È ANCORA POSSIBILE UN’EUROPA CRISTIANA ?
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Questo il titolo della conferenza organizzata dalla Fraternità Sacerdotale S. Pio X a Torino, il 5 febbraio di quest’anno, nei locali dell'Hotel Genova.
La conferenza è stata tenuta dal prof. Agostino Sanfratello, di Roma, che ha esposto con mirabile eloquio la condizione di degrado morale, religioso e spirituale in cui versa questa parte del mondo, e non solo, che un tempo fu la culla della Cristianità.
Nel segnalare gli elementi principali esposti dall’Oratore, ne approfitteremo per ricordare alcune questioni di “lettura storica” delle vicende europee degli ultimi secoli, che possono aiutare a far luce sulle cause che hanno condotto al degrado odierno.

L’abbandono della religiosità della vita, che è stato ed è effetto e causa della perdita dei valori cristiani, ha condotto l’Europa, e quella sua appendice occidentale che è l’America, ad uno stato di degrado tale che non si riesce piú neanche a concepire come potessero vivere religiosamente i nostri padri, qualche secolo fa.

L’Oratore ha fatto giustamente notare come nel corso del Medio Evo i popoli cristiani dell’Europa fossero riusciti a realizzare, pur nei limiti delle imperfezioni umane, gli insegnamenti del Cristo e dei suoi Apostoli, cosí da attuare un tipo di società civile in cui, sulle brutture della mera esistenza, brillavano primariamente le luci della devozione, del culto e della lode a Dio. 

Eppure l’uomo moderno non è capace nemmeno di immaginare come ciò potesse essere possibile, e ha finito col far sua la leggenda atea e illuminista del “buio Medio Evo”. D’altronde non bisogna dimenticare che tale leggenda ha radici ben piú complesse e remote: basti ricordare che l’oblio dei valori che informavano la Cristianità era già un fatto compiuto nel XV secolo, ed è proprio questo che permise poi a Lutero di lacerare la Tunica “senza cuciture” di Nostro Signore, che è il corpo stesso della Santa Chiesa. Già a partire dalla seconda metà del XIV secolo si produsse misteriosamente una sorta di rimozione della memoria, e il Medio Evo, da allora, divenne un tempo oscuro e buio, dove non v’era nulla da vedere. Un vuoto da riempire e che i sapienti di allora si affrettarono a colmare con la riscoperta della classicità greco-romana, riveduta e corretta ad uso di un modo di pensare e di sentire che doveva poi sfociare in quella che i filosofi dell’Ottocento chiameranno “la morte di Dio”.
Se si fa caso all’uso dei termini, quasi sempre rivelatore, non si può fare a meno di considerare il fatto che il dopo Medio Evo sia stato chiamato “rinascimento”, come a voler indicare, anche inconsapevolmente, che si fosse subita la morte e che da essa si fosse “rinati”. Una nuova resurrezione: la resurrezione dell’uomo terreno, contrapposta al trionfo della Resurrezione del Figlio dell’Uomo, i cui fermenti nella vita civile vengono considerati come la morte.
Sembra un artificio linguistico, ma a ben riflettere le cose si sono svolte esattamente cosí. Il “rinascimento” ha dato vita realmente ad una nuova nascita: e la crescita della nuova creatura si andò realizzando con sufficiente celerità. Il XVI secolo partorí la Riforma. Il VXII secolo partorí il mercantilismo. Il XVIII secolo partorí l’illuminismo e il naturalismo. Il XIX secolo partorí il materialismo, l’ideologismo, il liberalismo e il socialismo. Il XX secolo ha partorito il comunismo, il nazismo, le distruzioni indiscriminate di massa, il mondialismo, e si avvia ad imporre al mondo intero tutta la nefanda produzione europea degli ultimi quattro secoli.

Come ha fatto ben notare l’Oratore, oggi viviamo in un mondo che a Dio e agli insegnamenti del Suo Unico Figlio ha sostituito il denaro, il mercato, il piacere. Un mondo che si affretta a dichiarare che il concetto di Dio, la riflessione sull’esistenza, la meditazione sul mistero della vita, la ricerca della verità, sono cose troppo nebulose e sfuggenti, e che l’uomo ha bisogno di elementi piú tangibili per dare un senso alla sua esistenza. E questi elementi, guarda caso, sono ancora piú imprendibili e inconsistenti di quelli messi in stato di accusa. 

