NEI MEANDRI DELLA DEMOCRAZIA

BIOETICA, ETICA E VERITÀ: Dal “pensiero debole” ai “giudizi forti”
(3/99)




Mentre si è parlato dei problemi della bioetica, in occasione dell’iter per l’approvazione di una legge sulla fecondazione assistita, ci è capitato di leggere, su La Stampa del 4 febbraio, con titolo in prima pagina, un articolo del prof. Gianni Vattimo, in cui questi esprimeva dei giudizi politici e filosofico-morali sul comportamento dei partiti in ordine alla discussione e al voto parlamentare sulla legge stessa.

Precisiamo subito che non intendiamo occuparci minimamente di politica, sia per scelta sia perché non abbiamo tempo da perdere, e che quindi la nostra attenzione si rivolgerà all’aspetto filosofico-morale dello scritto del filosofo Vattimo.
Cosí come non ci interessiamo di politica, poco ci importa del Vattimo politico; ma il prof. Vattimo è diventato un nuovo caposcuola in termini di “libero pensiero”: non c’è sciocchezza di cui si parli che il prof. o il suo pubblicizzato “pensiero debole” non vengano citati o addirittura direttamente interpellati.
Per quanto ci riguarda, la cosa non è poi cosí grave, non è un Vattimo in piú che fa la differenza in questo moderno mondo culturale strapieno di pensatori e di menti immaginifiche. Quello che ci preme segnalare, invece, sono le contraddizioni di un modo di ragionare che, al di là del suo valore specifico, è come una cartina di tornasole della situazione complessiva in cui oggi viviamo.

Il prof. Vattimo, rivolgendosi ai politici che si dicono di estrazione cattolica, li invita non «a rinunciare alle proprie convinzioni», ma «a scegliere tra una concezione fondamentalmente confessionale, e perciò tendenzialmente autoritaria, dello Stato, e una concezione laica, liberale, o semplicemente democratica.»
Il trabocchetto è chiaro, tipico di una certa cultura moderna che va per la maggiore: ognuno è libero di avere la propria convinzione, ma dovendo necessariamente scegliere tra una concezione che in fondo sfocia in forme di nazi-comunismo e una concezione democratica, non vi possono essere dubbi che bisogna scegliere la concezione democratica anche se questa non corrisponde alle proprie convinzioni, tanto piú che tali convinzioni sono “tendenzialmente” sbagliate e quindi inammissibili. In altre parole: ognuno è libero di avere la propria convinzione, ma quando questa viene giudicata sbagliata da qualcun’altro egli deve rinunciarvi, altrimenti non è democratico. 
Ma chi sarebbe questo qualcun’altro? 
Non è detto, perché non possiamo neanche supporre che il neoliberale prof. Vattimo intenda annoverarsi tra i detentori della verità. 
Chi sarebbe allora questo qualcun’altro? 

Nessuno. Pare, in effetti, che si sia giunti allo strano convincimento che l’essere democratici, libertari e laici, non solo è cosa sacrosanta e indiscutibilmente giusta, ma è cosa del tutto scontata poiché dire uomo significa dire laico, libertario, democratico.
Ora, pur ammettendo che le cose stiano cosí, anche se è evidente che non lo sono proprio per gli inviti avanzati dallo stesso prof. Vattimo, non v’è dubbio che in primis ci si trovi al cospetto di un modo di vedere che si affida consapevolmente ad una diffusa credenza:  cioè di fronte ad una forma di confessionalismo, quello stesso che il prof. Vattimo rimprovera agli altri; e ad una forma di confessionalismo che comporta i suoi bei dogmi: la laicità, il libertarismo e la democrazia; e che considera il rispetto di questi dogmi come uno spartiacque che separa i buoni dai cattivi; cosí che ognuno è libero di avere le proprie convinzioni, ma sappia che sono sbagliate se non corrispondono a quelle del prof. Vattimo e degli altri come lui. 
Viene spontaneo e immediato considerare che a fronte della “tendenzialità autoritaria” che il prof. addebita ai confessionali cattolici, egli stesso esprime una convinzione che non tende nemmeno, ma è decisamente, definitivamente, irriducibilmente autoritaria. Prima contraddizione.

