Francesco: la misura è colma!


di Alejandro Sosa Laprida

Parte quarta





Francesco ha infine trovato la tiara pontificia che gli si addice (1)

Parte prima
Introduzione.
1. L’omosessualismo non più condannato, ma «integrato».
2. Il laicismo va nel senso della «Storia».

Parte seconda
3. Chiesa e Sinagoga: una pari dignità
4. Eresie caratterizzate
5. Amoris Laetitia: la distruzione del matrimonio e l’abolizione del peccato tramite la falsa misericordia
6. Il mondialismo e la «conversione ecologica»

Parte terza
7. L’«eco-enciclica» Laudato Si’.
8. Spaventose bestemmie.
9. Sostegno all’islam e all’immigrazione musulmana in Europa.
10. Francesco, Teilhard de Chardin e il panteismo.

Parte quarta



«Ed a rompere senza più gl’indugi Ci spinge anzitutto il fatto, che i fautori dell’errore
già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati;
ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa,
tanto più perniciosi quanto meno sono in vista.
Alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch’è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale,
i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d’ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere,
tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa,
si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima;
[…]
Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi.
Imperocché, come già abbiam detto, i lor consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa;
ond’è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei,
con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro.
Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli;
ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde.» (2)

(San Pio X, Enciclica Pascendi, 1907, 2-3)



Tavola delle materie

Introduzione.
1. L’omosessualismo non più condannato, ma «integrato».
2. Il laicismo va nel senso della «Storia».
3. Chiesa e Sinagoga, una pari dignità.
4. Eresie caratterizzate.
5. Amoris laetitia: la distruzione del matrimonio e l’abolizione del peccato tramite la falsa misericordia.
6. Il mondialismo e la «conversione ecologica».
7. L’«eco-enciclica» Laudato Si’.
8. Spaventose bestemmie.
9. Sostegno all’islam e all’immigrazione musulmana in Europa.
10. Francesco, Teilhard de Chardin e il panteismo.
11. Francesco, parossismo dell’ecumenismo conciliare.
12. La questione della pena di morte.
13. Verso un governo mondiale.
Conclusione.



11. Francesco, parossismo dell’ecumenismo conciliare


Riguardo all’ecumenismo, Francesco è in perfetto accordo con i «papi» conciliari, tutti ispirati dal Vaticano II sul valore delle altre «confessioni» cristiane e delle «religioni» non cristiane. La sola specificità del suo pontificato, come negli altri domini, consiste nel rendere la rottura conciliare ancora più dirompente, portandola alle sue ultime conseguenze logiche.
Vediamo alcune citazioni.
La prima tratta dalla conferenza stampa tenuta nel corso del suo viaggio verso Manila il 15 gennaio 2015:

«Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana.» (103)

La seguente è tratta dalla sua intervista con Padre Antonio Spadaro dell’agosto 2013:

«Nelle relazioni ecumeniche questo è importante: non solo conoscersi meglio, ma anche riconoscere ciò che lo Spirito ha seminato negli altri come un dono anche per noi.» Alla domanda di Spadaro su come il Papa veda il futuro dell’unità della Chiesa, Francesco risponde: «dobbiamo camminare uniti nelle differenze: non c’è altra strada per unirci. Questa è la strada di Gesù» (104).


Si ritorna implicitamente alla figura olistica del poliedro: l’armonizzazione della totalità integra tutte le differenze particolari. In chiaro: l’unità si fa con la prassi, la volontà e l’azione, non con la verità e la stessa professione di fede. Ora, questa non può essere in alcun caso la «strada di Gesù», come pretende ingannevolmente Francesco, poiché Nostro Signore ci ha giustamente insegnato che solo la verità ci rende liberi.

In occasione della sua visita alla chiesa evangelica pentecostale di Caserta, il 28 luglio 2014, Francesco ha pronunciato delle dichiarazioni allucinanti, spiegandoci che è sul modello della mondializzazione poliedrica che deve farsi l’«unità» nella Chiesa, di cui farebbero parte le sette eretiche e scismatiche, che egli indica col termine di «diversità» la quale a sua volta, com’è facile indovinare, sarebbe opera dello «Spirito Santo», semplicemente!
Il suo concetto gnostico di «poliedro» gli serve quindi di nuovo come strumento concettuale per fondare la mondializzazione, per legittimare la costruzione di un mondo unificato politicamente e religiosamente al di fuori della verità cattolica, in un pluralismo di facciata che nasconde l’unità di fondo gnostica e anticristiana:

«Cosa fa lo Spirito Santo? Ho detto che fa un’altra cosa, che forse si può pensare che sia divisione, ma non lo è. Lo Spirito Santo fa la “diversità” nella Chiesa. La prima Lettera ai Corinzi, capitolo 12. Lui fa la diversità! E davvero questa diversità è tanto ricca, tanto bella. Ma poi, lo stesso Spirito Santo fa l’unità, e così la Chiesa è una nella diversità. E, per usare una parola bella di un evangelico che io amo tanto, una “diversità riconciliata” dallo Spirito Santo. Lui fa entrambe le cose: fa la diversità dei carismi e poi fa l’armonia dei carismi. […] Noi siamo nell’epoca della globalizzazione, e pensiamo a cos’è la globalizzazione e a cosa sarebbe l’unità nella Chiesa: forse una sfera, dove tutti i punti sono equidistanti dal centro, tutti uguali? No! Questa è uniformità. E lo Spirito Santo non fa uniformità! Che figura possiamo trovare? Pensiamo al poliedro: il poliedro è una unità, ma con tutte le parti diverse; ognuna ha la sua peculiarità, il suo carisma. Questa è l’unità nella diversità.» (105).

Nella sua intervista con Padre Spadaro, dell’agosto 2013, Francesco ci spiega che esiste una moltitudine di «chiese», di cui alcune sono più antiche di altre, queste apportano la forza della loro giovinezza, quelle la saggezza della loro esperienza. Tuttavia, esse hanno tutte la vocazione a costruire un futuro insieme, evitando di cadere nella trappola dell’autosufficienza e di cedere alla volontà egemonica:

«Le Chiese giovani sviluppano una sintesi di fede, cultura e vita in divenire, e dunque diversa da quella sviluppata dalle Chiese più antiche. Per me, il rapporto tra le Chiese di più antica istituzione e quelle più recenti è simile al rapporto tra giovani e anziani in una società: costruiscono il futuro, ma gli uni con la loro forza e gli altri con la loro saggezza. Si corrono sempre dei rischi, ovviamente; le Chiese più giovani rischiano di sentirsi autosufficienti, quelle più antiche rischiano di voler imporre alle più giovani i loro modelli culturali. Ma il futuro si costruisce insieme» (106).



