Francesco: la misura è colma!


di Alejandro Sosa Laprida

Parte seconda





Francesco ha infine trovato la tiara pontificia che gli si addice (1)

Parte prima
Introduzione.
1. L’omosessualismo non più condannato, ma «integrato».
2. Il laicismo va nel senso della «Storia».

Parte seconda

Parte terza
7. L’«eco-enciclica» Laudato Si’.
8. Spaventose bestemmie.
9. Sostegno all’islam e all’immigrazione musulmana in Europa.
10. Francesco, Teilhard de Chardin e il panteismo.

Parte quarta
11. Francesco, parossismo dell’ecumenismo conciliare.
12. La questione della pena di morte.
13. Verso un governo mondiale.
Conclusione.




«Ed a rompere senza più gl’indugi Ci spinge anzitutto il fatto, che i fautori dell’errore
già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati;
ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa,
tanto più perniciosi quanto meno sono in vista.
Alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch’è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale,
i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d’ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere,
tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa,
si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima;
[…]
Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi.
Imperocché, come già abbiam detto, i lor consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa;
ond’è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei,
con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro.
Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli;
ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde.» (2)

(San Pio X, Enciclica Pascendi, 1907, 2-3)



Tavola delle materie

Introduzione.
1. L’omosessualismo non più condannato, ma «integrato».
2. Il laicismo va nel senso della «Storia».
3. Chiesa e Sinagoga, una pari dignità.
4. Eresie caratterizzate.
5. Amoris laetitia: la distruzione del matrimonio e l’abolizione del peccato tramite la falsa misericordia.
6. Il mondialismo e la «conversione ecologica».
7. L’«eco-enciclica» Laudato Si’.
8. Spaventose bestemmie.
9. Sostegno all’islam e all’immigrazione musulmana in Europa.
10. Francesco, Teilhard de Chardin e il panteismo.
11. Francesco, parossismo dell’ecumenismo conciliare.
12. La questione della pena di morte.
13. Verso un governo mondiale.
Conclusione.

3. Chiesa e Sinagoga: una pari dignità

Il giudaismo, dopo la crocifissione di Nostro Signore, è divenuto il nemico del Vangelo e il popolo eletto si è trasformato in Sinagoga di Satana. Questo non sono io che lo dico, ma due giudei, due Apostoli di Gesù Cristo, San Paolo e San Giovanni, che l’affermano nell’epistola ai Romani il primo e nell’Apocalisse il secondo. E sarà così fino alla conversione di Israele che, come annuncia San Paolo nella stessa epistola, un giorno si verificherà. Nell’attesa di questo felice evento l’opposizione fra la Chiesa e la Sinagoga è totale, nella misura in cui la prima è interamente dedicata a diffondere Gesù Cristo nelle anime e a farlo regnare nella società, mentre la seconda vi si oppone con tutte le forze, in quanto persegue un solo obiettivo: l’avvento dell’Anticristo.

Eppure, Nostro Signore li aveva avvertiti:
«Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste.» (Gv. 5, 43).
San Gerolamo commenta così queste parole di Gesù: «I giudei, dopo aver disprezzato la verità in persona, accoglieranno la menzogna ricevendo l’Anticristo.» (12) E Sant’Ambrogio dice: «Questo indica che i giudei, che non hanno voluto credere in Gesù Cristo, crederanno nell’Anticristo.» (13)

Il mondialismo laico dei diritti dell’uomo, l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale tecnocratico e anonimo, senz’anima e senza storia, sono il risultato dei loro sforzi secolari di sovversione metodica dell’ordine politico naturale e cristiano. La Repubblica Universale, astratta e disincarnata, concepita dagli spiriti illuminati nelle logge cabaliste, «democratica, multiculturale e pluralista», che esclude Cristo, è il contrappunto diabolico della Cristianità, una mostruosa contraffazione dell’unità cattolica e la condizione indispensabile per la manifestazione dell’Uomo del Peccato. Ed è gioco forza constatare che, dopo Giovanni XXIII, tutti i «papi conciliari» sono scesi sul loro terreno, divenendo i più ferventi partigiani delle Nazioni Unite e dei Diritti dell’Uomo, agenti ossequiosi del mondialismo anticristico e valletti servili della Sinagoga.

Bisogna tenere a mente due dati chiave, perché rivelano agli spiriti attenti la presenza del nemico nel luogo santo: la modifica della preghiera del Venerdì Santo per i giudei, che Giovanni XXIII si affrettò ad effettuare nel marzo 1959, appena quattro mesi dopo la sua elezione, e che ha soppresso i termini perfidi e perfidia applicati ai giudei; e la promulgazione, il 28 ottobre 1965, della dichiarazione conciliare sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane: Nostra Aetate, che dichiara che il giudaismo talmudico non dev’essere considerato come «riprovato da Dio» e che condanna l’«antisemitismo», termine utilizzato falsamente perché in effetti si riferisce all’antigiudaismo teologico  basato sull’insegnamento del Nuovo Testamento; questi due dati interdicono la vera dottrina cattolica nei confronti della Sinagoga, quella che è in conformità con la rivelazione divina e col magistero bimillenario della Chiesa.




L’attitudine di Francesco verso il giudaismo si inscrive in perfetta continuità con questa nuova teologia conciliare. Ci limiteremo a citare un solo esempio, ampiamente sufficiente per illustrare la situazione. Il 27 settembre 2015, nel corso del suo viaggio negli USA, nell’Università Saint-Joseph di Filadelfia, Francesco ha benedetto una statua chiamata Sinagoga e Chiesa nel nostro tempo, che raffigura due donne sedute l’una a fianco all’altra come due sorelle. Una tiene un libro, l’altra un rotolo, mentre guardano con molto rispetto l’una i testi dell’altra. Sul piedistallo si trova scritta una frase di Francesco, tratta dal § 249 della Evangelii Gaudium:
«…esiste una ricca complementarietà che ci permette di leggere insieme i testi della Bibbia ebraica e aiutarci vicendevolmente a sviscerare le ricchezze della Parola» (14).

