LA REALTÀ APPARENTE DELLA SOVVERSIONE
IL PIANO GIUDAICO-MASSONICO
(6/98)
Il mondo moderno tra miti e realtà
Un tema diffuso nella pubblicistica cattolico-tradizionalista è
quello derivato dal convincimento che la vita pubblica del mondo sia mossa
nascostamente dalle oscure macchinazioni "giudaico-massoniche".
Diciamo subito che il primo elemento che lascia perplessi è che
un simile convincimento finisce col tradursi in un credito eccessivo nei
confronti delle macchinazioni del demonio e in una sorta di sottovalutazione
della forza della Fede; soprattutto ove si pensi che si tratterebbe di
macchinazioni facili da smascherare.
Un'altra cosa molto strana e sospetta è che il convincimento
del "piano giudaico-massonico di sovversione mondiale" sia entrato a far
parte, volta per volta, del bagaglio propagandistico di certo supernazionalismo
di tutte le marche: dal vecchio "progressismo" ottocentesco fino ai "fascismi"
e ai "comunismi" di recente memoria; e cioè di tutte le ideologie
antireligiose e anticristiane degli ultimi due secoli.
Teniamo a precisare, comunque, che la problematica intorno alle idee,
ai programmi e agli atti di quegli ambienti in cui si muovono disinvoltamente
Ebrei ed ebraizzanti, supercapitalisti e massoni, è di quelle che
non può non richiamare l'attenzione e la preoccupazione dei credenti;
eppure tale problematica sembra che non sia stata approfondita a sufficienza,
nonostante su di essa si siano scritte migliaia di pagine. In qualche modo
ci si è limitati ad esaminarla come "dal di fuori", percorrendo
i meandri inestricabili degli effetti, talvolta anche solo di quelli apparenti,
senza cercare di cogliere le cause vere del fenomeno.
Il "problema ebraico" è qualcosa che nasce contemporaneamente
alla predicazione di Cristo; è nei Vangeli che si pone, innanzi
tutto, il nocciolo di questo problema: il Figlio di Dio si incarna nella
stirpe di Davide, in seno al Popolo Eletto, e dalla stirpe di Davide viene
crocifisso: venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto,
dice San Giovanni (1, 11).
Che senso ha questo clamoroso atto di rifiuto della volontà
di Dio da parte del Popolo Eletto?
San Paolo, ebreo ferrato nella conoscenza delle Scritture e dei commenti
talmudici, ne dà una spiegazione (Romani, 11), ma la questione
rimane aperta ancora oggi.
Certo, per un cristiano la non conversione degli Ebrei resta una colpa
grave (Giovanni, 15, 22-25), e non si capisce come ci possano essere
di quelli che pensino che non debba essere cosí; e tuttavia la questione
rimane molto complessa, cosí che è impossibile cercare di
definirla in poche righe. Pensiamo però che sia utile soffermarsi
su alcuni aspetti di essa, da molti misconosciuti o sottovalutati, con
la speranza che possano concorrere ad una seria e attenta riflessione.
La storia del popolo ebraico è un continuo alternarsi di sottomissioni
e di rifiuti della volontà di Dio, e la cosa colpisce non poco trattandosi
del Popolo Eletto; ma ciò che colpisce maggiormente è il
fatto che il popolo ebraico, fra tutti quelli nomadi del suo tempo, è
l'unico che non sia riuscito a trasformarsi in sedentario, neanche dopo
la sostituzione della "Tenda" col Tempio di Gerusalemme; anzi, deportazione
e diaspora sembrano essere gli elementi caratterizzanti di questo gruppo
umano atipico del suo tempo.