Bisogna però riconoscere che la “sottilità” di certi pensatori è davvero magistrale, anche se spesso non se ne rendono conto nemmeno gli stessi interessati.
Il prof. Vattimo spiega con un esempio quali sono gli elementi che differenziano i libertari dai confessionali-autoritari, e si richiama al divorzio e all’aborto, che tutti possono praticare o non praticare liberamente per legge dello Stato liberale, e che qualcuno non potrebbe praticare liberamente se ci fossero delle leggi di uno Stato “confessionale”.
Il ragionamento sembra filare, perché è tutto impostato sul dogma libertario, che anche qui il prof. Vattimo dà come scontato e inattaccabile. Ma questo confessionalismo liberale, che è poi del prof. Vattimo per il semplice fatto che il dogma libertario è uno dei moderni tabú, tradisce una sorta di complesso dell’orfano. Rifiutandosi di accettare l’insegnamento della Chiesa a causa dei pregiudizi anticlericali, e costretti quindi a negare la paternità soprannaturale di tale insegnamento, i moderni pensatori sono stati costretti ad inventarsi una supposta origine “naturale” del libertarismo, cosí da sostituire il divino, che per quanto nebuloso per qualcuno è pur sempre chiaro come concetto, col naturale, che non solo non è chiaro come concetto, ma non è neanche un concetto, è solo una mera e gratuita supposizione, poiché essenzialmente fondata su un termine che, fino a prova contraria, non significa niente di preciso. Ci verrebbe da chiedere al prof. Vattimo qual è il significato di “natura”.

Tuttavia, quando diciamo che il ragionamento “sembra” filare, intendiamo dire che, di fatto, quando si afferma che ognuno è libero di non divorziare o di non abortire, si afferma, con piú o meno consapevolezza, una clamorosa bugia o, per meglio dire, una falsità ammantata di belle parole.
Quando il prof. Vattimo invita i suoi interlocutori politici, supposti cattolici, a scegliere, egli non fa altro che porli di fronte ad un falso dilemma, poiché questi possono scegliere solo di essere libertari, diversamente sarebbero bollati come autoritari. Come si vede, in quanto a democraticità, rispetto delle convinzioni altrui e ciondolerie del genere, non c’è proprio niente da dire: questi profondi pensatori sono maestri dell’illusionismo.
Ebbene, lo stesso accade per la “libera” scelta del divorzio e dell’aborto. Ognuno è libero di non divorziare o di non abortire, ma se lo fa è un confessionale-autoritario: Vattimo dixit. Pensate un po’ a tanta povera gente che deve prendere coraggiosamente una decisione “controcorrente” che la porterà a pensare di poter essere considerato un poco di buono o, quanto meno, uno che non capisce niente. Che bella libertà di scelta: certo nessuno ti costringe, ma se non fai come si deve fare, e cioè come dico io, sei un poveretto, da educare, da far crescere, da emancipare.

Massimo rispetto delle convinzioni altrui, dice il prof. Vattimo, ma se si accorge che le mie convinzioni sono di tipo confessionale che, come tutti sanno (!?), tendono all’autoritarismo, ecco che subito mi bacchetta, mi dà del fesso, mi fa capire che non sono molto in grado di intendere e di volere, che in definitiva debbo andare da lui a prendere lumi.
C’è da chiedersi se tutti questi profondi e sofferti pensatori si siano mai posti il problema di poter avere bisogno, a loro volta, dei lumi di qualcuno di quelli che bacchettano. In verità, qualche volta è accaduto, e anche piú volte, che uomini tronfi di sé stessi e delle loro presunte verità, trovandosi in prossimità della morte, abbiano preferito abbandonare l’insicuro per il sicuro e si siano convertiti al piú stretto confessionalismo religioso, distruggendo d’un sol colpo anni di “libero pensiero” e di “dignitoso libertarismo” per guadagnarsi la ricompensa della vita eterna. 
Auguriamo la stessa fortuna al prof. Vattimo, anche tenuto conto del fatto che, fra tutti, egli è convinto che il suo pensare è “debole”, cosa peraltro inspiegabile ove si consideri che da tanta dichiarata debolezza scaturisce poi la conosciuta sicurezza dei suoi assunti e dei suoi consigli. 
Seconda contraddizione.

