NOTA SUL SIMBOLO DELL'ASSOCIAZIONE
(9/94)
Ci sono cose, segni, gesti e parole che suscitano nell'animo umano dei
richiami di una immediatezza tale che, per facilità di linguaggio,
potremmo definire istintiva, se non fosse che il richiamo all'istinto è
sempre foriero di abnormi fraintendimenti. In ogni caso si tratta come
della stimolazione di conoscenze rimaste nascoste nel profondo del nostro
animo.
Ovviamente non ci riferiamo ai segni, ai gesti e alle parole in voga
nel mondo moderno e che hanno la precisa e tutta artificiosa funzione evocativa
di determinati messaggi trasmessi, con uno scopo ben preciso e quasi sempre
utilitaristico o sociologico, con ripetitività e calcolata insistenza;
ciò che abbiamo in vista sono quegli elementi che tutti i popoli
antichi, fino a qualche secolo fa, conoscevano ed usavano con attenzione,
riconoscendo ad essi un valore educativo e normativo. L'insieme di questi
elementi costituisce il complesso dei simboli.
Attualmente, con la messa in auge della mania psicanalitica, si è
cercato di dare delle spiegazioni piú o meno logiche all'esistenza
dei simboli, alla loro genesi ed alla loro funzione. Ora, senza voler entrare
nel merito di una pseudo-scienza che per molti versi potrebbe essere definita,
piuttosto che dell'inconscio, degli strati piú oscuri della natura
umana, ci sembra che siano in troppi a trascurare il fatto che i simboli,
fino a qualche secolo fa, fossero tutti di derivazione religiosa o comunque
fossero riconducibili alla religione ed ai suoi insegnamenti.
Senza la considerazione di un tale fatto e senza la consapevolezza
che la religione non è qualcosa inventata dagli uomini, a scopo
piú o meno consolatorio, ma è di diretta derivazione divina,
non sarà mai possibile avere una giusta cognizione della genesi,
del significato e della funzione dei simboli.
Se molti distratti sapienti dei giorni nostri si preoccupassero di riflettere
maggiormente su quanto ci è stato trasmesso dalle sacre Scritture,
avremmo certo una piú vera nozione della genesi, del significato
e della funzione della simbologia religiosa. Ad esempio capiremmo con maggiore
facilità perché il gesto dell'imposizioni delle mani è
un simbolo della discesa dell'influenza divina, del riversarsi della Grazia,
della Misericordia e della Potenza di Dio sull'uomo meritevole e agognante
la sua attenzione, e come tale pregno della efficacia voluta da Dio; come
capiremmo il senso della trasformazione dell'acqua in vino ed il valore
simbolico ed efficace delle due sostanze; come altresí ci diverrebbe
chiaro il significato dell'attraversamento delle acque, sia a piedi sia
per mezzo della navicella. Senza piú bisogno di andare alla ricerca
di chissà quali fantasmagoriche e cervellotiche elucubrazioni circa
l'efficacia delle benedizioni o delle abluzioni, o senza piú dubitare
della necessità del rispetto ciclico del settimo giorno, che non
può essere né il sesto né l'ottavo, per il semplice
fatto che un tale ritmo non è scaturito dalla "libera ricerca" umana,
bensí dalla precisa volontà divina che, se cosí ha
inteso esprimersi, significa che solo cosí era giusto e buono per
l'uomo.
Ogni altra considerazione che prescindesse da ciò non sarebbe
altro che uno degli aspetti di quell'arbitrio che costò ai nostri
progenitori la cacciata dal paradiso terrestre.
Comprendiamo benissimo che questo nostro discorrere presuppone inevitabilmente
una solida fede negli insegnamenti della sacra Scrittura, e che quindi
non dovremmo avere la pretesa che tutti possano seguirci lungo questa linea,
ma il fatto è che siamo oltremodo convinti e sicuri che non può
esistere alcun modo di concepire la vita, la natura e l'intero universo,
diverso da quello che si fonda sulla Parola di Dio e sulla Tradizione da
Lui voluta.
Non ci arrischiamo a sottolineare che l'interpretazione della sacra
Scrittura e il deposito della Tradizione sono affidati da Dio alla sua
Santa Chiesa, e che quindi…, perché sappiamo di urtare la suscettibilità
di molti prelati e di moltissimi fedeli in buona fede che hanno, piú
o meno implicitamente, accettato il dogma laico della netta separazione
fra la Chiesa e tutto il resto del mondo, vale a dire fra il popolo dei
credenti e il mondo moderno. Ma non possiamo esimerci dal ricordare che
è preciso dovere del Magistero insistere sulla priorità assoluta
della Volontà di Dio su quella degli uomini, Volontà a cui
questi ultimi devono e non possono che essere sottomessi, se non altro
per il semplice fatto che senza di Essa, non solo non potrebbero neanche
pensare autonomamente, ma non esisterebbero neppure.
D'altronde, chi può mettere in dubbio che perfino il linguaggio
ha un valore eminentemente simbolico, visto che traduce, con i suoi limiti,
concetti e pensieri che, nella loro essenzialità, rimangono solo
intrasmissibili, seppur percepibili attraverso di esso? Dire che Dio esiste,
significa esprimere un concetto che, limitatamente alla sua espressione
verbale, comporta un mucchio di problemi circa la sua comprensione, ma,
al tempo stesso, l'espressione "Dio esiste" è in grado di stimolare
in noi la comprensione di un qualcosa che conosciamo già nel nostro
intimo, che è quasi impossibile tradurre in parole, ma che percepiamo
come vero e certo dentro di noi (tranne per i "duri di cuore" che sono
ciechi e sordi per l'appesantimento della loro anima).