Elementi quali la libertà di pensiero, la libera d’intrapresa, l’eguaglianza dei diritti, che si dicono fondati sulla stessa natura umana, non solo non sono rintracciabili in nessun angolo del vivere civile odierno (perché, si dice, non ancora del tutto realizzati), ma sono senza alcun significato reale nella loro essenza (o nella loro non essenza), perché poggiano su una mera affermazione verbale e gratuita degli uomini. La mancanza di riscontro nella realtà dello stesso concetto di democrazia, tanto caro ai nostri giorni, è la riprova della reale inesistenza di tali gratuiti assunti.

L’Oratore ha chiamato “diritti di carta” queste innumerevoli “Carte dei Diritti” che vorrebbero essere fondanti di chissà che. E a giusta ragione: se tali diritti, si dice, scaturiscono dalla volontà della cosiddetta maggioranza, non v’è dubbio che una qualsiasi altra maggioranza potrebbe farne scaturire degli altri, cosí che questi scambievoli e cangianti “punti fermi” non sono altro che flatus vocis, altrimenti detto “aria fritta”. E sarebbe questo nulla a costituire il fondamento del pensare e del sentire moderno. Questo stesso nulla a voler grottescamente scimmiottare le leggi di Dio e della sua Chiesa. 

I cristiani sono stati sempre educati ad adorare un Dio di cui miravano tangibilmente l’“immagine” e le “opere”; la nuova religione universale, invece, ci insegna ad adorare qualcosa di cui non sappiamo niente, nemmeno che esista; e quando chiediamo lumi perché ci dicano cos’è, dov’è, com’è, ci si risponde che siamo noi stessi che abbiamo deciso “democraticamente” e “liberamente” della sua esistenza. Si tratta della piú grande impostura della storia dell’umanità.

Il prof. Sanfratello ha fatto qualche esempio. Chi è che dirige effettivamente il mondo odierno? La cosiddetta libera circolazione della ricchezza! Ci si dice. Ebbene, tale supposta ricchezza non esiste, perché tutte le cifre piú o meno astronomiche di cui si parla non sono altro che il risultato di dati contabili artificiali. Che accadrebbe se un bel giorno tutti gli abitanti della Germania, per esempio, si recassero alla Deutsche Bank per riscuotere il corrispettivo di quei pezzi di carta che si chiamano “moneta circolante” e su cui sta scritto “pagabili al portatore”? Semplice, si scoprirebbe immediatamente che non v’è niente con cui “pagare” il corrispettivo del pezzo di carta; e che quindi quel pezzo di carta non vale assolutamente niente.

Ma se il pezzo di carta non vale niente, non valgono niente neanche i cosiddetti possessori della ricchezza. Cosí che siamo giunti al punto che a dirigere le sorti della vita dei popoli vi siano dei millantatori, peraltro anch’essi inconsapevoli: gente che non ha neanche il potere della ricchezza. Eppure tale potere esiste! Ma è proprio questo il punto. Esiste un potere fondato sul nulla, fondato solo sulle chiacchiere e sugli artifici contabili, un potere fondato su una cosa supposta esistere, la ricchezza, ma che di fatto non esiste. E tutto ciò può reggersi in piedi solo se sostenuto da qualcosa che è ben piú forte della realtà apparente: sull’opera dell’occulto ed operoso padre della menzogna.
Qualcuno si potrà anche scandalizzare per l’uso di espressioni come queste. Ma il Vangelo è pieno di richiami del genere; e se questi richiami possono a volte sembrare poco chiari, non è possibile eludere le constatazioni che possono farsi ai giorni nostri. Le dichiarazioni di principio sono solo delle mere enunciazioni verbali. Il loro contenuto è fuori da ogni realtà tangibile. Il potere del denaro è una mezza verità. Lo stesso denaro esiste solo fittiziamente. I detentori del potere fondano la loro prerogativa sul nulla. La concezione democratica con la quale si pretende che sia il popolo ad “auto-governarsi” abolisce di fatto ogni ricerca delle responsabilità: che diventano essere di tutti e quindi di nessuno. Di che si tratta allora? Di nient’altro che di una sorta di suggestione e di illusione collettiva!
Che ci si vada a rileggere i Vangeli, e lí si troverà pari pari l’annuncio di un mondo come il nostro, un mondo di inganni e di illusioni, di suggestione e di parodia. Un mondo in cui sembrerà che per un attimo trionfi l’Anticristo.