In occasione della visita alla chiesa luterana di Roma, Domenica 15 novembre 2015, una donna sposata con un cattolico ha chiesto a Francesco che doveva fare riguardo alla comunione. La risposta è stata stupefacente. Occorre sempre tenere presente che chi parla è considerato il Papa e cioè il dottore supremo della Chiesa in materia di fede e di morale. Ora, Francesco ha risposto che era lei che doveva vedere, che lui non lo sapeva, che non possiede i «lumi teologici», che di fatto la cena luterana e la Messa cattolica sono quasi la stessa cosa, che si tratta solo di una differenza di «linguaggio», che tutto si riduce ad un problema di interpretazione e di spiegazione «teologica», ma che la «vita» conta più delle «spiegazioni», ecc.
Siamo di fronte ad un vero pezzo d’antologia modernista. Se un ecclesiastico avesse fatto dichiarazioni come queste prima del Vaticano II, sarebbe stato immediatamente sospeso dal suo ministero e accusato di eresia. Ma nella «Chiesa conciliare» è lo stesso «papa» che si permette simili inaudite dichiarazioni e nessuno reagisce, non un vescovo, non un cardinale: c’è un silenzio assordante da parte del clero che dovrebbe sentirsi offeso: abbiamo di fronte dei lacchè, dei diplomatici, dei cani muti. Compresi i vescovi della «Tradizione» che si danno da fare con le mani e con i piedi per essere «riconosciuti» da questo eretico notorio. Ed ecco allora che in questa situazione inverosimile sono dei laici del tutto sconosciuti e senza competenza teologica particolare che devono mettersi a fare il lavoro di tutti questi pusillanimi funzionari in sottana, al soldo dei nemici di Nostro Signore. Tutto questo la dice lunga sulla profondità abissale della crisi che viviamo. Ma, chiusa la parentesi, ecco le parole di Francesco… giudicate da voi:

«Quando voi pregate insieme, quel Battesimo cresce, diventa forte; quando voi insegnate ai vostri figli chi è Gesù, perché è venuto Gesù, cosa ci ha fatto Gesù, fate lo stesso, sia in lingua luterana che in lingua cattolica, ma è lo stesso. La domanda: e la Cena? Ci sono domande alle quali soltanto se uno è sincero con sé stesso e con le poche “luci” teologiche che io ho, si deve rispondere lo stesso, vedete voi. “Questo è il mio Corpo, questo è il mio sangue”, ha detto il Signore, “fate questo in memoria di me”, e questo è un viatico che ci aiuta a camminare. […] Alla sua domanda Le rispondo soltanto con una domanda: come posso fare con mio marito, perché la Cena del Signore mi accompagni nella mia strada? E’ un problema a cui ognuno deve rispondere. Ma mi diceva un pastore amico: “Noi crediamo che il Signore è presente lì. E’ presente. Voi credete che il Signore è presente. E qual è la differenza?” -“Eh, sono le spiegazioni, le interpretazioni…”. La vita è più grande delle spiegazioni e interpretazioni.» (107).





In occasione della visita al tempio valdese di Torino, lunedì 22 giugno 2015, Francesco ha reiterato le stesse contro-verità sull’«unità nella diversità». Ma all’eresia del «sincretismo poliedrico» e alla bestemmia secondo la quale lo «Spirito Santo» sarebbe l’ispiratore delle diverse sette eretiche, egli ha aggiunto un’ennesima bestemmia contro la santità del Corpo Mistico di Cristo, chiedendo ai Valdesi di degnarsi di perdonare alla Chiesa il comportamento inumano (!!!) che avrebbe tenuto nel passato nei loro confronti.
Ecco la dichiarazione:

«L’unità che è frutto dello Spirito Santo non significa uniformità. I fratelli infatti sono accomunati da una stessa origine ma non sono identici tra di loro. Ciò è ben chiaro nel Nuovo Testamento, dove, pur essendo chiamati fratelli tutti coloro che condividevano la stessa fede in Gesù Cristo, si intuisce che non tutte le comunità cristiane, di cui essi erano parte, avevano lo stesso stile, né un’identica organizzazione interna. Addirittura, all’interno della stessa piccola comunità si potevano scorgere diversi carismi e perfino nell’annuncio del Vangelo vi erano diversità e talora contrasti. Purtroppo, è successo e continua ad accadere che i fratelli non accettino la loro diversità e finiscano per farsi la guerra l’uno contro l’altro. Riflettendo sulla storia delle nostre relazioni, non possiamo che rattristarci di fronte alle contese e alle violenze commesse in nome della propria fede, e chiedo al Signore che ci dia la grazia di riconoscerci tutti peccatori e di saperci perdonare gli uni gli altri. È per iniziativa di Dio, il quale non si rassegna mai di fronte al peccato dell’uomo, che si aprono nuove strade per vivere la nostra fraternità, e a questo non possiamo sottrarci. Da parte della Chiesa Cattolica vi chiedo perdono. Vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!» (108).




Francesco e Palmer in Vaticano


Al capitolo «bestemmie», ho accennato alla storia di Tony Palmer, un «vescovo» anglicano che non s’era convertito al cattolicesimo su richiesta del cardinale Bergoglio e che in seguito era morto in un incidente stradale; Bergoglio, divenuto già Francesco, dispose che gli fossero tributati i funerali episcopali cattolici. Dal momento che questa storia attiene alla questione dell’ecumenismo, per meglio comprendere la gravità della cosa e l’estrema perversità di Francesco, mi si permetta di trascrivere qui una parte dell’articolo che Sandro Magister, eminente vaticanista italiano, ha dedicato alla questione:

