Valida non è “buona”



Editoriale di Radicati nella fede, foglio di collegamento della chiesa di Vocogno e della cappella dell’Ospedale di Domodossola (dove si celebra la S. Messa tradizionale)
anno V - marzo 2012 n. 3

- impaginazione e neretti sono nostri -



Se avessimo ritenuto che la Messa com'è celebrata nella quasi totalità delle chiese andasse bene, non avremmo deciso di passare totalmente al rito antico.
Sia ben chiaro: non stiamo dicendo che la Messa nel Novus ordo (la Messa di Paolo VI, riformata dopo il Concilio Vaticano II) non sia valida! Ci mancherebbe! Affermare questo sarebbe non ragionare più in modo cattolico!
Certo che la Messa di Paolo VI è valida, certo che è una vera Messa, solo che è così ridotta nel suo esprimere il senso cattolico del Santo Sacrifico di Cristo, da
non educare compiutamente i fedeli ed anche i sacerdoti che la celebrano.

Molti diranno: “Ma se è una vera Messa, se è valida, di che cosa vi preoccupate?”.
Ci preoccupiamo di crescere in un senso cattolico della vita, vogliamo vivere integralmente una vita cristiana, per questo vogliamo vivere con la Messa della Tradizione.

Non c’è niente da fare: la crisi impressionante del Cattolicesimo nel nostro mondo, la confusione dottrinale e spirituale nella quale siamo immersi da troppi anni, l’abbandono imponente della pratica cristiana nei nostri paesi e città, ha la sua causa centrale in una riforma liturgica che ha stravolto il baluardo della fede e della vita cristiana. Il nuovo rito della Messa, fatto per piacere anche ai fratelli separati delle altre confessioni cristiane (innanzitutto ai Protestanti e agli Anglicani), tacendo sugli aspetti principali della concezione cattolica della Messa, ha fatto sì che la liturgia non sia più la roccia sicura su cui fondare la vita cristiana, personale e sociale.

Il nuovo rito ha indebolito nei fedeli il senso di Dio, l’adorazione di Cristo presente nelle specie eucaristiche, la centralità del sacrificio espiatorio, la regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Non vogliamo fare un elenco dei “vuoti” del nuovo rito della Messa, ci basta sottolinearne gli effetti devastanti.
Solo degli ideologizzati del post-concilio o della modernità a tutti i costi possono non vedere l’esito penoso, drammaticamente penoso, della riforma liturgica.
Esito penoso che coinvolge tutti, sacerdoti e fedeli.

Nel migliore dei casi la nuova Messa, quando è celebrata con rispetto e dignità, lascia i fedeli che vi assistono così come sono: se questi sono già profondamente
cattolici, probabilmente lo resteranno, ma se sono deboli nella fede e in uno sguardo cattolico sulla vita, in questa nuova Messa non troveranno una provocazione alla conversione profonda, anche culturale; saranno invece “cullati” nel loro modo ridotto di considerare il Cristianesimo.

La Messa tradizionale no! Non è così! È una Messa “difficile”, non per il latino, ma per le provocazioni che lancia.

Sul subito, per un cristiano “piccino” nella mente e nel cuore, può risultare un pugno nello stomaco, ma un pugno salutare. Ti mette in crisi, mette in crisi le false certezze di un cristianesimo troppo umanizzato che mette l’uomo al centro e dimentica Dio. Mette in crisi un cristianesimo che si è imbevuto della mentalità
dominante e che è sempre più una scuola di agnosticismo.

La Messa tradizionale mette in crisi, ma dopo la crisi costruisce, edifica. In chi vi assiste con fedeltà, la Messa di sempre inizia un’opera di educazione alla fede profonda, totale, solida.
Se un fedele non si scandalizza delle difficoltà iniziali, nel tempo scopre tutta la ricchezza della liturgia secondo la Tradizione, e grazie ad essa vede edificare nella santità e nell’intelligenza della fede tutta la propria vita.

Per questo abbiamo voluto vivere solo con la Messa tradizionale. Per questo  pensiamo che sia il ritorno ad essa il migliore sostegno alla Missione urgente di riportare il Cattolicesimo nella vita normale del popolo.

Chissà che, dopo le polemiche, si possa riaprire una proficua riflessione su questi punti.




dicembre 2014

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