Un cerchio raggiante è indubbiamente un disegno geometrico,
ma come negare che esso è chiaramente e strettamente connesso all'Ostia
consacrata e quindi al Corpo del nostro Salvatore Gesú Cristo? E,
si badi, non s'è mai visto un simbolo cosí connesso a forma
quadrata, nemmeno presso i piú abietti dei satanisti. V'è
forse dubbio che esista un nesso intrinseco fra il cerchio e la funzione
salvifica dell'Ostia divenuta il Corpo di Nostro Signore, che è
anche il Sole di Giustizia, anch'esso rotondo, e via di questo passo?
Il cerchio esprime allora il senso della totalità, e lo esprime
anche a livelli diversi, come nel caso in cui simboleggia il mondo o l'universo.
Qui si tratta indubbiamente di un tutto che è vero solo entro certi
limiti, di una totalità limitata, si potrebbe anche dire di un tutto
riferito all'uomo: un tutto umano; ed ecco allora che, in questo caso,
esso necessita di un completamento, che ritroviamo nei tantissimi simboli
grafici raffiguranti un cerchio sormontato da una croce. Si comprende benissimo
che un tale insieme ha un precisa funzione evocativa ed educativa: il mondo,
l'umanità, bisognosi della salvezza e quindi sottomessi al Sacrificio
di Nostro Signore espresso dalla Croce. Il mondo, creatura di Dio, ma immerso
nel peccato, che porta la sua Croce, nel duplice senso di gravame e di
mezzo di salvezza, la Croce come veicolo che permette all'uomo di elevarsi
oltre il mondo.
Per altro verso, lo stesso simbolo rende immediatamente presente a
chi lo guarda il rapporto gerarchico esistente, comunque, fra il mondo
e il suo Creatore, fra l'uomo e il suo Salvatore, «ex Patre
natum ante omnia sæcula…, per quem omnia facta sunt»,
vale a dire il rapporto di totale dipendenza dell'uomo da Dio, che viene
anche espresso attraverso la concezione, simbolica e quindi reale e fattuale,
del Figlio di Dio che è l'unico vero Sovrano del mondo e degli uomini:
Nostro Signore Cristo Re, dominatore del cielo e della terra. Molti non
sanno, per esempio, che lo stesso globo sormontato da una croce che era
il simbolo del potere imperiale del Sacro Romano Impero, era prerogativa
dell'imperatore solo per il fatto che egli esercitava il potere in nome
e per conto di Cristo Re, del quale portava quindi le insegne.
A questo punto, ci sembra, non servano molte spiegazioni per giustificare
il simbolo adottato da Inter Multiplices Una Vox: siamo certi
che la concezione della sovranità di Cristo, vero e unico Signore,
non può trovare che immediato, spontaneo e incondizionato consenso.
Resta solo da precisare che in questo nostro caso, al posto della croce,
il globo è sormontato dal Monogramma di Cristo, composto dalle due
prime lettere greche del termine Cristos (X e P), e la cosa
ha una sua giustificazione ed una sua precisa intenzione, strettamente
connessa all'uso del Nome divino, come da Lui stesso raccomandato; ma questa
è cosa che preciseremo in altra occasione.
Per concludere occorre ricordare che la sovranità di N. S. G.
C., secondo le sue stesse parole, non attiene alle cose di questo mondo,
bensí alla vitam venturi sæculi, quindi il Cristo
Re non potrebbe mai essere il re di questo mondo, secondo quanto erroneamente
ritenevano gli Ebrei del suo tempo e secondo quanto pretendono, ancor piú
erroneamente e imperdonabilmente, i nuovi Farisei dei nostri giorni. È
per questo che Egli delegò il suo potere agli imperatori del sacro
Romano Impero, perché l'essere re di questo mondo è ben misera
e poca cosa per Colui che è il Verbo incarnato di Dio. Indubbiamente,
il suo potere è cosí totale che, in qualche modo, contiene
anche il potere temporale, ma questo è qualcosa che non può
riguardare l'uomo, la cui primaria ed unica preoccupazione è quella
di passare oltre questa valle di lacrime, la quale, in quanto tale - e
solo tale è per l'uomo - non è altro che il regno del Principe
di Questo Mondo.
Ne consegue che nella scelta del simbolo di Nostro Signore Cristo Re,
non v'è alcuna velleità di ricerca di anticipazioni del Regno
dei Cieli, né alcuna intenzione "revancista" circa restaurazioni
impossibili, piuttosto c'è la sottolineatura della esigenza di chiarezza
circa i veri fini del buon cristiano: tutto proteso verso l'acquisizione
di meriti terreni o tutto proteso al rispetto della volontà di Nostro
Signore? Tutto intento a fare di questo mondo un paradiso terrestre o tutto
compreso nel compito immane di sfuggire alle insidie del mondo? Tutto dedito
alla ricerca della pace di questo mondo o tutto implorante la Pace concessaci
dal nostro Salvatore?
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