«Il secondo è il vescovo Tony Palmer, membro della Comunione delle Chiese episcopali evangelicali -che non fa capo a Canterbury ma fa parte comunque della galassia anglicana-, sudafricano poi stabilitosi in Italia con moglie e figli cattolici, la cui amicizia e i cui incontri con Bergoglio sono cominciati durante un viaggio in Argentina nel 2011 e si sono intensificati dopo l’elezione a papa. Palmer è morto in un incidente motociclistico nel luglio del 2014. […] Ebbene, ecco le testimonianze degli anglicani Venables e Palmer raccolte dal vaticanista inglese Austen Ivereigh nell’eccellente biografia di Bergoglio da lui pubblicata alla fine del 2014: “Nel 2009, quando papa Benedetto XVI creò una nuova struttura giuridica, l’ordinariato personale, per gli anglicani che diventano cattolici, Bergoglio chiamò il vescovo Gregory Venables, primate anglicano del Cono Sud (in comunione con Canterbury), che risiedeva a Buenos Aires. A colazione, ha ricordato Venables, ‘mi disse molto chiaramente che l’ordinariato era assolutamente superfluo e che la Chiesa ha bisogno di noi come anglicani’. Fu il messaggio di Bergoglio anche a Tony Palmer, che stava considerando l’ordinariato e si chiedeva se andasse bene per lui. ‘Mi disse che abbiamo bisogno di intermediari. Mi consigliò di non fare quel passo, perché sarebbe sembrato che avessi scelto una sponda precisa e in quel caso avrei smesso di essere un intermediario’. Bergoglio era convinto che Palmer dovesse restare anglicano ‘per amore della missione, questa missione di unità’, e gli consigliò di ‘abbandonare l’idea di diventare cattolico’» (109).



Il 26 giugno 2016, nel corso della conferenza stampa sul volo di ritorno dall’Armenia, Francesco ha fatto l’apologia dell’eresiarca Martin Lutero, giustificando la sua rivolta e avallando la sua dottrina eretica sulla giustificazione, dando così tranquillamente, com’è suo costume, una feroce zampata alla Chiesa cattolica.
Ecco cos’ha detto:

«Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo, […] vediamo che la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente, e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato.» (110).

Non è certo il caso qui di provare che Lutero si fosse sbagliato e che non può esserci accordo possibile tra protestanti e cattolici sulla dottrina della giustificazione, per rendersene conto basta leggere il decreto sulla giustificazione promulgato il 13 gennaio 1547 nel corso della sesta sessione del Concilio di Trento (111). Oppure consultare un qualsivoglia manuale di teologia dogmatica anteriore al Vaticano II.
A titolo illustrativo, mi permetto di trascrivere qui sei dei trentadue canoni relativi alla dottrina luterana della giustificazione, perché si possa comprendere la misura della totale incompatibilità esistente fra la dottrina cattolica e quella di Martin Lutero, col quale il suo apologista contemporaneo, l’eresiarca argentino Jorge Mario Bergoglio, dice di essere d’accordo.
Eccoli:
«1555 - Se qualcuno afferma che il libero arbitrio dell’uomo dopo il peccato di Adamo è perduto ed estinto; o che esso è cosa di sola apparenza anzi nome senza contenuto e finalmente inganno introdotto nella chiesa da Satana: sia anàtema.
1557 - Se qualcuno dice che tutte le opere fatte prima della giustificazione, in qualunque modo siano compiute, sono veramente peccati che meritano l’odio di Dio, e che quanto più uno si sforza di disporsi alla grazia tanto più gravemente pecca: sia anàtema.
1559 - Se qualcuno afferma che l’empio è giustificato dalla sola fede, così da intendere che non si richieda nient’altro con cui cooperare al conseguimento della grazia della giustificazione e che in nessun modo è necessario che egli si prepari e si disponga con un atto della sua volontà: sia anàtema.
1561 - Se qualcuno afferma che gli uomini sono giustificati o per la sola imputazione della giustizia del Cristo, o con la sola remissione dei peccati, senza la grazia e la carità che è diffusa nei loro cuori mediante lo Spirito Santo e inerisce ad essi; o anche che la grazia, con cui siamo giustificati, è solo favore di Dio: sia anàtema.
1565 - Se qualcuno afferma che l’uomo rinato e giustificato è tenuto per fede a credere di essere certamente nel numero dei predestinati: sia anàtema.
1574 - Se qualcuno afferma che la giustizia ricevuta non viene conservata ed anche aumentata dinanzi a Dio con le opere buone, ma che queste sono solo frutto e segno della giustificazione conseguita, e non anche causa del suo aumento: sia anàtema.»

Dopo la lettura di questi canoni, mi sembra che la conclusione logica che s’impone e che è alla portata di chiunque, a condizione ovviamente che possieda un minimo di buona fede, è la seguente:

Anathèma sit Georgius Marius Bergoglius

Ecco allora il canone supplementare che sarà utile aggiungere un giorno all’elenco stabilito dal decreto tridentino:
«Se qualcuno afferma che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate, che egli fu un riformatore, che all’epoca la Chiesa non era un modello da imitare, che oggi luterani e cattolici sono d’accordo sulla dottrina della giustificazione e che su questo punto Lutero non s’è sbagliato, sia anátema.»

Per concludere questa parte dedicata all’ecumenismo eretico praticato da Francesco e da tutti i suoi predecessori conciliari, non posso evitare di far conoscere una novità che mi riguarda molto da vicino [l’Autore è argentino – NDT], perché è relativa all’edizione argentina del giornale ufficiale del Vaticano, L’Osservatore Romano; edizione che, come si è saputo recentemente (112), verrà pubblicata a partire dal 1 settembre prossimo, in versione settimanale, il sabato. Il progetto editoriale è stato affidato dallo stesso Francesco al teologo luterano argentino Marcelo Figueroa e della diffusione domenicale si occuperà Santiago Pont Lezica, direttore di radio FM Milenium. Entrambi hanno avuto una riunione con Francesco lo scorso giugno, nella Casa Santa Marta, insieme a Padre Federico Lombardi, responsabile della sala stampa del Vaticano. Pont Lezica definisce lo stile della sua radio come caratterizzato da «una grande carica spirituale, con un chiaro messaggio ecumenico alla ricerca delle persone. Vi si selezionano i testi del Corano e quelli di altre religioni, anche se in Argentina il pubblico è a maggioranza cristiana.» (113).

12. La questione della pena di morte

Avrei potuto inserire questa questione in almeno altri tre capitoli: in quello delle eresie o delle bestemmie o del panteismo, visto che la posizione di Francesco su di essa è ad un tempo eterica, blasfema e derivata da un pensiero panteista, ma ho deciso di dedicarle un capitolo a parte in forza della sua particolare specificità: Francesco infatti qui finisce col conferire alla dignità umana un valore assoluto che equivale alla sua divinizzazione.

