Liturgia della Chiesa, …
scheletro di se stessa



Editoriale di Radicati nella fede, foglio di collegamento della chiesa di Vocogno e della cappella dell’Ospedale di Domodossola (dove si celebra la S. Messa tradizionale)
anno IV - giugno 2011 n. 6

- impaginazione e neretti sono nostri -



Negli anni passati si è arrivati a semplificare la Liturgia della Chiesa, fino a ridurla a uno scheletro di se stessa: diminuzioni delle preghiere, scomparsa quasi totale delle genuflessioni, dei segni di croce, del canto del prete celebrante... e questo veniva sostenuto dicendo che bisognava fuggire il formalismo, cercando una preghiera più pura, attraverso la via della semplicità.

L'esito però non fu quello di una preghiera ritrovata, ma di uno spaventoso abbandono della preghiera, rasentando a volte la sciatteria più indecorosa. Preti appoggiati all’altare come se fosse il tavolo della loro personale conferenza,
fedeli perennemente seduti, quasi sdraiati, sui banchi, per trovare una comoda posizione meditativa, passività come se si assistesse ad uno spettacolo, interrotta solo nei momenti di frenetica partecipazione al canto che, per essere sempre più coinvolgente, si accompagnava, ahimè, a gesti teatrali sempre più banali.

Che disastro! Questo mondo della falsa riforma della liturgia ha sempre più rivelato la sua inconsistenza e pericolosità.

Ma non vogliamo ulteriormente girare il coltello in questa piaga. Ad ogni persona ragionevole è evidente il fallimento di una riforma promossa dittatorialmente da qualche centro di pastorale liturgica. La gente non prega più, la gente non sa più pregare, e chi ha ritrovato la strada della preghiera lo ha fatto attraverso devozioni fuori dalla liturgia, perché in quelle macerie non si poteva ritrovare vita.

Ci interessa soprattutto ricordare che il nostro ritorno alla liturgia della Tradizione ha soprattutto lo scopo di ritrovare l’anima della preghiera cristiana, senza la quale nessun culto può piacere a Dio.

Lo diciamo con tutta franchezza: ci preoccupa un poco scorgere immagini di Messe tradizionali dove l’aspetto preponderante sembra quello della ricerca di un formalismo esasperato. Dove si rischia di cercare lo sfarzo per lo sfarzo, dove il problema sono i metri di coda del prelato, dove la preoccupazione gira attorno
al suo trono.

Attenti: non siamo di quelli che dicono che sono tutti barocchismi, che bisogna togliere solennità alla Messa per renderla più pregata.
No! Questo è un vecchio errore: chi toglie solennità, lascia solo pressapochismo e imprecisione!
È giusto che il culto a Dio sia rivestito di solennità e precisione.

Vogliamo solo dire che occorre immergere il culto esterno in un grande clima di preghiera.

Non c'è niente da fare: in una Messa, ti accorgi subito se si tratta di preghiera o di formalismo. Il grande inganno di questo tempo potrebbe essere quello di pensare che il semplice riproporre le forme tradizionali del passato basti a ritrovare la preghiera. Certo il ritorno alla Messa tradizionale è sicuramente il primo passo, ma deve essere immediatamente accompagnato dal sincero desiderio di una vita
autenticamente cristiana, senza della quale tutto diventerebbe mostruoso e insopportabile.

Nelle nostre Messe deve essere evidente che il culto è a Dio, che il cuore è uno spirito di adorazione; in esse l’amore al silenzio orante dev’essere palpabile, ogni cosa deve aiutare questo.

Anche il canto deve essere preghiera, fatta o ascoltata. Allora, anche per la Tradizione, è evidente che il canto non è mai spettacolo, da commissionare a qualche coro a pagamento.

NO. Torniamo a San Pio X, al suo desiderio che tutta la Chiesa canti le lodi del Signore: occorre praticare la strada di un lavoro semplice in mezzo al popolo, faticoso, ma dai risultati duraturi. Torniamo al Gregoriano per il popolo.
La Messa tradizionale non è per qualche circolo di nostalgici, è per tutta la Chiesa, e tutta la Chiesa ne ha immenso e urgente bisogno.

Per questo bisogna portare la Tradizione in mezzo al popolo, viverla quotidianamente.
Bisogna restare con i fedeli, e vivere con loro la normalità quotidiana della Tradizione. Così si evita il formalismo mortale e si cresce in un cammino di autentica vita cristiana.

Non un episodico ritorno alla Messa tradizionale, quasi per prendere una boccata d’aria sana in mezzo alla palude della tristezza della preghiera moderna, ma un reale ritorno alla Tradizione, totale, per poter conseguire i frutti che la liturgia della Chiesa deve produrre nella nostra vita: quelli di un reale cammino di perfezione cristiana.

Unire dunque il culto esterno, preciso e solenne come consegnato dalla Tradizione, al culto interno, fatto di spirito di preghiera autentica e di offerta a Dio.
Lo ricordava anche il Papa Pio XII nella sua enciclica Mediator Dei, sulla liturgia, quando severamente richiamava la necessità di una retta intenzione nel vivere il culto nella Chiesa.

Ve ne lasciamo qui qualche frase per la vostra personale meditazione:
Ma l’elemento essenziale del culto deve essere quello interno: è necessario, difatti, vivere sempre in Cristo, tutto a Lui dedicarsi, affinché in Lui, con Lui e per Lui si dia gloria al Padre.

La sacra Liturgia richiede che questi due elementi (culto esterno e culto interno) siano intimamente congiunti; ciò che essa non si stanca mai di ripetere ogni qualvolta prescrive un atto esterno di culto.

Diversamente, la religione diventa un formalismo senza fondamento e senza contenuto. Voi sapete, Venerabili Fratelli, che il Divino Maestro stima indegni del sacro tempio ed espelle coloro i quali credono di onorare Dio soltanto col suono di ben costruite parole e con pose teatrali, e son persuasi di poter benissimo provvedere alla loro eterna salute senza sradicare dall’anima i vizi inveterati (Mc 7, 6; Is. 29,13).

Non hanno, perciò, una esatta nozione della sacra Liturgia coloro i quali la ritengono come una parte soltanto esterna e sensibile del culto divino o come un cerimoniale decorativo; né sbagliano meno coloro, i quali la considerano come una mera somma di leggi e di precetti con i quali la Gerarchia ecclesiastica ordina il compimento dei riti.

Deve, quindi, essere ben noto a tutti che non si può degnamente onorare Dio se l’anima non si rivolge al conseguimento della perfezione della vita, e che il culto reso a Dio dalla Chiesa in unione col suo Capo divino ha la massima efficacia di santificazione.”





dicembre 2014

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