![]() |
![]() |
Le grandi celebrazioni della Chiesa post-conciliare 14 maggio 2000 TERZA GIORNATA NAZIONALE DEI TRAPIANTI
(9/2000)
Con la complicità della solita Famiglia Cristiana domenica
14 maggio si è consumato un’ulteriore scempio della S. Messa,
sempre in nome di una generica e banale “carità cristiana” di cui
tutti parlano e nessuno sa piú ormai cosa sia.
Vediamo di cosa si tratta. Innanzi tutto la lettera di presentazione al Parroco. Questa è stata redatta dall’ANED e firmata dal suo Coordinatore Nazionale dr.ssa Franca Pellini Gabardini. Questa signora, con tono mielato e retorico, certamente senza rendersene conto, ha accumulato un buon numero di spropositi: testimoniando inconsciamente il mediocre grado di serietà di simili iniziative. “I sacerdoti ed i parroci in modo particolare rivestono un ruolo significativo nella comunità [parrocchiale]…”Noi non conosciamo questa signora, ma ci viene il dubbio che non sia una cattolica, poiché non ha nozione del ruolo gerarchico svolto dai sacerdoti in seno alla S. Chiesa di Cristo. Essi, infatti, non “rivestono un ruolo significativo” “in modo particolare”, sono invece gli elementi determinanti, indispensabili, insostituibili e sacramentalmente designati a “realizzare” la comunità cristiana. Senza il prete non v’è alcuna comunità ecclesiale in grado di vivere realmente la fede: al massimo può rimanere un gruppo umano nominalmente cristiano permeato di buone intenzioni (come molte volte accade, purtroppo, in presenza di certi preti che ormai sono solo degli assistenti sociali). Segue un invito a fare dell’animazione liturgica, per la quale
si allega il copione: e cioè una serie di invocazioni (che esamineremo
dopo) da dirsi nel corso della Messa, preparate ad hoc dagli amici
di questa signora.
“può costituire un’occasione preziosa per essere promotori di sensibilizzazione tramite la cultura dell’informazione, di solidarietà tramite la cultura della donazione, di promozione della vita tramite la cultura della Speranza”.Enfasi e retorica rivelano spesso il vuoto che tentano di nascondere, ma qui si esagera! “Promuovere la sensibilizzazione con l’informazione” è pura tautologia, ma soprattutto non significa niente; come è senza significato la “cultura della donazione”, che peraltro non corrisponde ad alcunché di reale; invitare poi a farsi “promotori di promozione” è il modo piú puerile per esprimere il proprio disprezzo per la lingua italiana. In realtà, la signora non aveva niente da dire e si è quindi lasciata prendere dalle parole “ad effetto”, dimostrando cosí una totale disistima per l’intelligenza dei suoi interlocutori, i quali, secondo lei, non avrebbero potuto che rimanere affascinati da tanto “rumore di parole”. Eppure, in mezzo a questo vortice di cose insignificanti, come spesso
accade si insinua sottile e inavvertito un messaggio inumano e dispregiatore
di Dio e della Sua Religione. “Promozione della vita”, si dice: ma di quale
vita, se qui si tratta di trapianti! E cioè di cosa che attiene
ai morti e ai moribondi! Per di piú “tramite la Speranza”, con la
maiuscola: mentre invece si tratta della speranza vitalistica, titanica,
miserevole, dell’uomo che pretende di sfuggire alla morte terrena avendo
perso totalmente di vista la vera Speranza nella Vita Eterna.
Segue la segnalazione di una “traccia” per l’omelia e la fornitura
di una “locandina” pubblicitaria: roba da “réclame” da supermercato.
Infine, manco a dirlo, il solito strafalcione teologico che,
per mezzo dell’abuso del linguaggio, vorrebbe insegnare un nuovo Vangelo:
non piú del Signore, ma dell’uomo tutto preso dal proprio interesse
e dalle proprie passioni. Tale invito ai parroci, infatti, è presentato
come un “…atto di carità verso gli ‘ultimi’…”. Chi sarebbero
questi “ultimi”? A cercare nei Vangeli non riusciamo a trovare nulla che
possa fare intendere, anche alla lontana, che gli “ultimi” di cui parla
nostro Signore possano essere coloro che non vogliono morire, ad ogni costo.
