È ANCORA POSSIBILE UN’EUROPA CRISTIANA ?
(3/99)
Questo il titolo della conferenza organizzata dalla Fraternità
Sacerdotale S. Pio X a Torino, il 5 febbraio di quest’anno, nei locali
dell'Hotel Genova.
La conferenza è stata tenuta dal prof. Agostino Sanfratello,
di Roma, che ha esposto con mirabile eloquio la condizione di degrado morale,
religioso e spirituale in cui versa questa parte del mondo, e non solo,
che un tempo fu la culla della Cristianità.
Nel segnalare gli elementi principali esposti dall’Oratore, ne approfitteremo
per ricordare alcune questioni di “lettura storica” delle vicende europee
degli ultimi secoli, che possono aiutare a far luce sulle cause che hanno
condotto al degrado odierno.
L’abbandono della religiosità della vita, che è stato
ed è effetto e causa della perdita dei valori cristiani, ha condotto
l’Europa, e quella sua appendice occidentale che è l’America, ad
uno stato di degrado tale che non si riesce piú neanche a concepire
come potessero vivere religiosamente i nostri padri, qualche secolo fa.
L’Oratore ha fatto giustamente notare come nel corso del Medio
Evo i popoli cristiani dell’Europa fossero riusciti a realizzare, pur nei
limiti delle imperfezioni umane, gli insegnamenti del Cristo e dei suoi
Apostoli, cosí da attuare un tipo di società civile in cui,
sulle brutture della mera esistenza, brillavano primariamente le luci della
devozione, del culto e della lode a Dio.
Eppure l’uomo moderno non è capace nemmeno di immaginare come
ciò potesse essere possibile, e ha finito col far sua la leggenda
atea e illuminista del “buio Medio Evo”. D’altronde non bisogna dimenticare
che tale leggenda ha radici ben piú complesse e remote: basti ricordare
che l’oblio dei valori che informavano la Cristianità era già
un fatto compiuto nel XV secolo, ed è proprio questo che permise
poi a Lutero di lacerare la Tunica “senza cuciture” di Nostro Signore,
che è il corpo stesso della Santa Chiesa. Già a partire dalla
seconda metà del XIV secolo si produsse misteriosamente una sorta
di rimozione della memoria, e il Medio Evo, da allora, divenne un tempo
oscuro e buio, dove non v’era nulla da vedere. Un vuoto da riempire e che
i sapienti di allora si affrettarono a colmare con la riscoperta della
classicità greco-romana, riveduta e corretta ad uso di un modo di
pensare e di sentire che doveva poi sfociare in quella che i filosofi dell’Ottocento
chiameranno “la morte di Dio”.
Se si fa caso all’uso dei termini, quasi sempre rivelatore, non si
può fare a meno di considerare il fatto che il dopo Medio Evo sia
stato chiamato “rinascimento”, come a voler indicare, anche inconsapevolmente,
che si fosse subita la morte e che da essa si fosse “rinati”. Una nuova
resurrezione: la resurrezione dell’uomo terreno, contrapposta al trionfo
della Resurrezione del Figlio dell’Uomo, i cui fermenti nella vita civile
vengono considerati come la morte.
Sembra un artificio linguistico, ma a ben riflettere le cose si sono
svolte esattamente cosí. Il “rinascimento” ha dato vita realmente
ad una nuova nascita: e la crescita della nuova creatura si andò
realizzando con sufficiente celerità. Il XVI secolo partorí
la Riforma. Il VXII secolo partorí il mercantilismo. Il XVIII secolo
partorí l’illuminismo e il naturalismo. Il XIX secolo partorí
il materialismo, l’ideologismo, il liberalismo e il socialismo. Il XX secolo
ha partorito il comunismo, il nazismo, le distruzioni indiscriminate di
massa, il mondialismo, e si avvia ad imporre al mondo intero tutta la nefanda
produzione europea degli ultimi quattro secoli.
Come ha fatto ben notare l’Oratore, oggi viviamo in un mondo
che a Dio e agli insegnamenti del Suo Unico Figlio ha sostituito il denaro,
il mercato, il piacere. Un mondo che si affretta a dichiarare che il concetto
di Dio, la riflessione sull’esistenza, la meditazione sul mistero della
vita, la ricerca della verità, sono cose troppo nebulose e sfuggenti,
e che l’uomo ha bisogno di elementi piú tangibili per dare un senso
alla sua esistenza. E questi elementi, guarda caso, sono ancora piú
imprendibili e inconsistenti di quelli messi in stato di accusa.