La condizione di questo popolo: di "dispersione" in seno ai popoli
vicini, sembra tuttavia una cosa del tutto coerente con la sua stessa costituzione,
come rispondente al disegno divino di riconversione del mondo: gli Ebrei,
sparsi in tutte le nazioni, sono stati come i semi sparsi da Dio in vista
dei frutti della conversione. Questa particolare condizione, del resto,
la si evince dalla stessa lettura dell'Antico Testamento, ma essa assume
tutto il suo significato con l'Incarnazione e con la missione dei Dodici,
inviati a battezzare tutte le genti nel Nome del Padre, del Figlio e della
Spirito Santo.
Vero è che la storia del Popolo Eletto si presenta spesso con
un esclusivismo che fa subito pensare all'isolazionismo piú rigido,
ma se si ha cura di intendere questo esclusivismo solo in termini religiosi
e in funzione della conservazione della sana dottrina, per la salvezza
delle genti, si comprende meglio come l'apparente isolazionismo si potesse
coniugare con la condizione di diaspora che permetteva agli Ebrei di convivere
piú o meno tranquillamente entro gli àmbiti sociali e politici
piú diversi.
Con l'avvento del Cristianesimo questa particolare funzione della diaspora
ebraica diviene ben evidente, cosí che si può affermare che
senza di essa non sarebbe stata possibile la diffusione del Vangelo. Un
elemento degno di nota è dato dal fatto che l'estensore ufficiale
della dottrina cristiana non è tanto uno dei Dodici, ma un esperto
dell'insegnamento rabbinico: Saul, il difensore della Vecchia Legge, per
volontà di Dio divenuto Paolo, il sostenitore e l'Apostolo della
Nuova Legge, il Vangelo. I primi Cristiani erano Ebrei; la predicazione
venne condotta lungo le direttrici degli insediamenti ebraici, da sinagoga
in sinagoga, in seno ai popoli piú diversi; i convertiti ebrei furono
migliaia (Atti, 2, 41; 6, 1 e 7); eppure il popolo ebraico volle
la crocifissione del Cristo, del Messia di Dio; realizzando peraltro le
sue stesse profezie, ancora una volta in perfetta aderenza col disegno
divino.
È curioso il fatto che il Popolo Eletto finisca col concorrere
alla realizzazione dei disegni divini sia quando segue la volontà
di Dio, sia quando la rifiuta, e che ciò avvenga suo malgrado. Vi
è in ciò un grande mistero, come dice San Paolo (Romani,
11, 25).
Questo aspetto misterioso del destino del popolo ebraico è quello
su cui si innestano le piú strane combinazioni, bisogna quindi tenerlo
sempre presente se si vuole cercare di leggere correttamente le vicissitudini
di questo popolo nel corso degli ultimi duemila anni e le stranezze ad
esse legate.
Se il popolo ebraico ha svolto una particolarissima funzione in seno
al vecchio mondo occidentale, tanto che si può affermare che la
sua dispersione fosse del tutto funzionale all'avvento del Cristianesimo,
non può sottovalutarsi il fatto che tale funzione dovesse fondarsi,
dal punto di vista umano, su qualcosa di specifico e di unico, su un fattore
intrinseco, tale da fare di questo popolo quello che è stato ed
è; fattore che non potrebbe considerarsi come scomparso, dal momento
che tale scomparsa dovrebbe corrispondere alla scomparsa dello stesso popolo
ebraico, cosa che non è avvenuta.
Molto verosimilmente il fattore di cui parliamo deve consistere, in
linea generale, nella capacità intrinseca di far da veicolo, anche
involontario, alle influenze soprannaturali, cosí da permetterne
la diffusione in seno alle genti con cui questo popolo viene a contatto.
Ci rendiamo conto che il nostro ragionamento possa dare àdito
a delle supposizioni di tipo "razzistico", ma si tratterebbe proprio di
supposizioni, del tutto infondate, in merito alle quali teniamo a precisare
che ci stiamo riferendo a delle possibilità di ordine esclusivamente
"qualitativo", con la tassativa esclusione di qualsivoglia implicazione
etno-biologica. Se per esempio volessimo riferirci alla "qualità"
intrinseca di Sant'Agostino e volessimo accostarla alla corrispondente
"qualità" di San Bernardo, non staremmo certo parlando di "tipi"
etno-biologici: in vista di quella "qualità" intrinseca, il fatto
che Agostino fosse un africano e Bernardo un gallo-celta non conta proprio
un bel niente. Si tratterebbe della individuazione del "tipo" del Cristiano,
a fronte di che l'etno-biologia degli uomini in questione verrebbe come
risolta e sublimata in una realtà di ben altro livello.