Insomma, essere disperatamente attaccati alla vita costituirebbe,
oggi, un titolo di merito per assicurarsi il Paradiso: cercare di ritardare
la propria dipartita da “questo mondo” per allontanarsi di una manciata
di anni o di qualche mese dalla “vitam venturi saeculi” corrisponderebbe
a quanto raccomandato da nostro Signore (inaudito!), magari non tenendo
in alcun conto il destino dell’anima per aver approfittato della disgrazia
di qualcuno che sta per morire e a cui si toglie il fegato o il cuore per
trapiantarselo ancora caldo e palpitante (tanto l’altro è ormai
in fin di vita… mentre io…!).
Veniamo adesso alla “traccia” proposta per l’omelia. Poche righe, firmate dalla prof.ssa Maria Mazzei, che dice di voler “sottolineare gli aspetti spirituali ed umani che sottendono alla pratica del trapianto.”Quali sono questi aspetti? Innanzi tutto quello indicato dal parallelo tra la resurrezione di Lazzaro e il trapianto: come la prima, il secondo è un “dono gratuito che può restituire la vita”. Non avevamo mai letto un cosí subdolo suggerimento profferito con tanta sicumera, col quale si vorrebbe far credere che un uomo che sta per morire e a cui viene estirpato il cuore ancora caldo è alla pari con nostro Signore che dona la Vita per la Potenza della Sua Divinità. Esageriamo nel chiederci se si tratti di veri cristiani o di tipi di pagani dediti a pratiche negromantiche? Subito dopo viene una lezione di etimologia latina, con la quale si pretenderebbe di spiegare che la “pietas” latina, che in italiano è la “pietà”, non sarebbe altro - nella sua vera accezione - che “ogni forma di relazione che unisce i famigliari: padri, figli, fratelli”. Quante disastrose conseguenze da quel fatidico ‘68! Qualunque studente di latino, anche solo un po’ attento, sa bene che
la prima accezione della pietas latina è relativa alla “devozione”
nei confronti del divino, e quindi alla subordinazione dell’umano al divino,
intesa come virtú praticata dall’uomo “pio”. Da questa accezione
principale discendono poi le diverse applicazioni nella vita quotidiana,
a cominciare dalla pietas filiale per giungere alla pietas familiare e
alla pietas ad patriam, che è la devozione e la sottomissione
alla tradizione dei Padri.
La dotta signora, invece, sembra che lo sappia bene: “Ed ecco che
fra il donatore e colui che riceve l’organo si instaura un nuovo, misterioso,
ma sicuramente luminoso legame, il legame della pietas che si svelerà
in pienezza nella eternità e che sulla terra si esprime nella memoria
della preghiera e nella riconoscenza.”
Ella paragona il Sacrificio di nostro Signore, e la Sua preparazione alla morte terrena, alla donazione di organi, introducendo capziosamente il concetto di “amore”, senza far minimamente caso all’abisso che separa l’Amore di Dio dall’amore dell’uomo. Innanzi tutto è il caso di sottolineare che, in relazione al
trapianto di organi, l’espressione “donazione” è del tutto
gratuita e fuori luogo. Dal punto di vista scientifico, il termine “donatore”
viene continuamente usato in maniera indifferenziata: e in questo caso
addirittura per indicare con una bella parola l’azione del chirurgo che
estirpa l’organo di una persona viva e incosciente. È fuori da ogni
dubbio che nel momento in cui l’organo viene estirpato, l’unico a non avere
coscienza e possibilità di intervento è proprio colui a cui
lo si estirpa. Se poi si volesse fare riferimento alla volontà espressa
dall’interessato in un qualsiasi momento della propria vita: basta riandare
con la mente al concetto di “silenzio-assenso” (ormai divenuto “legge”),
alle tante polemiche che continuano a sussistere nel mondo “scientifico”
circa lo stato di vita o di morte del “donatore”, e, soprattutto, alla
cattiva informazione dei cittadini che credono sia cosa certa e indiscutibile
che gli organi vengano estirpati dai morti e non dai vivi.
