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un mese dal manifesto della
Comunità “San Gregorio Magno” Intervista al Superiore di Nicolas Fulvi 19 marzo 2014 San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale 1) Quali sono gli sviluppi in questo mese
trascorso dal manifesto
di fondazione del 22 febbraio?
Don Stefano Carusi: Questo
mese è volato! I lavori per il riordino pratico dell’edificio
che ci accoglie (e ne restano altri, che ci occuperanno per un buon
mesetto), la ripartizione delle responsabilità, i corsi di
teologia per i nostri seminaristi e pure il corso d’italiano e di canto
gregoriano, l’Ufficio in comune che scandisce la nostra giornata… il
tutto nella quiete raccolta della campagna di Camerino, davanti a un
paesaggio montano che favorisce la contemplazione, la vita di preghiera
e la pace.
Del nostro “manifesto”
hanno parlato diversi siti: in Italia Cattolici
tradizionalisti Marche, Messainlatino
e Chiesa e Post-Concilio, in
Francia Tradinews, Riposte Catholique e Le Forum Catholique, in Polonia Unacum. In America Latina e
negli Stati Uniti la notizia ha fatto capolino nei commenti di diversi
siti di area. Siamo stati contattati da sacerdoti, seminaristi e fedeli
di varia posizione, talvolta per approfondire la notizia, talvolta per
esprimere incoraggiamento e talvolta per darci qualche aiuto.
2) Ha notizie della situazione interna del Buon Pastore? Don Stefano: Purtroppo
sì.
Qualche ex-confratello dell’IBP,
che non ha voluto fare la scelta di mettersi nella mani della
Provvidenza, non si è vergognato di fare in privato qualche
commento, che conosciamo parola per parola, e il cui aspetto più
triste è la mentalità da “nemici della Croce di Cristo”.
Naturalmente in questi casi, per salvare al contempo la pagnotta e il
proprio orgoglio, si sacrifica la verità; e si nobilita la
propria condotta con il vecchio argomento dell’utilità:
«stando dentro possiamo più efficacemente cambiare le
cose».
La smentita della realtà a
questa che - oggettivamente parlando - è una menzogna, non si
è fatta attendere: e proprio nei giorni immediatamente
successivi al nostro “manifesto” siamo venuti a sapere che il
Segretario della Commissione Ecclesia
Dei, Mons. Pozzo, si recherà a Courtalain per le
Ordinazioni. Prima però realizzerà il prossimo 3 e 4
aprile un’ispezione canonica al Seminario dell’Istituto, durante la
quale terrà due conferenze: guarda caso, una sul Concilio
Vaticano II e l’altra sull’inserimento del carisma del Buon Pastore
nella Chiesa. Ma perché, tali questioni non erano state
già risolte? Otto anni fa, nel settembre 2006, non è
successo niente? Si riparte daccapo con l’“integrazione” nella Chiesa?
Ma quanto dura il Commissariamento?
Non stupisce allora che al seminario i nervi siano tesissimi… Davvero la via del servilismo
è un abisso senza fondo, se professori e seminaristi (anche
quelli che il 7 giugno 2012 avevano firmato un testo contro il
“Documento Pozzo”, nei confronti del quale qualcuno in privato inveiva
anche “sopra le righe”), accettano persino quanto segue: ciascun
seminarista potrà soltanto «proporre domande intelligenti, sensate,
comprensibili, e anche, perché no, interessanti affinché
siano raccolte, sintetizzate, analizzate, setacciate e infine riunite e
inviate a mia cura, al suo [di mons. Pozzo, ndr] segretariato in tempo opportuno».
Niente domande libere, dunque. Si
possono mettere sul foglio due domande sul Concilio e due
sull’inserimento dell’IBP. Insomma un trattamento da scimmiette
ammaestrate (che ricorda, e a tratti sorpassa, il metodo usato dal
regime comunista sovietico nei confronti delle asservite
comunità Ortodosse).
Questo non lo diciamo noi, ma
è scritto nero su bianco su un documento, che possediamo in
originale, e che è stato messo nella cassetta delle lettere di
ciascun seminarista e sacerdote del seminario. Eccolo:
![]() E sapete chi è l’estensore
di siffatte richieste e curatore di quanto in oggetto? Uno che era tra
gli oppositori dell’Abbé Laguérie (vogliamo sperare che
all’epoca non lo fosse per motivi umani, ma per divergenza sulla linea
da seguire). Adesso però egli è diventato Superiore del
Distretto Sudamericano dell’Istituto, in sostanza lo stesso posto che
era stato offerto ai due sacerdoti, già membri dell’ultimo
Capitolo dell’IBP, che ora sono alla San Gregorio Magno. Ovviamente non
abbiamo accettato: non certo perché non ci piaccia il Sud
America, ma perché era chiaro il contesto, e quindi era chiara
la contropartita di una tale offerta.