Elementi quali la libertà di pensiero, la libera d’intrapresa,
l’eguaglianza dei diritti, che si dicono fondati sulla stessa natura umana,
non solo non sono rintracciabili in nessun angolo del vivere civile odierno
(perché, si dice, non ancora del tutto realizzati), ma sono senza
alcun significato reale nella loro essenza (o nella loro non essenza),
perché poggiano su una mera affermazione verbale e gratuita degli
uomini. La mancanza di riscontro nella realtà dello stesso concetto
di democrazia, tanto caro ai nostri giorni, è la riprova della reale
inesistenza di tali gratuiti assunti.
L’Oratore ha chiamato “diritti di carta” queste innumerevoli
“Carte dei Diritti” che vorrebbero essere fondanti di chissà che.
E a giusta ragione: se tali diritti, si dice, scaturiscono dalla volontà
della cosiddetta maggioranza, non v’è dubbio che una qualsiasi altra
maggioranza potrebbe farne scaturire degli altri, cosí che questi
scambievoli e cangianti “punti fermi” non sono altro che flatus vocis,
altrimenti detto “aria fritta”. E sarebbe questo nulla a costituire il
fondamento del pensare e del sentire moderno. Questo stesso nulla a voler
grottescamente scimmiottare le leggi di Dio e della sua Chiesa.
I cristiani sono stati sempre educati ad adorare un Dio di cui miravano
tangibilmente l’“immagine” e le “opere”; la nuova religione universale,
invece, ci insegna ad adorare qualcosa di cui non sappiamo niente, nemmeno
che esista; e quando chiediamo lumi perché ci dicano cos’è,
dov’è, com’è, ci si risponde che siamo noi stessi che abbiamo
deciso “democraticamente” e “liberamente” della sua esistenza. Si tratta
della piú grande impostura della storia dell’umanità.
Il prof. Sanfratello ha fatto qualche esempio. Chi è che
dirige effettivamente il mondo odierno? La cosiddetta libera circolazione
della ricchezza! Ci si dice. Ebbene, tale supposta ricchezza non esiste,
perché tutte le cifre piú o meno astronomiche di cui si parla
non sono altro che il risultato di dati contabili artificiali. Che accadrebbe
se un bel giorno tutti gli abitanti della Germania, per esempio, si recassero
alla Deutsche Bank per riscuotere il corrispettivo di quei pezzi di carta
che si chiamano “moneta circolante” e su cui sta scritto “pagabili al portatore”?
Semplice, si scoprirebbe immediatamente che non v’è niente con cui
“pagare” il corrispettivo del pezzo di carta; e che quindi quel pezzo di
carta non vale assolutamente niente.
Ma se il pezzo di carta non vale niente, non valgono niente neanche
i cosiddetti possessori della ricchezza. Cosí che siamo giunti al
punto che a dirigere le sorti della vita dei popoli vi siano dei millantatori,
peraltro anch’essi inconsapevoli: gente che non ha neanche il potere della
ricchezza. Eppure tale potere esiste! Ma è proprio questo il punto.
Esiste un potere fondato sul nulla, fondato solo sulle chiacchiere e sugli
artifici contabili, un potere fondato su una cosa supposta esistere, la
ricchezza, ma che di fatto non esiste. E tutto ciò può reggersi
in piedi solo se sostenuto da qualcosa che è ben piú forte
della realtà apparente: sull’opera dell’occulto ed operoso padre
della menzogna.
Qualcuno si potrà anche scandalizzare per l’uso di espressioni
come queste. Ma il Vangelo è pieno di richiami del genere; e se
questi richiami possono a volte sembrare poco chiari, non è possibile
eludere le constatazioni che possono farsi ai giorni nostri. Le dichiarazioni
di principio sono solo delle mere enunciazioni verbali. Il loro contenuto
è fuori da ogni realtà tangibile. Il potere del denaro è
una mezza verità. Lo stesso denaro esiste solo fittiziamente. I
detentori del potere fondano la loro prerogativa sul nulla. La concezione
democratica con la quale si pretende che sia il popolo ad “auto-governarsi”
abolisce di fatto ogni ricerca delle responsabilità: che diventano
essere di tutti e quindi di nessuno. Di che si tratta allora? Di nient’altro
che di una sorta di suggestione e di illusione collettiva!