L’antivigilia, nel campus della stessa Università, si era svolto un colloquio giudeo-cristiano per commemorare il 50esimo anniversario di Nostra Aetate, intitolato: 50 anni di un viaggio d’amicizia. Ecco un breve passo dell’intervento del rabbino argentino Abraham Skorka, grande amico di Francesco col quale nel 2010 scrisse il libro Il cielo e la terra:

«Lo scopo ultimo di Nostra Aetate era di creare una nuova realtà per i giudei e i cattolici, un nuovo mondo. Un mondo nel quale non sono in opposizione, ma possono attivamente studiare ed apprendere insieme e così arricchirsi mutualmente e mutualmente aiutarsi a camminare nella loro via di alleanza con Dio. Noi non siamo più “estranei” gli uni per gli altri. Quest’idea è raffigurata da questa scultura molto significativa che stiamo per consacrare e che ricorderà a tutti coloro che la guarderanno e la contempleranno in avvenire, le conquiste del passato e le sfide dell’avvenire.» (15) .

Da parte sua, lo scultore, Joshua Koffman, ha affermato che : «la dichiarazione del 1965 ha rigettato come obsoleti secoli di accuse cristiane che pretendevano che i giudei fossero nemici di Dio, ed ha chiamato al dialogo e all’amicizia cattolici e giudei.»
Mentre a sua volta, il portavoce del Vaticano, Padre Federico Lombardi, poco prima dell’arrivo di Francesco davanti alla statua, ha spiegato ai giornalisti che la statua «è una perfetta manifestazione dell’identica dignità delle due sorelle, la Chiesa e la Sinagoga» (16).





A titolo di esempio storico, ecco le parole pronunciate dal rabbino Abraham Skorka l’11 novembre 2012, quattro mesi prima dell’elezione di Francesco al pontificato, in occasione del conferimento del dottorato onoris causa da parte della UCA (Università Cattolica Argentina) e consegnatogli dallo stesso Jorge Bergoglio, all’epoca arcivescovo di Buenos Aires e cardinale primate dell’Argentina, il quale ascoltò con attenzione il discorso del rabbino e l’applaudì calorosamente:

«Chiedo a Dio che si moltiplichino coloro che si battono per la verità, al di là delle spiegazioni e dei punti di vista teologici, al di là delle differenze teologiche. Noi dobbiamo creare una realtà umana, costruire una realtà umana diversa. Noi aspettiamo il messia, ma perché arrivi noi dobbiamo preparargli il terreno, dobbiamo fargli posto. Io credo che egli verrà quando Dio vorrà, Dio lo rivelerà all’umanità quando lo giudicherà opportuno. Ma credo che Dio aspetti anche noi. Molte grazie.» (17).

Per concludere questa sezione, ecco un breve passo della Evangelii Gaudium nel quale Francesco spiega che la Chiesa deve arricchirsi con i «valori» del giudaismo talmudico che rifiuta Nostro Signore Gesù Cristo:

«Dio continua ad operare nel popolo dell’Antica Alleanza e fa nascere tesori di saggezza che scaturiscono dal suo incontro con la Parola divina. Per questo anche la Chiesa si arricchisce quando raccoglie i valori dell’Ebraismo.» § 249.

Si rimane stupefatti di fronte a simili parole. Quali sono questi «valori dell’ebraismo» suscettibili di arricchire la Chiesa? Il loro rigetto ostinato del loro solo Messia e Salvatore, Gesù Cristo? Oppure il loro internazionalismo sovversivo e anticristiano che prelude al regno mondiale dell’Anticristo? Mi chiedo: serve forse altro per convincersi che Francesco ha tradito la Chiesa e si è posto interamente al servizio della Sinagoga?

4. Eresie caratterizzate

Una precisazione: in verità, si trovano eresie in tutti i punti toccati in questa esposizione. Qui non faccio altro che ribadirne alcuni particolarmente eclatanti, che ci permettono di cogliere l’incompatibilità radicale esistente tra ciò che dice Francesco e la rivelazione divina.

Per esempio, egli afferma che «vivere e lascia vivere è il primo passo verso la pace e la felicità» (18). Per lui, dunque, non è la fede in Nostro Signore Gesù Cristo che costituisce il primo passo verso la pace e la felicità, ma il fatto di vivere la propria vita come si vuole, lasciando gli altri liberi di fare altrettanto. Così egli ci dice che la vera pace e la vera felicità non sarebbero un dono di Dio, ma il prodotto di un’attività umana. Faccio notare che questa frase fa parte dei Dieci consigli per la felicità e la pace, da lui elencati nel corso di un’intervista concessa ad una rivista argentina nel luglio del 2014 e nella quale Francesco non s’è degnato di nominare una sola volta né Dio né Nostro Signore Gesù Cristo.

Ecco una frase tratta dalla sua prima Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium:
«Non si deve pensare che l’annuncio evangelico sia da trasmettere sempre con determinate formule stabilite, o con parole precise che esprimano un contenuto assolutamente invariabile.» §129.

Avete letto bene: niente parole precise né contenuti invariabili. Si tratta della quintessenza dell’eresia modernista, condannata da San Pio X. Per convincersene basta leggere l’enciclica Pascendi.

Ed ecco un’altra citazione tratta dalla sua intervista con Padre Antonio Spadaro:

«Sì, in questo cercare e trovare Dio in tutte le cose resta sempre una zona di incertezza. Deve esserci. Se una persona dice che ha incontrato Dio con certezza totale e non è sfiorata da un margine di incertezza, allora non va bene.» (19).

E’ necessario ricordare che la virtù teologale della fede richiede la certezza e l’ossequio senza fallo alle verità che Dio ha rivelato e che nutrire a riguardo un dubbio volontario costituisce un peccato grave?
Ecco ciò che dice il Catechismo di San Pio X:

«866. Siamo noi sicuri di quelle cose che la santa Chiesa c'insegna?
Di quelle cose che la santa Chiesa c'insegna, noi siamo sicurissimi, perché Gesù Cristo ha impegnato la sua parola, che la Chiesa non si sarebbe mai ingannata.
«867. Con qual peccato si perde la Fede?
La Fede si perde con negare o dubitare volontariamente anche di un solo articolo propostoci a credere.»




Francesco ha insistito su questo punto in un dialogo con i giovani italiani di Villa Nazareth a Roma, dov’egli si è recato lo scorso 18 giugno. Ad un ragazzo che gli ha chiesto: “Si è mai trovato in crisi con la sua fede?”, Francesco ha risposto:

«Tante volte io mi trovo in crisi con la fede e alcune volte anche ho avuto la sfacciataggine di rimproverare Gesù: “Ma perché Tu permetti questo?”, e anche dubitare: “Ma questa sarà la verità, o sarà un sogno?”. E questo da ragazzo, da seminarista, da prete, da religioso, da vescovo e da Papa. “Ma come mai il mondo è così, se Tu hai dato la Tua vita? Ma non sarà, questa, un’illusione, un alibi per consolarci?”. Un cristiano che non abbia sentito questo, qualche volta, la cui fede non sia entrata in crisi, gli manca qualcosa: è un cristiano che si accontenta con un po’ di mondanità e così va avanti nella vita.» (20).

