NATALE: INCARNAZIONE DEL VERBO 
(12/96)





Dopo le prime quattro settimane dell'anno liturgico, che costituiscono il tempo dell'Avvento, la Chiesa celebra la liturgia del Santo Natale, cioè della venuta al mondo di Nostro Signore Gesú Cristo. 
Pur non essendo nostra intenzione soffermarci sulle suggestioni moderne che si sono insinuate, ed anche affermate, in ordine a questo importante periodo dell'anno liturgico, e le cui conseguenze sono tanto evidenti quanto sottovalutate; è proprio partendo da una di esse che svolgeremo alcune considerazioni. 

Come è a conoscenza di molti, il fenomeno, tutto moderno, del cosiddetto "turismo di massa" ha finito col coinvolgere anche i luoghi che, duemila anni fa, furono il teatro della rappresentazione sacra dell'Incarnazione del Verbo. Che ancora oggi si usi chiamare "pellegrini" i visitatori della Terra Santa, è cosa che appartiene al vezzo moderno di indicare con nomi antichi, e perciò stesso significativi, certe cose esclusivamente moderne, mai esistite in passato, durante il quale, anzi, le si riteneva superflue, sciocche ed anche blasfeme.
Le nostre considerazioni, ovviamente, riguardano il fenomeno nel suo complesso, fatti salvi i casi, anche numerosi, di coloro che continuano a compiere il "pellegrinaggio in Terra Santa" in perfetta aderenza con la Fede; ma non è di questi che intendiamo parlare.
La curiosità moderna per le cose antiche, si sa, è un fatto del tutto epidermico e sensazionalistico; e quando mostra di provare un certo interesse reale, si tratta in genere di un interesse "archeologico" o "storico", o dell'uno e dell'altro insieme.
Ora, si comprende facilmente che la prevalenza dell'interesse archeologico e storico, non solo non ha niente a che vedere con la Fede, ma, per molti versi, è d'ostacolo alla fede stessa; soprattutto in relazione alla sensibilità delle persone semplici.
Che la nascita di Gesú, a Betlemme, sia un reale fatto storico, è indubbio; e sembra anche che perfino i miscredenti non ne dubitino piú: le dispute circa la piú esatta individuazione dell'anno, ne sono la riprova. Ma che questo fatto storico non consista semplicemente nella nascita di un bambino, ma, in maniera eminente, nella Incarnazione del Verbo di Dio, ecco, su questo la consapevolezza del cristiano, oggi, lascia molto a desiderare. 

In questi nostri tempi, cosí pregni di materialità e di corporeità, l'aspetto del Natale piú sentito dal comune credente è quello della nascita del Bambino Gesú, da Maria di Nazaret, moglie del falegname Giuseppe, la quale lo dà alla luce in una grotta, su una mangiatoia, a causa del sovraffollamento degli alberghi. E fa tenerezza questo Bambino costretto ad accontentarsi del caldo della stalla, mentre avrebbe potuto aspirare a ben altre "comodità", Lui, destinato a fare grandi cose, per la sua Potenza.
Nessuno può certo mettere in dubbio, neanche minimamente, che si tratti di un aspetto della nascita di Cristo parimenti ricco di significati, e parecchio importante ai fini dell'economia della lettura teologica dell'avvenimento; ma non può non preoccupare il fatto che tale aspetto sia diventato quello prevalente in seno alla considerazione religiosa del credente.
Si tratta, ancora una volta, della tendenza a "storicizzare" tutto, magari per timore di non scadere nell'eccessivo "misticismo", come si usa dire; e inevitabilmente, per l'instaurarsi di un processo circolare di causa-effetto, si finisce poi col ridurre ogni cosa al livello della mera comprensione umana.
Ora, tutti sappiamo, o dovremmo sapere, che, nel Natale, ciò che costituisce l'elemento centrale della Fede è l'Incarnazione del Verbo; esattamente come enunciato nel Credo:
«Qui propter nos homines, et propter nostram salutem descendit de cślis. Et incarnatus est de Spiritu Sancto, ex Maria Virgine: et homo factus est»
Tanto è vero, questo, che si potrebbe dire che il Natale è, piú esattamente, la festa della Incarnazione del Verbo - et Verbum caro factum est (Giovanni, 1, 14); cosí che piú che una festa per l'evidente nascita del Bambino Gesú, si tratti della festa per il Mistero di Dio che si fa uomo - et homo factus est -. Mistero ancora piú oscuro alla comprensione umana, per l'intervento dello Spirito Santo - incarnatus est de Spiritu Sancto -, tramite il fiat mihi secundum verbum tuum (Luca, 1, 38) di Maria Vergine gratia plena - ex Maria Virgine