Ma veniamo adesso al copione proposto per la S. Messa. Introduzione
Andiamo con ordine. 1° - Per quanto sia divenuto ormai “ufficiale”, resta il fatto che nei confronti dei semplici fedeli il termine “mensa” oggi può solo evocare il posto in cui si consumano frettolosamente i pasti nelle pause dell’orario di lavoro. I moderni liturgisti lo sanno bene e insistono su questo termine proprio perché esso riduce alla piú elementare delle dimensioni umane il mistero terribile dell’Eucarestia, che è il rinnovamento incruento del Sacrificio cruento di nostro Signore sulla Croce. L’intenzione è quella di far passare la divina Azione del Cristo per un qualsiasi atto meramente umano, seppure compiuto dal Figlio di Dio. 2° - Con la S. Messa non si celebra il dono del Battesimo, ma si rinnova il Sacrificio di nostro Signore sul Calvario, per la salvezza delle anime dei vivi e dei morti. La S. Messa non è un “anniversario” in cui celebriamo il ricordo di quando siamo stati battezzati. Qualunque prete che introduca la S. Messa con queste parole compie una grave mancanza liturgica: mettendo a repentaglio l’efficacia del Sacramento, anche solo perché non celebrerebbe piú “secondo le intenzioni della Santa Chiesa”. 3° - Ancor meno la S. Messa è una celebrazione umana qualsiasi:
in questo caso per “celebrare il dono di una vita riconquistata…”.
Chi ha concepito affermazioni come queste è decisamente convinto
che la S. Messa sia una faccenda che riguarda gli uomini: voluta e realizzata
dagli uomini a proprio piacimento e per la propria soddisfazione.
b) - Rivolgiamo il nostro pensiero grato a Dio che ha dato all’intelligenza umana la capacità di aprire nuove strade alla medicina, ed a coloro che hanno donato gli organi dei loro cari perché altri fratelli vivessero. Andiamo con ordine. 1° - Secondo l’estensore del pezzo, e quindi dei preti che lo pronunceranno
per introdurre la S. Messa, è cosa del tutto paritetica volgere
il pensiero a Dio e agli uomini. Un tempo (ma anche adesso, secondo il
Canone del Novus Ordo) si diceva: Gratias agamus Domino Deo nostro.
Oggi fa piú fine trasformare la Eucarestia (il rendimento di grazie)
in un grazie di cuore ai gentili amici che sono stati cosí buoni
da donarci il cuore del loro congiunto in fin di vita. Che bontà!
Che amore!
2° - Per quanto la frase possa apparire innocua, il grazie rivolto
a Dio per i frutti dell’intelligenza umana è quanto di piú
equivoco si possa immaginare. Diciamo subito che non pensiamo necessariamente
alla cattiva volontà, ma, anche a voler concedere l’inavvertenza,
resta il fatto che il concetto espresso è tremendamente pericoloso.
Qui si vuol dare per scontato che il frutto dell’intelligenza umana sia,
di per sé, una cosa buona. Sta proprio qui il pericolo.
3° - Per quanto possa sembrare una forzatura da parte nostra, è
evidente che qui è presente un grosso lapsus: “Rivolgiamo il
nostro pensiero grato… a coloro che hanno donato gli organi dei loro cari…”.
Come se si trattasse di un pacchetto di dolci comprati in pasticceria!
4° - “Rivolgiamo il nostro pensiero grato… a coloro che hanno donato gli organi dei loro cari perché altri fratelli vivessero.” Ma davvero siamo giunti al punto che si possa credere che la fine o la continuazione della vita dipenda da un nostro atto? Davvero ci siamo dimenticati che ogni capello del nostro capo è stato contato da Dio? Davvero non ci rendiamo conto che se una persona è arrivata alla fine della sua vita, per volontà di Dio, non c’è “donazione” che tenga? Ma tante persone sopravvivono dopo il trapianto! e morirebbero senza
di esso!