Ma torniamo al divorzio e all’aborto. La Chiesa li condanna perché sono contrari all’insegnamento di Cristo, e quindi sono contrari alla volontà di Dio, ed essendo Dio la vera causa e il vero fine dell’uomo, ecco che la Chiesa li condanna perché sono contrarie all’uomo, nella sua essenza e nel suo fine.
No, dicono i libertari e i laici e i democratici: non dev’essere la Chiesa a dire cosa dobbiamo fare, ma noi stessi tramite la “discussione e la stipulazione democratica” (come ricorda nell'articolo il prof. Vattimo). Anche qui il discorso sembra avere una qualche parvenza di logica, se non fosse che tale supposta capacità e volontà di “discussione e di stipulazione democratica” è, anch’essa, una mera invenzione fondata sul nulla: fondata cioè su una fantasia intellettuale, senza alcuna rispondenza con la realtà dell’uomo.
Insomma, il prof. Vattimo, che insegna pure all’università e che quindi è pratico di certe cose, vorrebbe sostenere che in campo giuridico, per esempio, le concezioni basilari del diritto sarebbero il risultato di una libera “discussione e stipulazione democratica”; o in campo filosofico, per esempio, i concetti basilari dell’essere, dell’esistenza, della personalità, ecc. (solo per dirne qualcuno) sarebbero il risultato di una libera “discussione e stipulazione democratica”. Ci viene da chiedere al prof. Vattimo sulla base di quale concezione libertaria e democratica egli stesso rinvia a nuovo esame tutti gli studenti che, avessero pure 60 anni, non espongono i detti principi filosofici come vuole lui o come “testualmente” si ritiene debbano essere. Non si tratterebbe forse della violazione della dignità e della libertà dello studente che sull’essere ha tutt’altro convincimento?
No, ci si dice in genere, in questo caso no! Perché lo studente deve apprendere innanzi tutto l’esatta cognizione di una data cosa, solo dopo può esprimersi liberamente sull’argomento. 
Infatti le cose stanno proprio cosí, e in un certo senso è giusto che stiano cosí.

Ora, per quanto possa dispiacere al prof. Vattimo e a quelli come lui, noi siamo pronti ad inchinarci ad un principio del genere: nessuno ha il diritto di parlare di ciò che non conosce. Ma questo principio ci viene proprio dalla nostra convinzione confessionale, poiché riconosciamo che è cosí proprio perché sappiamo per certo che la verità non è dell’uomo e che l’uomo può apprenderla solo per bocca di Dio, cioè per mezzo della Rivelazione e dell’insegnamento della Chiesa.
Come è possibile allora che il prof. Vattimo pratichi lo stesso principio nei confronti dei suoi studenti, sia pure applicato ad àmbiti molto meno significativi? Il fatto è che il prof. Vattimo sa benissimo che un tal principio è inviolabile, per la natura stessa delle cose: ogni insegnamento presuppone uno studente e un insegnante, uno studente ignorante e un insegnante sapiente; e l’insegnante non fa altro che trasmettere allo studente non una sua libera concezione, ma piú o meno esattamente ciò che a sua volta egli ha appreso da un altro insegnante, e cosí via. Si comprende benissimo che in una tale trafila non c’è spazio per la libera concezione, ma che essa si fonda sul presupposto che ciò che viene insegnato è giusto e valido per tutti: confessionali e libertari. In definitiva una tale trafila si fonda su una certezza a priori, che non si permette a nessuno di mettere in discussione.
Ora, davvero c’è da chiedersi in quale momento della storia dell’uomo si sia verificato quello strano processo evocato gratuitamente dal prof. Vattimo: la discussione e la stipulazione democratica. Chi mai ha discusso e stipulato democraticamente un principio giuridico o un principio filosofico?
Sappiamo bene che si obietterà che la discussione e la stipulazione sono relative all’applicazione di certi principi e non ai principi stessi, ma, tenuto conto delle legittime differenze tra l'applicazione dei principi abbandonata all'anarchia dei singoli (modernità) e l'applicazione diretta da una competente autorità appositamente predisposta dall'Alto e assistita dallo Spirito Santo (tradizione), non è quello che ha fatto la Chiesa per duemila anni? Perché allora accusare i suoi insegnamenti e coloro che li seguono di tendenze autoritarie, che nel linguaggio cifrato dei libertari significano nazi-comunismo?
La questione è presto risolta: posto che il principio di insegnare ciò che è corretto e ciò che non lo è debba prescindere dalla opinione del singolo, non è la Chiesa che deve svolgere tale compito, ma il singolo stesso. 
Terza contraddizione.