Che ci si vada a rileggere i Vangeli, e lí si troverà
pari pari l’annuncio di un mondo come il nostro, un mondo di inganni e
di illusioni, di suggestione e di parodia. Un mondo in cui sembrerà
che per un attimo trionfi l’Anticristo.
D’altronde, anche per una semplice questione di logica, se l’Anticristo
è un mistificatore, come lo è, non v’è dubbio che
non potrebbe far presa su uomini desti e attenti a non lasciarsi ingannare
dalle illusioni, pur considerando la potenza delle sue illusioni e suggestioni
che, come dice il Vangelo, inganneranno anche gli Eletti, se possibile.
Ma il padre della menzogna è anche maestro dell’inganno ed ha quindi
provveduto in tempo a determinare sottilmente e, per certi versi, inavvertitamente
uno stato d’animo generale che fosse in grado di fare accettare all’uomo
moderno certe illusioni come fossero delle verità e dei principi.
E questo lavoro è stato svolto con meticolosità e con pazienza
nel corso degli ultimi secoli.
Non è difficile produrre degli esempi.
Dopo il trionfo della Riforma nell’Europa centrale e settentrionale,
nel XVII secolo si andò diffondendo la concezione dell’uomo “per
bene”, cosí che i criteri di rispettabilità umana si trasferirono
lentamente ma decisamente dall’uomo timorato di Dio all’uomo che si comportava
bene in casa e nella società. Il criterio morale, cioè,
incominciò a non tenere piú conto dell’assunto che il timorato
di Dio fosse inevitabilmente un uomo “per bene”, ma finí col fondarsi
sul rovescio di questo assunto: cosí che l’uomo “per bene” venne
considerato, per ciò stesso, timorato di Dio. Era un tempo in cui
i due aspetti si confondevano, e non è un caso che questa tendenza
trovò ampio spazio per affermarsi proprio nelle aree in cui aveva
trionfato la Riforma. L’esempio tipico è dato dai cosiddetti “puritani”
di area anglicana, dove l’elemento formale della legge morale raggiunse
aspetti parossistici e diede vita a quel coacervo di ipocrisia e di contraddizioni
che è la cosiddetta “democrazia americana”. Molto semplicemente
si fecero, in maniera eclatante, 16 secoli di passi indietro, affermando
la supremazia della lettera sullo spirito dei Vangeli; cosa che già
Nostro Signore aveva bollato a fuoco (cfr. Mt, V e VI; Lc,
VI).
Tutto questo permise di seminare la zizzania della possibile autonomia
conoscitiva dell’uomo: che con le sue sole forze poteva essere in grado
di comprendere la sua esistenza, di governarla e di condurla verso splendidi
destini. Da qui al dubbio che si potesse fare a meno degli insegnamenti
della Religione c’era solo un piccolo passo, fatto il quale si giunse inevitabilmente
al rifiuto stesso della Religione e alla messa in problematica della Rivelazione,
della volontà di Dio, e perfino di Dio stesso. Siamo nel XVIII secolo:
il secolo dei lumi.
Era accaduto, molto semplicemente, che il processo della Riforma, lo
stimolo alla autonomia conoscitiva dell’uomo e, soprattutto, la concezione
dell’uomo “per bene” come uomo attivo e attento ai destini terreni della
società umana, erano serviti propedeuticamente a preparare il rifiuto
di Dio. Peraltro, cosa di notevole importanza, la stragrande maggioranza
degli uomini “per bene” era religiosa e praticante, quindi l’inganno si
fondava su elementi difficilmente riconoscibili e attaccabili. Quando quelle
prime generazioni scomparvero e si affacciarono le nuove che rivelarono
quale fosse il vero scopo di questo gran da fare, il danno ormai era fatto:
anzi, a fronte delle nuove pretese areligiose, si finí col guardare
indietro come ai tempi migliori, sforzandosi di imitare pensieri, atteggiamenti
e impegni che, in realtà, erano stati i procacciatori degli errori
coevi. Una sorta di circolo vizioso, un inganno accessorio e necessario,
cosí da dare l’illusione della resistenza mentre invece si imbracciavano
le armi del nemico. Un clamoroso e sofisticato inganno, eseguito in fondo
con una tecnica semplicissima, che continua ad essere usata ancora oggi.