Preghiera dei fedeli
1° - Ecco ancora l’equivoco che scaturisce dal parallelo tra il
Sacrificio di nostro Signore che ha dato la Sua vita terrena per la salvezza
delle anime e ha vinto le morte per la potenza della Sua Divinità,
e l’amore terreno che si pretenderebbe espresso con la donazione di organi.
2° - Ma insomma… se la “logica di amore” “sta alla base della
donazione di organi”, ne deriva che il sentimento umano dell’amore
è il motore che muove ogni buona azione dell’uomo. Seguendo questa
logica perché condannare l’aborto terapeutico? Perché condannare
l’eutanasia? Perché condannare le deviazioni amorose? Perché
non celebrare una Messa per esaltare il divorzio che rinnovella l’amore
di coppia?
b) Per coloro che hanno donato i loro organi per altri fratelli, perché il Signore della vita conceda loro la gioia di contemplare in eterno il volto di Dio, preghiamo. 1° - Innanzi tutto, pur essendo vero che Iddio è il Signore della vita (con la “v” minuscola), poiché Egli è il Signore e il Creatore di tutto, sarebbe il caso di ricordare che innanzi tutto Iddio è il Signore della Vita (con la “V” maiuscola), della Vita vera, la Vita eterna, quella che è il vero fine della vita dell’uomo. E quando la dottrina cattolica insegna che i figli di Dio, quelli nati non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, sed ex Deo nati sunt, risorgeranno in corpo e anima, ricorda che non si tratta del “corpo corruttibile”, ma del “corpo glorioso”: il corpo dell’uomo che ha perduto i limiti e le deficienze derivate dal peccato originale ed ha acquisito, per Grazia di Dio e per il Sacrificio del Signore nostro Gesú Cristo, Suo Figlio, la potestatem filios Dei fieri. 2° - “Donare” i propri organi per altri fratelli è davvero
un cosí grande atto di Carità cristiana, tanto da meritare
una apposita S. Messa? Siamo davvero sicuri che permettere l’estirpazione
dei nostri organi quando stiamo per morire, non corrisponda ad una sorta
di suicidio, visto che non siamo ancora morti del tutto?
3° - Dovremmo pregare in una apposita S. Messa perché coloro
a cui è stato asportato un organo ancora palpitante possano godere
della visione beatifica di Dio: cosí, senza altra preoccupazione!
Offerta dei doni Qui occorre ricordare che l’Offertorio, nella S. Messa, non ha niente a che vedere con le offerte dei fedeli. Con la recita del Credo ha inizio la vera e propria S. Messa, cioè il rinnovamento della Passione e Morte di nostro Signore Gesú Cristo, da Lui stesso riattua-lizzate, per la Sua Potenza, tramite l’opera docile e impersonale del ministro appositamente consacrato. Non è il sacerdote che officia, ma il Cristo stesso: non è il popolo che attua il rito, ma il Cristo stesso: non siamo noi che realizziamo alcunché, ma il Cristo stesso: perché senza di Lui non possiamo fare niente!
1° - Non abbiamo nessuna intenzione di ridicolizzare il lavoro dei medici, sappiamo bene che vi sono molti medici che assolvono il loro impegno con un profondo senso cristiano, ma è inevitabile notare come questo richiamo sia del tutto strumentale. Una cosa è il lavoro serio e appassionato del medico che vive la sua professione come una missione, in soccorso delle sofferenze dei fratelli (e sfidiamo chiunque a elaborare una statistica in cui questo elemento sia presente con una tasso superiore a una cifra), altra cosa è il progresso scientifico e tecnologico in base al quale gli uomini sono ormai ridotti a mere “cavie” al servizio del moloch della medicina e della genetica. È troppo facile confondere le idee e suscitare pesanti delusioni. 2° - Mettere assieme il “lavoro dei medici”, il “dolore della malattia”
e la “generosità della donazione”, significa confondere ogni cosa
in un afflato sentimentale che non ha niente a che vedere con la preghiera
di lode a Dio, soprattutto nel corso della celebrazione eucaristica e nel
corso dell’Offertorio. Ancora una volta il pensiero non è rivolto
a Dio, ma agli uomini: a quei bravi ragazzi dei medici che si fanno in
quattro negli ospedali (i “serial” americani insegnano piú del catechismo!),
a quei poveretti che soffrono per le loro malattie, ingiustamente e inspiegabilmente
(ah!, se non ci fosse la medicina!), a quelle amorevoli famiglie che donano
generosamente ai bisognosi tutto quello che possono, pasta, zucchero, olio,
reni, cuore e frattaglie varie.