Ci dica il prof. Vattimo che votazione darebbe ad un suo studente che gli venisse a contare una simile frottola!
Eppure egli certe cose le dice sui giornali, per l’edificazione del popolo e per il miglioramento dei suoi interlocutori. In classe gli daremmo 0. In questa sede diciamo, a lui e agli altri, che sarebbe bene smetterla col considerare tutti come degli idioti e sarebbe molto piú onesto dire liberamente che i libertari vogliono sostituire alla Chiesa di Cristo la loro chiesa personale.

*
*      *

Abbiamo notato poi che il prof. Vattimo, al pari di tanti altri “pensatori” anche cattolici laici e chierici, se l’è presa cosí tanto per quella sciocchezza del voto parlamentare che non l’ha piú finita di scriverci sopra: come se gli stesse per crollare il mondo addosso. E ne ha scritti di “pezzi” per il giornale torinese che verosimilmente qualche anno fa avrebbe volentieri fatto chiudere!
Anche il 6 febbraio scorso, sempre ne La Stampa, nella pagina “Società e cultura” (p. 23), gli è stato pubblicato in bell’evidenza un altro articolo, con a fianco una piccola raccolta di luoghi comuni firmata dall’ex direttore di Famiglia Cristiana, quel tale don Leonardo Zega, per la bisogna ritratto e riprodotto con giacca e cravatta, da buon prete progressista che sembra si vergogni di indossare l’abito col quale si guadagna probabilmente anche il pane.

In quest'altro articolo il prof. Vattimo invita a lasciare da parte Dio quando si tratta di questioni cosí importanti come l’etica e la fecondazione artificiale. Ovviamente l’invito è sempre rivolto ai cattolici, poiché, sembra, il prof. Vattimo l’ha presa proprio a cuore questa sua nuova missione di conversione all’ateismo dei cattolici; e per farlo si serve pure del solito cardinale buono per tutti gli usi, il famoso Tonini della televisione, che ormai tutti conoscono come il nuovo portavoce di Dio per i canali televisivi.
Questa volta il buon pensatore si fa piú serio e cerca di fare capire ai cattolici che in fondo «Dio non ha da fare con gli embrioni e la loro asserita sacralità, piú di quanto abbia da fare con il fatto che qualcuno di noi sia nato con la gobba…». «È da questa concezione antropomorfa… che dipende alla fine tutta la chiacchiera sulla sacralità della vita…».

Certo, lo sapevamo, lui non crede in Dio e comprendiamo bene che debba pure avere le sue buone ragioni: per esempio se credesse in Dio potrebbe correre il rischio che non lo interpelli piú nessuno, tranne ovviamente qualche diocesi modernista: ma lí vi è già una concorrenza spietata.
Ma in cosa crede il prof. Vattimo, oltre che nei dogmi laico-libertari? Ce lo spiega lui stesso in questo “pezzo” magistrale: «Di qui a sacralizzare la struttura del DNA, risultato di un insieme infinito di eventi casuali come casuali sono gli esiti dell’evoluzione, c’è un abisso. Se non vogliamo buttar via  la ricerca scientifica moderna sul cosmo, la vita, l’evoluzione, dobbiamo pensare a Dio come al Dio della storia e non come al misterioso artigiano che produce e regola la natura…» «Se, come insegna il cardinale Tonini, tutto questo non è questione di fede religiosa, lasciamo fuori Dio creatore dalla discussione.»

Diciamo subito che siamo rimasti parecchio compiaciuti nel leggere queste righe, se non altro perché abbiamo appreso che il neo-liberale prof. Vattimo, ateo dichiarato, ama citare l’insegnamento dei cardinali (che finisca col convertirsi? Le vie della Provvidenza sono infinite!).
Ma, ovviamente, quello che ci ha piú colpito è stato il fatto che finalmente abbiamo capito che il dio del prof. Vattimo è “il caso”, con i suoi assistenti: la santa evoluzione e la beata ricerca scientifica.
Come scoperta non c’è che dire, se non che dal prof. Vattimo ci saremmo aspettati qualcosa di piú furbo: evidentemente stiamo correndo il rischio di dargli una importanza che non ha.

