LETTERA APERTA
A QUEI NOSTRI INTERLOCUTORI CHE CI LEGGONO E NON CI
CAPISCONO
(O FANNO FINTA)
(3/96)
Com'era prevedibile, oltre ai plausi e agli incoraggiamenti, ci sono
pervenute delle critiche che esaminiamo ed esamineremo con la dovuta attenzione.
La cosa che ci è dispiaciuta, però, e che alcune di queste
critiche sembrano fatte apposta per confermare la necessità della
nostra presenza nell'àmbito cattolico, al pari peraltro della presenza
di altre associazioni come la nostra; e quando diciamo che "ci dispiace",
lo facciamo sinceramente, senza alcuna retorica, perché è
bene precisare, soprattutto per coloro che sembra non vogliano capire,
che la nostra piú grande aspirazione è di poter constatare,
in un giorno il meno lontano possibile, l'inutilità della nostra
presenza.
Qualcuno, perfino tra i prelati, ha osservato che il Cristianesimo non
è costituito solo dalla Tradizione, anzi esso è connotato
in maniera unica dal valore della "novità", cosí che con
l'avvento di Cristo, «…le cose vecchie sono passate, ecco ne
sono nate di nuove.» (I Corinti, 5, 17).
Ora, che uno di noi dica qualche sciocchezza, passi, anche perché
noi non abbiamo il compito specifico della "cura delle anime"; ma che un
pastore abbia cosí poca stima dell'intelligenza delle sue "pecorelle",
ci lascia preoccupati, prima ancora che indignati. Citare San Paolo per
forzarlo a dire quello che non s'è mai sognato neanche di pensare,
è veramente cosa indegna perfino per il piú stupido degli
atei.
Piú volte San Paolo parla della "novità" e della "unicità"
dell'avvento di Cristo, ma ne parla sempre in relazione alla vetustà
della Legge mosaica (della quale peraltro lo stesso Gesú ha detto
che «…non passerà neppure uno iota), e in ogni
caso ne parla per affermare "una volta per tutte" che tale novità
è la nuova legge; cosa molto diversa dall'esaltazione della "novità"
come fatto a sé stante, senza limiti di tempo, come vorrebbero farci
intendere certuni.
Se si vuole affermare che il Cristianesimo è fatto di Tradizione
e di novità, lo si può dire solo in relazione all'insieme
della Sacra Scrittura, composta dall'Antico e dal Nuovo Testamento; cosí
che gli elementi costitutivi, supposti due, in realtà sono uno solo:
Nostro Signore Gesú Cristo, prefigurato nell'Antico Testamento e
proclamato nel Nuovo.
Cari i nostri prelati che pretendono di bacchettarci: se cosí
stanno le cose, quando si parla di Tradizione, se ne può parlare
solo al singolare. Ci rendiamo conto che oggi si usa il termine tradizione
anche per indicare le pacchiane manifestazioni delle varie "pro loco" o
le scempiaggini piú insulse di certi novelli carnevali, ma, francamente,
da un prelato ci aspetteremmo piú attenzione nell'uso corretto dei
termini.
Quanto ai diversi modi con cui la Chiesa ha espresso nei secoli, e nei
posti piú diversi, la stessa ed unica Tradizione, questi attengono
alle forme della Tradizione, e chiamare tradizioni le diverse forme della
Tradizione è cosa perlomeno scorretta. Solo che a molti fa comodo
esprimersi in maniera scorretta, poiché è questo il modo
migliore per far passare come ortodosse tutte le novità, anche le
piú strampalate.