Sarebbe il caso che i sostenitori di concetti assurdi come quelli sul
"semitismo", si rileggessero la Bibbia per accorgersi che il popolo ebraico
è esistito solo in forza della volontà di Dio e della sottomissione
ad essa, senza alcun supporto di ordine etnico (Esodo). La filiazione
delle dodici tribú è essenzialmente spirituale e non necessariamente
biologica (Romani, 9, 6-8).
Peraltro, in forza di questa antica concezione tradizionale, le preoccupazioni
"razzistiche" di certa mentalità moderna sono rimaste sempre del
tutto estranee alla Cristianità, e non ci appartengono, oggigiorno,
se non per l'influenza nefasta che il mondo moderno finisce inevitabilmente
con l'esercitare su tutti noi, sui nostri pensieri e sul nostro linguaggio,
anche nostro malgrado.
Tornando al fattore intrinseco di cui dicevamo prima, resta da chiedersi
che ne è stato di esso dal momento in cui gli Ebrei hanno rifiutato
la conversione e la salvezza offerta loro dal Figlio di Dio.
Per gli Ebrei divenuti Cristiani la questione è risolta con
la "rinascita" cristiana, gli altri, invece, sono rimasti come "in sospeso",
in attesa che si compia per loro quanto profetizzato da San Paolo (Romani,
11, 25-27).
Il rischio che hanno sempre corso gli Ebrei non convertiti nel corso
degli ultimi due millenni è di vedere utilizzata questa loro potenzialità
qualitativa da particolari influenze soprannaturali, quelle legate all'azione
del demonio: rifiutato l'aiuto divino sopraggiunto col Cristianesimo, interrotto
l'antico collegamento con quel che rimaneva della loro tradizione a causa
della distruzione del Tempio e della perdita dei riti sacerdotali, era
come se non godessero piú di alcuna protezione dall'alto, soprattutto
rispetto alle influenze negative che, da quel momento, potevano utilizzare
liberamente la loro potenzialità.
Il tentativo da loro operato di tenere fermi certi elementi religiosi,
nonostante la perdita del sacerdozio levitico, e di mantenere quindi una
certa coesione protettiva di gruppo, si giustifica perfettamente con questa
eventualità: cosí che molti di loro hanno avuto, nel corso
dei secoli, la possibilità di resistere alla tentazione di lasciarsi
andare alle influenze nefaste. Non tutti, però, sono stati in grado
di reggere interiormente e di mantenersi fedeli alla loro residua tradizione,
cosí che si è verificato l'inevitabile.
Quando ci si interroga, oggi, sul ruolo svolto dalla tollerante Cristianità
nei confronti degli Ebrei non convertiti della nuova diaspora (e cioè
dei tanto impropriamente famosi "perfidi giudei") e sulla tanto misconosciuta
protezione che hanno goduto da parte della Chiesa, pochi sono coloro che
tengono conto di quanto abbiamo appena detto. C'è da chiedersi che
cosa sarebbe stato del mondo occidentale e degli stessi Ebrei, se nel corso
del primo millennio la Chiesa li avesse abbandonati a loro stessi.
Sono troppi quelli che dimenticano che la Chiesa ha sempre "riparato"
i piú deboli, e ha sempre trattato degnamente i piú forti,
cosí che le sinagoghe sono sopravvissute fino ad oggi e quel poco
che si poteva preservare si è preservato.
