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CATTOLICI A CONVEGNO SIMPOSIO SULLA LITURGIA
Riflessioni di laici e chierici sui guasti e sulla poca ortodossia
della nuova liturgia conciliare.
Nei giorni 4, 5 e 6 ottobre scorsi si è svolto in Francia, a
Notre-Dame-du-Laus, il 1° Simposio sulla Liturgia Cattolica Romana,
su iniziativa del C. I. E. L. (Centre International des
Études Liturgiques con sede a Parigi).
Da notare la partecipazione operativa dei sacerdoti dell'Istituto
di Cristo Re Sommo Sacerdote, di Gricigliano (FI), nonché
la qualificata presenza dell'Abate del monastero Sainte Madeleine di Le
Barroux, Dom Gérad Calvet, e di alcuni dei suoi monaci.
Schmitz);
Implicazioni morali per il sacerdote nella celebrazione della Messa
(Don Dario Composta);
Giurisdizione episcopale e pratica sacramentale nella Francia del XVII sec. (R. P. Pierre Blet); I decreti disciplinari del Concilio di Trento sulla liturgia (Don Reinhard Knittel). Gli interventi hanno tutti rivelato una profonda conoscenza del problema
trattato e hanno messo in luce aspetti ministeriali e teologici della liturgia
romana che molti si ostinano ad ignorare ed altrettanti continuano a travisare.
Seguendo i vari interventi la prima cosa che ci ha colpito è che
la supposta riscoperta delle forme liturgiche "originarie" della Chiesa
(riscoperta tanto decantata dai modernisti) si fonda, in genere, su una
mancanza di approfondimento dei dati e su una informazione che quando non
è volutamente lacunosa è sempre superficiale e frammentaria.
Mons. Schmitz (I problemi della concelebrazione frequente) ha fatto notare come la cosiddetta "concelebrazione" non trova alcuna giustificazione nella teologia sacramentale della S. Messa. Tolti alcuni casi molto particolari (come quello della presenza del Vescovo o del Papa), la "concelebrazione" svilisce l'ordinamento gerarchico della Ecclesia (clero e fedeli) e introduce una concezione ecclesiologica foriera di gravi confusioni sia sul ruolo del presbitero (che agisce sempre in persona Christi, indipendenter ab aliis) sia, e soprattutto, sull'efficacia della grazia (fructus generalis) che scaturisce dall'azione sacrificale della S. Messa (actus sacramentalis totalis). Non possiamo riassumere l'articolata e approfondita esposizione di Mons. Schmitz, ricca peraltro di richiami teologici, e ci limitiamo a considerare, da parte nostra, che essendo la litugia terrestre un riflesso della liturgia celeste (dottrina ripresa dal Concilio Vaticano II), non si vede come la prima possa fare a meno di riflettere l'ordine gerarchico presente nella celebrazione della seconda. Peraltro, anche col Novus Ordo, si continua a parlare di gerarchie celesti nel corso della S. Messa (p. es. nei Prefazi), salvo poi far credere ai fedeli che la celebrazione della liturgia terrestre sia qualcosa di "comunitario" in cui "tutti" celebrano allo stesso modo, sotto la "presidenza" del prete. Con tutta evidenza si tratta bene di una concezione protestante della S. Messa, concezione che alla base pone l'idea della insignificanza della figura del prete, perché non gli si riconosce la funzione liturgica in persona Christi. Se si pensa poi alla pretesa di considerare la "concelebrazione" come una sorta di "moltiplicatore" della grazia, diventa evidente come si sia finito col disconoscere, o perlomeno con lo sminuire, il senso della S. Messa, che è un unicum la cui realtà intrinseca non è legata all'azione ministeriale del prete, ma è costituita dall'azione del Cristo stesso. Senza contare che il bene dei fedeli richiederebbe la celebrazione di piú Messe piuttosto che la concelebrazione di una sola Messa da parte di piú preti, sia dal punto di vista sacramentale e teologico sia dal piú semplice punto di vista ministeriale, tanto piú che si va sempre piú ampliando la penuria di preti e il numero di chiese costrette a chiudere per difetto di celebranti. Il conte Wolfgang Waldstein (Il movimento liturgico di Dom Guéranger alla vigilia del Concilio Vaticano II) ha esposto un articolato esame della