“ECCLESIA BERGOGLIO” -  ONLUS

di L. P.





L’enciclica, o meglio, il manifesto ‘Laudato si’’ è l’aratro che ha tracciato il solco del nuovo campo dottrinario ecclesiale – l’antropogeocentrismo - e nel cui filo si sta convogliando un’entusiastica e ridicola corsa a chi sparge i più inutili, sterili e perciò tossici semi della paccottiglia ecologista.

Tutti attenti alle cose di quaggiù!”: questo l’ordine ONU che, come è noto, non ama “le cose di lassù” (Col. 3, 1), sicché la Gerarchìa cattolica, colpevolmente invischiata oramai nella panie di una melassa antropologica purulenta e tetra, simile, se non identica, a quella pece dantiana in che sono attuffati i barattieri (Inf. XXI-XXII), e attesa com’è alle problematiche sociali-economiche-politiche-sindacali-alimentari del mondo, non ha esitato a rispondere stracciando la propria carta d’identità vidimata col timbro della trascendenza  e firmata col Sangue di Cristo, ed esibendone una nuova, stampata su cartaccia riciclata dalle scorie e dai rifiuti pagani new age e siglata con i sigilli della cancellerìa massonica.

Naturalmente, per operare siffatto ribaltamento, la Gerarchìa ha messo mano anche alla revisione dello statuto, che Cristo ha scritto e ratificato con la Sua Croce, rinnegando la natura divina della Chiesa col trasformarla in una delle tante Onlus vaganti in questo mondo contemporaneo che ferve ed esplode di continua e universale solidarietà susseguente alle continue ed universali catastrofi che, guarda un po’, vengono orchestrate proprio per dar luogo alla campagna di filantropìa massmediatica, commerciale. E così abbiamo “Ecclesia Bergoglio – Onlus”.

Quale la causa che ci spinge a metter giù queste considerazioni? 
Presto detto: parliamo di un evento che ha visto gli uomini di Chiesa, i suoi prìncipi, dibattere, all’ombra della banale e stolida enciclica bergogliana e sotto l’artiglio vellutato dell’ONU, delle problematiche terrene – clima, ambiente, sviluppo economico, ecologìa, alimentazione – in prona obbedienza al tema imposto dalle Nazioni Unite. Dibattere, come è doveroso da qualche tempo in qua, solo e soltanto sulle cose di quaggiù.



Per dare completa intelligenza di quanto scriviamo e commenteremo, provvediamo a dar visione del riassuntivo comunicato apparso sull’O. R. (Osservatore Romano – 8/3/2016 - http://www.news.va/it/news/il-cardinale-turkson-in-germania-responsabilita-gl):
«Il cardinale Turkson in Germania – 08 marzo 2016. Per superare le attuali crisi sociali e ambientali occorre una rivoluzione culturale; ma questo non significa un rifiuto ingenuo della tecnologìa e dei benefici della società moderna, al contrario vuol dire mettere l’ingegno umano al servizio di un progresso più sano e più integrale”. Lo ha sottolineato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, intervenendo, sabato 5 marzo, a una conferenza organizzata a Bad Honnef, in Germania, dal ‘Katholisch-Soziales Institut’ dell’arcidiocesi di Colonia. Nella circostanza, l’associazione accademica per la promozione della dottrina sociale della Chiesa, ‘Ordo Socialis’, ha conferito un riconoscimento al cardinale Rodrìguez Maradiaga per il suo impegno contro l’esclusione e la povertà. Tema dei lavori, l’agenda 2030 con i nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) delle Nazioni Unite. Il cardinale Turkson lo ha riletto alla luce della ‘Laudato si’ con l’invito a ribaltare ciò che il Pontefice chiama i miti della modernità – individualismo, progresso illimitato, concorrenza, consumismo, mercato senza regole – nella prospettiva di una visione più profonda di ciò che deve essere servito dallo sviluppo: cioè l’uomo e la terra che egli abita, affinché la bellezza e la salute del pianeta siano conservate per le generazioni future».