Ciò che Francesco dice ai giovani è che dubitare delle verità della fede cattolica è una cosa buona e che coloro che non lo fanno sono dei cristiani mediocri e mondani. Immaginate un catechista che direbbe ai suoi allievi che non bisogna smettere di dubitare su ciò che lui insegna loro e che questo sarebbe non solo benefico, ma anche necessario per poter diventare un buon cristiano. Ebbene, qui noi abbiamo un sedicente papa, dottore supremo della fede cattolica, che dice ai fedeli all’incirca così:
«Cari fratelli e sorelle, per diventare dei cristiani autentici io vi incoraggio a non esitare a mettere in discussione la vostra fede, prendendo esempio da me, che non ho mai smesso di farlo nel corso delle diverse tappe della mia lunga vita e che continuo a farlo anche adesso che sono diventato il Vicario di Gesù Cristo. Peraltro, tengo a precisare che se voi vi rifiutate di farlo siete dei cristiani meschini e mondani incapaci di spingervi verso le “periferie esistenziali” e di praticare la “cultura dell’incontro”».

La conclusione è patente ed è deprimente constatare come quasi nessuno se ne accorga: Francesco non ha la fede cattolica, poiché insegna che fede e certezza sono incompatibili e che in materia di religione bisogna far posto al dubbio.

Ma ecco un’altra contro-verità:

«Dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute.» (21).

Il che significa, secondo Francesco, che il cattolicesimo è solo una «tradizione» tra le altre e per niente la verità rivelata da Dio stesso. In tal modo, il dogma cattolico si ridurrebbe alle «proprie idee e tradizioni»; in altre parole a delle mere opinioni. Ne consegue che la verità religiosa non sarebbe da concepire come assoluta, certa, invariabile.
E in seguito egli ci fa sapere, in perfetta coerenza con se stesso, che:

«La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile.» (22).

E’ sempre lo stesso discorso, la verità religiosa, «unica ed assoluta», non esiste, non si può cogliere la verità con certezza, vi sono solo delle «opinioni», tutte rispettabili nella misura in cui sono rispettose della «inalienabile dignità della persona umana». Per Francesco, il cristiano che cercasse la chiarezza e la certezza dottrinale sarebbe fuori strada e chi restasse attaccato al passato perderebbe il treno del progresso, dal momento che si rinchiude in una visione statica delle cose. Per quanto possa sembrare surreale, è esattamente quello che Francesco ha detto a Padre Antonio Spadaro nell’agosto del 2013, nella sua nota intervista per la rivista gesuita La Civiltà Cattolica:

«Se il cristiano è restaurazionista, legalista, se vuole tutto chiaro e sicuro, allora non trova niente. La tradizione e la memoria del passato devono aiutarci ad avere il coraggio di aprire nuovi spazi a Dio. Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla “sicurezza” dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva.» (23).

Ma ecco un’altra falsità, la cui natura è atta a minare alla base l’esistenza stessa del cristianesimo:

«Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda. A me capita che dopo un incontro ho voglia di farne un altro perché nascono nuove idee e si scoprono nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri. Il mondo è percorso da strade che riavvicinano e allontanano, ma l’importante è che portino verso il Bene» (24).

Evidentemente, se in materia religiosa vi sono solo delle «opinioni», a che scopo fare del «proselitismo»? L’importante è dialogare, aprirsi al pensiero degli altri, quali che siano, perché questo ci aiuterà ad «ampliare la cerchia dei pensieri». Si riesce ad immaginare quali frutti avrebbe dato la predicazione degli Apostoli se avessero parlato così ai Greci ed ai Romani? Porre questa domanda equivale a darsi già la risposta.

Secondo Francesco, la Chiesa non deve conservare inalterato il dogma della fede ed annunciarlo al mondo in vista della sua conversione a Cristo, ma è la Chiesa stessa che deve modificare la sua fede per adattarsi ad una società che non è più cristiana:

«Il mondo è cambiato e la Chiesa non può rinchiudersi nelle presunte interpretazioni del dogma. Noi dobbiamo affrontare i conflitti sociali, vecchi e nuovi, e cercare di dare una mano per rassicurare, non stigmatizzare, né semplicemente rimproverare» (25).

Cosa che Francesco spiega ancora con altre parole: per avere «credibilità», la Chiesa deve sentire l’«odore» degli uomini del nostro tempo e lasciarsene impregnare. Quando si dice essere consequenziali…

«Per ricercare ciò che oggi il Signore chiede alla Sua Chiesa, dobbiamo prestare orecchio ai battiti di questo tempo e percepire l’«odore» degli uomini d’oggi, fino a restare impregnati delle loro gioie e speranze, delle loro tristezze e angosce. A quel punto sapremo proporre con credibilità la buona notizia sulla famiglia.» (26).

Il disprezzo e l’odio che prova Francesco nei confronti del dogma e della morale della Chiesa, affiorano in modo particolare nella seguente dichiarazione:

«Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. … Gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono tutti equivalenti. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza.» (27).



Ed ecco due altre citazioni che provano il radicale indifferentismo religioso di Francesco. Nella prima, egli sostiene che lo «Spirito» (sic!) agisce in tutte le religioni e nella seconda afferma che la religione dei bambini non ha alcuna importanza, posto che abbiano di che mangiare:

«Ogni persona che desideri formare in questo mondo una famiglia che insegni ai figli a gioire per ogni azione che si proponga di vincere il male -una famiglia che mostri che lo Spirito è vivo e operante-, troverà la gratitudine e la stima, a qualunque popolo, religione o regione appartenga.» (28).

«Se c’è un bambino che ha fame e che non riceve un’educazione, quello che deve interessarci è che smetta di aver fame e riceva un’educazione.  Non importa se a dargli questa educazione sono i cattolici, i protestanti, gli ortodossi o gli ebrei. Non m'interessa. M’interessa che l’educhino e lo sfamino.» (29).

