LA  SANTA  MESSA  CONTESTATA
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Come preannunciato, la S. Messa tradizionale in una piazza di Torino c’è stata: Domenica 14 febbraio, alle ore 11. Una giornata particolarmente rigida in un periodo piú freddo del solito, che certamente ha limitato il numero dei fedeli presenti: per una S. Messa all’aperto e a cui si doveva assistere in piedi.

Ovviamente per noi cattolici non v’è stata alcuna meraviglia: è scontato che la Domenica si celebri la S. Messa; qui o là poco importa, purché si renda lode a Dio secondo i suoi insegnamenti e le prescrizioni liturgiche della Santa Chiesa.
Qualcuno però è rimasto scandalizzato, non certo le autorità locali come tali, che hanno concesso l’uso della piazza e che hanno provveduto a presidiarla in armi, forse perché era in causa anche la partecipazione ufficiale di una forza politica. Loro, le autorità, si sono limitate a permettere il libero esercizio di un culto, esattamente come avevano già fatto per  i musulmani un mese prima, senza entrare nel merito: cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, shintoisti, induisti, confuciani, animisti, spiritisti, ecc., ecc., di fronte alla legge che tutela la libertà di culto sono tutti uguali.

Ma noi non siamo la legge, noi siamo cattolici, che ossequiamo sí la legge dello Stato, senza però che ci si possa chiedere di condividerla, sia dal punto di vista sociale, sia da quello morale, sia e soprattutto da quello religioso. Sarebbe una cosa molto strana pretendere che uno creda in un solo Dio, il suo, che si sforzi di vivere di conseguenza e, al tempo stesso, tratti con lo stesso metro di giudizio i suoi correligionari e quelli che dicono di credere in un dio che invece è falso. Forse, in una goliardica discussione da salotto, dove ognuno è possibile che dica tutto e il contrario di tutto, tanto lo fa solo per passare il tempo in compagnia, forse lí certi discorsi si potranno pure fare, con tutte le riserve del caso, ovviamente; ma nella vita vera, quella di tutti i giorni, quella che si vive per esserci o per sforzarsi di esserci, quella che è significata anche dalla conduzione delle cose ordinarie, come gli insegnamenti da dare ai propri figli, in questa vita vissuta non si può pretendere che uno sia cattolico e, contemporaneamente, dica che un musulmano o un ebreo o un confuciano fanno bene a essere tali. Non v’è dubbio che una concezione del genere è inapplicabile, poiché chi vivesse anche solo cercando di applicarla sarebbe una sorta di schizofrenico. 
Solo chi non è cattolico potrebbe riuscirci, poiché per lui essere cattolici o musulmani è la stessa cosa, in fondo non gliene importa niente.

È questo uno dei motivi per cui è stata celebrata la S. Messa quel giorno, perché esiste la tendenza, ormai diffusa ed anche radicata, di equiparare tutto quello che sembra riguardare la religione con la religione stessa, di trattare tutto l’àmbito del sacro con una distaccata e pragmatica indifferenza: in fondo, si dice, è una faccenda privata. Il sacerdote che ha pronunciato l’omelia lo ha detto chiaramente: «Non vogliamo fonderci, non vogliamo sparire nel calderone del mondialismo dove tutto è uguale».
Ma una espressione cosí chiara, cosí ovvia, oseremmo dire, sembra che a molti abbia dato modo di dire che si tratta di una cosa sbagliata. La contraddizione dovrebbe saltare all’occhio, ma in effetti le cose sono un poco piú complicate. 
Se uno in privato dice che è cattolico, che è nato cattolico, come diecine di generazioni dei suoi antenati, che vuole rimanere cattolico, che vuole vivere e morire come cattolico: va tutto bene, nessuno ha niente da ridire, ma se questo lo dice in pubblico e ovviamente lo dice con spirito cattolico, con forme cattoliche, con espressioni cattoliche, con un sentire ed un parlare cattolici: ecco che non va piú bene! Non si può offendere la sensibilità altrui! gli si dice.
Insomma, in questo mondo ove ad ogni pie’ sospinto ci viene ammannito il predicozzo sulla libertà, chi volesse essere cattolico potrà esserlo solo a metà: quasi di nascosto, nel chiuso dei muri di casa, in silenzio rispetto al mondo, in atteggiamento dimesso e condiscendente verso qualsiasi cosa venga detta e fatta in contraddizione con l’essere cattolici. 
Questa è la realtà in cui viviamo e che si fa ogni giorno piú opprimente. Tutto il resto è solo chiacchiera e aria fritta.