Vogliamo premettere, a quanto diremo sul trascritto comunicato, che noi abbiamo ben presente la volontà che il Signore Dio manifestò quando, creato l’uomo, lo condusse e lo pose nelle delizie dell’Eden perché se ne servisse e lo custodisse (Gen. 2, 15). Pertanto non apparteniamo alla schiera di quanti sono, per interessi economici o per apatìa culturale, disattenti al creato, alla natura, alla vasta problematica ecologica obbedienti, come ci sentiamo di essere, a Colui che ha affidato all’uomo l’opera delle Sue mani.

Ciò detto, ricordiamo che il peccato originale ha determinato un ribaltamento dei valori al punto che, il paradiso che, per l’uomo, creato immortale, costituiva l’essere in atto connaturato in un vincolo ontologico, quella cioè che rappresenta la vera “casa comune”, con la ribellione di Adamo diventa realtà separata e lontana possibile a rientravi solo con la morte, il dolore e l’espiazione. Sicché la terra, maledetta per colpa di lui, sarà avara dei frutti che solo il sudore della fronte potrà cogliere.

Perciò, mentre nel breve periodo ante lapsum, la dimora dell’uomo era una sola ed unica, il Paradiso in cui Dio passeggiava con lui, con la ribellione dei progenitori si scinde in due realtà: la città di Dio e la città dell’uomo, la casa di lassù  e la casa di quaggiù. La prima quale dimora unica ed eterna, la seconda come precaria e transitoria abitazione.



Questa dottrina, che la Parola di Dio, l’esegesi dei Santi Padri e il Magistero perenne della Chiesa avevano conservato intatta e feconda di frutti, con il così detto ‘aggiornamento culturale’ con l’adesione, cioè, della Gerarchìa all’hegeliano ‘spirito dei tempi’ varato dal CV II, questa dottrina, dicevamo, è stata cancellata con  un’inversione di 180 gradi tanto che il pilota della barca di Pietro, che fino ad allora navigava saldo e sicuro nelle tempeste del mare aperto, tenendo fissa la rotta sulla sua Stella Polare, “su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Ebr.12, 2) e porto finale di approdo, ha modificato le coordinate nautiche puntando, nelle acque tranquille del dialogo, verso illusorie speranze di pace e di concordia terrena per arenarsi, comoda e codarda, nei bassi fondali delle secche e nelle fanghiglie del mondo.

Ed ecco, allora, che il manifesto bergogliano – ci vien difficile definire enciclica tale documento che è soltanto un prodotto di smaccata ideologìa arcobaleno del tutto prona e servile al politicamente corretto – rompe gli argini e si produce in una catechesi laicista che cancella l’attività principe della Chiesa funzionale alla “salus animarum” per affermare la “salus terrae”.

Alla pastorale relativa alle realtà divine e trascendenti, l’attuale Pontefice sostituisce quella relativa alle realtà umane immanenti e contingenti conferendo a queste connotazione di esclusiva e totale priorità.
E sorprende che Papa Bergoglio dichiari (18/2/2016) di non volersi immischiare nella politica quando ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni suo documento, ogni esternazione scritta o a braccio, in bassa e in alta quota, ogni omelìa martana ed ogni qual che sia suo pensiero, grondano contenuti e messaggî politici.
Noi non abbiamo dimenticato il suo elogio pubblico rivolto al comunista squadra-compasso Giorgio Napolitano, a colui che nel 1956 applaudì i massacri dell’Armata Rossa in  Ungherìa e firmò, col Comitato PCI, per la condanna a morte di tre patrioti, a colui che condannò a morte Eluana Englaro respingendo il decreto pro-vita presentatogli dal Governo Berlusconi (6/2/2009), al comunista che ha escluso Dio dalla sua vita; non abbiamo dimenticato la sua stima e il suo apprezzamento dedicato alla radicale abortista Emma Bonino, colei che sulla coscienza porta il marchio infame del peccato mortale di plurimo infanticidio, così come non abbiamo dimenticato il paterno conforto portato al perenne digiunatore Giacinto “Marco” Pannella con l’esortazione a riprendere il lavoro suo consueto! Un gran bel lavoro, Santità!

