LETTERA APERTA A
S. EM. REV.MA IL CARD. JOSEPH RATZINGER
Prefetto della Congregazione per la Dottrina
della
Fede
(9/2000)
Il seguito agli ultimi avvenimenti che hanno turbato
l'ànimo
di molti cattolici,
abbiamo ritenuto fosse il caso di esporre le nostre
preoccupazioni
al Prefetto dell'ex Sant'Uffizio, guardiano della dottrina e della
morale
cattolica.
Interpretando il pensiero di tanti amici, abbiamo inviato
al
Prefetto,
il 13 giugno scorso,
la lettera che qui riproduciamo e che abbiamo fatto
recapitare,
per conoscenza,
a cento altri prelati: Cardinali, Arcivescovi e Vescovi.
Em.za Rev.ma,
voglia accògliere benevolmente il contenuto
della presente, che non ha alcuna pretesa teologica e che intende solo
rappresentare il sentire di molti cattolici di fronte all’incalzare
impetuoso
ed irresistibile di questi nostri tempi moderni, nei quali gli uomini
scivolano
precipitosamente lungo la china che li sta conducendo nell’abisso di un
assurdo vitalismo che è, per definizione, il piú lontano
da Dio e dagli insegnamenti del Signore Gesú Cristo, Suo Figlio
e Salvatore nostro.
L’ultimo accadimento relativo alla manipolazione
scientifica
e alla soppressione dei due bambini peruviani, verificatosi a Palermo,
si presenta chiaramente come la goccia che fa traboccare il vaso.
Vero è che ormai da anni la scienza e gli scienziati, cattolici
e non, pràticano le piú sconvolgenti e inverosimili
operazioni
di titanica manipolazione della vita umana e non, ma in questo caso si
è voluto consapevolmente porre un punto fermo nella maniera
piú
eclatante possibile: la scienza e gli scienziati - l’uomo - possono
l’incredibile,
debbono realizzare l’incredibile, hanno il dovere di realizzare
l’incredibile,
soprattutto quando la natura - (Dio?!) - manifesta delle realtà
inspiegabili e inaccettabili per l’uomo moderno: grazie alla
intelligenza
dell’uomo di oggi, tutto scienza e tecnologia, ecco che è
divenuto
possibile e doveroso correggere anche gli errori di Dio, ecco che
è
divenuto legittimo e doveroso che l’uomo si sostituisca a Dio e decida
di dare la morte ad altri uomini.
Per quanto tràttasi di una bestemmia: è questo il succo
del discorso che trasborda abbondantemente dall’accadimento in
questione.
Certo la vicenda, nei suoi aspetti specifici, è molto
complessa,
ne siamo del tutto consapevoli, ma non è essa stessa che fa
scattare
un ineludibile campanello d’allarme, non è essa stessa che
lascia
inorriditi, quanto ciò che essa rappresenta nel contesto di una
situazione complessiva che ha ormai superato ogni limite di
tollerabilità.
La Santa Chiesa Cattolica è da poco piú di due
secoli
che si trova a dover fronteggiare il piú grande attacco
distruttivo
che sia mai stato mosso contro di Essa e il suo Divino Sposo, e,
possiamo
dire, il piú grande attacco dissacratorio e demoniaco che l’uomo
abbia mai mosso contro il divino in tutti i tempi e in tutti i
luoghi.
La Gerarchia ha saggiamente e prudentemente cercato di fronteggiare
un cosí terribile accanimento distruttivo usando via via i mezzi
che ha ritenuto piú idonei. Fino al regno di S. S. Leone XIII ha
provato con la condanna aperta e decisa, ma il male ha continuato ad
agire
inesorabilmente intaccando persino i religiosi. Fino al regno di S. S.