Leggiamo allora un estratto del videomessaggio indirizzato da Francesco al VI Congresso Mondiale Contro la Pena di Morte, svoltosi a Oslo dal 21 al 23 giugno di quest’anno, congresso patrocinato da organizzazioni laiche e sostenitrici dei diritti dell’uomo, in particolare dalla molto “sinistra” e sovversiva Amnesty International:

«[…] la pena di morte è inammissibile, per quanto possa essere grave il crimine del condannato. È un’offesa all’inviolabilità della vita e alla dignità della persona umana, che contraddice il disegno di Dio per l’uomo e la società e la sua giustizia misericordiosa e impedisce il compimento della giusta finalità delle pene. Non rende giustizia alle vittime, ma alimenta la vendetta. Il comandamento “non uccidere” ha un valore assoluto e include sia l’innocente sia il colpevole. […] Non bisogna dimenticare che il diritto inviolabile alla vita, dono di Dio, appartiene anche al criminale.» (114).

Da queste parole può solo derivare l’immoralità di Dio nel Vecchio Testamento, al pari di quella della Chiesa nel corso di 2000 anni, poiché né l’Uno né l’altra hanno mai rispettato il «diritto alla vita» di cui godrebbero i criminali. Non è la prima volta che Francesco prende pubblicamente posizione a favore dell’abolizionismo. Abbiamo già accennato al suo discorso al Congresso degli Stati Uniti nel mese di settembre 2015, in cui la sua perorazione per l’abolizione della pena capitale si accompagnava al silenzio assordante sul crimine dell’aborto.





Ecco un passo del suo discorso alla delegazione dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale, del 23 ottobre 2014, in cui Francesco indurisce la sua posizione, condannando questa volta, non solo la pena di morte, ma anche l’ergastolo, sempre col fallace pretesto che la «dignità della persona umana» sarebbe al di sopra di ogni cosa:

«Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono dunque chiamati oggi a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà. E questo, io lo collego con l’ergastolo. In Vaticano, poco tempo fa, nel Codice penale del Vaticano, non c’è più, l’ergastolo. L’ergastolo è una pena di morte nascosta. […] Questi abusi si potranno fermare unicamente con il fermo impegno della comunità internazionale a riconoscere il primato del principio pro homine, vale a dire della dignità della persona umana sopra ogni cosa.» (115).

Francesco ha anche sostenuto l’abolizione della pena di morte nella sua Esortazione Amoris Laetitia, usando l’odiosissimo procedimento che consiste nel far passare la sua impostura rendendola solidale con una verità ammessa da tutti i cattolici, la condanna dell’eutanasia:

« […] la Chiesa non solo sente l’urgenza di affermare il diritto alla morte naturale, evitando l’accanimento terapeutico e l’eutanasia, ma rigetta fermamente la pena di morte. (116)» § 83.

La malafede che ostenta Francesco mi ricorda quella di Paolo VI nella dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa, in cui si dice che «la dottrina della libertà religiosa ha le sue radici nella Rivelazione», senza però che si presenti una sola citazione dalla Scrittura a sostegno di questa novità radicale. Qui Francesco usa lo stesso stratagemma: con tono perentorio afferma che «la Chiesa rigetta fermamente la pena di morte», ma è incapace di citare un solo documento magisteriale che confermerebbe la sua affermazione. Al contrario, sono innumerevoli i testi della Scrittura e del magistero che provano la falsità del preteso diritto alla libertà religiosa per tutte le religioni nella sfera pubblica, nonché la legittimità dell’applicazione della pena capitale.

Ma dal momento che sono dei pretesi papi che insegnano queste menzogne, la maggioranza dei cattolici si sente intimidita dal prestigio della loro investitura e non osa contestarle. Peggio ancora, questi cattolici non osano neanche riconoscerle come tali e nella loro pusillanimità e mancanza di probità intellettuale, arrivano perfino a difenderle, diventando complici della mistificazione. Si pensi, per esempio, al libro di Padre Basile, monaco del monastero di Le Barroux, un tempo tradizionalista, intitolato Le droit à la liberté religieuse dans la tradition de l´Eglise. Un cas de développement doctrinal homogène par le magistère authentique [Il diritto alla libertà religiosa nella tradizione della Chiesa. Un caso di sviluppo dottrinale omogeneo del magistero autentico].
Un imponente mattone di 700 pagine che si sforza di dimostrare che si fa giorno in piena notte… A dire il vero, non mi sorprenderei affatto se un giorno venisse fuori uno studio che si potrebbe chiamare: Le radici bibliche dell’immoralità della pena di morte. Un caso di sviluppo teologico omogeneo che conferma la inalienabile dignità della persona umana.

Il quinto comandamento interdice l’assassinio e significa «non ucciderai l’innocente» e non «non ucciderai alcuno quali che siano le circostanze», basta leggere il Vecchio Testamento per convincersene. La Chiesa non ha mai insegnato che esiste un supposto diritto inviolabile alla vita per i criminali. A rigore, basta il semplice buon senso per mettere in evidenza l’affastellamento immaginario bergogliano. In realtà, nessuno giudica immorale uccidere il proprio aggressore per legittima difesa, nessuno si sognerebbe di biasimare un poliziotto che abbia abbattuto un terrorista nel corso di un rapimento o un soldato che abbia ferito a morte un nemico sul campo di battaglia. Assolutamente nessuno. Neanche gli abolizionisti che Francesco sostiene incondizionatamente nella loro lotta ideologica e sovversiva in favore dei diritti dei criminali. Ma soprattutto, la rivelazione ci insegna che è Dio stesso che ha istituito la pena capitale contro gli omicidi, come si può leggere nel libro della Genesi al capitolo 9, versetto 6:

«Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso,perché ad immagine di Dio Egli ha fatto l’uomo.»

E bisogna aggiungere che Dio, non solo ordina di applicare la pena di morte agli uomini, ma Egli stesso si incarica di intervenire direttamente nelle questioni umane, castigando le popolazioni corrotte, come nel caso ben noto di Sodoma e Gomorra, o addirittura al momento del diluvio universale, quando Dio decise di sterminare tutta l’umanità depravata esistente sulla faccia della terra, con la sola eccezione di Noè e della sua famiglia. Si veda il versetto 13 del capitolo 6 della Genesi:

«E’ venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra.»