Mistero complesso e profondo che non può suscitare che sgomento e timore di Dio: tanta è la onnipotenza e la magnificenza manifestata da Dio in questo suo intervento nell'uomo.
La Seconda Persona della SS. Trinità si fa carne, senza che questo possa minimamente significare che "diventi un uomo"; poiché la Tradizione insegna che nell'unione ipostatica delle due nature, divina e umana, non v'è confusione. Il Verbo incarnato non ha personalità umana, ma assumendo la natura umana mantiene intangibile la sua natura divina. Il che significa che il Verbo, nella sua divinità, assume, riassume, ricapitola, eleva, esalta l'intera natura umana, cosí che si compia il disegno divino tramite il quale, per il Figlio di Dio che si è fatto uomo, ogni uomo possa diventare figlio di Dio, per la Fede e per la Grazia (Giovanni, 1, 12; Pietro II, 1, 4; Giovanni I, 3, 1; Romani, 8, 14; Galati, 3, 26; Efesini, 1, 5).
Mistero sempre piú grande, che, a prima vista, si ha l'impressione che diventi sempre piú pesante. 
Eppure, se si pensa che è da duemila anni che gli uomini capiscono di cosa si tratti, c'è da rimanere stupiti di fronte ai moderni tentativi di ridurre tutto ai minimi termini, con la scusa che sia di difficile comprensione.

Il fatto è che, se di difficile comprensione si tratta, questa è tutta da addebitare alla condizione dell'uomo moderno, sempre piú incapace di comprendere un linguaggio che i nostri padri non trovavano difficoltà a seguire con dimestichezza. Oggi, addirittura, si è propensi a credere che a fronte del linguaggio di San Paolo, di San Tommaso o di San Bernardo, le elucubrazioni di Hegel o di Freud costituiscano un "progresso del pensiero"; il che spiega a sufficienza l'indurimento delle menti e dei cuori, anche se non giustifica affatto chi crede di dover seguire tale indurimento, "adeguando" la dottrina, e cioè svilendola, per esporla a chi non ha orecchie per intendere.
Paradossalmente, è come se, avendo un lingotto d'oro e trovando difficoltà a farlo accettare come tale a chi conosce solo il piombo, si pensasse bene di rivestirlo di piombo; senza rendersi conto che, non solo esso verrebbe accettato solo per il piombo "che si vede", ma l'oro, in tal modo, sarebbe destinato a rimanere nascosto, e cioè ancora incompreso; per di piú si alimenterebbe l'equivoco dello scambio tra il piombo e l'oro, con la definitiva perdita dell'oro, del suo valore e, nel nostro caso, del suo significato.
È ciò che accade in materia di teologia, con i nuovi teologi preoccupati di far passare i Misteri di Dio entro una mentalità che, come essi stessi riconoscono, rifugge dal mistero. Cosí che si sentono obbligati a formulare una sorta di nuova teologia, la quale, con tali premesse, scivola quasi sempre nella filosofia e nella sociologia, se non addirittura nell'"ideologia". 

…descendit de cślis. Et incarnatus est… et homo factus est…
Questa è la verità, semplice e lapidaria, misteriosa e tangibile. E se questa è la verità, come esprimerla meglio di cosí? 
Per quanto possa essere difficile comprenderla appieno, di questo si tratta e di nient'altro. 
Ogni tentativo per cercare un linguaggio nuovo non può prescindere da questa enunciazione semplice e lapidaria; ed allorché si cerca di "umanizzare" o di "attualizzare" (che è lo stesso) la comprensione del mistero, sostenendo che il linguaggio fin qui usato non è piú comprensibile, ecco che si è detto che il Cristianesimo non è piú lo stesso: ogni cosa diversa dal Cristianesimo non è piú Cristianesimo. 

Ma si tratterà poi veramente di un problema espressivo? 
In realtà, se si trattasse solo di questo non dovrebbe essere difficile riformulare la medesima verità con nuove espressioni verbali: è questo che si intende quando si parla di fedeltà alla Tradizione e di rigore nella dottrina. La Tradizione stessa contiene in sé tutte le potenzialità perché si possa esprimere la dottrina con formulazioni differenti, e questo proprio in forza del fatto che la Verità, pur rimanendo sé stessa, può essere contemplata da angolazioni diverse. La luce della Verità contiene in sé tutti i colori dello spettro.
Il vero problema, allora, non sta nella semplice necessità di adattamento del linguaggio, ma nella intrinseca cesura fra il sentire moderno e la Rivelazione. Chi potrebbe affermare, in totale buona fede, che la preoccupazione prevalente dell'uomo moderno è quella di diventare figlio di Dio? o di essere salvato dai propri peccati?
Siamo davvero cosí pessimisti, quando riteniamo che la preoccupazione primaria e, in molti casi, quasi esclusiva dell'uomo moderno è, nella migliore delle ipotesi, quella della giustizia sociale, della pace nel mondo, della tranquilla convivenza umana, della liberazione dai problemi economici e psicologici…?
Ora, stando cosí le cose, nessuno può illudersi che anche cambiando linguaggio un tale tipo d'uomo possa improvvisamente "appassionarsi" alla speranza nella vita eterna. Anzi, con tutta probabilità, e tenuto conto che siamo "tutti" uomini moderni, sia pure con inclinazioni diverse, grazie a Dio, c'è il rischio consistente che il pifferaio vada per suonare e rimanga suonato.
Sembra logico e coerente supporre, invece, che quanto piú l'inclinazione e la sensibilità dell'uomo moderno tendano a non riconoscere l'importanza dell'Incarnazione del Verbo, tanto piú può essere efficace e terapeutico il loro impatto con un messaggio di salvezza scioccante e stupefacente. 
Altro che adattamento del linguaggio, che spesso ha finito col tradursi in distorsione della dottrina! Di accentuazione del linguaggio misterico si dovrebbe trattare. 

