Il patriarca Moraglia al funerale civile

Un post scriptum al “Fuori moda” di ieri


di Alessandro Gnocchi
Pubblicato il 25 novembre su Riscossa Cristiana







Caro Paolo,

permettimi di aggiungere un post scriptum  al “Fuori moda” di ieri dedicato alla questione dell’americanismo. Non completerei il mio lavoro senza una considerazione sul funerale di Valeria Soresin, a proposito del quale tu hai già detto ciò che serve. Per ciò che riguarda la questione americanista, bisogna notare che quella cerimonia è la perfetta esemplificazione della “religione civile” americana esportata nel cuore dell’Europa (ex) cattolica.

Come si è tenuto a ribadire anche da parte della famiglia della giovane uccisa al Bataclan di Parigi , non si è trattato di una cerimonia “laica”, che in tal caso sarebbe divenuta “esclusiva”, ma di una cerimonia “civile”, e quindi “inclusiva”. Ma “inclusiva” di chi e di che cosa? “Inclusiva” di tutti gli uomini, di tutte le idee, di tutte le fedi che accettano la supremazia della “religione civile”, l’unica in grado di garantire e regolare la convivenza tra le fedi minori. “Venezia, tre religioni in piazza per Valeria” titola oggi “Repubblica”, e lo stesso dicono tutti gli altri giornali. Proprio così, “in piazza” come manifestanti qualsiasi a “dire no” all’uomo nero.

Detto questo, caro Paolo, vorrei ribadire il tuo sconcerto a proposito della partecipazione alla “cerimonia civile” del patriarca di Venezia Francesco Moraglia. “La vostra cultura” ha detto il patriarca rivolto agli assassini “ci fa inorridire”. Non è certo un esercizio di grande originalità e nemmeno, bisogna dire, di grande coraggio.
A me fa inorridire molto di più il fatto che un successore degli apostoli, pur di salire alla ribalta offerta dalla “religione civile”, abbia accettato di oscurare la fede in Gesù Cristo come unico salvatore.
Mi fa inorridire che abbia avallato l’elezione a martire di una ragazza uccisa durante un concerto senza che neppure se ne rendesse conto.
Mi fa inorridire che si sia ridotto ad accendere il granello d’incenso davanti all’altare della “divinità civile”.

Caro Paolo, non riesco più neppure a vergognarmi di pastori come questi, che producono sacerdoti come quello che dice le eretiche scempiaggini di cui hai dato conto nel tuo articolo di ieri.
Non riesco a vergognarmi perché, evidentemente, parlano di un’altra chiesa e si rivolgono a un’altra chiesa di cui io non faccio e non voglio far parte.
Se i martiri sono quelli morti al Bataclan, e presto li troveremo sul calendario ecumenico di Bose, evidentemente quelli che hanno versato il sangue per non tradire Nostro Signore sono stati derubricati a reperti da museo e, secondo questi pastori e questi sacerdoti che accettano di comportarsi come se Dio non esistesse, hanno versato il loro sangue invano o, quanto meno, ora il loro sangue non serve più.
Insomma, c’è del metodo in questa follia.

Per finire, caro Paolo, permettimi di notare che Francesco Moraglia era arrivato a Venezia su nomina di Benedetto XVI: un ratzingeriano doc che avrebbe portato a termine il lavoro restauratore iniziato da Scola, nel frattempo volato sulla cattedra di Milano nell’illusione di trasferirsi presto su quella di Pietro. Mentirei se mi dicessi sorpreso, perché questa Chiesa forgiata nel fuoco debole del Vaticano II può solo produrre questi tristi spettacoli, qualsiasi siano le etichette.
In effetti, Moraglia sta completando il lavoro di Scola, a cui era tanto caro il concetto di meticciato, e il risultato è propriamente questo. Che lo faccia in chiave bergogliana ora che il padrone è cambiato non deve stupire. Ma, credimi, per il funerale di Valeria Soresin, Moraglia si sarebbe trovato allo stesso posto, alla stessa ora, a dire le stesse cose e a bruciare lo stesso granello d’incenso alla “divinità laica” anche sotto Ratzinger.
Cosa vuoi, anche i pastori, devono campare.

Grazie per aver ospitato questo supplemento






novembre 2015

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