Avete capito bene: la cosa non gli interessa. Non si può essere più chiari. E io mi chiedo: cosa serve ancora per convincersi che quest’uomo non professa affatto la fede cattolica, ma un umanitarismo naturalista che è in perfetto accordo con quello della massoneria? Ancora una volta, cerchiamo di immaginare per un istante San Pietro o San Paolo che spiegano ai loro contemporanei che la religione che professano non ha poi tanta importanza, che la sola cosa che conta è che si arrivi a sradicare la povertà e che ciascuno possa soddisfare la sua fame.
La situazione attuale è talmente assurda che si fa fatica a capire come dopo più di tre anni di sciocchezze simili, la gran maggioranza dei cattolici continui a considerare quest’uomo come il legittimo Sommo Pontefice della Chiesa.

Non posso impedirmi di pensare alla storia di Cappuccetto Rosso, con la bambina che continua a chiamare «nonna» quello che chiaramente è un lupo vorace che vuole solo la sua morte. E penso anche all’incredibile ingenuità di cui danno prova le molteplici petizioni che i «conservatori» rivolgono a Francesco, supplicandolo di «mettersi in riga» o di «chiarire le sue ambiguità o di «rinunciare» al suo pontificato: è come immaginare Cappuccetto Rosso che prega il lupo di essere gentile e di non divorarla, ingiungendogli di lasciare subito la casa della nonna…


5. Amoris Laetitia: la distruzione del matrimonio e l’abolizione del peccato tramite la falsa misericordia

Con la sua seconda Esortazione Apostolica fiume (58.000 parole), intitolata Amoris Laetitia (la gioia dell’amore), Francesco ha  raggiunto un nuovo livello di iniquità. Infatti, ha portato a termine il lungo processo di sovversione che è sfociato nella pubblicazione di tale documento, processo composto dai due Sinodi dei Vescovi del 2014 e 2015 e da un’incredibile quantità di documenti e di rapporti indigesti, zeppi di ogni sorta di omissioni, di ambiguità, di manipolazioni e di errori.
A coloro che sono interessati all’argomento, consiglio la lettura del libro di F-X. Peron, Le Synode sur la famille. La révolution du pape François (30), pubblicato nel 2015 da Civitas.

Tenuto conto della lunghezza senza precedenti di questo documento, ideale per disseminarvi abilmente ogni sorta di errori e di bombe a scoppio ritardato, mi limiterò a commentarne solo dei brevi passi.
Per prima cosa, Francesco ne fissa il tenore, abolendo letteralmente il ruolo del magistero a beneficio del relativismo dottrinale eretto a regola unica:

«Ricordando che il tempo è superiore allo spazio, desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. […] Inoltre, in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali.» § 3.

Qui Francesco, non solo ci propina la sua continua fisima gnostica secondo la quale «il tempo è superiore allo spazio», ma ha perfino l’incredibile sfrontatezza di farci sapere con tono accondiscendente che intende «ricordarcela», senza vergognarsi, come se niente fosse, come se si trattasse di un articolo di fede mentre invece si tratta di una totale novità che egli è il primo e il solo a presentare in 2000 anni di cristianesimo, e mentre si tratta solo di un’aberrazione filosofica del tutto sprovvista di senso, se non nell’ottica evoluzionista.
Francesco lanciò per la prima volta quest’idea nella Evangelii Gaudium; ne ripropongo l’intero passo perché ci permette di cogliere il suo pensiero gnostico e anche perché, se si prendono le cose con una certa dose di umorismo, sono convinto che faccia piacere rilassarsi ridendo di una prosa così ampollosa. Ecco il passo, che è un vero pezzo da antologia, ma… attenzione ai giramenti di testa!

«Vi è una tensione bipolare tra la pienezza e il limite. La pienezza provoca la volontà di possedere tutto e il limite è la parete che ci si pone davanti. Il “tempo”, considerato in senso ampio, fa riferimento alla pienezza come espressione dell’orizzonte che ci si apre dinanzi, e il momento è espressione del limite che si vive in uno spazio circoscritto. I cittadini vivono in tensione tra la congiuntura del momento e la luce del tempo, dell’orizzonte più grande, dell’utopia che ci apre al futuro come causa finale che attrae. Da qui emerge un primo principio per progredire nella costruzione di un popolo: il tempo è superiore allo spazio. (31)» § 222.

Non è chiaro? Andiamo… un piccolo sforzo, per favore! E allora, per maggior chiarezza, ecco una parafrasi di questo testo «pontificio»:
«Vi è una pienezza tra la tensione bipolare e il limite. La volontà di pienezza provoca il possesso del limite che è come un muro davanti a noi. La pienezza, in senso lato, si riferisce all’orizzonte che si esprime, mentre il momento è l’espressione di uno spazio che si trova là. I cittadini tendono verso l’esperienza che si dispiega alla luce del tempo nel momento preciso in cui la condizione di un orizzonte più grande ci porta verso l’utopia che ci attrae come causa finale. E’ qui che sorge un popolo per costruire il principio che ci permette di avanzare: lo spazio apre verso il tempo che illumina.»

Non ci siamo ancora? Non importa! Un piccolo esercizio di idealismo tedesco ed ecco che tutto diventa chiaro e cristallino. Attenzione, perché si suppone che ci si trovi al cospetto di un testo magisteriale che dovrebbe esporre delle verità di fede contenute nella rivelazione. In realtà, con questo ermetico farfugliare degno di un filosofo hegeliano, Francesco allude al processo evolutivo della coscienza umana che si dispiega nel tempo, teso infallibilmente verso lo scopo che attrae come una causa finale, che non è altro che il famoso Punto Omega o Cristo Cosmico del suo maestro panteista Teilhard de Chardin. Questo Punto Omega rappresenta il punto ultimo dello sviluppo della coscienza che sorge dalla materia e verso il quale si dirige l’universo, il punto in cui si consumerà l’unione totale dell’uomo, del mondo e di Dio.
Nel paragrafo seguente, Francesco spiega il senso del suo falso principio: si tratta di un processo evolutivo necessario e ineluttabile che si dispiega negli avvenimenti della storia umana. Questa nozione è il fondamento ideologico del «progressismo» marxista ed implica una visione monista della realtà, senza posto alcuno né per la libertà, né per la trascendenza divina. Avremo ancora occasione di riparlarne in seguito.
Ecco il testo:

«Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici.» § 223.