Nessuno mette in dubbio che la liturgia della Chiesa si sia sempre
espressa, e si esprima ancora, in maniera differenziata. Perfino la Bolla
Quo
Primum tempore, di San Pio V, del 1570, tanto misconosciuta quanto
ignorata, preserva la diversità dei riti liturgici in uso nelle
diverse chiese fin dai tempi antichi. Ma tali differenze si richiamavano
e si richiamano inderogabilmente ad un'unica Tradizione, dalla quale traevano
e traggono tutta la loro legittimità. Nessuno s'era mai sognato,
fino a qualche anno fa, di poter affermare che le tradizioni della Chiesa
sono molteplici e che queste sono tali in forza delle "novità" che
sorgono spontanee in base ai tempi e agli intendimenti dei fedeli o dei
prelati. Se non andiamo errati, quasi tutti i Concilii della Chiesa, fino
al Vaticano I, sono stati convocati proprio per ribadire l'erroneità
di questo concetto e per condannare gli inevitabili errori che via via
si producono nel corso della vita terrena della Chiesa. D'altronde, visto
che è invalsa l'abitudine delle citazioni, che invece sarebbe molto
meglio riservare alle sole esposizioni di carattere dottrinale e catechetico,
ricordiamo a certi prelati che San Paolo aveva già prevista la possibilità
che altri dopo di lui avrebbero potuto scambiare la Tradizione e i suoi
adattamenti con le "novità" e le preferenze personali di questo
o di quel predicatore: «Secondo la grazia di Dio che mi è
stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro
poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti
nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già
vi si trova, che è Gesú Cristo. E se sopra questo fondamento
si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia,
l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere
quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà
la qualità dell'opera di ciascuno. Se l'opera che uno costruí
sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa;
ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito…»
(I Corinti, 3, 10-15).
Ci auguriamo che certuni si pongano il problema e facciano un esame
di coscienza: quanta paglia è stata usata nelle costruzioni di questi
ultimi lustri? Certo, i giudizi possono essere diversi, ma, se un albero
si riconosce dai propri frutti, che albero è quello i cui frutti
sono criticati da quegli stessi che ne prevedevano la dolcezza e l'abbondanza?
Chi vuole intendere, intenda.
C'è poi qualcuno che ha avuto la spudoratezza di affermare che
quando ebbe inizio l'innovazione a tutti i costi in seno alla Chiesa, i
tradizionalisti si defilarono. Come dire che la colpa degli altri è
in realtà anche la nostra. Intanto notiamo che un simile ragionamento
ammette inequivocabilmente che di colpa si tratta, cosicché chi
pensava di darci torto incomincia col darci ragione: strano modo di attaccarci!
Che poi i tradizionalisti si siano defilati… lasciamo che parlino i fatti.
Migliaia e migliaia di prelati costretti ad accettare le novità
in forza del voto di ubbidienza! O si pensa che avrebbero fatto meglio
a trasformare le parrocchie in barricate?
Centinaia di preti allontanati dalle cure pastorali perché irriducibili
avversari delle insulse novità! O si pensa che avrebbero dovuto
bruciarsi in piazza per protesta?
Centinaia di migliaia di fedeli di tutto il mondo che hanno protestato
con ogni mezzo lecito, dagli scritti alla contestazione dei parroci e dei
Vescovi, dall'associazionismo alla diserzione di certe messe! O si pensa
che avrebbero dovuto chiedere la testa dei loro pastori?
Integralisti! Intolleranti! Senza carità! Questi sono stati
gli argomenti di risposta di certa gerarchia ufficiale!
Senza parlare, per carità, delle scomuniche e dell'ostracismo
anche personale.
Ma, vuoi vedere che certuni, quando affermano certe cose, credono proprio
di avere a che fare con degli stupidi? Forse no, forse si tratta solo di
un disperato e maldestro tentativo di difesa, dopo essere stati costretti
a riconoscere che le novità hanno solo generato dei mostri e hanno
rivelato che, come diceva Paolo VI, "i fumi di Satana sono penetrati
nella Chiesa". Che il Signore li illumini.
C'è stato infine qualche altro che, riferendosi al canto gregoriano,
ha immaginato che noi lo si difenda per motivi "estetici", perché
è una cosa bella, quasi fosse un bel maglione firmato che il "papà
cattivo" non ci vuol far mettere piú. Ma sú, ci si dice,
alla fin fine chi conosceva piú il canto gregoriano… anzi, ormai
era stato soppiantato dalle sciocche canzonette ottocentesche… quindi!