D’altronde, anche per una semplice questione di logica, se l’Anticristo è un mistificatore, come lo è, non v’è dubbio che non potrebbe far presa su uomini desti e attenti a non lasciarsi ingannare dalle illusioni, pur considerando la potenza delle sue illusioni e suggestioni che, come dice il Vangelo, inganneranno anche gli Eletti, se possibile. Ma il padre della menzogna è anche maestro dell’inganno ed ha quindi provveduto in tempo a determinare sottilmente e, per certi versi, inavvertitamente uno stato d’animo generale che fosse in grado di fare accettare all’uomo moderno certe illusioni come fossero delle verità e dei principi. E questo lavoro è stato svolto con meticolosità e con pazienza nel corso degli ultimi secoli. 
Non è difficile produrre degli esempi.
Dopo il trionfo della Riforma nell’Europa centrale e settentrionale, nel XVII secolo si andò diffondendo la concezione dell’uomo “per bene”, cosí che i criteri di rispettabilità umana si trasferirono lentamente ma decisamente dall’uomo timorato di Dio all’uomo che si comportava bene in casa e nella società.  Il criterio morale, cioè, incominciò a non tenere piú conto dell’assunto che il timorato di Dio fosse inevitabilmente un uomo “per bene”, ma finí col fondarsi sul rovescio di questo assunto: cosí che l’uomo “per bene” venne considerato, per ciò stesso, timorato di Dio. Era un tempo in cui i due aspetti si confondevano, e non è un caso che questa tendenza trovò ampio spazio per affermarsi proprio nelle aree in cui aveva trionfato la Riforma. L’esempio tipico è dato dai cosiddetti “puritani” di area anglicana, dove l’elemento formale della legge morale raggiunse aspetti parossistici e diede vita a quel coacervo di ipocrisia e di contraddizioni che è la cosiddetta “democrazia americana”. Molto semplicemente si fecero, in maniera eclatante, 16 secoli di passi indietro, affermando la supremazia della lettera sullo spirito dei Vangeli; cosa che già Nostro Signore aveva bollato a fuoco (cfr. Mt, V e VI; Lc, VI).
Tutto questo permise di seminare la zizzania della possibile autonomia conoscitiva dell’uomo: che con le sue sole forze poteva essere in grado di comprendere la sua esistenza, di governarla e di condurla verso splendidi destini. Da qui al dubbio che si potesse fare a meno degli insegnamenti della Religione c’era solo un piccolo passo, fatto il quale si giunse inevitabilmente al rifiuto stesso della Religione e alla messa in problematica della Rivelazione, della volontà di Dio, e perfino di Dio stesso. Siamo nel XVIII secolo: il secolo dei lumi.
Era accaduto, molto semplicemente, che il processo della Riforma, lo stimolo alla autonomia conoscitiva dell’uomo e, soprattutto, la concezione dell’uomo “per bene” come uomo attivo e attento ai destini terreni della società umana, erano serviti propedeuticamente a preparare il rifiuto di Dio. Peraltro, cosa di notevole importanza, la stragrande maggioranza degli uomini “per bene” era religiosa e praticante, quindi l’inganno si fondava su elementi difficilmente riconoscibili e attaccabili. Quando quelle prime generazioni scomparvero e si affacciarono le nuove che rivelarono quale fosse il vero scopo di questo gran da fare, il danno ormai era fatto: anzi, a fronte delle nuove pretese areligiose, si finí col guardare indietro come ai tempi migliori, sforzandosi di imitare pensieri, atteggiamenti e impegni che, in realtà, erano stati i procacciatori degli errori coevi. Una sorta di circolo vizioso, un inganno accessorio e necessario, cosí da dare l’illusione della resistenza mentre invece si imbracciavano le armi del nemico. Un clamoroso e sofisticato inganno, eseguito in fondo con una tecnica semplicissima, che continua ad essere usata ancora oggi.
Eppure, in qualche modo, fino al XVIII secolo, parlare della inesistenza di Dio, tutto sommato, era cosa riservata agli intellettuali, e se la diffusione di un simile modo di pensare doveva servire a predisporre l’uomo ad accettare ogni risplendente sciocchezza di tipo pratico e materiale, di fatto la cosa non corrispondeva ancora al rifiuto sentito e convinto della presenza di Dio nella vita degli uomini. Restava insomma nell’animo umano uno spazio, piú o meno avvertito, ove Dio teneva il suo posto, sia pure dimentico e offuscato. Occorreva allora che si riuscisse ad estirpare, per quanto umanamente possibile, anche questo residuo di verità. Ma la cosa non poteva prodursi in maniera tale da fare avvertire una rottura decisa e, in pratica, inaccettabile. 