La televisione e i giornali ne hanno parlato: prima e dopo la S. Messa; sembrava quasi che fossero mossi dall’interesse e dall’attenzione per un pugno di credenti che intendeva dimostrare pubblicamente la propria coerenza con ciò in cui crede. Tutt’altro, purtroppo, perché si è trattato semplicemente del dito puntato contro quelli che sono stati definiti “facitori di discordia” e “operatori di divisioni”.
Perfino il giornale della Curia s’è unito al coro. «Non si possono celebrare le messe per sottolineare divisioni tra gli uomini, o in contrapposizione ad altre persone e situazioni», ha dichiarato ai giornali il provicario mons. Peradotto.
Ci dispiace che mons. Peradotto non fosse presente alla celebrazione, ma certamente sarà stato informato del suo svolgimento, delle preghiere recitate e cantate, del contenuto dell’omelia, dell’altare posto a Oriente, delle sei candele rituali con al centro la Croce di Nostro Signore, della consapevole e attenta partecipazione dei fedeli alle preghiere e ai canti; di tutto questo sarà certamente stato informato da qualcuno dei canonici del Duomo che è venuto a “prendere” quella S. Messa, come si usava dire una volta a Torino. Ed allora saprà certamente che non si è trattato affatto di una S. Messa “per dividere” e “per contrapporre”: tutt’altro. Si è semplicemente trattato della S. Messa di Quinquagesima, la stessa celebrata da S. S. Giovanni XXIII, quella stessa con cui si è aperto e chiuso il Concilio Vaticano II e con cui hanno officiato tutti i Padri conciliari, la medesima che ha celebrato a Torino, alla chiesa della Misericordia, il vescovo ausiliare della diocesi S. E. mons. Micchiardi, e che è capitato di celebrare poco tempo fa, sempre alla Misericordia, allo stesso mons. Peradotto; e non della «messa … che, va ricordato, ricalcava il rito del ’500», come si è lasciato sfuggire per disattenzione nel parlare con i giornalisti. 
Per di piú una S. Messa che nello spirito dei fedeli, del sacerdote che l’ha celebrata e dei chierici che lo hanno assistito nella celebrazione, ha semplicemente “ricalcato”, pari pari, l’insegnamento di Nostro Signore, com’è giusto che sia, sempre, dovunque.
Potremmo citare i Vangeli riempiendo diecine di pagine, ma mons. Peradotto e gli altri conoscono i Vangeli meglio di noi, perciò basta solo qualche richiamo per rinfrescare loro la memoria.
«Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde» (Mt XII, 30; Lc XI, 23)
« Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! … Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra?, No, vi dico, ma la divisione.» (Lc XII, 49 e 51; Mt, X, 34)
«…ma se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo.». (Lc XIII, 3 e 5)
«Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui.» (Gv III, 36).
«Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio che si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.» (Gv XV, 5-6).
«Se non fossi venuto e non avessi parlato, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato.» (Gv XV, 22).
Senza contare  Mt X, 14-15 e XII, 49-50; Mc III, 32-34 e VI, 11; Lc VIII, 21 e IX, 5 e X, 10-12; Gv III, 18 e VI, 28-29 e VI, 40 e VIII, 42-44 e VIII,47 e IX, 41 e XII, 47-48 e XVII, 3 e XX, 22-23; ecc.

Cosa ha detto di diverso don Luigi Moncalero nella sua omelia?

Certo, sono state ricordate anche le epiche battaglie contro i Mori, e comprendiamo bene che per l'attuale clima di “revisionismo anticattolico” in cui si son voluti immergere tanti prelati e fedeli di oggi, la cosa è sembrata un po’ insolita. Ma solo questo, un po’ insolita, perché certamente, in ordine al rispetto della oggi tanto amata “verità storica”, il giovane sacerdote torinese non ha fatto altro che ricordare quello che la Chiesa, fino a qualche decennio fa, ha sempre considerato come sacrosanto. Che poi oggi ci si voglia compiacere nel ripetere fino all’ossessione che i nostri padri hanno sbagliato, tanto che un giorno si rimprovererà loro perfino di averci messo al mondo e di averci battezzato, questo è un “problema di coscienza” che riguarda solo coloro che se lo pongono, e che per il giudizio restano affidati alla Misericordia di Dio.