Pio XII Essa ha poi provato ad usare una maggiore tolleranza, sperando
nella sottile azione della Grazia divina e fidando nel fatto che in
fondo
l’uomo non avrebbe osato superare certi limiti, eppure l’errore ha
prodotto
ulteriori frutti di perdizione, ormai gradevolmente consumati da un
numero
enorme di chierici e di laici. Infine, dal Concilio Vaticano II, la
Gerarchia
ha ritenuto di dovere scendere a compromesso con gli aspetti anche
peggiori
di questo mondo moderno, fidando stavolta nell’azione sottile della
persuasione
intellettuale e psicologica attuata attraverso l’uso dei nuovi mezzi di
comunicazione di massa, ed ecco che chierici e laici hanno finito col
far
proprie le aberrazioni moderne, giungendo a condividere gioiosamente
l’errore
e perfino a difenderlo e a propagarlo.
Non è questa l’occasione per un bilancio del postconcilio o
dei due secoli che stanno per chiudersi, ma siamo profondamente
convinti
che si è ormai giunti ad un punto di non ritorno:
ogni mezzo usato ultimamente dalla Gerarchia per
avvicinare
alla Santa Chiesa il popolo cristiano, per meglio riconciliare l’uomo
moderno
con nostro Signore, non ha prodotto gli effetti sperati.
Fra qualche anno, sicuramente non molti, assisteremo certamente
a saccenti concioni nazionali e planetarie sull’opportunità e la
legittimità di sopprimere deliberatamente quegli uomini che
soffrono
troppo e che fanno troppo soffrire i loro amici e parenti, secondo il
criterio
moderno in base al quale la sofferenza è quella condizione che
contrasta
ogni desiderio di godimento terreno dell’uomo odierno; e tanti
religiosi,
tanti chierici, tanti monsignori, tanti teologi e tanti prelati avranno
modo di partecipare a tali concioni, mettendo i puntini sulle i circa
questo
o quel concetto etico, con quel fare tutto accademico e scientifico che
appartiene di diritto e di fatto alla sapienza di questo mondo.
Riteniamo che la Gerarchia che governa le sorti terrene del popolo
cristiano debba decidersi ad assumere una nuova tenuta magisteriale e
pastorale:
riteniamo che sia tempo che i Pastori si mostrino, parlino e si
comportino
come i discepoli e i fedeli servitori di nostro Signore, esclusivamente
presi dallo zelo per il Suo servizio: temprati al rifiuto di questo
mondo
ed alla lotta contro tutte le sue diaboliche e tentacolari illusioni.
È giunto il tempo di abbandonare ogni remora e
ogni
titubanza: che si dica pane al pane e vino al vino; e se questo
è
il tempo del sacrificio piú duro, della riduzione al minimo
della
fede e dei fedeli, del disorientamento in cui possono incorrere perfino
gli Eletti del Signore, sia fatta la Volontà di Dio, ma non si
abbandonino
piú i rimanenti veri fedeli nelle spire delle lusinghe del
demonio,
votandoli di fatto alla piú probabile perdizione.
È giunto il tempo che la Santa Chiesa venga
presentata,
senza camuffamenti, con i suoi veri connotati: di irriducibile e
indefettibile
dispensatrice dell’insegnamento divino; offerto con chiarezza,
semplicità
e decisione, senza sotterfugi ed eccessive circospezioni, soprattutto
se
tale insegnamento è in contrasto con tutte le morali e le
sapienze
di questo mondo e se ostico o incomprensibile ai piú.
Di fronte all’operato della scienza moderna si abbia il
coraggio di
dire chiaramente che i limiti dell’uomo sono troppo angusti
perché
egli possa pretendere di oltrepassarli impunemente, e si ricordi che le
fiamme dell’Inferno sono sempre pronte ad accogliere un numero
indefinito
di dispregiatori di Dio. Non si abbia piú il timore di apparire
impopolari: oggi sono piú i fedeli che si perdono che quelli che
si guadagnano.
Di fronte alla impenitenza di tutti i viziosi, i depravati e
gli anormali
di questo mondo si abbia il coraggio della condanna e del rifiuto, e si
ricordi che non è la volontà degli uomini di Chiesa a
condannare,
ma la Volontà di Dio ad imporre a tutti il rigetto di ogni
innaturale
connubio col demonio, con le sue tentazioni e le sue produzioni.