Nella legislazione mosaica, diversi crimini erano passibili della pena capitale (adulterio, incesto, idolatria, ecc.). Nel Nuovo Testamento, San Paolo, riferendosi al peccato contro natura, conferma la legittimità della pena di morte e la sua origine divina. Ecco il passo in questione, tratto dalla Lettera ai Romani:

«Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno […] E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.» (Rm. 1, 27-28 e 32).

E’ evidente che Francesco contraddice formalmente la rivelazione divina. E questa è cosa ben nota, che non sorprende alcuno. Solo che qui, all’eresia si aggiunge una bestemmia colossale: se il diritto alla vita fosse veramente «inviolabile», come pretende Francesco, Dio stesso, secondo l’empia logica bergogliana, sarebbe un mostruoso criminale e un abominevole genocida. E la Chiesa sarebbe anch’essa colpevole, perché, tra le altre cose, ha predicato le Crociate e istituito il Tribunale dell’Inquisizione.
La conclusione evidente delle parole di Francesco è che il Dio biblico è un essere crudele e malvagio e la Sua Chiesa non è di meno. Ecco che cosa insegna furtivamente Francesco, guardandosi ipocritamente dall’affermarlo espressamente, almeno per ora, e limitandosi a porre le premesse. Di certo, altri trarranno più tardi le conclusioni che ne derivano, le quali peraltro sono del tutto evidenti.


13. Verso un governo mondiale

Abbiamo già affrontato la questione del mondialismo e del modo in cui Francesco lo favorisce con ogni mezzo, in particolare con la sua «predicazione ecologica» e la sua crociata contro il preteso «surriscaldamento climatico». Questa unione del mondo al di fuori di Cristo e della Sua Chiesa, edificata in un quadro laico, naturalista e rivoluzionario, è stata evocata da Francesco a più riprese. Ecco due passi tratti dalla Laudato si’, il suo libello «socio-ecologico»:

«Si rende indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche la libertà e la giustizia.» § 53.

«Dalla metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune. Un mondo interdipendente non significa unicamente capire che le conseguenze dannose degli stili di vita, di produzione e di consumo colpiscono tutti, bensì, principalmente, fare in modo che le soluzioni siano proposte a partire da una prospettiva globale e non solo in difesa degli interessi di alcuni Paesi. L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune.» § 164.

Concepire il pianeta come «patria», pensare ad «un solo mondo», creare un «sistema normativo» con dei «limiti inviolabili»: è proprio necessario precisare che ciò che sostiene Francesco non è altro che l’istituzione di un governo mondiale dotato di un potere politico effettivo e fondato non sulla legge evangelica, ma sui Diritti dell’Uomo senza Dio e sul suo falso «vangelo ecologico»? Diciamolo chiaramente: per rendere coercitivo il progetto mondialista, vero cosmopolitismo apolide che porta ad una Repubblica Universale onusiana, col pretesto della «preoccupazione ecologica» per la nostra «casa comune», è necessario un governo planetario in grado di poter imporre questa utopia totalitaria ai recalcitranti. Questo disegno è ancora più esplicito nel successivo passo dell’enciclica, ove Francesco cita Benedetto XVI, che a sua volta richiama Giovanni XXIII, cosa che prova, se ce ne fosse bisogno, la continuità di tale progetto mondialista massonico nei predecessori di Francesco successivi al Vaticano II:

«In questo contesto, diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i go¬verni nazionali e dotate del potere di sanzionare. Come ha affermato Benedetto XVI […] “per il governo dell’economia mondiale; per risa¬nare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggio¬ri squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per re¬golamentare i flussi migratori, urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale, quale è stata già tratteggiata dal mio Predecessore, Giovan¬ni XXIII (Caritas in Veritate, giugno 2009, n° 67)”» § 175 (117).

Questo paragrafo 67 dell’enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate, costituisce un vero manifesto ideologico del Nuovo Ordine Mondiale da mettere in essere sotto l’egida dell’ONU e fornisce tutto un programma d’azione. Così è opportuno citarlo per intero, malgrado la sua lunghezza; i corsivi sono del testo originale:

«Di fronte all’inarrestabile crescita dell’interdipendenza mondiale, è fortemente sentita, anche in presenza di una recessione altrettanto mondiale, l’urgenza della riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni. Sentita è pure l’urgenza di trovare forme innovative per attuare il principio di responsabilità di proteggere per attribuire anche alle Nazioni più povere una voce efficace nelle decisioni comuni. Ciò appare necessario proprio in vista di un ordinamento politico, giuridico ed economico che incrementi ed orienti la collaborazione internazionale verso lo sviluppo solidale di tutti i popoli. Per il governo dell’economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori, urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale, quale è stata già tratteggiata dal mio Predecessore, il Beato Giovanni XXIII. Una simile Autorità dovrà essere regolata dal diritto, attenersi in modo coerente ai principi di sussidiarietà e di solidarietà, essere ordinata alla realizzazione del bene comune, impegnarsi nella realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale ispirato ai valori della carità nella verità. Tale Autorità inoltre dovrà essere da tutti riconosciuta, godere di potere effettivo per garantire a ciascuno la sicurezza, l’osservanza della giustizia, il rispetto dei diritti. Ovviamente, essa deve godere della facoltà di far rispettare dalle parti le proprie decisioni, come pure le misure coordinate adottate nei vari fori internazionali. In mancanza di ciò, infatti, il diritto internazionale, nonostante i grandi progressi compiuti nei vari campi, rischierebbe di essere condizionato dagli equilibri di potere tra i più forti. Lo sviluppo integrale dei popoli e la collaborazione internazionale esigono che venga istituito un grado superiore di ordinamento internazionale di tipo sussidiario per il governo della globalizzazione e che si dia finalmente attuazione ad un ordine sociale conforme all’ordine morale e a quel raccordo tra sfera morale e sociale, tra politica e sfera economica e civile che è già prospettato nello Statuto delle Nazioni Unite. (118)» (119).