Ciò nonostante, nel corso di questi due millenni si sono verificate
delle cose alquanto strane, soprattutto se si guarda agli ultimi cinque
secoli.
Ci limiteremo a qualche veloce richiamo, data la sede e lo spazio:
l'edificazione della Cristianità, fin quasi all'anno mille, vide
gli Ebrei partecipare, direttamente o indirettamente, a quest'opera di
restaurazione dell'Ordine, ma soprattutto non conobbe fenomeni di sovversione
che in qualche modo potessero ricondursi al pensiero o all'azione dell'ebraismo.
Quando la Cristianità incominciò a risentire di certe
spinte sovvertitrici, si cominciò a notare la presenza di qualche
"pensatore" ebreo, anche piú o meno cristianizzato. A guardare gli
eventi che si produssero intorno al cosiddetto Rinascimento, fino alla
Riforma, è indubbio che la presenza di personaggi ebrei abbia avuto
una sua funzione. Se si guarda poi agli eventi che sono seguiti alla Riforma,
fino ai giorni nostri, questa presenza assume connotazioni perfino inquietanti.
Da notare la corrispondenza che c'è tra graduale sminuizione della
Cristianità, insorgere di concezioni omocentriche, diffusione di
concezioni irreligiose e atee, e crescente posizione eminente di personaggi
ebrei. Questa corrispondenza è quella che ha permesso alla pubblicistica
cattolico-tradizionalista, specie dell'Ottocento, di leggere gli eventi
attraverso l'equazione ebreo = sovversione.
In realtà ciò che si può legittimamente considerare
è che la diffusione di concezioni irreligiose e atee, e quindi anticristiane,
si è avvalsa "anche" di personaggi ebrei; infatti nessuno può
negare che i pensatori, i cultori, i diffusori e i difensori di quelle
stesse concezioni erano "anche" cristiani. Sostenere la responsabilità
causale degli Ebrei equivarrebbe a sostenere l'incapacità di intendere
e di volere dei cristiani, e quindi, al limite, l'inesistenza stessa del
Cristianesimo: il che è assurdo.
Se ci soffermiamo a considerare gli ultimi due secoli, ci accorgiamo
poi che la presenza di personaggi ebrei in tutti gli àmbiti piú
inquietanti e in relazione alle concezioni piú pericolose è
davvero sorprendente, sia quantitativamente sia qualitativamente, per cosí
dire. Ma anche qui non si può far finta di niente di fronte alla
parte attiva svolta dai cristiani, e non come semplici "esecutori di ordini",
ma come ricercatori, studiosi, dirigenti, ecc.; cosa questa che sarebbe
troppo semplicistico liquidare con la spiegazione del "piano di sovversione".
Per accennare velocemente a qualche esempio possiamo ricordare l'ateismo
militante di Marx, o la gran maestria massonica dei Cohen e dei Nathan,
o l'influenza mondialista esercitata dai Rothschild e dai Reinach, o le
perniciose innovazioni culturali e scientifiche di Freud, Bergson, Proust,
Levi-Strauss, Marcuse. Tutti ebrei. E potremmo continuare per centinaia
di pagine.
Solo che dovremmo poi approntare interi libri per presentare gli elenchi
di quei cristiani che si sono fatti ideatori, propugnatori, difensori e
diffusori delle teorie e delle pratiche piú sovversive degli ultimi
secoli.
Se un osservatore disincantato ponesse mano all'esame degli eventi succedutisi
in Occidente negli ultimi mille anni, rileverebbe con la massima facilità
un dato eclatante: tutti i mali che oggi lamentiamo, e che stanno invadendo
in modo indiscriminato il mondo intero, sono nati in seno alla civiltà
cristiana dell'Europa, ad opera di cristiani; e la diffusione di questi
mali dall'Europa alle altre parti del mondo la si deve sempre a dei cristiani.