Di fronte alle debolezze dei consacrati si abbia il
coraggio, se necessario,
di giungere fino alla chiusura dei conventi e delle chiese piuttosto
che
vederle profanate dalla pusillanimità, dall’errore e dai
piú
disparati impegni mondani, accompagnati spesso dalla riduzione al
minimo
della liturgia santificante, se non a volte dalla blasfemia.
Continuando con l’andazzo attuale, non si acquisiscono nuove anime al
Signore,
semmai molti vecchi fedeli, lasciati a sé stessi, vengono
risucchiati
dal vortice dell’errore, e molti nuovi fedeli, attratti essenzialmente
dal buonismo e dal sentimentalismo, portano entro la Chiesa la loro
religiosità
epidermica e tornacontista, contribuendo ad annichilire la vera Fede e
la possibile adesione alla vera sequela Christi.
Oggi, che siamo giunti al punto che a Roma si può
proditoriamente
e impunemente esaltare la depravazione, gabellandola, col sostegno
convinto
e deciso della supposta morale laica, per l’espressione della
dignità
umana, è piú che mai necessario che la Gerarchia abbia il
coraggio di condannare l’illusorio e tutto terreno trionfo di Satana:
magari
chiudendo a lutto le chiese della città che è il centro
della
Cattolicità, imponendo ai consacrati l’isolamento temporaneo per
la preghiera continua, precettando i fedeli circa la possibilità
di sbarrare simbolicamente le proprie case e di recitare almeno il
Santo
Rosario anche nei posti di lavoro, magari singolarmente e
silenziosamente.
Di fronte a tanto scempio, non si può
piú
accettare che vi siano dei prelati che continuino a scusarsi di essere
i servi del Signore e che continuino a schermirsi per la loro
professione
di Fede: perfino l’ultimo tentativo del Santo Padre, col tristemente
famoso
mea culpa, ha solo suscitato il compiacimento dei miscredenti, le
critiche
degli insaziabili irreligiosi e la confusione fra i fedeli.
Non si può piú continuare a
confondere i fedeli
circa la bontà della loro professione di Fede: questo mondo, con
tutte le sue nefaste produzioni intellettuali, psicologiche e
scientifiche,
non dev’essere piú scambiato per un interlocutore della Santa
Chiesa;
e la Santa Chiesa non dev’essere piú confusa con un qualsiasi
interlocutore
umano, quasi fosse il frutto dell’intelligenza dell’uomo.
È tempo che la Gerarchia si scrolli di dosso il
complesso
di inferiorità che la attanaglia: non è piú tempo
di tentativi, resta solo il tempo della testimonianza.
D’altronde, nostro Signore raccomandò ai suoi di andare e
predicare, di andare e insegnare, di andare e battezzare, ma non
insegnò
che occorreva predicare, insegnare e battezzare ad ogni costo: siamo in
tanti in questo mondo coloro per i quali la condanna è
già
stata segnata.
Non è il numero che fa la Santa Chiesa, ma la grazia di Dio
e i Suoi veri fedeli.
I fedeli soffrono già il peso delle condizioni inique della
sopravvivenza odierna.
È necessario che possano contare sul
rifugio salvifico
di un magistero e di una pastorale che siano il piú chiaramente
possibile volte all’altro mondo e il piú apertamente possibile
schierate
contro questo mondo votato al trionfo illusorio dell’Anticristo.
È necessario che i fedeli possano contare sul
rifugio salvifico
di una liturgia essenzialmente centrata sui Misteri del Signore, che
esalti
ancor piú la distanza e la differenza che vi sono tra le cose
degli
uomini e le cose di Dio.
È necessario che le chiese tornino ad essere
àmbiti
extraterritoriali, ove penetri il meno possibile la giurisdizione di
questo
mondo, il sentire di questo mondo, lo stile di questo mondo, le false
esigenze
di questo mondo: ove si possa ancora percepire quanto sia
imperscrutabile
e terribilmente misteriosa la Volontà di Dio e quanto sia
immenso
il bisogno che l’uomo ha della Sua Grazia e della Sua Misericordia.