Ma ritorniamo al § 3 di Amoris Laetitia.
Dopo aver ricordato l’assurdo principio secondo il quale «il tempo è superiore allo spazio», che certo non è facile da dimenticare, Francesco ci spiega che nella Chiesa si ha bisogno di conservare «l’unità della dottrina», ma che «questo non impedisce che sussistano diverse interpretazioni di certi aspetti della dottrina». Per comprendere come si possano bellamente sostenere tali propositi contraddittori in una stessa frase, non bisogna perdere di vista che il principio di non contraddizione non ha rigorosamente alcun senso per chi aderisce al principio dell’evoluzione, in cui i conflitti, le crisi e appunto le contraddizioni costituiscono il vero motore del progresso, il dinamismo dialettico che rende possibile l’ascensione progressiva dello spirito umano verso la coscienza assoluta e cioè verso la divinizzazione.
Una volta introdotto il pluralismo e il relativismo dottrinale, nessuno si stupirà se Francesco si permette di pronunciare parole così sconcertanti come queste:

«… si può accogliere la proposta di alcuni maestri orientali che insistono sull’allargare la coscienza, per non rimanere prigionieri in un’esperienza molto limitata che ci chiuderebbe le prospettive. Tale ampliamento della coscienza non è la negazione o la distruzione del desiderio, bensì la sua dilatazione e il suo perfezionamento.» § 149.

Mi chiedo: è un papa che parla o un guru della new age? Da notare che Francesco dice questo parlando del piacere e della sessualità, è dunque impossibile non andare col pensiero al Tantra, tradizione esoterica sciamanica che si ritrova nelle principali religioni orientali e in particolare nell’induismo e nel buddismo, la quale si serve della sessualità per «ampliare la coscienza», per raggiungere l’«illuminazione», il «risveglio», e cioè il passaggio dalla coscienza individuale, limitata e dualista, allo stato di «sovracoscienza» proprio della divinità. Non c’è bisogno di precisare che qui ci troviamo in pieno panteismo.
In seguito, da buon apostolo del femminismo e dell’egualitarismo, Francesco ne approfitta per minare l’autorità del capo famiglia, spiegando che l’insegnamento di San Paolo non è altro che un «rivestimento culturale»:

«… è opportuno evitare ogni interpretazione inadeguata del testo della Lettera agli Efesini dove si chiede che «le mogli siano sottomesse ai loro mariti» (Ef 5, 22). San Paolo qui si esprime in categorie culturali proprie di quell’epoca, ma noi non dobbiamo assumere tale rivestimento culturale» § 156.

In un altro passo, Francesco sostiene che la verginità consacrata non è uno stato di vita più eccellente del matrimonio:

«In questo senso san Giovanni Paolo II ha affermato che i testi biblici “non forniscono motivo per sostenere né l’inferiorità del matrimonio, né la superiorità della verginità o del celibato” a motivo dell’astinenza sessuale. Più che parlare della superiorità della verginità sotto ogni profilo, sembra appropriato mostrare che i diversi stati di vita sono complementari, in modo tale che uno può essere più perfetto per qualche aspetto e l’altro può esserlo da un altro punto di vista.» § 159.

Il che è proprio una disdetta sia per Francesco sia per Giovanni Paolo II, perché entrambi cadono appieno sotto l’anatema del Concilio di Trento:

«Se qualcuno dirà che lo stato coniugale è da preferirsi alla verginità o al celibato e che non è cosa migliore e più beata rimanere nella verginità e nel celibato, che unirsi in matrimonio, sia anatema.» (Mt 19, 11; 1 Co 7, 25; 1 Co 7, 38-40) (Sessione XXIV, X canone sul sacramento del matrimonio).

Giovanni Paolo II e Francesco sono dunque anatemizzati dalla Chiesa perché negano esplicitamente ciò che la Chiesa stessa afferma chiaramente. E’ inutile che pretendano di essere cattolici quando non lo sono affatto, perché non professano la fede della Chiesa.

Pio XII ha ribadito questa verità dogmatica nel 1954, nella sua enciclica Sacra Virginitas (32):

«Per questo motivo soprattutto, secondo l’insegnamento della Chiesa, la santa verginità supera in eccellenza il matrimonio. Già il divin Redentore ne aveva fatto un consiglio di vita più perfetta ai discepoli (cf. Mt 19, 10-11). E l’apostolo san Paolo, dopo aver detto di un padre che dà a marito la sua figlia “egli fa bene”, aggiunge subito: “Chi però non la dà a marito, fa meglio ancora” (1 Cor 7, 38). […] Se dunque la verginità, come abbiamo detto, è superiore al matrimonio, questo avviene senza dubbio perché essa mira a conseguire un fine più eccelso; essa poi è un mezzo efficacissimo per consacrarsi interamente al servizio di Dio, mentre il cuore di chi è legato alle cure del matrimonio resta più o meno “diviso” (cf. 1 Cor 7, 33)» § 23.
«La dottrina che stabilisce l’eccellenza e la superiorità della verginità e del celibato sul matrimonio, come già dicemmo, annunciata dal divin Redentore e dall’apostolo delle genti, fu solennemente definita dogma di fede nel concilio di Trento e sempre concordemente insegnata dai santi padri e dai dottori della chiesa.» § 31.

In seguito, Francesco sostiene la reintegrazione nella vita ecclesiale di tutti coloro che si trovano in una situazione «irregolare»:

«Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia “immeritata, incondizionata e gratuita”. Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino.» § 297.

E «tutti» vuol dire proprio «tutti» e cioè concubini, divorziati “risposati”, omosessuali, sostenitori dell’aborto, del “matrimonio” gay, ecc. Eppure Francesco dovrebbe sapere che nessuno è escluso «per sempre» dalla Chiesa, ma a condizione che si decida a cambiare vita! Il problema è che per lui bisognerebbe integrare tutti, quale che sia la loro situazione, cioè anche coloro che non hanno alcuna intenzione di porre fine alla loro vita scandalosa. Senza contare che affermare che il condannare per sempre non sarebbe nella logica del Vangelo, è cosa davvero ridicola, basti ricordare parole come queste:

«Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.» (Mt. 25, 41).

E questo l’ha detto Nostro Signore stesso.
Ma per uno gnostico, verità come questa sono irricevibili, perché, grazie al processo evolutivo, tutti giungono ineluttabilmente al loro culmine e cioè alla divinizzazione.
Ricordiamo qui le parole rivolte da Francesco ad Eugenio Scalfari:

«…anche la nostra specie finirà ma non finirà la luce di Dio che a quel punto invaderà tutte le anime e tutto sarà in tutti.» (33).

Francesco sostiene qui la salvezza universale per assimilazione all’essenza divina, e in questa prospettiva va da sé che l’idea che uno possa essere «condannato per sempre» non ha a rigore alcun senso. Si tratta di panteismo allo stato puro e ci ritorneremo in seguito, perché si tratta dell’errore che è alla base dei discorsi e della prassi di Bergoglio.