Seguendo la logica in oggetto, se ne potrebbe benissimo dedurre che esista
un "piano cristiano di sovversione mondiale"; e guarda caso è proprio
quello che si pensa oggi in certe parti del mondo: ci sono di quelli che,
imbevuti loro malgrado di spirito occidentale moderno, accusano il Cristianesimo
di tutte le malefatte dell'Occidente,
poiché ai loro occhi Cristianesimo
e Occidente moderno sono una sola ed unica cosa.
Chi si preoccupa, in tutta buona fede, del destino della Chiesa e della
Fede a fronte dei pericoli derivanti dal "piano giudaico-massonico di sovversione
mondiale", farebbe bene a riflettere su quanto abbiamo appena detto. La
superficialità che si può addebitare a quelli che parlano
di "piano cristiano di sovversione mondiale", è del tutto paragonabile
a quella di coloro che parlano di un ebraismo virulento e sovvertitore,
quasi fosse la causa dei mali del mondo.
Ritornando a quello che possiamo chiamare il "nocciolo" del problema,
ci sembra che sia molto difficile accusare gli Ebrei di "piani" o di "complotti",
senza evitare di rivolgere la stessa accusa anche ai Cristiani.
Ciò posto, resta da chiarire come mai ci si imbatta sempre in
personaggi ebrei, soprattutto considerato che gli Ebrei sono sempre stati
effettivamente una sparuta minoranza e che, fino a qualche secolo fa, sono
stati sempre tenuti sotto controllo, se non altro per il semplice fatto
che loro stessi ci tenevano a rimanere staccati dagli altri. Anche per
una semplice questione aritmetica, appare ben strano che un ebreo non manchi
mai, e piú è perniciosa l'iniziativa o l'idea, piú
l'ebreo lo troviamo in prima linea. Decisamente la cosa deve avere una
spiegazione ben piú complessa di quella del "piano giudaico-massonico".
Abbiamo parlato prima della "specificità" del popolo ebraico,
e abbiamo accennato al fatto che gli stessi Ebrei hanno cercato di salvaguardare
questa specificità, anche inconsciamente; ma è logico che
tale tentativo non poteva sortire effetti automatici e generalizzati: molti
Ebrei, nel corso dei secoli, si sono completamente allontanati dalla propria
tradizione, anche di quel poco che era loro rimasto, e sono rimasti Ebrei
solo dal punto di vista nominale. Cosí facendo, si sono privati
di qualsiasi protezione contro le influenze nefaste, pur mantenendo in
fieri quella potenzialità intrinseca di cui dicevamo prima.
Allorché nel mondo occidentale tali nefaste influenze hanno
incominciato a trovare spazio per produrre gli effetti piú sovvertitori,
fra i primi ad essere investiti dal soffio del demonio vi sono stati anche
gli Ebrei ormai staccati dalla propria residua tradizione. Cosí
sollecitati, costoro sono diventati i veicoli ideali per la diffusione
delle varie infezioni, e lo hanno fatto in maniera del tutto spontanea,
in perfetta buona fede e ignoranza, senza alcun bisogno di pensare o strutturare
"piani" di alcun tipo; anche perché il "vero piano" era già
stato strutturato da "altri", e messo in atto da "altri", e non da adesso
o da ieri: il Vangelo ne parla chiaramente, senza bisogno di dover ricorrere
ai "perfidi giudei" o a qualcos'altro.
Gli Ebrei hanno sempre svolto la funzione "di veicolo", ed allorché
questa funzione non viene diretta "dall'alto", nulla osta che essa venga
diretta "dal basso", soprattutto ove quest'ultima manovra non trovi alcun
ostacolo da parte degli interessati: com'è stato il caso in questi
ultimi cinque secoli (Marx e Freud, che abbiamo citato prima, quasi non
sapevano neanche cosa fosse una sinagoga).