Non ci è dato sapere se è questo il tempo ultimo
preannunciato
da nostro Signore, ma sappiamo per certo che oggi dobbiamo ancor
piú
alzare la guardia, rimanere svegli, e la Gerarchia ha il dovere di
aiutarci
in questa impresa terribile che abbatte anche i forti.
Ci rendiamo conto che la Gerarchia è composta da uomini
della
stessa pasta di tutti gli altri, da uomini del nostro tempo, e
comprendiamo
benissimo che non si può chiedere l’impossibile, ma siamo
convinti
che sia giunto il tempo perché la stessa Gerarchia lasci spazio
a chi ha ancora, per Grazia di Dio, la tempra per resistere:
abbandonando
ogni remora e ogni reprimenda, abbandonando atteggiamenti e pretese che
a tanti anni dal Concilio ci hanno condotti sempre piú in basso:
lasciando che gli altri, i miscredenti, conducano i credenti.
È necessario che, ove e quando possibile,
si lasci
spazio alle posizioni di netta intransigenza dottrinale e pastorale,
foss’anche
col dispiacere di molti Pastori che preferiscono il dialogo col demonio.
È necessario che almeno in qualche àmbito
della Santa
Chiesa si manifesti chiaramente il rigore dottrinale, morale e
liturgico:
se non tutti i fedeli si adegueranno, sarà stata fatta opera di
testimonianza e si sarà stabilito un punto di riferimento a cui
potranno ricorrere tutti coloro che si sanno sempre piú persi e
avviliti in questo mondo che di Dio non ne vuole piú sapere.
Non si vogliono dare lezioni a nessuno, ma non si deve impedire
che un sentire come il nostro venga manifestato con forza in seno
alla Chiesa, magari considerandolo come contrario a certe direttive,
anzi
lo si deve incoraggiare.
È possibile che esso possa generare divisione, piuttosto che
unione, ma già nostro Signore è venuto per discriminare,
a riprova che è meglio dividere con la lama della intransigenza,
piuttosto che unificare e uniformare secondo l’inevitabile criterio
terreno
del minimo comune denominatore.
Quando si tratta delle cose di Dio è la separazione che
sta in
primo piano, poiché non v’è alcuna comune misura tra il
Creatore
e la creatura; molto piú facile è l’unione fra gli uomini
per la loro comune fragilità e corruttibilità: ma
l’unione
e la concordia umana non fanno un solo fedele adoratore del
Signore.
A nulla vale che gli uomini siano uniti e concordi e presi dalle
migliori
intenzioni, se manca loro la sottomissione alla Volontà di Dio e
agli insegnamenti della Sua Chiesa.
La Santa Chiesa ha la funzione di ricollegare gli uomini a
Dio, e quindi
la sua azione è necessariamente e mondanamente
discriminatoria;
non ha la funzione di unire gli uomini fra loro, e quindi la sua azione
non può essere mondanamente conciliatoria.
Le uniche unità e pace che può avere in vista la Santa
Chiesa sono quelle relative ai veri servi del Signore, in quanto
già
informati dalla Sua Grazia e oggetto della Sua Misericordia:
unità
e pace che non vengono dagli uomini, ma da Dio.
Questi sentimenti e questi convincimenti ci hanno indotto a
rivolgerci
all’Eminenza Vostra mossi dal dovere filiale di far sentire la nostra
voce
ai nostri Pastori, anche a costo di muovere quelle critiche alle quali
non possiamo sottrarci per il nostro essere umili e indegni discepoli
della
Verità.
Sollecitiamo quindi la benevolenza paterna e la benedizione
dell’Eminenza
Vostra, a cui confermiamo la nostra filiale devozione in nomine Domini,
e a cui auguriamo pacem et bonum Christi per l’intercessione della
Immacolata
Vergine Maria, Madre di Dio e Avvocata nostra.
Carmagnola, 13 giugno 2000, a. D., S. Antonii de Padua Conf.
et Eccl.
Doct.
Il Presidente: Calogero Cammarata
ALLA PRIMA PAGINA (Home)
AL SOMMARIO GENERALE
AL SOMMARIO PER
ARGOMENTI
|