CATECHESI DEMAGOGICA
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Una leggenda ancora da sfatare: l'antica "non" partecipazione
dei fedeli alla S. Messa
Non nutriamo alcun pregiudizio nei confronti di Famiglia Cristiana,
che ci capita di leggere con scarsissima frequenza. Solo che, nel corso
degli anni, abbiamo preso atto del fatto che questo giornale dei Paolini
viene pubblicato al solo scopo di parlare del Cristianesimo con un linguaggio
ed una tecnica comunicativa integralmente al servizio di "questo mondo",
intendendo con tale espressione sia il "questo mondo" dei Vangeli (e cioè
il regno di Satana), sia il mondo moderno (e cioè il mondo agnostico,
ateo, laico: che comunque considera Dio come una cosa tra le tante cosette
umane).
Non se l'abbiano a male i Paolini, se citiamo, a mo' d'esempio, le
spiegazioni (riteniamo catechetiche) che il loro "Teologo" ha presentato
a proposito dello svolgimento della S. Messa (n° 12/1997, pag. 15).
«Eppure l'inserimento dell'assemblea dei fedeli nel ritmo
celebrativo della Messa è una grande conquista, sanzionata dal Concilio
Vaticano II (Sacrosanctum Concilium: Costituzione su la Sacra Liturgia)».
Vedremo in seguito che cosa intende affermare il "Teologo", ma subito
ci chiediamo: che cosa significa l'espressione "grande conquista"?
Confessiamo che l'espressione ci sembra appartenere piú al linguaggio
della "lotta di classe" che a quello della "teologia", ma siamo pronti
a dichiarare la nostra ignoranza sulle sottigliezze della "moderna comunicazione"
e della tecnica dei messaggi "subliminali"; abbiamo perciò cercato
di leggere tra le righe.
«Grande conquista»… di chi? Della Chiesa?
Significherebbe forse che fino al 1964 la Chiesa si è vista privata
dai preti, dai Vescovi e dai Papi di un suo sacrosanto diritto?
No…, non fila…, siamo sicuramente fuori strada! Non si può trattare
di una cosa cosí palesamente assurda!
«Grande conquista»… dell'assemblea dei fedeli?
Significherebbe forse che i fedeli sono stati privati dai preti, dai Vescovi
e dai Papi, per duemila anni, di un loro sacrosanto diritto?
No…, non fila…, siamo sicuramente fuori strada! Non si può trattare
di una cosa cosí palesamente assurda!
A ben guardare, il "Teologo" parla, qualche riga prima, di «ataviche
esclusioni», riferendosi evidentemente alla esclusione dei
fedeli dal «ritmo celebrativo della Messa», per
cui sembrerebbe proprio voler accusare tutta la Chiesa, da San Pietro al
Concilio Vaticano II, di aver privato i fedeli della partecipazione al
rito della S. Messa; e la cosa sembra proprio confermata dal titolo del
paragrafo in questione: «Esclusioni passate e riparazioni».
Non è possibile che il "Teologo" sia tanto ingenuo da non sapere
in che cosa consistesse la S. Messa cosiddetta "dialogata", poiché
sicuramente l'avrà "presa" anche lui una S. Messa cosí, al
tempo in cui non si usavano ancora le "concelebrazioni" e anche i preti
non officianti seguivano la S. Messa allo stesso modo dei fedeli; e se
per caso fosse cosí giovane da aver avuto la fortuna di non vivere
l'«atavica esclusione», sicuramente avrà
pur imparato qualcosa in seminario. Se ne deve dedurre, quindi, che il
"Teologo" non intenda affatto parlare di colpe di nessuno, né di
irregolarità millenarie, né tampoco di calpestati diritti
dei fedeli.
Ma allora, che cosa intende dire con quell'espressione «è
una grande conquista»?
Siamo indotti a supporre che padre Falsini, dei Paolini, "Teologo" di
Famiglia
Cristiana, non intendesse dire proprio niente; proprio cosí:
in realtà non voleva dire niente di preciso e soprattutto niente
di quello che l'espressione lascia intendere.
Il fatto è che padre Falsini, educato alla nuova terminologia
"ultra-modernista" della novella Chiesa "conciliare", magari profondamente
convinto delle moderne teorie sulla cosiddetta "comunicazione di massa",
si diletta nell'uso calibrato di espressioni che, pur non rivestendo per
lui alcun significato, e soprattutto non rivestendo certo il significato
che esse hanno linguisticamente, sa che possono sortire un certo effetto
"psicologico" di "consenso"; e questo per un divulgatore moderno è
una cosa importante.
In altre parole, padre Falsini sa di dire delle cose inesatte, ma le
dice a ragion veduta per produrre l'effetto del "consenso" nei suoi lettori.