Cosicché, ligio alla sua speciosa ed astuta filosofia del “non intervento”, se ne è stato zitto e defilato nel dibattito accesosi sul vergognoso ddl Cirinnà convertito poi in legge, quasi che il gravissimo e ributtante peccato di sodomia, elevato a diritto civile, sia per la Chiesa cattolica tema esclusivo, appunto, della cosiddetta società civile e della politica, da lavarsene le mani. Ma questo suo atteggiamento, applaudito dal mondo massmediatico massonico, che si vuol far apparire come formale “rispetto per le istituzioni” – dixit Mons. Galantino – altro non è che segno di uno scellerato patto di comparaggio della Gerarchìa con il regno del principe di questo mondo, reso tenace e stretto dal mastice del relativismo liberale. In una parola: convergenza consapevole sui temi laicisti intrisa di viltà di marca vaticansecondista. In poche parole, il Papa e la Gerarchìa, non esercitando in questa circostanza il proprio e doveroso ufficio di magistero e di monito, hanno condannato le anime, prive del sostegno dottrinario, alla perdizione eterna. Del che dovranno rispondere a Dio al quale non hanno obbedito, come comanda l’apostolo (Atti, 5, 29).
E dovrebbe, l’intero sacro (?) Collegio, rammentare il grido del profeta “Vae mihi, quia tacui” (Is. 6, 5) - guai a me perché ho taciuto – che suona, appunto, senso di colpa e segnale di prossima punizione. Cosa che, diciamola tutta, il medesimo Collegio mostra di non temere convinto, com’è, e della misericordia di Dio dispensata a prescindere e dell’inesistenza del peccato.

Ed ecco, allora, la sempre più frequente e massiccia girandola di baracconi mediatici  di marca cattolica – congressi, giornate di studio, convegni, incontri, conferenze – a cui gli esponenti della Gerarchìa partecipano concionando su ecologìa, sindacati, politiche, lavoro: le “cose di quaggiù”.
E poiché è noto essere, la Conferenza Episcopale Tedesca, di collaudata ed acquisita connotazione cattoluterana – il frutto del cinquantennale dialogo ecumenistico - non poteva la stessa esimersi dal proporsi come avanguardia in tal senso, organizzando quella conferenza di cui sopra abbiamo dato notizia.
E siccome da molto tempo serpeggia, viscido e lusinghevole, un nostalgico rigurgito marxista, non sorprende quell’invito, espresso e rivolto alla società mondiale dal cardinale Turkson, a metter su una “rivoluzione culturale”, che tanto consuona, almeno nell’enunciato, a quella sanguinaria inaugurata da Mao Tse Tung e diffusa dalle sue “guardie rosse” del famoso libretto, allineate e coperte.

Il cardinale, e con lui gli organizzatori, forse ignorano che le rivoluzioni umane, specialmente quelle culturali, sono il soffio di Satana e, nello stesso tempo dimenticano la Vera Rivoluzione, quella che non provoca vittime ma dà la vita, e cioè, la rivoluzione suscitata da Gesù, l’unica che esalta l’uomo, incendiaria sì, ma che parla di amore e di pace, la sola che conduce a Dio. Nulla salus extra Ecclesiam. Invocare invece, come fa il cardinale Turkson, una nuova coscienza, una ‘rivoluzione culturale’  è come dire che il messaggio cristiano, la vera rivoluzione dello spirito che ha trasformato la storia, ha fallito o, quanto meno, dimostra di non possedere in sé il sigillo della verità e dell’efficacia. Diversamente, eminenza, che vorrebbe significare la sua stolida proposta?

E se non è questo il succo del più schietto relativismo, che cosa potrebbe essere?