In seguito, Francesco spiega che se si vive l’adulterio con «provata fedeltà» e col «dono generoso di sé» (non inventiamo niente!), anche se non ci si trova nella situazione «ideale» (!!!), si può essere ugualmente integrati, per mezzo del «discernimento» e dell’«adeguata distinzione» dei pastori… il che cambia tutto, ovviamente!:

«I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. […] Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia. I Padri sinodali hanno affermato che il discernimento dei Pastori deve sempre farsi “distinguendo adeguatamente” con uno sguardo che discerna bene le situazioni. Sappiamo che non esistono “semplici ricette”» § 298.

Questo attiene all’etica di situazione, che dissolve la morale in un relativismo soggettivista: basta considerare solo le circostanze, poiché non vi sarebbero più atti malvagi, puramente e semplicemente, quali che siano le circostanze. Il matrimonio cristiano, con l’indissolubilità che esso implica, non è più normativo, ma diventa un «ideale» che non è alla portata di tutti. Così ci si dovrà sforzare di mettere in luce i «valori positivi» che si trovano nelle situazioni «irregolari» (concubinato, adulterio, relazioni omosessuali, ecc.): «provata fedeltà, dono generoso di sé, impegno cristiano», ecc. E’ il caso di precisare che tali proponimenti non sono altro che spaventose menzogne che possono solo provenire dal padre della menzogna?

Ecco ciò che diceva Pio XII sull’etica di situazione in una sua allocuzione del 1952 al Congresso Internazionale della Federazione Cattolica Mondiale della Gioventù Femminile (34):

«…l’etica nuova è talmente al di fuori della Fede e dei principii cattolici che persino un bambino, se conosce il suo catechismo, se ne può render conto e lo può percepire. Non è difficile riconoscere come il nuovo sistema morale derivi dall'esistenzialismo, che o fa astrazione da Dio o semplicemente lo nega e in ogni caso abbandona l'uomo a se stesso.»

Cosa che è esattamente il contrario di ciò che dice Francesco. Ecco, a titolo illustrativo, quattro brevi passi estratti da Amoris Laetitia:

1. «E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi” le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi. (35)» § 300.

2. « … a volte ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa» § 310.

3. «È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano.» § 304.

4. «Questo ci fornisce un quadro e un clima che ci impedisce di sviluppare una morale fredda da scrivania nel trattare i temi più delicati e ci colloca piuttosto nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare. Questa è la logica che deve prevalere nella Chiesa, per “fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali”». § 312.

Ecco infine una quinta e ultima citazione tratta dall’omelia a Casa Santa Marta dello scorso 16 giugno e nella quale Francesco qualifica la dottrina cattolica tradizionale semplicemente come eretica. La situazione è grottesca: quest’uomo dà prova di una sfrontatezza inaudita, si crede che gli sia permesso tutto, non si ferma davanti a niente, mente e bestemmia come respira e non si trova alcuno che osi tenergli testa. Ma ciò che è più penoso è che apparentemente quasi nessuno sembra sentirsi coinvolto in questa inconcepibile situazione. Ecco la citazione:

«Questo sano realismo del cattolicesimo. Non è cattolico “o questo, o niente”: quello non è cattolico. Quello è eretico. Gesù sa sempre camminare con noi, ci dà l’ideale, ci accompagna verso l’ideale, ci libera da questo ingabbiamento della rigidità della legge e ci dice: “Ma, fate fino al punto che potete fare”. E lui ci capisce bene. È questo il nostro Signore, è questo quello che insegna a noi» (36).

Ma torniamo all’allocuzione di Pio XII, per meglio cogliere l’opposizione che esiste fra la dottrina cattolica e le fantasticherie partorite da Francesco:
 
«Dalle relazioni essenziali tra uomo e Dio, tra uomo e uomo, tra coniugi, tra genitori e figli, dalle relazioni essenziali della comunità nella famiglia, nella Chiesa, nello Stato, da tutto ciò risulta, tra le altre cose, che l’odio di Dio, la blasfemia, l’idolatria, la defezione dalla vera Fede, la negazione della Fede, lo spergiuro, l’omicidio, la falsa testimonianza, la calunnia, l’adulterio e la fornicazione, l’abuso del matrimonio, il peccato solitario, il furto e la rapina, la sottrazione di ciò che è necessario alla vita, la defraudazione del giusto salario, l'accaparramento dei viveri di prima necessità e l'aumento ingiustificato dei prezzi, la bancarotta fraudolenta, le manovre d'ingiusta speculazione tutto ciò è gravemente proibito dal Legislatore divino; non c'è alcun dubbio; qualunque sia la situazione individuale, non v’è altra scelta che obbedire

Un tale discorso non è certo una buona notizia per Francesco e il suo «adeguato discernimento personale e pastorale». Pio XII afferma che di fronte a certe azioni, oggettivamente disordinate, «qualunque sia la situazione individuale, non v’è altra scelta che obbedire». Francesco invece dichiara: «Sappiamo che non esistono semplici ricette» e sollecita uno «sguardo pastorale differenziato». Chi è che sbaglia? E io tendo a spingermi oltre e a chiedere: chi è il vero Papa? Se non quello il cui insegnamento è conforme alla dottrina della Chiesa? Poiché è inevitabile chiedersi: com’è possibile che due legittimi pastori possano fare dei discorsi diametralmente opposti in tema di fede e di costumi? Forse che la contraddizione logica fa parte del deposito della fede? E dal momento che non sono disposto ad abbracciare la dialettica hegeliana, posso solo rispondere negativamente.

A riferirsi al racconto della caduta, si potrebbe dire che, mentre Pio XII dichiara: «Non ne mangerete e non ne toccherete, se no ne morirete», Francesco ribatte: «Niente affatto, non ne morirete! Andate, figli cari, accostatevi alla Santa Tavola con fiducia, sarete accolti dalla mia misericordia, i vostri occhi si apriranno e sarete come dei e alla fine scoprirete la gioia dell’amore».
Ecco un altro passo del documento:

«La loro partecipazione [dei divorziati risposati] può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa …» § 299.