Quindi cosa? Ammettiamo pure che il canto gregoriano fosse ormai sconosciuto,
cosa peraltro del tutto falsa visto che ha continuato a far parte integrante
financo della piú semplice Messa solenne, ma pur ammettendolo, quale
fu il motivo che permise la sua soppressione di fatto, mai ufficiale, e
la sua sostituzione con canzonette ancora piú insulse di quelle
ottocentesche? Certo, non la motivazione "estetica": questa è roba
da retrogradi, ben altre sono le istanze dei modernisti! Quali? La maggiore
comprensione popolare? Una piú ampia sintonia fra la celebrazione
della liturgia e il sentire del semplice fedele? Sfidiamo chiunque a farci
assistere ad una Messa moderna e a farci stupire per la corale partecipazione
di popolo, non solo ai canti, ma perfino alle semplici parti recitate di
competenza dei fedeli! Sfidiamo chiunque a mostrarci un'"assemblea", come
si ama chiamarla oggi, in cui i fedeli conoscano le canzonette intonate
dai novelli cori, quasi tutti abborracciati e raccogliticci. E siccome
noi siamo degli irriducibili reazionari, vecchi e superati, se non nel
corpo, certo nello spirito, ci permettiamo di fare osservare che l'unico
motivo che ha spinto gli "innovatori" a dar spazio a tanta stupidità
è stato quello di distruggere ogni elemento che potesse ricordare
che la liturgia è essenzialmente una lode resa a Dio.
Inaudito! Ci si dirà. Si vuol forse stoltamente sostenere che
non si intende piú rendere lode a Dio?
Certo che no! Le intenzioni sono rimaste, ma che ne è di esse
nella realtà?
Il fatto è che si è voluto ridurre tutto a misura d'uomo,
imitando spocchiosamente le forme espressive di ogni tipo di Protestantesimo,
credendo ingenuamente che l'ipocrisia e il formalismo dei protestanti potesse
supplire al distacco sempre piú accentuato fra il popolo e la Chiesa.
Altro che canto gregoriano! Qui bisognava passare subito dall'ottocentesco
"Tu scendi dalle stelle", al moderno "Bianco Natale"! Che conquista! Che
partecipazione di popolo! E come per incanto subito le chiese si… svuotarono!
Bisognava essere proprio afflitti dalla piú perniciosa delle
forme di modernismo per non capire che la gente andava e va in chiesa per
trovare quel tanto di diverso che la giustifica, la consola e la fa sperare!
Le canzonette le sentono come e quando vogliono, e perfino anche quando
non vogliono (come accade spesso in chiesa la Domenica).
Ecco a cosa è sempre servito il canto gregoriano, a fornire
al popolo la giusta risposta alla sua istanza di lodare Dio alla maniera
di Dio, con l'espressione piú profonda del proprio sentire, con
le manifestazioni piú particolari e meno simili al quotidiano.
Solo che i Protestanti non la pensano cosí, anzi sono convinti
che Dio lo si debba lodare allo stesso modo con cui si loda un personaggio
di successo: "perché è un bravo ragazzo…". Sono convinti
che il sentimentalismo religioso sia il non plus ultra del rapporto
col divino, e l'andare in chiesa corrisponda semplicemente ad una adunanza
domenicale dove tutti possono dare sfogo al loro represso moralismo, fatto
di forme, di predicozzi, di letture che ognuno interpreta a modo suo, di
ipocriti convenevoli e facili "chiedo scusa" con cui si pretende di poter
sanare anche i peccati contro lo Spirito. Ora, che cosí facciano
i Protestanti è cosa comprensibile, visto che per loro la liturgia
non esiste, come non esiste alcunché di sacro nei riti, e laddove
ne è rimasta un po' essa viene concepita come una forma rispettosa
di mantenimento di "certe tradizioni", alla stessa stregua delle parrucche
che indossano certi personaggi politici del mondo anglosassone. Ma per
noi, che continuiamo a dirci Cattolici, che senso potrebbe mai avere tutto
questo?
Ebbene, per certuni il senso ce l'aveva e ce l'ha: si trattava e si
tratta di far scendere la Chiesa Cattolica Apostolica Romana allo stesso
livello di superficialità delle altre cosiddette chiese dei "fratelli
separati", in modo da favorirne l'avvicinamento. Lodevole intenzione, l'avvicinamento,
se non fosse che si tratta della Chiesa Cattolica che si avvicina alle
altre e per farlo pensa sia bene scendere tutti gli scalini necessari,
senza accorgersi che piú si scende e piú ci si allontana
da Dio e ci si avvicina al "principe di questo mondo".
Cari i nostri prelati: altro che di violazioni estetiche si tratta!
I nostri "pruriti" per lo sconvolgimento della santa liturgia e per l'abbandono
del canto gregoriano, hanno ben altre motivazioni, molto piú complesse
e profonde di quanto siano abituati ormai a immaginare certi moderni preti
tutti presi dalle preoccupazioni sociali e mondane e dimentichi della cura
delle anime e della speranza nella vita del mondo che verrà.
Che il Signore li illumini.
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