Noi avremmo accolto con sincera approvazione – ci mancherebbe! – se il Katholisch-Soziales Institut dell’arcidiocesi di Colonia, e il consociato Ordo Socialis, avessero messo in agenda una lettura approfondita del libro della Genesi per affermare il mondo e l’universo quale creazione della volontà di Dio, rafforzando così il fronte della Verità contro la marea della falsa dottrina evoluzionistica. E, nel contempo, inserire il tema del rispetto dell’ambiente e del ruolo dell’uomo nella prospettiva di “custode della terra”, funzione da Dio a lui comandata ed affidata.
Ma avendo aderito all’agenda panteistica dell’ONU, la quale ha imposto anche alla Chiesa la moda vacua e sterile di impegnare ogni giorno per un tema – sterile diciamo, perché gli effetti, stando alla tragedia continua dell’umanità attuale, non sembrano proprio ottimali, anzi – un tema che contempla solo realtà umane e contingenti, la Gerarchìa ha deciso di starsene a rimorchio del disegno massonico del Nuovo Ordine Mondiale in cui è vietata la presenza di Dio Trinità.
Fondata da Gesù, irrorata dal suo preziosissimo Sangue, illuminata dallo Spirito Santo e “comandata” quale perenne missionaria per diffondere il Vangelo, per battezzare e salvare le anime, Essa viene distolta dal suo ufficio per predicare la cosiddetta “agenda 2030” e gli obiettivi di “sviluppo sostenibile”. E ad evitare che il fedele provi a dissentire da siffatto scopo e a criticare la deriva teologica e pastorale di questo papato, ecco che, quale appoggio di sponda, viene ammannita la furba giustificazione, vera e propria esca che nasconde l’amo, dell’impegno contro l’esclusione e la povertà, quasi a dire che la Chiesa preconciliare se ne sia stata chiusa e inerte nella cerchia delle mura leonine.
Al contrario, perché la Chiesa prevaticanosecondo aveva esteso i “suoi rami sino al mare e le sue propaggini sino al fiume” (Ps. 79, 12) fattasi missionaria e portando l’annuncio della salvezza al mondo, ai poveri e agli uomini di buona volontà, scrollandosi la polvere dai calzari laddove non fosse accetta (Mt. 10, 5/14), mentre la Chiesa di Giovanni  XXIII, di Paolo VI, di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e questa di Francesco I  ha, fàttasi essa mondo col mondo, dismesso l’opera missionaria a vantaggio dello sterile e codardo dialogo interreligioso, metodo che avrebbe anche qualche valore di carattere umanistico se non fosse che, soprattutto con Assisi ’86 e successive analoghe manifestazioni, la Gerarchìa ha sporcato e sminuito la natura trascendente della Chiesa riducendola e abbassandola a fenomeno esperienzial- sentimentale e, nel contempo, elevando le altre confessioni idolatriche, quelle che il salmo 95, 5 definisce sataniche, di pari valore soteriologico. Talché, nella trascorsa domenica delle Palme del 20 marzo, il giovane celebrante, che naturalmente respira questa mefitica atmosfera, ha, nel corso di una scialba omelìa tenuta nella nostra chiesa parrocchiale, sottolineato la bontà delle confessioni che nella loro diversità portano tutte a Dio.

Nella nefasta e sovrabbondante intervista, concessa all’ateo Eugenio Scalfari (La Repubblica 1 ottobre 2013), il Papa, alla domanda quale fosse, secondo lui, il più grave problema della Chiesa contemporanea, rispondeva “la disoccupazione giovanile” e quale, ancora secondo lui, fosse la vera guida etica, affermava “la cognizione soggettiva del bene e del male” con la coscienza personale elevata a tribunale unico e con buona pace dei Dieci Comandamenti. Da questa prospettiva antropologica e contingente, con la sua cosiddetta enciclica Laudato si’, s’è compiuta, per la fede e per la catechesi cattolica, la caduta piombante dalla sfera dello spirito e della trascendenza a quella inferiore della terrestrità degradata, nel territorio dell’immanentismo ecologista del pagano crogiolo new age.
E in questa vistosa traccia vanno, ad esempio, le  esternazioni del cardinal Bagnasco il quale, un giorno sì e l’altro pure, non si stanca di ammonire sul pericolo dell’inquinamento, del riscaldamento globale, della disoccupazione, delle trivellazioni marine, sul terrorismo “anonimo” con qualche peregrino ma raro cenno alla realtà cristiana in senso lato.