A questo punto è bene fare una precisazione, per non creare equivoci
di sorta. Quando parliamo degli Ebrei ci riferiamo esclusivamente al popolo
ebraico inteso nella sua generalità, cioè alla gente di Israele
che a partire dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme ha vissuto dispersa
in seno ai vari popoli europei e medio-orientali, mantenendo piú
o meno la sua specificità. Non intendiamo riferirci, neanche indirettamente,
ai fenomeni di "semitismo" e a quelli di "sionismo" sorti nell'ultimo secolo
e mezzo, i quali riteniamo non possano rientrare in un discorso serio sul
"problema ebraico".
Le vicende vissute dal popolo ebraico in quest'ultimo periodo appartengono
alla categoria delle aberrazioni moderne, le quali hanno avuto per oggetto
sia gli Ebrei sia tutti gli altri che in un qualche modo si sono trovati
invisi alla mentalità onnipotente e prevaricatrice dei despoti del
momento. Basterebbe citare, per esempio, lo sterminio degli Indiani d'America
ad opera dei fanatici puritani anglosassoni, sedicenti cristiani; o la
sistematica "normalizzazione" attuata dai sedicenti cristiani Inglesi e
Olandesi in Oriente; o l'abominio delle guerre totali e indiscriminate
condotte in nome della libertà e della democrazia col "sacrificio
rituale" di milioni di morti. Vicende che appartengono anche all'ordine
degli effetti generati da quelle stesse influenze nefaste di cui dicevamo
prima; effetti che hanno anche prodotto una accelerazione nel processo
di disgregazione della stessa entità ebraica. Basti citare l'esempio
clamoroso degli Ebrei areligiosi e laici che hanno trovato utile sfruttare
certi luoghi comuni della religiosità ebraica per dare vita ad uno
stato identico a quello che avevano concorso a creare nei paesi europei
negli ultimi secoli, uno stato senza Dio e senza religione, uno stato super-nazionalista
moderno, con in vista la sottomissione di altra gente in nome del progresso
e della democrazia. Senza contare la stranezza di un gruppo di gente che
dopo duemila anni rivendica la proprietà di un territorio abitato
nel frattempo da altri.
Strano mondo il nostro, dove ciò che per qualcuno è follia,
per altri diventa saggezza.
Ci rimane da fare un'ultima precisazione. In tutto il nostro discorso
è a ragion veduta che non abbiamo fatto intervenire elementi di
ordine teologico, perché riteniamo che questi elementi non possano
e non debbano essere confusi con i convincimenti circa "i piani" di qualsivoglia
tipo; sia che si tratti della "questione ebraica" sia che si tratti di
qualunque altra. Quando si mettono insieme correttezza dottrinale e opinioni
di singoli o di gruppi, si finisce sempre con l'incappare nella tentazione
di "muovere guerra" al nemico in Nome di Dio, mentre di fatto si combatte
per sé stessi.
Che gli Ebrei siano in grave errore perché hanno rifiutato la
divinità del Cristo e ne hanno addirittura voluto la crocifissione,
perché hanno combattuto e osteggiato da sempre la Sua Chiesa, perché
hanno tradito l'Alleanza dei loro padri, è cosa innegabile; ma convincersi,
per questo, che tutti i mali che ci capitano addosso, compresi quelli che
ci siamo procurati da noi stessi, siano da addebitare alla stoltezza ebraica,
è cosa che puzza di superstizione.
Che la carità cristiana imponga giustamente di provare a convertire
gli Ebrei recalcitranti, è cosa sacrosanta; ma convincersi che "a
priori" gli Ebrei non ancora convertiti siano già stati condannati
alla Gheenna è cosa scorretta anche dal punto di vista dottrinale.
Un eminente cattolico, solitamente aduso ai richiami rigorosi, già
nel 1300 ricordava:
Siate, Cristiani, a muovervi piú
gravi:
non siate come penna ad ogne vento,
e non crediate che ogne acqua vi lavi.
…
Se mala cupidigia altro vi grida,
uomini siate, e non pecore matte,
sí che 'l Giudeo di voi tra voi
non rida!
(DANTE, Paradiso, V, 73-81)
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