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La Chiesa tra mistero e paradosso
di U.T.
C'è ancora qualche "uomo di
buona volontà" che rimane indifferente di fronte alla
premeditata campagna diffamatoria e distruttiva della Chiesa, la nostra
Patria salutare, corpo mistico non dei suoi fedeli, preti, vescovi,
neppure del Papa, ma solo e indefettibilmente di Cristo?
La Chiesa dall’ora del Calvario all’ora presente ha sempre dimostrato che non è un’asettica società ideale, utopica, platonica e perfetta di santi e di eletti incommensurabili in termini di spazio e di tempo, è bensì comunione di uomini veri, incarnati, santi e peccatori. “Già” storicamente, provvisoriamente e parzialmente presente nel fatto compiuto in Cristo e da Cristo, ma “non ancora” realizzata compiutamente nella perfezione finale della sua “parusia”. Alle tentazioni critiche di chi tocca con mano impietosamente greve l’umanità peccaminosa della Chiesa storica conviene, per doverosa onestà, opporsi affermando la compresenza dell’altra dimensione ecclesiale più misteriosa, irriducibile e nascosta, quella sovrumana. Queste due facce non sono componenti di un insieme assurdo, che viaggiano sul vascello incerto e periglioso dell’incompatibilità dialettica e del conflitto degli opposti, ma sono semplicemente i costituenti di un paradosso, di una realtà composita che non si esaurisce nei suoi dati più appariscenti e incarnati, ma che chiede di protendersi oltre, tesa nella sua dimensione escatologica, verso l’eternità. Che la Chiesa annoveri in sé alcuni peccatori, forse molti peccatori, fra cui pure chi sia capace di macchiarsi delle colpe più gravi e abiette, è sotto gli occhi di tutti, nessuno lo mette in dubbio. Ma che la Chiesa sia ella stessa oggettivamente peccatrice è assurdo e blasfemo. Assurdo perché la Chiesa è sacramento universale di salvezza e non si vede come potrebbe guarire dal peccato se ne fosse infetta. Blasfemo perché il peccato soggettivo della Chiesa fatalmente si rivolterebbe su Cristo del quale è corpo e sposa, nonché sullo Spirito che, pur senza comporsi con lei, è in lei per il compimento delle sue finalità trascendenti, quasi ne fosse il principio formale o anima. Nel deprecabile caso che la santità, come fatto soggettivo, naufragasse sotto l’irruenza satanica del peccato, ovvero quand’anche nella Chiesa fossero individuate “strutture di peccato”, queste sarebbero estranee a lei, in conflitto con la sua natura e le sue finalità. La Chiesa è dunque oggettivamente santa anche quando questa santità vien meno nei singoli. Perciò la si definisce “casta meretrix”, in quanto è sì vulnerabile dal peccato, ma in noi, non in se stessa, “immaculata ex maculatis”. E’ “casta” in quanto sposa fedele di Cristo e “meretrix” in quanto pronta ad abbracciare tutti i peccatori per portarli alla salvezza. Il peccatore infatti resta santo per vocazione, oltre che per consacrazione battesimale e crismale (se il peccatore è un prete, resta in lui l’effetto santificante anche della consacrazione sacerdotale). Anche il peggiore peccatore che, come tale, si mette consapevolmente e soggettivamente “contro Dio”, resta pur sempre oggettivamente “per-Dio”. Continua infatti a far parte della Chiesa, istituzione divina, la cui proprietà cardine di oggettiva santità e capacità di dispensare la grazia santificante non viene scalfita dalla superbia umana del peccato.
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luglio 2010 |