Veramente, una volta, …tanto tempo fa…, una cosa del genere veniva
considerata come una dichiarazione mendace, profferta da un mentitore che
sapeva di mentire; con le conseguenze che potevano derivarne in sede morale
e disciplinare; ma queste sono cose d'altri tempi, di tempi di «ataviche
esclusioni», che grazie a… Concilio Vaticano II sono ormai morti
e sepolti.
Diamo atto al "Teologo" di essere "al passo coi tempi", ma dobbiamo
confessare che ci sembra un po' dubbio che egli sia ancora sulla via della
correttezza morale e della serietà pastorale, salvo il fatto (certo
di gran conto!) che lui è un "Teologo" e noi siamo poco meno che
niente.
Dobbiamo subito dire, però, che le cose potrebbero non essere
come le abbiamo prospettate, e che in realtà il "Teologo" abbia
usato quell'espressione con piena consapevolezza, intendendo dire proprio
ciò che ha scritto: "letteralmente".
In questo caso lo invitiamo a rileggersi tutti i documenti che parlano
di liturgia, dalle origini del Cristianesimo al Concilio Vaticano II, o,
se vuole, si limiti a rileggersi o a leggersi, se mai l'avesse fatto, l'Ordo
Missæ contenuto nel Missale Romanum
promulgato da S. S. Giovanni XXIII con la Lettera Apostolica Rubricarum
instructum del 25 luglio 1960, promulgato cioè dal Papa
del Concilio prima della "riforma liturgica".
In tale Ordo Missæ, al pari peraltro di tutti gli
altri promulgati prima, da San Pio V a San Pio X, vi sono ben 28 "parti"
riservate alla partecipazione attiva dei fedeli: dalla recita dialogata
del Salmo 42 (oggi abolita) fino alla lettura dell'Ultimo Vangelo
(oggi abolita); senza contare i gesti, gli inclinamus caput,
i flectamus genua, i canti gregoriani e quelli della devozione
popolare che un tempo erano eseguiti da quasi tutti i fedeli all'Offertorio
e alla Comunione: certamente da molti, molti piú fedeli di
quelli che eseguono adesso le canzonette moderne che hanno sostituito gli
inni di San Tommaso e di Sant'Ambrogio.
Il "Teologo" queste cose le sa benissimo; come sa benissimo che la
liturgia moderna non è affatto opera del Concilio Vaticano II, bensí
dell'azione super-progressista di alcuni prelati infatuati di modernismo,
che agirono col beneplacido di Paolo VI, il quale, poi, parlò in
proposito di una Chiesa in cui erano penetrati i «fumidi Satana»;
come
sa benissimo che da diversi anni la Chiesa non sa piú come fare
per arginare la marea montante della perdita della Fede causata anche dalla
cosiddetta "riforma liturgica" post-conciliare.
Per far comprendere che non esageriamo, e che cioè il "Teologo"
è ben consapevole di ciò che dice, citiamo adesso alcuni
passi ulteriori dello stesso articolo.
Dopo aver riportato il seguente passo del decreto conciliare Sacrosanctum
Concilium (§ 26) «Le azioni liturgiche non sono
azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è "sacramento
di unità", cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la
guida dei vescovi. Perciò appartengono all'intero corpo della Chiesa,
lo manifestano e lo implicano; i singoli membri poi vi sono interessati
in diverso modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici
e dell'attuale partecipazione.»; il nostro "Teologo" conclude
dicendo: «Non è piú il solo sacerdote che "celebra"
la Messa, ma l'intera assemblea riunita quale soggetto ecclesiale che il
celebrante presiede a nome di Cristo.»
Non serve certo una laurea in teologia per capire che la conclusione
del "Teologo" non ha niente a che vedere con il testo del Concilio da lui
stesso citato; quindi, delle due l'una: o il "Teologo" non ha capito niente
del testo del Concilio o lo usa a proprio piacimento, riportandolo in maniera
strumentale per poter poi affermare ciò che vuole e che nel testo
non è detto, magari sfruttando la buona fede dei suoi lettori e
la loro poca attenzione.
Con buona pace della sua presunta "teologia"!
In realtà, al nostro premeva solo scrivere certe frasi ad effetto:
«Non è piú il solo sacerdote che "celebra" la
Messa» (le virgolette sono sue), «il celebrante
presiede a nome di Cristo»; frasi che gli avranno assicurato
il consenso di tanti cattolici modernisti protestantizzati, e che rispondono
all'esigenza di diffondere l'eresia in seno ai fedeli.
Ma la cosa piú ridicola in situazioni come queste è che
le affermazioni buttate lí con noncuranza e con subdoli intendimenti,
non hanno quasi mai la minima rispondenza con la realtà. Ammettiamo
(e non concediamo) che la S. Messa "debba" essere celebrata da tutti i
fedeli: di grazia, sig. "Teologo", quando mai una cosa del genere è
realmente avvenuta? Dal 1964 ad oggi?