vicenda equivoca che vide contrapposti molti Padri conciliari con il sopraggiunto Mons. Annibale Bugnini, segretario per la Congregazione del Culto Divino e in pratica il braccio armato della corrente modernista che volle a tutti i costi protestantizzare la liturgia cattolica, in aperto contrasto con il Concilio stesso, tanto che nel 1975 (ma ormai il danno era stato fatto e in maniera ben grave) il Bugnini venne praticamente bandito dallo stesso Papa Paolo VI, che tanto incautamente gli aveva permesso di manipolare i libri liturgici. Il conte Waldstein ha fatto notare come gli innovatori ad ogni costo usassero strumentalmente sia l'opera di Dom Prosper Guéranger ( 1875), abate di Solesmes e iniziatore del movimento liturgico, sia le disposizioni papali: dall'enciclica Mediator Dei di S. S. Pio XII alla costituzione apostolica Veterum Sapientia dello stesso Giovanni XXIII (che sembra essere scomparsa dalla "memoria storica" dei modernisti). In sintesi, dalla relazione del conte Waldstein si comprende bene come l'ecumenismo tanto richiamato per giustificare le riforme sia stato, nella realtà, un avvicinamento a senso unico della liturgia cattolica tradizionale alla pseduo-liturgia eretica del mondo protestante. Da parte nostra, ci viene da considerare che se di vero ecumenismo si fosse trattato, nella liturgia riformata dopo il Concilio avremmo ritrovato anche elementi propri della liturgia ortodossa orientale, della quale invece non si trova traccia: anzi, ove si pensi che l'abolizione del latino ha intenzionalmente comportato la sparizione di tutte le antiche invocazioni in greco (vedi il Kyrie), di fatto nella nuova liturgia non v'è piú nulla che ricordi la fede comune dei cristiani d'Occidente e d'Oriente. Tutte le preoccupazioni sono state rivolte a cercare di giustificare Lutero e di svilire San Pio V, di comprendere Calvino e di gettare fra le cose vecchie San Pio X. Come giustamente ha ricordato il conte Walstein lo stesso Dom Guéranger aveva a suo tempo indicato che i due elementi che caratterizzano l'eresia antiliturgica sono proprio l'uso della lingua volgare nella liturgia e la "ripresentazione" dei testi della Scrittura. Questi mezzi permettono agli eretici di ignorare la voce della Tradizione e di presentare i vari passi della Scrittura in modo tale da dar forza alle loro tesi e far passare sotto silenzio tutto quello che le contraddice. Come si vede, non si tratta tanto, come ci è stato predicato, di far meglio comprendere ai fedeli i passi della Scrittura (cosa peraltro già scontata visto che da secoli ormai la Bibbia è stata tradotta e pubblicata in volgare), quanto di utilizzare questa scusa per poter liberamente giungere al suo uso strumentale. Si sa infatti che uno degli elementi importanti della riforma liturgia è proprio costituito dal completo rimaneggiamento dei lezionari. Veniamo adesso ad un altro intervento di notevole interesse, quello
del R. P. Louis Bouyer (L'orientamento dell'altare: storia
e teologia). Ricordiamo che la questione dell'orientamento delle
chiese e dell'altare, cosí enormemente sottovalutata da piú
parti, soprattutto negli ultimi secoli, trova il suo fondamento nell'Antico
Testamento ove la costruzione della Tenda prima, e del Tempio poi, viene
eseguita su precise prescrizioni divine. Tali prescrizioni vengono ribadite
dal Nuovo Testamento, soprattutto in relazione all'orientamento del fedele
orante. Ricordiamo anche che l'uso del termine "orientamento", mantenutosi
fino ad oggi per indicare una data direzione, non è cosa casuale,
visto che il termine sta ad indicare con esattezza la direzione dell'"Oriente"
appunto, intesa come direzione per eccellenza.
Terminiamo segnalando che gli atti di questo simposio sulla liturgia verranno pubblicati a cura del C. I. E. L.; provvederemo a darne notizia e, eventualmente, a farli avere a chi ne facesse richiesta. [Presso la nostra segreteria sono disponibili i testi di tutte le conferenze: in francese; solo alcune anche in italiano)
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