Si innescò quindi un nuovo complesso processo ingannatorio che ebbe inizio con l’utilizzo delle conseguenze pratiche della mentalità instaurata prima: l’utilizzo, cioè, delle possibili applicazioni pratiche che potevano derivare dalle speculazioni teoriche precedenti, in modo da legare gli uomini a dei vantaggi tangibili in ordine alla conduzione ordinaria della vita, e, di conseguenza, a dei bisogni che, richiedendo sempre una maggiore e immediata soddisfazione, li distraessero sempre piú dal pensiero di Dio. Questo lavoro condusse alla esaltazione della produzione umana, ad una sorta di sogno di onnipotenza, e, soprattutto, alla accettazione dell’idea che tutto l’essere e tutta l’esistenza non consistessero in altro, in fondo, che nella realtà della materia suscettibile di indefinite utilizzazioni da parte del genio dell’uomo. Nacque cosí il materialismo e il naturalismo. Tutto nella natura, tutto nella materia, tutto nell’uomo e nelle sue innate capacità di realizzazione.
Sembrò davvero il trionfo dell’ Anticristo. La negazione di Dio, prima solo teorica, divenne quasi un fatto scontato, inevitabilmente e logicamente irrefutabile.
Ma il trucco c’era anche stavolta, ed era ancora piú sottile e inavvertibile che nel passato.
Si giunse ad una cosí smaccata presunzione umana, che gli stessi “pensatori” non poterono fare a meno di reagire: vi sono cosí tante componenti dell’uomo che sfuggono al dominio della materia che il trionfo del materialismo non poteva che suscitare una reazione.
Ecco allora realizzarsi il grande inganno. Nello stesso XIX secolo, che fu il secolo del materialismo, si provvide bellamente a suscitare i diversivi atti a richiamare l’attenzione di tutti coloro che non potevano accettare l’idea che l’esistenza fosse solo un fatto materiale.
Si giunse al tanto decantato idealismo, con le sue propaggini nichiliste, in modo da dirottare la reazione al materialismo verso forme di pensiero e di appagamento intellettuale che fossero in grado di confondere la trascendenza di Dio con le impalpabili fumisterie della mente umana, il tutto accompagnato da nuove suggestioni pseudo-spirituali, capaci di colpire l’immaginazione dell’uomo e di stimolare le sue pulsioni piú incontrollabili. Fu il tempo del magnetismo e dell’ occultismo, dell’idealismo magico e del nichilismo superomista, del messianismo politico e dello psicologismo scientifico. Una sorta di esplosione dell’impalpabile giustificata come necessaria reazione al materialismo. 
Di fatto si realizzò l’abbandono di ogni freno morale, di ogni possibile contenimento delle pulsioni, per giungere finalmente allo scopo ultimo dell’avversario: lo scatenamento dell’esatto rovescio delle forze sovraumane: le forze sub-umane, che ormai si potevano permettere il lusso di presentarsi come surrogato accettabile del trascendente, proprio in forza della loro connotazione di imprendibilità.
Siamo nel XX secolo, nel corso del quale sono state condotte quelle azioni di sterminio di massa dette impropriamente “guerre”, tutte giustificate da prese di posizione affatto teoriche e artificiali: dal razzismo alla libertà, dalla giustizia sociale alla democrazia. Non solo, ma è proprio nel XX secolo che si assiste all’esplosione di quelle deviazioni mentali, psicologiche e comportamentali che con un eufemismo tutto moderno vengono chiamate “battaglie per i diritti civili”. L’inganno e la suggestione portano i loro frutti: la disgregazione della famiglia, l’assoggettamento della donna al processo produttivo, la schiavitú dell’uomo nei confronti del successo, l’affermazione della morbosità e del vizio come fattori di realizzazione esistenziale, la cosiddetta libera scelta della propria sessualità, la irresponsabile e delinquenziale pretesa di poter uccidere liberamente i propri figli mentre stanno per nascere, l’abbandono e il disprezzo per gli anziani, la confusione tra l’amore e la concupiscenza, l’uso indiscriminato delle bevande inebrianti, degli intrugli pseudo curativi, delle droghe, la confusione tra riposo e snervante attività cosiddetta “del divertimento”, la assurda pretesa della ricerca “personale” del trascendente, la esaltazione dell’orrido, del deviante, del difettoso, dell’anormale, la puerile e patetica ricerca delle panacee mantiche e delle brancolanti applicazioni psicanalitiche, la ossessiva lettura dell’esperienza in termini psichiatrici, l’angoscia esistenziale scambiata per stimolo vitale, l’esaltazione di ogni incontrollato e illusorio brulichio di vita, l’ansia di servirsi della morte altrui per il supposto prolungamento della propria vita, la incontrollabile ed esponenziale manipolazione di ogni forma di vita, e l’autocompiacente pretesa di generalizzare tutto questo, di imporlo a chiunque, di “mondializzarlo”, scambiando il tutto per il non plus ultra del progresso e della civiltà. 
Se l’uomo di oggi avesse veramente anche un minimo di coscienza di sé, si accorgerebbe subito che si tratta di un gigantesco inganno.