Che cosa significa che la struttura del DNA è il risultato di un insieme infinito di eventi casuali? D’accordo che il prof. è un filosofo, ma la cosa è veramente un poco astrusa, per non dire altro: insomma il prof. Vattimo vorrebbe sostenere che lui stesso, il suo sentire, il suo pensare, il suo stesso essere il prof. Vattimo, il tutto non è altro che un caso, un accidenti, qualcuno potrebbe dire: un incidente!? Beh!, noi non ci crediamo! E siamo sicuri che non ci crede nemmeno lui.
Però lo afferma: e dice anche che il suo DNA è il “risultato di un insieme infinito di eventi casuali”. No, non ci crede neanche lui, ne siamo certi: diversamente non si sarebbe permesso di parlare seriamente di “un insieme infinito di eventi” che dà un “risultato”, e cioè di una cosa che non finisce mai e che, proprio per questo, è finita. Una enormità del genere può averla detta solo per giuoco, poiché diversamente sorgerebbero forti dubbi sulla sua preparazione accademica. 

Ma “il caso” resta, ed è lí a dimostrarci che si tratta del dio del prof.: tutto in questo mondo esiste per caso, secondo lui. 
Ma, per quanto ci sforziamo, non riusciamo a capire che cosa voglia veramente affermare: cosa sarà mai questo “Caso Onnipotente”? Se non vogliamo subito dire che corrisponde al nulla, a cosa mai corrisponderà nella mente di tanti profondi pensatori?
Noi, nel nostro piccolo, siamo certi che è una balla. Ma facciamo qualche esempio.

Se una persona è malvista da un’altra, e quest’ultima è un po’ cattivella, può benissimo accadere che la seconda decida di fare lo sgambetto alla prima non appena se ne presenti l’occasione. Se la prima è una persona ingenua e per niente sospettosa, che non si aspetta mai una cosa del genere dalla seconda: non appena questa le farà lo sgambetto, che cosa penserà? Che si è trattato di un caso!
Se una persona è trasandata e non si è mai preoccupata di allacciarsi le scarpe, anche perché ingenuamente è convinta che questo non comporta niente di particolare, quando le capiterà di cadere per le scale inciampando nei lacci, che cosa penserà? Che si è trattato di un caso: chiunque può cadere dalle scale per caso!
Ora, al di là dei nostri paradossi, che cos’è mai il caso se non un modo di dire a fronte di qualcosa che non si conosce? Quando il prof. Vattimo ricorda che anche l’evoluzione è dovuta al caso, non dice altro che quello che in modo diverso hanno continuato a dire tutti i ricercatori dopo Darwin: l’evoluzione dev’essere data per certa (?), ma non conosciamo il suo processo: probabilmente tutto avviene “per caso”.
Insomma, la piú clamorosa delle dichiarazioni di impotenza e di ignoranza, altrimenti detta “caso”: è questo il dio del prof. Vattimo. E poi pretende di dare lezioni agli altri: che vada prima a leggersi piú seriamente qualche testo di logica, e poi ne parliamo!

Se poi la cosa gli risultasse particolarmente dura da intendere, gli consigliamo un libro abbastanza facile da leggere e da capire, un libro che, come si dice oggi, è un “best seller”, un successo editoriale, insomma letto piú o meno da tutti: la Bibbia. Da buon democratico non dovrebbe rifiutarsi di attingere alla stessa fonte da cui hanno attinto tutti gli Occidentali degli ultimi duemila anni. Se poi avesse qualche perplessità circa il suo contenuto, se lo faccia spiegare dal cardinale Tonini, che non è certo una cima, ma almeno è già d’accordo con lui su tante cose: potrebbe anche essere un buon inizio… 
Chissà!… a volte… il caso!

Belvecchio


ALLA PRIMA PAGINA (Home)
AL SOMMARIO GENERALE
AL SOMMARIO PER ARGOMENTI