Eppure, in qualche modo, fino al XVIII secolo, parlare della inesistenza
di Dio, tutto sommato, era cosa riservata agli intellettuali, e se la diffusione
di un simile modo di pensare doveva servire a predisporre l’uomo ad accettare
ogni risplendente sciocchezza di tipo pratico e materiale, di fatto la
cosa non corrispondeva ancora al rifiuto sentito e convinto della presenza
di Dio nella vita degli uomini. Restava insomma nell’animo umano uno spazio,
piú o meno avvertito, ove Dio teneva il suo posto, sia pure dimentico
e offuscato. Occorreva allora che si riuscisse ad estirpare, per quanto
umanamente possibile, anche questo residuo di verità. Ma la cosa
non poteva prodursi in maniera tale da fare avvertire una rottura decisa
e, in pratica, inaccettabile.
Si innescò quindi un nuovo complesso processo ingannatorio che
ebbe inizio con l’utilizzo delle conseguenze pratiche della mentalità
instaurata prima: l’utilizzo, cioè, delle possibili applicazioni
pratiche che potevano derivare dalle speculazioni teoriche precedenti,
in modo da legare gli uomini a dei vantaggi tangibili in ordine alla conduzione
ordinaria della vita, e, di conseguenza, a dei bisogni che, richiedendo
sempre una maggiore e immediata soddisfazione, li distraessero sempre piú
dal pensiero di Dio. Questo lavoro condusse alla esaltazione della produzione
umana, ad una sorta di sogno di onnipotenza, e, soprattutto, alla accettazione
dell’idea che tutto l’essere e tutta l’esistenza non consistessero in altro,
in fondo, che nella realtà della materia suscettibile di indefinite
utilizzazioni da parte del genio dell’uomo. Nacque cosí il materialismo
e il naturalismo. Tutto nella natura, tutto nella materia, tutto nell’uomo
e nelle sue innate capacità di realizzazione.
Sembrò davvero il trionfo dell’ Anticristo. La negazione di
Dio, prima solo teorica, divenne quasi un fatto scontato, inevitabilmente
e logicamente irrefutabile.
Ma il trucco c’era anche stavolta, ed era ancora piú sottile
e inavvertibile che nel passato.
Si giunse ad una cosí smaccata presunzione umana, che gli stessi
“pensatori” non poterono fare a meno di reagire: vi sono cosí tante
componenti dell’uomo che sfuggono al dominio della materia che il trionfo
del materialismo non poteva che suscitare una reazione.
Ecco allora realizzarsi il grande inganno. Nello stesso XIX secolo,
che fu il secolo del materialismo, si provvide bellamente a suscitare i
diversivi atti a richiamare l’attenzione di tutti coloro che non potevano
accettare l’idea che l’esistenza fosse solo un fatto materiale.
Si giunse al tanto decantato idealismo, con le sue propaggini nichiliste,
in modo da dirottare la reazione al materialismo verso forme di pensiero
e di appagamento intellettuale che fossero in grado di confondere la trascendenza
di Dio con le impalpabili fumisterie della mente umana, il tutto accompagnato
da nuove suggestioni pseudo-spirituali, capaci di colpire l’immaginazione
dell’uomo e di stimolare le sue pulsioni piú incontrollabili. Fu
il tempo del magnetismo e dell’ occultismo, dell’idealismo magico e del
nichilismo superomista, del messianismo politico e dello psicologismo scientifico.
Una sorta di esplosione dell’impalpabile giustificata come necessaria reazione
al materialismo.
Di fatto si realizzò l’abbandono di ogni freno morale, di ogni
possibile contenimento delle pulsioni, per giungere finalmente allo scopo
ultimo dell’avversario: lo scatenamento dell’esatto rovescio delle forze
sovraumane: le forze sub-umane, che ormai si potevano permettere il lusso
di presentarsi come surrogato accettabile del trascendente, proprio in
forza della loro connotazione di imprendibilità.
