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L’
“intercomunione” coi Luterani
Riflessioni di Mons. Gherardini 27 novembre 2015
Pubblicato
su Disputationes theologicae
- Impaginazione e neretti sono nostri - ![]() Nello stesso terreno dottrinale nasce la possibilità di ammettere la cosiddetta “intercomunione” coi Luterani. Su questo argomento pubblichiamo la risposta di Mons. Brunero Gherardini, il quale per anni ha tenuto la cattedra di Ecclesiologia ed Ecumenismo alla Pontificia Università Lateranense, scrivendo numerosi saggi sull’argomento ed offrendo spesso la sua consulenza su tale materia ai Dicasteri romani. Dalle sintetiche espressioni del teologo emerge quanto preoccupante sia - specialmente sul piano ecclesiologico - il diffondersi di certe tesi e della prassi del "fatto compiuto". Cosa s’intende per “intercomunione”? “Per rispondere in maniera
adeguata analizzando anche i documenti più recenti ci vorrebbe
non un articolo, non più articoli, ma un’intera monografia. Si
rilevi anzitutto l’improprietà del termine, non solo
perché l’idea d’intercomunione già di per sé
contiene un chiaro riferimento all’idea di partecipazione e non ha
quindi bisogno di sottolinearla con il prefisso inter, ma anche
perché il suo ambito semantico s’estende, secondo la tradizione
cristiana più antica, dal sacramento eucaristico alle singole
chiese, colorandosi d’una forte tonalità ecclesiologica. Il
termine insomma indica non solo la consumazione delle offerte
sacramentali, ma anche un rapporto tra chiesa e chiesa o tra
confessione e confessione”.
Cosa comporta tale teoria e cosa vuol significare? “Dirò subito che per
intercomunione deve intendersi la traduzione sintetica anche se non
onnicomprensiva dell’espressione classica communicatio in sacris. Coloro che son separati dall’unità
visibile della Chiesa o per scisma o per eresia, son per ciò
stesso impediti, o tagliati fuori dalla comunione ecclesiale, e di
conseguenza anche dalla comunione eucaristica; come tali né
posson partecipare alla liturgia dei cattolici, né posson
comunicarsi alla loro mensa eucaristica, così come i cattolici
sono impediti di partecipare ai culti di scismatici ed eretici. A
fronte di tale dottrina e relativa prassi, sta la situazione odierna,
fiorita in ambienti ecumenici e tendenzialmente avversa ai limiti della
communicatio in sacris. La tendenza non raramente scioglie le
briglie della “scapigliatura” ecumenica e l’intercomunione, con
scandalo negli uni ed entusiasmo negli altri, diventa cosa fatta: quasi
il segno dell’auspicata ed in tal modo iniziata
unità”.
E’ possibile l’intercomunione coi Luterani? “In merito alla comunione
fra i cattolici e i fratelli separati come eredi della Riforma o di
chiese ad essa ispirate, il loro rifiuto dei sacramenti e della
teologia della transustanziazione e quindi delle presenza sostanziale rende illecita ed insulsa ogni communicatio in sacris coi cattolici”.
Il sentimento prende forse il posto della dottrina? “In materia tanto delicata,
la pressione emotiva non è buona consigliera. Apprezzo Von
Allmen quando, sottraendosi all’emozione, vuol trattarne “una buona
volta per tutte senza sotterfugi e mezze parole”. Anche a costo di una
chiarezza brutale. Ecumenicamente
parlando, proprio questa sembra mancare ai protagonisti del dialogo
interconfessionale. So bene anch’io che la testimonianza di
cristiani, divisi sui fondamenti della loro stessa fede, è meno
credibile, oltre che meno efficace. Ma
non sarà un’intercomunione “ad ogni costo” il motivo d’una loro
maggiore credibilità ed efficacia”.
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dicembre 2015 |