Ecco il vero scopo di Francesco: l’abolizione pura e semplice del peccato. Secondo lui si può vivere in stato di adulterio e allo stesso tempo essere «membra vive della Chiesa». Tutto qui. E nessuno si scompone. Il fatto che un miliardo di cattolici possa continuare a chiamare questo personaggio diabolico: «Santo Padre», è qualcosa che supera totalmente la mia comprensione…

Ed ecco ancora due brani d’antologia di Fornicationis Laetitia, l’ultima Espettorazione Escatologica bergogliana:

«Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa “per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”. […] A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato - che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno - si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa (37). Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio.» § 305.

«Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti - psicologiche, storiche e anche biologiche - ne segue che “senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno”, lasciando spazio alla “misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile”. Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, “non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada”». § 308.

Ecco la «chiesa» propugnata da Francesco all’ombra di una falsa nozione della misericordia: una «chiesa» in cui regna la confusione e che non teme di viaggiare nel fango. Bisogna dire che questa «chiesa bergogliana» non assomiglia affatto alla Chiesa cattolica, alla Sposa immacolata dell’Agnello, quanto piuttosto ad una contro-chiesa infernale pronta a mettersi al soldo dell’Anticristo…

Lo scorso 16 giugno, nel discorso d’apertura del Convegno ecclesiale della diocesi di Roma, tenutosi nella Basilica di San Pietro, Francesco è tornato sull’argomento, spingendo l’empietà fino a dei limiti inimmaginabili.
Ecco tre brevi passaggi:

1. «Preferiscono convivere, e questa è una sfida, chiede lavoro. Non dire subito: “Perché non ti sposi in chiesa?”. No. Accompagnarli: aspettare e far maturare. E fare maturare la fedeltà.» (38).

2. «…davvero dico che ho visto tanta fedeltà in queste convivenze, tanta fedeltà; e sono sicuro che questo è un matrimonio vero, hanno la grazia del matrimonio, proprio per la fedeltà che hanno.» (39).

3. «E’ la cultura del provvisorio. E questo succede dappertutto, anche nella vita sacerdotale, nella vita religiosa. Il provvisorio. E per questo una parte dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli, perché loro [gli sposi] dicono: “Sì, per tutta la vita”, ma non sanno quello che dicono, perché hanno un’altra cultura.» (40).

Ma allora, a che serve sposarsi se la maggior parte dei matrimoni sono invalidi e i concubinati vissuti in «fedeltà» hanno la grazia del matrimonio? Si riescono ad immaginare gli effetti deleteri che le parole di Francesco possono avere sulle coppie che attraversano dei momenti difficili e che fanno del loro meglio per rimanere fedeli ai loro impegni? A che serve continuare a battersi? Non è più ragionevole presentare domanda di riconoscimento della nullità matrimoniale, visto che la maggior parte dei matrimoni sono invalidi, e «rifarsi una vita»?

In definitiva, ciò che Francesco sta dicendo ai concubini è che non bisogna sposarsi, e agli sposati che il loro matrimonio non ha alcun valore. E allora non posso impedire di chiedermi: è possibile concepire un messaggio più devastante nei confronti del matrimonio e della famiglia? Si può ragionevolmente credere che un tale messaggio possa uscire dalle labbra del Vicario di Nostro Signore? Terza e ultima domanda: un vero discepolo di Gesù Cristo ha il diritto di tacere di fronte a questi attacchi diabolici e incessanti portati contro la fede e la morale della Chiesa proprio da colui che agli occhi del mondo passa per essere il suo Sommo Pontefice?

6. Il mondialismo e la «conversione ecologica»

In un tempo in cui l’umanità ha totalmente abbandonato Dio e il male è divenuto la regola morale universale (aborto, eutanasia, pornografia, «matrimonio» omosessuale, ecc.), Francesco ha deciso che la priorità del nostro tempo dev’essere accordata alla preservazione dell’ambiente e alla battaglia contro il preteso surriscaldamento climatico.
Ecco una piccola rassegna di dichiarazioni in proposito. Cominciamo con la dichiarazione del 1 giugno 2016:

«A noi, a tutti, piace la madre Terra, perché è quella che ci ha dato la vita e ci custodisce; direi anche la sorella Terra, che ci accompagna nel nostro cammino dell’esistenza. Ma il nostro compito è un po’ curarla come si cura una madre o come si cura una sorella, cioè con responsabilità, con tenerezza e con la pace» (41).

Francesco ha poi ringraziato gli adepti al Giainismo per ciò che fanno nel dominio ecologico ed ha proposto che i cattolici e i giainisti rimangano «uniti» per difendere «questo ideale»:

«Vi ringrazio per tutto quello che voi fate in questo compito e rimaniamo uniti in questo ideale, in questo compito, in questo lavoro di fare che la nostra madre, la nostra sorella Terra sia custodita; nella consapevolezza che curare, custodire il creato, la Terra, è curare e custodire l’umanità intera» (42).




Ma ecco alcuni dati su questa «religione». Per i giainisti, lo scopo della vita è lo stesso di quello dell’induismo, del buddismo e del sikhismo: il credente deve raggiungere l’illuminazione che mette fine alle reincarnazioni: il nirvana. L’umano deve uscire dal flusso perpetuo delle reincarnazioni, il samsara, con delle scelte di vita di cui la prima, che orienta tutte le altre, è quella della non violenza universale. Cito dall’Enciclopedia della filosofia:
«Il culto, interno ed esterno, ha valore unicamente soggettivo e serve alla concentrazione dello spirito del fedele sull’esempio degli esseri perfetti che possono essere imitati, ma che non li si può pregare di intervenire nel destino dell’uomo. L’uomo, in definitiva solo con se stesso, accompagnato solo dal suo sforzo, potrà pervenire all’ascesi che lo porterà alla pace al di là di ogni esperienza umana.» (43).

Si tratta dunque di una religione naturalista, prometeica e panteista, in cui lo scopo dell’uomo è quello di assimilarsi al cosmo con i suoi sforzi, conseguendo uno stato di coscienza allargata o super-coscienza illuminante, che gli permette di superare lo stato di divisione o di dualismo proprio della coscienza individuale.
Ma per Francesco, questa gente «protegge l’intera umanità» ed è degna di elogio; e nella sua proverbiale misericordia egli lascia costoro in preda alla loro superstizione diabolica, non proponendo loro la salvezza che viene solo con la Croce di Nostro Signore Gesù Cristo.