L’altro aspetto particolare di questa S. Messa è consistito nel fatto che è stata celebrata da un sacerdote della Fraternità Sacerdotale S. Pio X, don Michele Simoulin, Superiore del Distretto Italiano della Fraternità. 
Certo, se fosse stato disponibile mons. Peradotto, non sarebbe stato necessario ricorrere alla carità della Fraternità S. Pio X, ma visto che la Curia si disinteressa dei bisogni spirituali di certi fedeli, ringraziamo Iddio che essi possano avere la possibilità di usufruire dell’opera pastorale di questi sacerdoti.
Mons. Peradotto ha dichiarato ai giornalisti che per i «nostri fedeli… non era lecito partecipare a quella messa», e dobbiamo ritenere che egli parli anche a nome della Curia.
Ricordiamo a mons. Peradotto, alla Curia e ai fedeli, che il § 2 del canone 844 del Codice di Diritto Canonico vigente recita cosí:
§ 2.  Quoties necessitas id postulet aut vera spiritualis utilitas id suadeat, et dummodo periculum vitetur erroris vel indifferentismi, licet christifidelibus quibus physice aut moraliter impossibile sit accedere ad ministrum catholicum, sacramenta paenitentiae, Eucharistiae et unctionis infirmorum recipere a ministris non catholicis, in quorum Ecclesia valida exsistunt praedicta sacramenta.
(Ogni qualvolta è richiesto da uno stato di necessità o imposto da una reale utilità spirituale, e a condizione che si eviti ogni pericolo di errore o di indifferentismo, è lecito ai fedeli che si trovino nella impossibilità fisica o morale di ricorrere ad un ministro cattolico di ricevere i sacramenti della penitenza, dell’Eucarestia e dell’unzione degli infermi da ministri non cattolici, nella Chiesa dei quali esistano validamente i detti sacramenti).

Ora, se le cose stanno in questo modo, e tenuto conto del fatto che lo stesso mons. Peradotto riconosce pubblicamente che i sacerdoti della Fraternità sono dei veri e propri sacerdoti; e che quindi la S. Messa celebrata quel giorno è sacramentalmente valida perché viene amministrato un Sacramento valido da ministri validi; e considerato che il canone citato concede addirittura l’accesso a chiese non cattoliche, mentre in questo caso si tratta sempre della stessa Chiesa cattolica con a capo il S. Padre per il quale il sacerdote celebrante ha pregato nella preghiera del Canone; e visto altresí che i fedeli per necessità e utilità spirituale non avrebbero potuto servirsi di altri sacerdoti, ed erano del tutto coscienti di non cadere nell’errore o nell’indifferentismo; posto ciò: i fedeli che hanno partecipato a quella S. Messa non hanno tenuto alcun comportamento illecito.
Forse mons. Peradotto, nel dire che questi sacerdoti «sono in contrapposizione alla Chiesa ufficiale», avrà inteso riferirsi alla scomunica che grava su di essi. Ma questo è tutto un altro discorso; poiché i fedeli sanno bene in che modo devono essere intese le scomuniche comminate oggigiorno dalla gerarchia attuale: e l’insegnamento evidente, pubblicizzato, ripetuto, enfatizzato e glorificato ce lo danno in tutte le occasioni i vescovi e lo stesso S. Padre, quando pregano, invocano Iddio, “concelebrano” con tutti gli scomunicati di questo mondo: dai denigratori ufficiali del papato ai negatori della verginità di Maria SS., dai negatori del sacerdozio cattolico ai dispregiatori della S. Eucarestia.

Si guardi il calendario predisposto per l’anno giubilare, pubblicato nell’Ascensione scorsa, a firma del card. Etchegaray, Presidente del Comitato del Grande Giubileo.
Si legge al § 10 della presentazione: 
«Il “Calendario dell’Anno Santo 2000" ha recepito questo desiderio del Santo Padre e della Chiesa intera [?]. In esso sono già previsti alcuni importanti incontri a sfondo ecumenico. Altri, come l’auspicato incontro pan-cristiano, se ne potrebbero aggiungere. Vi sono contatti con le altre Chiese e Comunità ecclesiali. Anche le Chiese locali sono invitate a ricercare insieme ai fratelli cristiani possibili forme di celebrazioni comuni nell’Anno Santo, che possano divenire un’occasione di incontro, di preghiera e di dialogo fra tutti i cristiani.»

Ed ecco un saggio del detto calendario:

18/1/2000 
- Inizio della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani (2) - Basilica di S. Paolo fuori le mura - Apertura della Porta Santa - Celebrazione ecumenica
[(2) Durante la Settimana sono previste celebrazioni ecumeniche nelle basiliche e chiese di Roma, presiedute dai Rappresentanti delle Confessioni cristiane. Si prepareranno sussidi anche per le Chiese locali.]