Ed ecco un breve estratto dell’enciclica di Giovanni XXIII, Pacem in Terris, pubblicata l’11 aprile 1963, che costituisce il documento ufficiale che attesta l’adesione del Vaticano al mondialismo giudeo-massonico dell’ONU:

«Non è dubbio però che il documento [Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo] segni un passo importante nel cammino verso l’organizzazione giuridico-politica della comunità mondiale. In esso infatti viene riconosciuta, nella forma più solenne, la dignità di persona a tutti gli esseri umani; e viene di conseguenza proclamato come loro fondamentale diritto quello di muoversi liberamente nella ricerca del vero, nell’attuazione del bene morale e della giustizia; e il diritto a una vita dignitosa; e vengono pure proclamati altri diritti connessi con quelli accennati. Auspichiamo pertanto che l’Organizzazione delle Nazioni Unite -nelle strutture e nei mezzi- si adegui sempre più alla vastità e nobiltà dei suoi compiti; e che arrivi il giorno nel quale i singoli esseri umani trovino in essa una tutela efficace in ordine ai diritti che scaturiscono immediatamente dalla loro dignità di persone; e che perciò sono diritti universali, inviolabili, inalienabili (§ 75)» (120).

Da allora, questa politica sarà seguita scrupolosamente da tutti i «papi conciliari», votati anima e corpo alla promozione del mondialismo naturalista e laico, che fa dell’uomo e del suo «carattere sacro» la chiave di volta della vita sociale e dei princípi giuridici che reggono le relazioni internazionali:

«I popoli considerano le Nazioni Unite come il palladio della concordia e della pace; Noi osiamo, col Nostro, portare qua il loro tributo di onore e di speranza. […] Staremmo per dire che la vostra caratteristica riflette in qualche modo nel campo temporale ciò che la Nostra Chiesa cattolica vuol essere nel campo spirituale: unica ed universale. Non v'è nulla di superiore sul piano naturale nella costruzione ideologica dell'umanità. […] Perché voi qui proclamate i diritti e i doveri fondamentali dell'uomo, la sua dignità, la sua libertà e, per prima, la libertà religiosa. Ancora, Noi sentiamo interpretata la sfera superiore della sapienza umana, e aggiungiamo: la sua sacralità. Perché si tratta anzitutto della vita dell'uomo: e la vita dell'uomo è sacra: nessuno può osare di offenderla.» (121).



Ecco infine un passo estratto dal discorso pronunciato da Giovanni Paolo II all’ONU il 2 ottobre 1979:

«Mi sia permesso di augurare che l’Organizzazione delle Nazioni Unite, per il suo carattere universale, non cessi mai di essere quel “forum”, quell’alta tribuna, dalla quale si valutano, nella verità e nella giustizia, tutti i problemi dell’uomo. (n°7) […] La Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo - con tutto il corredo di numerose Dichiarazioni e Convenzioni su aspetti importantissimi dei diritti umani, a favore dell’infanzia, della donna, dell’uguaglianza tra le razze, e particolarmente i due Patti internazionali sui diritti economici, sociali e culturali, e sui diritti civili e politici - deve rimanere nell’Organizzazione delle Nazioni Unite il valore di base con cui la coscienza dei suoi Membri si confronti e da cui attinga la sua ispirazione costante. (n° 9) […] La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e gli strumenti giuridici sia a livello internazionale che nazionale, secondo un movimento che non ci si può augurare se non progressivo e continuo, cercano di creare una coscienza generale della dignità dell’uomo, e di definire almeno alcuni dei diritti inalienabili dell’uomo. […] L’insieme dei diritti dell’uomo corrisponde alla sostanza della dignità dell’essere umano, inteso integralmente, e non ridotto a una sola dimensione; essi si riferiscono alla soddisfazione dei bisogni essenziali dell’uomo, all’esercizio delle sue libertà, alle sue relazioni con altre persone; ma essi si riferiscono sempre e dovunque all’uomo, alla sua piena dimensione umana. (n° 13)» (122).

Tanto basta. L’ONU è diventata la suprema istanza morale dell’umanità, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo è il nuovo vangelo e i «papi conciliari» sono i suoi devoti portavoce e i suoi garanti religiosi. L’era della Cristianità e dell’unità cattolica è finita, si faccia posto, quindi, al Nuovo Ordine Mondiale giudeo-massonico, patrocinato dalla gerarchia del Vaticano II con la sua religione adulterata posta al servizio delle potenze infernali e operante instancabilmente all’avvento del regno universale dell’Anticristo…



Conclusione


«Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli.»
(Mt. 24, 30-31).

Una volta fatta una simile constatazione, è indispensabile considerare questa realtà terrificante con uno sguardo soprannaturale: occorre imperativamente comprendere questi drammatici elementi alla luce della rivelazione divina. A nessuno sarà sfuggito che la crisi attuale non è della stessa natura di quelle che la Chiesa ha conosciuto nel passato, essa ha una valenza escatologica per il fatto che il mistero d’iniquità è visibilmente installato nel luogo santo.

Lo ripeto, questa crisi non è relativa solo a Francesco, anche se è palese che dopo il suo arrivo gli avvenimenti hanno assunto un’accelerazione vertiginosa. No: questa crisi non è altro che il culmine della lotta continua contro la Chiesa condotta da Satana e dai suoi tirapiedi terreni, allo scopo di riuscire ad infiltrarsi in essa, ad occupare i suoi luoghi e le sue istituzioni, per modificare il suo culto e la sua dottrina, svuotarla di ogni sostanza, trasformarla dall’interno in un’abominevole scimmiottatura del Corpo Mistico di Cristo, in una diabolica contraffazione della Chiesa, una mostruosa parodia che la sostituisca agli occhi del mondo, ma che in definitiva finirà col mostrare il suo vero volto: quello di una contro-chiesa satanica interamente consacrata al servizio dell’Anticristo.




A coloro che trovassero eccessiva la mia diagnosi, mi permetto di ricordare Papa Leone XIII e la sua Supplica a San Michele Arcangelo, contenuta nell’Esorcismo contro Satana e gli altri angeli apostati, pubblicata nel 1890 e il cui carattere palesemente profetico si applica perfettamente alla situazione attuale:

«E la Chiesa, Sposa dell’Agnello Immacolato, da molto astuti nemici è stata riempita di amarezza e abbeverata di fiele; essi hanno messo le loro empie mani su tutto ciò che c’è di più sacro; e lì dove fu istituita la Sede del beatissimo Pietro e la Cattedra della Verità, hanno posto il trono della loro abominazione ed empietà, così che colpito il pastore, il gregge possa essere disperso. O invincibile condottiero, appalésati dunque al popolo di Dio, contro gli irrompenti spiriti di nequizia, e dai la vittoria.» (123).