- In questa ampolla d’acqua, Padre, vogliamo mettere la sofferenza della sete dei dializzati, il dolore innocente dei bambini in attesa di un trapianto, l’offerta di quanti si consacrano al tuo servizio. Accettala, Signore e benedici. Chi legge queste note si sarà subito accorto che gli estensori di questo “copione” non hanno nessun senso della misura e nessun ritegno; e anche a voler ammettere che siano in buona fede è inevitabile concluderne che si tratta di gente dalle buone intenzioni, ma non di seguaci del Signore Gesú. 1° - È decisamente blasfemo l’accostamento tra l’acqua che
si transustanzierà nel Sangue di Cristo e il sangue trasfuso ai
dializzati. Per di piú si parla di questi come degli “assetati”…
degli assetati di sangue umano! Inaudito, e perfino offensivo per i poveri
ammalati di malattie renali!
2° - Ancora demagogia e sentimentalismo: il “dolore innocente dei bambini in attesa di trapianto”! E giú lacrime di commozione per questi poveri bambini! Come si fa a lasciare i bimbi senza trapianti! Che crudeltà! Fare l’apologia dei trapianti sfruttando sottilmente la tenerezza che suscitano i bambini, non solo è deplorevole, ma è sommamente vile: proprio perché i bambini sono gli ultimi a poter avere la coscienza del dolore della malattia e la consapevolezza dell’ipotetica soluzione “trapiantista”. 3° - Dulcis in fundo… la confusione di ogni cosa, com’è prassi
comune ormai. I dializzati, le trasfusioni, i trapianti, le vocazioni e
il servizio a Dio: tutto in una melensa insalata di dabbenaggine e di “persuasione
occulta”; anche qui il tentativo diabolico di fare apparire come “interscambiabili”
la donazione di sangue, la “donazione” di organi e la vita consacrata al
Signore. Farsi preti o chiudersi in convento è cosa del tutto simile
ed equivalente al “donare” gli organi.
Ringraziamento dopo la Comunione
Ed ecco che le cose si fanno piú chiare, a dimostrazione che
fin qui non abbiamo esagerato affatto. Oggi è cosí
che si prega nella messa moderna: non per la vita eterna, ma per questa
vita miserevole in questo mondo, non per la salute dell’anima, ma per la
salute del corpo.
- Grazie, Signore, per la vita, dono Tuo, che ci dai la possibilità di riconquistare con un trapianto. Bando alla logica, in questo mondo dispregiatore di Dio.
- Grazie, Signore, per il pensiero di amore che hai messo nel cuore di una famiglia che … non si è opposta al prelievo degli organi. Grazie a lei la nostra famiglia può oggi cantare l’inno alla vita. Di quali organi? Di quelli della famiglia? Degli organi del famigliare
a cui, in stato di incoscienza, ancora vivo, sono stati estirpati gli organi?
Grazie al Signore di tutto questo?
1° - Innanzi tutto, tenere in nessun conto “l’opposizione” della
famiglia e le relative motivazioni è cosa che contraddice la tanto
decantata “carità” moderna. Qui si tratta di coercizione: della
compiacente accettazione della pratica del “prelievo” attuata per meri
scopi egoistici: l’egoismo e l’egocentrismo della scienza e dello scienziato,
da un lato, e l’egoismo e l’edonismo del singolo, dall’altro.
2° - Che qualcuno possa “cantare l’inno alla vita” per aver avuto
la possibilità di sopravvivere ancora qualche po’ di tempo grazie
alla disgrazia di un altro a cui sono stati “prelevati” gli organi ancora
palpitanti: ci sembra cosa attinente piú alla stregoneria che alla
vita cristiana.
E noi? Cosa possiamo fare noi? Belvecchio ALLA PRIMA PAGINA (Home)
|