente la forza pubblica a
fare ammainare quell'impetuosa voce di dentro che ridice loro l'antico
sdegno profetico del Card. Pacelli, futuro Pio XII:
"Sento intorno a me dei novatori che
vogliono smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma
universale della Chiesa, rigettare i
suoi ornamenti, procurarle il rimorso per il suo passato
storico… Verrà un giorno in cui
i cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li
aspetta, come la peccatrice che gridò
davanti alla tomba vuota: Dove l'hanno messo?"
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