Il prof. Sanfratello ha ricordato alcune di queste pretese “progressiste”, sottolineando il fatto che molte di queste aberrazioni, come il divorzio e l’aborto, sono diventate “norme giuridiche” anche grazie all’acquiescenza di tantissimi “conduttori della cosa pubblica” che si dicono ancora cristiani, ma che, anche loro malgrado, sono gli utili idioti della situazione. Chisssà se un giorno, noi o i nostri figli, si possa fare giustizia di tanto scempio? Si è chiesto l’Oratore.
A suo parere è necessario che ci si rivesta delle armi della giustizia, quella vera, quella che scaturisce dagli insegnamenti della vera Religione, per arroccarsi su tutti i possibili ridotti della resistenza di diritto divino, affinché un giorno sia possibile risalire la china della perdizione lungo la quale ci hanno condotto uomini e concezioni dissennate e diaboliche.

Che le speranze dell’Oratore si realizzino è cosa che attiene piú alla Volontà di Dio e al disegno della Divina Provvidenza, che alla volontà di noi uomini. Non perché il rispetto umano della Verità non passi innanzi tutto per la volontà degli uomini, ma perché esistono due sole possibilità per realizzare speranze come queste, e delle due solo una ha piú probabilità di essere praticata.
L’Oratore ha parlato tenendo presente il suo interrogativo iniziale: È ancora possibile una Europa cristiana? Noi siamo convinti che innanzi tutto si debba prendere in considerazione un altro interrogativo: È ancora possibile che in Europa ci siamo dei cristiani?

Certo, sarebbe bello se si potesse ritornare alla Cristianità, sia pure adattata ai tempi nostri, ma abbiamo l’impressione che il disordine e l’errore si siano spinti troppo oltre per poter pensare ad un qualche serio rimedio, senza che si debba invece prendere in considerazione quanto profetizzato da Nostro Signore per i tempi ultimi. Piuttosto, dagli stessi passi dei Vangeli, sembra sia arrivato il tempo di preoccuparsi che non vengano ingannati anche gli eletti, se possibile; cosí che l’impellenza di una qualche azione noi la rivolgeremmo a far sí che quelli che possono, che vogliono e che rientrano nel piano del disegno divino (che solo Dio conosce) siano stimolati a riappropriarsi della vera essenza dell’insegnamento del Cristo, per conformarvi la propria esistenza e costituire un baluardo inespugnabile.
D’altronde, anche in vista di un possibile raddrizzamento dell’Europa, una azione come quella da noi indicata come prevalente sarebbe da considerare come indispensabile preparazione: cosí che essa si presenta come necessaria in entrambi i casi. A Dio piacendo.

CC

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