La seguente citazione ci aiuterà a comprendere meglio l’attitudine di Francesco, essa è tratta dal discorso da lui pronunciato il 24 aprile scorso durante la visita alla manifestazione Villaggio per la terra, organizzata a Roma dai Focolari per celebrare il Giorno della Terra:

«Ecco, queste sono le cose che mi vengono in mente. E come si fa questo? Semplicemente nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa in comune, tutti siamo umani. E in questa umanità ci avviciniamo per lavorare insieme. “Ma io sono di questa religione, di quella…” Non importa! Avanti tutti per lavorare insieme. Rispettarsi, rispettarsi! E così vedremo questo miracolo: il miracolo di un deserto che diventa foresta.» (44).

Così, tutto si chiarisce: visto che, secondo Francesco, poco importa la religione che ognuno professa e che ciò che solo conta è la nostra «comune umanità», è logico che predicare il Vangelo ai settatori del giainismo non avrebbe molto senso… Ed egli richiama questo falso principio «umanista» che non tiene conto delle differenze religiose, nel suo tweet del 9 giugno scorso:

«Abbiamo bisogno di riconoscere i valori della nostra comune umanità, in nome dei quali si può e si deve collaborare e costruire.» (45).

Ed ecco lo sconcertante messaggio indirizzato da Francesco al popolo brasiliano in occasione delle Olimpiadi a Rio de Janeiro, nell’udienza generale del 3 agosto 2016, ove spiega che «la buona battaglia» consiste nel realizzare una società solidale per tutta la famiglia umana, quali che siano le divergenze religiose:

«In un mondo che ha sete di pace, tolleranza e riconciliazione, auguro che lo spirito dei Giochi Olimpici possa ispirare tutti, partecipanti e spettatori, a combattere “la buona battaglia” e terminare insieme la corsa, desiderando conseguire come premio non una medaglia, ma qualcosa di molto più prezioso: la realizzazione di una civiltà in cui regna la solidarietà, fondata sul riconoscimento che tutti siamo membri di un’unica famiglia umana, indipendentemente dalle differenze di cultura, colore della pelle o religione.» (46).
 
(segue)
 
NOTE



1 - http://traditioninaction.org/RevolutionPhotos/A665-Tiara.htm
2 - http://w2.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_19070908_pascendi-dominici-gregis.html
12 - Epist. 151, ad Algasiam, quest. II
13 - In Psalmo XLIII
14 - http://hola-akermariano.blogspot.fr/2015_09_01_archive.html
15 - http://callmejorgebergoglio.blogspot.fr/2015/10/skorkas-speech-at-unveiling-of-synagoga.html
16 - http://forward.com/news/321629/pope-francis-makes-surprise-stop-to-bless-sculpture-
symbolizing-catholic-an/           http://www.huffingtonpost.com/entry/pope-francis-jewish-community-statue_us_56081281e4b0af3706dca278
17 - https://www.youtube.com/watch?v=57qlSC83vRI (minuti da 14:20 a 15:20)
          http://www.nostra-aetate.org/HTML_La-lettre-Serviam/2013/SERVIAM_030.html
18 - http://www.aleteia.org/it/dal-mondo/articolo/dieci-consigli-di-papa-francesco-
per-la-felicita-e-la-pace-5262670252998656
19 - http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/september/documents/
papa-francesco_20130921_intervista-spadaro_it.html
20 - https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/june/documents/
papa-francesco_20160618_villa-nazareth.html
21 - Messaggio per la XLVIII Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali,  Comunicazione al servizio di una autentica cultura dell’incontro, 1 giugno 2014: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/communications/documents/
papa-francesco_20140124_messaggio-comunicazioni-sociali.html
22 - Intervista con Padre Antonio Spadaro, p. 16.
23 - Ibidem, p. 18.
24 - Intervista con Eugenio Scalfari, su La Repubblica: http://www.repubblica.it/cultura/2013/10/01/news/
papa_francesco_a_scalfari_cos_cambier_la_chiesa-67630792/
25 - Intervista con Joaquín Morales Solá, 5 octobre 2014, pubblicata su LaNación:
http://medias-presse.info/synode-le-pape-francois-veut-reinterpreter-le-dogme/16245
26 - Veglia di preghiera in preparazione del Sinodo, 4 ottobre 2014:
https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/october/documents/
papa-francesco_20141004_incontro-per-la-famiglia.html
27 - Intervista con Padre Antonio Spadaro, p. 16.
28 - Viaggio in USA, Omelia a Filadelfia, 27 settembre 2015:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2015/documents/papa-
francesco_20150927_usa-omelia-famiglie.html
29 - Intervista a Gerson Camarotti, di Globo News, 25 luglio 2013 - O. R., 1 agosto 2013, Per una Chiesa vicina - http://www.osservatoreromano.va/it/news/per-una-chiesa-vicina#sthash.AlQbnHvs.dpuf
30http://www.civitas-institut.com/content/view/1339/1/
31 - Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, del 24 novembre 2013, § 222: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-
francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium.html
32 - http://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_25031954_sacra-virginitas.html
33 - Intervista con Eugenio Scalfari del 24 settembre 2013, pubblicata il 1 ottobre su La Repubblica e ripresa da L’Osservatore Romano (pag. 4): http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/225q01.pdf
 http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/october/documents/
papa-francesco_20131002_intervista-scalfari_it.html
34http://nullapossiamocontrolaverita.blogspot.it/2016/05/la-condanna-della-morale-di-situazione.html
35 - Nota n° 336: «Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave. Qui si applica quanto ho affermato in un altro documento: cfr Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 44.47: AAS 105 (2013), 1038-1040.»
36 - http://agensir.it/quotidiano/2016/6/9/papa-francesco-dire-questo-o-
niente-e-eretico-gesu-insegna-sano-realismo/
37 -   Nota a pie’ di pagina n° 351: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, “ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47: 1039).»
38 -   http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/june/documents/
papa-francesco_20160616_convegno-diocesi-roma.html
39 - Ibidem.
40 - Ibidem.
41 -  Ai rappresentanti dell’Istituto di Jainologia di Londra.
https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/june/documents/
papa-francesco_20160601_institute-of-jainology.html
http://it.radiovaticana.va/news/2016/06/01/il_papa_incontra_i_rappresentanti_dell’istitute_of_jainology/1233932
42 - Ibidem.
43 - Encyclopédie de la philosophie, Le Livre de Poche, citato da Wikipédia, articolo « Jaïnisme »: https://fr.wikipedia.org/wiki/Jaïnisme
44http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/april/documents/
papa-francesco_20160424_villaggio-terra.html

45 - https://mobile.twitter.com/Pontifex_it/status/740891269044412416?p=v
46http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2016/documents/
papa-francesco_20160803_udienza-generale.html




Parte prima


settembre 2016