25/1/2000 
- Festa della Conversione di San Paolo Apostolo - Basilica di S. Paolo fuori le mura - Celebrazione ecumenica a conclusione della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani

7/5/2000 
- III Domenica di Pasqua- Colosseo - Commemorazione ecumenica per i “nuovi martiri”

11/6/2000 
- Solennità di Pentecoste - Basilica di S. Pietro - Giornata di preghiera per la collaborazione fra le diverse Religioni (5)
[(5) Per tale circostanza si preparerà un sussidio anche per le Chiese locali.]
 

Se i nostri Pastori pregano e concelebrano con gli scomunicati anticattolici, i semplici fedeli saranno pure liberi di pregare legittimamente Nostro Signore e il Padre Nostro con dei regolari sacerdoti che risultano essere scomunicati solo perché sanno di dover difendere la Santa Chiesa cattolica anche “malgrado Pietro”!

Per concludere, ci soffermeremo su due piccole curiosità.
Il dott. Marco Tosatti, che cura per La Stampa le notizie che riguardano la vita della Santa Chiesa, ha riportato una intervista con un certo Mario Marazziti, della Comunità di sant’Egidio, che dimostra fino a che punto certi cattolici scambino Dio con gli idoli. Il signore in questione, che dev’essere sicuramente un “cattolico praticante”, affronta il problema della cosiddetta “società multietnica” con quella leggerezza che è ormai l’arma psicologica di tutti i modernisti. 
Egli sostiene, per esempio, che il problema della rigidità della sharya (la legge sociale islamica) è facilmente risolvibile con una cura intensiva di democrazia (come fosse la chemioterapia, insomma!), poiché, sembra dire, i musulmani in fondo non capiscono niente, sono cosí arretrati che continuano a credere che si possa vivere secondo la legge divina (almeno per loro questa è la sharya): basta insegnare loro la democrazia, ed ecco risolti tutti i problemi. 
Come credente non c’è che dire! 
Viviamo davvero in un altro mondo, in un mondo allucinante: un tempo si pensava a convertire i musulmani col Vangelo, oggi ci sono tanti sedicenti cattolici convinti che piú che il Vangelo può la democrazia. Hanno vinto gli idoli! Che il Signore abbia pietà di questi falsi cattolici!

Non poteva mancare l’intervista con qualche portavoce dei musulmani, visto che i giornali hanno lasciato intendere che la S. Messa fosse celebrata contro di loro. Il che, non solo è senza significato dal punto di vista cattolico, ma è impossibile anche dal punto di vista semplicemente logico: i cattolici pregano per loro stessi e chiedono a Dio di salvarli dalle insidie del demonio; e quando è il caso chiedono a Dio di illuminare gli infedeli perché si convertano al vero Dio. È impossibile scorgere in tutto questo qualcosa contro i musulmani, e don Luigi Moncalero l’ha detto chiaramente: «non ce l’abbiamo con i musulmani». 
Ma cosa ha detto quel signore musulmano che guida la preghiera di altri musulmani? Che la cosa gli stava bene, che i cristiani pregavano allo stesso titolo in base al quale avevano pregato loro musulmani un mese prima: «…è questo un segno di democrazia, tutelata in Italia da quella Costituzione che consente a tutti…». 
Cosa c’entri poi la democrazia col Ramadan non riusciamo a capirlo.
Per quel che ne sappiamo, secondo la legge islamica (e cioè secondo i dettami del Corano) i cristiani e gli ebrei sono credenti di “serie B”, e quindi trattati come tali dai musulmani sia dal punto di vista religioso, sia da quello morale, sia da quello sociale. Da un musulmano apprendiamo invece che, secondo lui, siamo tutti uguali grazie alla “democrazia”.
Ora, o questo signore nasconde le sue vere convinzioni morali e religiose, per trarre in inganno gli altri, o crede davvero a quello che ha detto, dimostrando cosí che anche lui è un “credente” relativizzato convertitosi ultimamente alla “Santa Democrazia”.

E poi c’è chi dice che quella S. Messa non andava celebrata. 
Altro che! Andava sí celebrata, era ed è giustificata, e sarà il caso di celebrarne tante altre, lí e dovunque i fedeli cattolici percepiscano che si stia mettendo a repentaglio la loro identità di discepoli dell’Unigenito Figlio di Dio, Gesú Cristo nostro Signore e Salvatore nostro. 
A Lui gloria e lode nei secoli dei secoli.

CC


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