Non solo, ma come potrebbe mai accadere se, ancora oggi, per celebrare
la S. Messa la Chiesa prescrive la preventiva ordinazione sacerdotale?
Certo, ci rendiamo conto che il nostro "Teologo" non intendeva dire
questo: non intendeva cioè affermare che tutti i fedeli sono sacerdoti
ordinati e atti a svolgere il ministero presbiteriale, ma allora perché
sottolineare in tono polemico che «non è solo il sacerdote
che "celebra"»? Che senso ha una sottolineatura del genere?
Se non andiamo errati, e non è cosí, da sempre la Chiesa
ha insegnato che i fedeli partecipano alla funzione ministeriale del sacerdote
che opera in persona Christi (non in “nome di Cristo”, che
è cosa ben diversa e ben conosciuta come eretica) in forza della
sua ordinazione, e il Concilio Vaticano II non dice niente di diverso;
come peraltro non dice niente di diverso, nella forma, il nostro "Teologo".
Egli infatti ricorda che le preghiere sono dette «alla
prima persona plurale».
Come è stato fatto sempre! gli ricordiamo noi! (egli si ricorderà
certo ancora del famoso oremus a cui invitava il sacerdote
volgendosi verso il popolo).
Ricorda anche che «le preghiere riservate al sacerdote
sono precedute dal saluto e si concludono con l'Amen di adesione dell'assemblea».
Come è stato fatto sempre! gli ricordiamo noi! (egli si
ricorderà certo del Dominus vobiscum con cui
il sacerdote si rivolgeva al popolo prima di iniziare un nuovo tratto dell'ordinario
della S. Messa, e a cui il popolo rispondeva con et cum spiritu tuo
e con Amen alla fine).
Ricorda anche che nella preghiera eucaristica «il sacerdote,
subito dopo la consacrazione si presenta a Dio dicendo: "Noi tuoi ministri
e questo tuo popolo santo". …il sacerdote prega a nome di tutti».
Come è stato fatto sempre! gli ricordiamo noi! (si ricorderà
certo del nos tibi semper et ubique gratias agere e dell'hymnum
gloriæ tuæ canimus del prefazio; del Te igitur…
supplices rogamus ac petimus; del Memento, Domine, famulorum
famularumque tuarum… et omnium circumstantium… pro quibus tibi offerimus
- vel offerunt; del Communicantes et memoriam venerantes;
dell'Hanc igitur oblationem servitutis nostræ, sed et cunctæ
familiæ tuæ; del Quam oblationem… quæsumus;
dell'Unde et memores, Domine, nos servi tui; del Supplices
te rogamus; del Memento etiam… qui nos precesserunt;
del Nobis quoque peccatoribus; tutti tratti iniziali delle
varie parti del canone della S. Messa Tradizionale, oggi ridotto ai mini
mi termini).
Dicevamo prima, "nella forma", ed è cosí, perché
il nostro "nella sostanza", con l'elenco delle cose che presenta intende
affermare che "adesso" è cosí, e cioè che prima non
era cosí: il che è falso, e lui lo sa benissimo.
Perché mente allora, o meglio, perché si esprime in maniera
da far intendere una cosa non vera?
Semplice: perché intende diffondere la suggestione che tutto
ciò che è nuovo è meglio e tutto ciò che è
vecchio è peggio, anche a costo di far finta di non sapere, in maniera
subdola, che perfino la "nuova Messa" è una copia, sia pur ridotta
e minimizzata, della S. Messa di sempre.
Questo trucchetto da "persuasore occulto" gli permette poi di far passare
bellamente tutte le sue convinzioni, personali e di gruppo: che il popolo
"celebra"; che il prete non è officiante in persona Christi,
ma il "presidente" del circolo dei fedeli; che una volta i fedeli non erano
inseriti nel “ritmo celebrativo della Messa” per colpa di “ataviche esclusioni”;
che il Concilio Vaticano II ha sanzionato una “grande conquista”; e cosí
via… Una sciocchezza dopo l'altra, tutte gratuite, tutte espresse nello
stile "qui lo dico e qui lo nego", tutte funzionali al grande disegno che
mira a convincere i fedeli dell'onnipotenza della democrazia rispetto alla
Rivelazione, la quale può e deve cambiare, aggiornarsi, evolversi
in nome del popolo sovrano e delle sue esigenze mondane e vitalistiche.
Ci dispiacerebbe se non avessimo capito bene le reali intenzioni di
padre Falsini, e se cosí fosse gli rivolgiamo subito, da questa
stessa sede, le nostre piú sentite scuse; ma, se cosí fosse,
non possiamo non far rilevare che la causa prima della nostra eventuale
incomprensione è tutta implicita nel suo scritto, sia per quanto
riguarda la forma sia per quanto riguarda il contenuto.
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