Preferiamo offrire il contributo
di una “domanda intelligente, sensata, comprensibile e anche,
perché no, interessante” a Mons. Pozzo: «Eccellenza, le questioni in oggetto
potrebbero anche, in sé, essere interessanti. Ma non ritiene che
il “quinto grado” andrebbe fatto piuttosto al Card. Kasper, che nella
prospettiva del Concilio Vaticano Terzo ha appena tenuto una relazione
scandalosa e ideale per l’autodemolizione della Chiesa?».
Che ne dite, questa domandina costruttivamente critica,
pubblicamente posta dalla nostra comunità, passerà i
filtri di cui sopra?
3) Che cosa ne pensa delle dichiarazioni di mons. Rifan, durante un Pontificale, sull’incontro avuto con Papa Francesco : «il papa pensa che la Messa Tradizionale in Latino è un tesoro per la Chiesa e la sua sola paura è quella che la S. Messa nella Forma Extraordinaria possa essere strumentalizzata». Mons. Rifan rispose a Sua Santità che egli sta facendo ogni cosa per assicurare che ciò non accada e per promuovere la Forma Estraordinaria? Don Stefano: Penso che sia
un esempio, purtroppo non raro, di una forma straordinaria di
servilismo. E che l’autore ne sia proprio quel giovane ecclesiastico
che nel 1988 non aveva posto “obiezioni di coscienza” a trascrivere ad
Econe una frase di tenore sedevacantista di Mons. De Castro Mayer
(ormai molto anziano e nella sua “fase estrema”, e comunque mai andando
oltre la mera ipotesi personale), mostra bene il “complesso dell’allineato”.
Mons. Rifan avrebbe potuto
cogliere l’occasione del suo incontro con Papa Bergoglio per dirGli,
nella franchezza e “corresponsabilità” ecclesiali tanto lodate
dal Papa latinoamericano: «Santità, le strumentalizzazioni
non ha da cercarle lontano…non si è accorto che, utilizzandoLa,
hanno inneggiato - anche testualmente - a “Martini Papa”?».
Così facendo, Mons. Rifan
avrebbe seguito l’esempio dato da San Paolo, opponendosi pubblicamente
ad Antiochia a San Pietro, e avrebbe seguito la spiegazione probata che ne diede San Tommaso.
Avrebbe seguito l’esempio della lettera di Mons. De Castro Mayer, negli
anni Settanta, a Papa Paolo VI. Avrebbe seguito anche la notoria
franchezza del Card. Siri con Papa Montini. Avrebbe seguito persino il
recente esempio d’un porporato (di creazione woytiliana), che
lodevolmente ha messo in guardia Sua Santità Francesco sulla
facile strumentalizzazione, con effetti dirompenti, di certe sue uscite
ambigue e imprudenti.
E invece, mons. Rifan è
stato…“a sinistra”…di tutti questi confratelli nell’episcopato! Ha
scelto di limitarsi al discorso “in positivo” (certo molto importante)
e di enfatizzare l’apprezzamento teorico di questa liturgia, chiamata
un “tesoro per la Chiesa” (realisticamente piuttosto scontato visti i
recenti documenti ufficiali) : bene, purché non si intenda che
sia un “tesoro” come sarebbero un “tesoro” le messe rock…
Ci torna in mente l’ex-oppositore della gestione Laguérie, cui facevamo prima riferimento, il quale, proprio le settimane scorse affermava la volontà di restare nella linea degli Statuti fondativi dell’IBP e ne dava i punti salienti. Bene, forse le nostre critiche non sono state vane…Dobbiamo però notare l’astrattezza di un tale asserto, giacché nel ribadire le specificità cui di nuovo promette fedeltà scorda uno dei due pilastri: proprio la critica costruttiva! Queste due vicende hanno un comune denominatore : senza nulla togliere alla complessità dei problemi anche nell’area detta tradizionalista, proprio questa è oggi la principale “strumentalizzazione”: la rinuncia a parlare contro la situazione attuale, in cambio di strumentalizzatissime concessioni liturgiche e abbaglianti cerimonie. (torna su)
gennaio 2015 |