Non sarà una sorpresa se, prossimamente, si verrà a sapere che la Santa Sede avrà deliberato di istituire, presso ogni diocesi, un mercato “equo e solidale”, un “centro ascolto sindacale”, un ufficio meteorologico e di monitoraggio per le polveri sottili, un ufficio di collocamento, un ufficio reclami. L’apertura di gabinetti e di bagni, contigui al colonnato di San Pietro, è stata la mossa iniziale.

E quella che era il faro della civiltà, quella che era la fiaccola da ardere sulla cima del monte, quella che era la luce del mondo, la Basilica romana di San Pietro, il 20 marzo di quest’anno, aderendo il Papa all’iniziativa ecologista del WWF, la cosiddetta “Earth hour” consistente nello spegnimento delle luci quale simbolico impegno di lotta contro il “riscaldamento globale” – bufala planetaria, una delle tante partorite dal ventre osceno del Nuovo Ordine Mondiale - dalle ore 20,30 alle ore 21,30 è stata completamente oscurata come un lume sotto il moggio dopo che, precedentemente, la stessa facciata del Maderno  era stata adibita, l’8 dicembre 2015, a schermo per una sequenza eco-zoologica. 
Un bel segno dei tempi, non c’è che dire che dichiara la Chiesa Cattolica una delle tante, seppur prestigiosa ONLUS - ONG fate voi -  di stretta osservanza ed obbedienza onusiana.

Sicché, inascoltato il richiamo evangelico “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt. 6, 33), disattesa l’esortazione paolina (Col. 3, 1), gli uomini della Chiesa contemporanea hanno gli occhi rivolti in basso e fissi sulle realtà transitorie e fallaci e le orecchie tese alle sirene della sociologìa, rifiutando le cose belle di lassù, quelle per il cui sommo valore il poeta ammoniva:
Chiàmavi ‘l cielo e ‘ntorno vi si gira/
mostrandovi le sue bellezze etterne/
e l’occhio vostro pure a terra mira/
onde vi batte Chi tutto discerne
(Purg. XIV, 148-151).
E Colui che tutto discerne, tutto sa, tutto giudica, Colui che castiga e premia, ha già dato corso alla sua Giustizia, ché le tragedie, i massacri e il fiume di sangue di questi giorni ne sono il preludio perché Dio Padre “misericors et miserator” (Ps. 85,15), lento all’ira e sollecito al perdono, è sempre il Signore degli Eserciti, il Dio geloso e vendicativo che resiste ai superbi.

Osservazione: a dimostrazione di come tutta la pastorale bergogliana sia nient’altro che una scenografìa a beneficio di una matta voglia di visibilità mediatica, condita da riserve mentali e da ipocrisìa, sta quell’accenno ai “miti della modernità” – individualismo, progresso illimitato, concorrenza, consumismo, mercato senza regole – che, come recita il comunicato, il Papa addita alla riprovazione.
Ipocrisìa perché?
Perché dietro a siffatti miti stanno le grandi centrali del potere finanziario, mediatico, produttivo, alimentare, culturale, le stesse – vedi il Davos Forum, la B’nai B’erith, Microsoft, il Bilderberg, la Trilateral , le logge massoniche – che il Pontefice regolarmente e sollecitamente riceve in udienza speciale.

E, poi, va segnalata la bischerata di quel riconoscimento che l’Ordo Socialis, di cui sopra, ha conferito al cardinale Rodrìguez Maradiaga quale premio per essersi impegnato a pro degli emarginati e dei poveri. Una celebrazione autoreferenziale suonata e cantata dagli stessi interpreti. Ma non doveva essere, questa virtù, un dovere, una delle funzioni primarie, e d’obbligo, intimamente inerente allo stato di consacrato, passibile, caso mai, soltanto di biasimo in caso di trascuratezza? Il cardinale ha, così, ricevuto la mercede dagli uomini che - parola di Gesù - esclude quella di Dio.







marzo 2016

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