Questa preghiera ci aiuta a comprendere ciò che è accaduto nella Chiesa dopo l’elezione di Giovanni XXIII e la convocazione del concilio Vaticano II, assemblea sovversiva diretta dal partito modernista infiltratosi nella Chiesa a partire dalla fine del XIX secolo e incaricato di metterla in linea col «mondo moderno». San Pio X spiegò perfettamente tutto questo nella sua mirabile enciclica Pascendi sugli errori del modernismo, pubblicata nel 1907. Il trono di Pietro, la cattedra della Verità, il luogo santo della Nuova Alleanza, è occupato da uomini asserviti alla causa della setta rivoluzionaria liberale, progressista e modernista, i quali, dopo aver preso il potere col Vaticano II, si sono dedicati senza posa a capovolgere tutto, a lordare tutto, a demolire tutto.

Questa lettura della crisi è anche rafforzata dalle parole di San Paolo ai Tessalonicesi, con le quali spiega loro che l’Anticristo si siederà nel tempio di Dio: chiara allusione al Soglio di Pietro; e precisa che perché questo possa accadere è necessario che prima sia rimosso l’ostacolo che ne impedisce la manifestazione; e questo ostacolo non può essere altro che il papato legittimo, fondamento su cui Cristo ha istituito la Sua Chiesa; la cui infallibilità pontificia è stata neutralizzata dall’arrivo degli impostori modernisti sul Soglio di Pietro: un maremoto devastatore convogliante gli errori moderni e le eresie più abominevoli si è riversato nella Chiesa, spazzando via ogni cosa al suo passaggio, e così, rimossa la cattedra infallibile della Verità, è stata realizzata la condizione richiesta perché si rendesse possibile l’arrivo dell’Uomo Iniquo.

Ecco dunque questo testo chiave di San Paolo, perché si possa comprendere la situazione attuale che, a mio avviso, corrisponde chiaramente all’ultima crisi della Chiesa, di natura conclusiva e apocalittica, quella in cui il mysterium iniquitatis giungerà al suo parossismo; quello stesso mistero che, secondo l’espressione utilizzata dal profeta Daniele, Nostro Signore chiama «l’abominio della desolazione nel luogo santo» (Mt. 24, 15).

«Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene.» (II Tess. 2, 3-7).



Per finire, voglio citare un testo che illumina alquanto il tempo presente, tratto dal Motu Proprio Sacrorum Antistitum disposto da San Pio X l’1 settembre 1910, nel quale si trova il giuramento antimodernista che tutti i chierici dovevano prestare prima di ricevere gli ordini maggiori e anche prima di accedere ad una cattedra d’insegnamento o ad un ufficio ecclesiastico. Questo giuramento venne soppresso da Paolo VI nel 1966, poiché era chiaramente incompatibile con l’aggiornamento intrapreso da Giovanni XXIII e con il suo Concilium Malignantium II (Cfr. Sal. 21, 17) (124), la cui ispirazione risale largamente al movimento modernista condannato da San Pio X nella sua enciclica Pascendi e nel decreto del Sant’Uffizio Lamentabili.

Ecco dunque il passo di questo Motu Proprio antimodernista, che si applica in maniera eminente a Jorge Mario Bergoglio, alias Papa Francesco, a cui peraltro converrebbe chiaramente di gran lunga il titolo onorifico di:

Francesco l’Empio, il Sommo Bestemmiatore del Vaticano

«Ormai è un fatto che non dobbiamo più affrontare, come all’inizio, degli avversarii travestiti con vesti d’agnello, ma con nemici dichiarati e feroci, entro la stessa casa, i quali, avendo fatto un patto coi peggiori nemici della Chiesa, si propongono di distruggere la Fede. Si tratta di uomini la cui arroganza contro la sapienza che ci viene dal Cielo si rinnova ogni giorno, che si arrogano il diritto di riformarla come se si stesse corrompendo; che vogliono rinnovarla come se la vecchiezza l’avesse consumata; che vogliono darle nuovo impulso e adattarla ai voleri del mondo, al progresso, ai comodi del secolo, come se essa si opponesse non alla leggerezza di alcuni, ma al bene stesso della società.» (125).

Questo trionfo effimero delle potenze del male, sulla terra e nella Chiesa, questa vittoria universale, momentanea e ignominiosa, di Satana nelle persone dell’Anticristo e del Falso Profeta, sarà seguita da quella di Nostro Signore Gesù Cristo e della Sua Chiesa, come predetto dal profeta Daniele:

«Allora il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e obbediranno.» (Dan. 7, 27).

Cornelius a Lapide, il grande esegeta gesuita, commenta così questo passo profetico:

«Io dico che questo regno di Cristo e dei Santi è certo e non sarà solo spirituale, com’è stato sempre sulla terra quando i Santi hanno subito persecuzioni e martirio, ma sarà corporale e glorioso, poiché essi regneranno gloriosamente con Cristo per sempre. Tuttavia, Cristo e i Santi cominceranno questo regno sulla terra dopo la morte dell’Anticristo. Allora, una volta distrutto il regno dell’Anticristo, la Chiesa regnerà dappertutto e vi sarà un solo pastore e un solo gregge, costituito da giudei e gentili, poiché non dice “sopra” ma “sotto il cielo”, a significare tutta la terra, tutto ciò che si trova sotto il cielo. In seguito, poco dopo, questo regno sarà confermato e glorificato per tutta l’eternità (126)» (Commentaria In Danielem Prophetam 7, 27).




Alleluia.  Ha preso possesso del suo Regno il Signore,
il nostro Dio, l’Onnipotente

(Ap 19, 6)

Per concludere, e allo scopo di nutrire la nostra speranza e non scoraggiarci durante questa lunga e penosa attesa di questo giorno glorioso, trascrivo due passi tratti rispettivamente da un’enciclica di Pio XI e dal libro dell’Apocalisse, i quali ce lo lasciano percepire e ce lo fanno desiderare con un amore rinnovellato:

«… istituimmo la festa di Cristo Re universale, da celebrarsi solennemente in tutto il mondo cristiano. E ciò facendo, non soltanto ponemmo in luce il sommo impero che Cristo tiene su tutte le cose, sulla società civile e domestica, sugli individui singoli, ma fin d’allora pregustammo insieme la gioia di quel giorno lietissimo, in cui il mondo intero si sottometterà di buon grado e volonteroso al dominio dolcissimo di Cristo Re.» (Pio XI, Enciclica Miserentissimus Redemptor, 8 maggio 1928) 

«Partì dal trono una voce che diceva: "Lodate il nostro Dio,voi tutti, suoi servi,voi che lo temete, piccoli e grandi!”. Udii poi come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: “Alleluia.  Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta, e le hanno dato una veste di lino puro splendente”. La veste di lino sono le opere giuste dei santi. Allora l’angelo mi disse: “Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!”.» (Ap. 19, 5-9).