Siamo nel XX secolo, nel corso del quale sono state condotte quelle
azioni di sterminio di massa dette impropriamente “guerre”, tutte giustificate
da prese di posizione affatto teoriche e artificiali: dal razzismo alla
libertà, dalla giustizia sociale alla democrazia. Non solo, ma è
proprio nel XX secolo che si assiste all’esplosione di quelle deviazioni
mentali, psicologiche e comportamentali che con un eufemismo tutto moderno
vengono chiamate “battaglie per i diritti civili”. L’inganno e la suggestione
portano i loro frutti: la disgregazione della famiglia, l’assoggettamento
della donna al processo produttivo, la schiavitú dell’uomo nei confronti
del successo, l’affermazione della morbosità e del vizio come fattori
di realizzazione esistenziale, la cosiddetta libera scelta della propria
sessualità, la irresponsabile e delinquenziale pretesa di poter
uccidere liberamente i propri figli mentre stanno per nascere, l’abbandono
e il disprezzo per gli anziani, la confusione tra l’amore e la concupiscenza,
l’uso indiscriminato delle bevande inebrianti, degli intrugli pseudo curativi,
delle droghe, la confusione tra riposo e snervante attività cosiddetta
“del divertimento”, la assurda pretesa della ricerca “personale” del trascendente,
la esaltazione dell’orrido, del deviante, del difettoso, dell’anormale,
la puerile e patetica ricerca delle panacee mantiche e delle brancolanti
applicazioni psicanalitiche, la ossessiva lettura dell’esperienza in termini
psichiatrici, l’angoscia esistenziale scambiata per stimolo vitale, l’esaltazione
di ogni incontrollato e illusorio brulichio di vita, l’ansia di servirsi
della morte altrui per il supposto prolungamento della propria vita, la
incontrollabile ed esponenziale manipolazione di ogni forma di vita, e
l’autocompiacente pretesa di generalizzare tutto questo, di imporlo a chiunque,
di “mondializzarlo”, scambiando il tutto per il non plus ultra del progresso
e della civiltà.
Se l’uomo di oggi avesse veramente anche un minimo di coscienza di
sé, si accorgerebbe subito che si tratta di un gigantesco inganno.
Il prof. Sanfratello ha ricordato alcune di queste pretese “progressiste”,
sottolineando il fatto che molte di queste aberrazioni, come il divorzio
e l’aborto, sono diventate “norme giuridiche” anche grazie all’acquiescenza
di tantissimi “conduttori della cosa pubblica” che si dicono ancora cristiani,
ma che, anche loro malgrado, sono gli utili idioti della situazione. Chisssà
se un giorno, noi o i nostri figli, si possa fare giustizia di tanto scempio?
Si è chiesto l’Oratore.
A suo parere è necessario che ci si rivesta delle armi della
giustizia, quella vera, quella che scaturisce dagli insegnamenti della
vera Religione, per arroccarsi su tutti i possibili ridotti della resistenza
di diritto divino, affinché un giorno sia possibile risalire la
china della perdizione lungo la quale ci hanno condotto uomini e concezioni
dissennate e diaboliche.
Che le speranze dell’Oratore si realizzino è cosa che attiene
piú alla Volontà di Dio e al disegno della Divina Provvidenza,
che alla volontà di noi uomini. Non perché il rispetto umano
della Verità non passi innanzi tutto per la volontà degli
uomini, ma perché esistono due sole possibilità per realizzare
speranze come queste, e delle due solo una ha piú probabilità
di essere praticata.
L’Oratore ha parlato tenendo presente il suo interrogativo iniziale:
È ancora possibile una Europa cristiana? Noi siamo convinti che
innanzi tutto si debba prendere in considerazione un altro interrogativo:
È ancora possibile che in Europa ci siamo dei cristiani?
Certo, sarebbe bello se si potesse ritornare alla Cristianità,
sia pure adattata ai tempi nostri, ma abbiamo l’impressione che il disordine
e l’errore si siano spinti troppo oltre per poter pensare ad un qualche
serio rimedio, senza che si debba invece prendere in considerazione quanto
profetizzato da Nostro Signore per i tempi ultimi. Piuttosto, dagli stessi
passi dei Vangeli, sembra sia arrivato il tempo di preoccuparsi che non
vengano ingannati anche gli eletti, se possibile; cosí che l’impellenza
di una qualche azione noi la rivolgeremmo a far sí che quelli che
possono, che vogliono e che rientrano nel piano del disegno divino (che
solo Dio conosce) siano stimolati a riappropriarsi della vera essenza dell’insegnamento
del Cristo, per conformarvi la propria esistenza e costituire un baluardo
inespugnabile.
D’altronde, anche in vista di un possibile raddrizzamento dell’Europa,
una azione come quella da noi indicata come prevalente sarebbe da considerare
come indispensabile preparazione: cosí che essa si presenta come
necessaria in entrambi i casi. A Dio piacendo.
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