D'altronde, lo stesso percorso delle formulazioni dogmatiche decise dalla Chiesa, fa capire come di questo si tratti; soprattutto se si pensa proprio alla penultima di queste formulazioni. Per diciotto secoli la Chiesa militante ha conosciuto, professato e venerato il mistero della Immacolata Concezione della Vergine Maria Madre di Dio. Si sa che i nostri padri ne celebravano la festa fin dall'VIII secolo, eppure, l'8 dicembre del 1854, papa Pio IX si decise a proclamare ufficialmente il dogma della Immacolata Concezione. Come se si volesse dire che, a fronte della sopraggiunta durezza d'intendimento, si rendeva necessario fissare in maniera indiscutibile che Maria Vergine è stata concepita senza peccato originale: per quanto piú si ampliasse l'incredulità, tanto piú era necessario che il messaggio di verità fosse presentato in maniera cruda e lapidaria; quanto piú fosse diventato difficile da comprendere, tanto piú la sua espressione doveva accentuare il mistero, sancendo quella incomprensibilità come un dato di fatto, piuttosto che come un motivo per dar conto ad interminabili distinguo: i progenitori della miscredenza. 

Tornando al Santo Natale, allora, dobbiamo sottolineare, certo, la nostra distanza da quegli aspetti "consumistici" che ne deturpano il profondo significato spirituale, ma dobbiamo usare anche la massima cautela nel dare la giusta importanza alla vicenda "storica", soprattutto allorché ci accorgiamo che esista il rischio di sminuire il significato profondo di questa "epifania" del Signore. Primariamente, però, dovremmo cercare di riflettere col massimo impegno e col massimo rigore sull'incommensurabile Mistero della Incarnazione del Verbo.
Il Figlio di Dio, la Seconda Persona della SS. Trinità, si è fatto uomo. Pur mantenendo la sua Natura divina, Egli ha assunto la natura umana, per poi immolarla al cospetto di Dio Padre per la salvezza eterna dell'uomo peccatore.

…propter nostram salutem descendit de cślis… et homo factus est. Crucifixus etiam pro nobis… passus et sepultus est. Et resurrexit… et ascendit in cślum…

Dio viene dal cielo per noi, si fa uomo, vive da uomo con gli altri uomini, viene umiliato e crocifisso, muore sul patibolo, risorge dalla morte e ascende al cielo, da dove è venuto: e tutto questo per la nostra redenzione in vita e per la nostra salvezza eterna. 
Mistero immenso e insondabile della Potenza e della Misericordia di Dio.
Comprendere il Mistero? Certo; e vi è un solo modo per farlo: completare il racconto di questa sacra vicenda con la parte assegnata in essa all'uomo. 
Ognuno di noi deve sforzarsi in tutti i modi, secondo la propria intima natura, di inserirsi in questo circuito divino, ponendosi alla sequela di Cristo: gli occhi della mente e gli occhi del cuore rivolti a Dio che si fa uomo, muore, risorge e ascende al cielo.
La liturgia assolve propriamente alla funzione di sostegno e di guida in questo percorso che costituisce tutta la vita peregrina dell'uomo sulla terra.
Con la liturgia del Natale, anno dopo anno, si può rinnovare il nostro sforzo, o iniziare un altro tratto del cammino, o cominciare ad illuminare meglio il cammino fatto…, a seconda di ognuno di noi. 

Deus, qui hanc sacratissimam noctem veri luminis fecisti illustratione clarescere: da, quæsumus, ut cuius lucis mysteria in terra cognovimus, eius quoque gaudiis in cślo perfruamur. Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia sæcula sæculorum. Amen.
(O Dio, che questa santissima notte hai rischiarato coi fulgori della vera luce; concedici, Te ne preghiamo, di partecipare anche ai gaudi in cielo, di Colui del quale abbiamo conosciuto in terra i misteriosi splendori. Egli che è Dio, e vive e regna con Te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.) 

Cosí recita l'Oratio della Prima Messa della notte di Natale (secondo il rito tradizionale). 
Uniamoci a questa preghiera della Chiesa, implorando da Dio la grazia perché i fulgori della vera luce illuminino anche noi, perché le nostre menti e i nostri cuori siano abbagliati dalla luce divina del Figlio di Dio che viene sulla terra, perché ci renda degni di seguirlo fino in cielo ad occupare il posto che ci ha preparato.

CC



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