15 agosto 2016, nella solennità dell’Assunzione in  Cielo della Santissima Vergine Maria



(fine)
 
NOTE


1 - http://traditioninaction.org/RevolutionPhotos/A665-Tiara.htm
2 - http://w2.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/
documents/hf_p-x_enc_19070908_pascendi-dominici-gregis.html
103 - http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/january/documents/papa-
francesco_20150115_srilanka-filippine-incontro-giornalisti.html
104 - http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/september/
documents/papa-francesco_20130921_intervista-spadaro_it.html
105 - https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/july
/documents/papa-francesco_20140728_caserta-pastore-traettino.html
106 - http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/september/
documents/papa-francesco_20130921_intervista-spadaro_it.html
107 - http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/november/
documents/papa-francesco_20151115_chiesa-evangelica-luterana.html
108 - http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/june/documents/
papa-francesco_20150622_torino-chiesa-valdese.html
109 - http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350982
110 - http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/june/
documents/papa-francesco_20160626_armenia-conferenza-stampa.html
111 - http://www.unavox.it/doc06.htm
112 - https://it.zenit.org/articles/un-protestante-alla-guida-
delledizione-argentina-dellosservatore-romano/
113 - http://www.lanacion.com.ar/583986-santiago-pont-lezica-con-estilo-propio
114 - http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/pont-messages/2016/documents/papa-
francesco_20160621_videomessaggio-vi-congresso-contro-pena-di-morte.html
115 - http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/october/
documents/papa-francesco_20141023_associazione-internazionale-diritto-penale.html
116 - http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/
papa-francesco_esortazione-ap_20160319_amoris-laetitia.html
117 -   Bernard Dumond si esprime chiaramente sull’argomento, nel suo articolo Convergenze mondialiste, sul numero 132 della rivista Catholica: «E’ così che per tappe successive ci si è incamminati verso la situazione attuale, nella quale si realizza una simbiosi tra l’adesione esplicita all’idea di organizzazione politica mondiale e numerosi segni, piccole frasi e gesti simbolici che attestano la sincerità di una prassi carica di esemplarità. Così si vede come il lunghissimo testo della Laudato Si’ dedichi un solo paragrafo (175) alla questione dell’autorità mondiale, accontentandosi di citare, per l’essenziale, il passo della Caritas in Veritatis che abbiamo appena letto. Ma il resto del documento affronta tutta una serie di questioni poste all’ordine del giorno dai gruppi di pressione che agiscono all’ombra dell’ONU e da altri organismi transnazionali, e ne legittima gli approcci, allontanandosi dal contenuto abituale delle encicliche. L’onnipresenza di tali questioni finisce col tradursi in un sostegno alla pesantissima propaganda mondialista. Il fatto che la presentazione del testo sia stata affidata a dei personaggi di primo piano nella messa in opera di tale propaganda e della attività che essa promuove, costituisce di per sé un gesto pieno di significato. E non si tratta di un fatto isolato, ma di una parte di un insieme che forma una sorta di messaggio attivo e inequivoco. Inutile sottolineare fino a che punto l’incessante e multiforme appello ad aprire incondizionatamente le porte ai “migranti”, faccia parte della stessa prassi, al pari di altri segni: come la scenografia vagamente panteista realizzata l’8 dicembre 2015 a San Pietro, in concomitanza con la Conferenza di Parigi sul clima.» - http://www.catholica.presse.fr/2016/08/10/3914/
118 - http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/encyclicals/
documents/hf_ben-xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate.html
119 -   Due anni più tardi, il 24 ottobre 2011, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, pubblicò un lungo documento che sviluppava il progetto ratzingeriano di istituire un governo mondiale; eccone un estratto: «Un lungo cammino resta però ancora da percorrere prima di arrivare alla costituzione di una tale Autorità pubblica a competenza universale. Logica vorrebbe che il processo di riforma si sviluppasse avendo come punto di riferimento l’Organizzazione delle Nazioni Unite, in ragione dell’ampiezza mondiale delle sue responsabilità, della sua capacità di riunire le Nazioni della terra e della diversità dei suoi compiti e di quelli delle sue Agenzie specializzate. Il frutto di tali riforme dovrebbe essere una maggiore capacità di adozione di politiche e scelte vincolanti poiché orientate alla realizzazione del bene comune a livello locale, regionale e mondiale. […] Esistono, quindi, le condizioni per il definitivo superamento di un ordine internazionale “westphaliano”, nel quale gli Stati sentono l’esigenza della cooperazione, ma non colgono l’opportunità di un’integrazione delle rispettive sovranità per il bene comune dei popoli. È compito delle generazioni presenti riconoscere e accettare consapevolmente questa nuova dinamica mondiale verso la realizzazione di un bene comune universale. Certo, questa trasformazione si farà al prezzo di un trasferimento graduale ed equilibrato di una parte delle attribuzioni nazionali ad un’Autorità mondiale e alle Autorità regionali, ma questo è necessario in un momento in cui il dinamismo della società umana e dell’economia e il progresso della tecnologia trascendono le frontiere, che nel mondo globalizzato sono di fatto già erose. La concezione di una nuova società, la costruzione di nuove istituzioni dalla vocazione e competenza universali, sono una prerogativa e un dovere per tutti, senza distinzione alcuna. È in gioco il bene comune dell’umanità e il futuro stesso.»: http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/
documents/rc_pc_justpeace_doc_20111024_nota_it.html
120 - http://w2.vatican.va/content/john-xxiii/it/encyclicals/
documents/hf_j-xxiii_enc_11041963_pacem.html
121 - Discorso di Paolo VI alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965 - http://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1965/documents/hf_p-vi_spe_19651004_united-nations.html
122 - http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1979/october/
documents/hf_jp-ii_spe_19791002_general-assembly-onu.html
123 - Estratto della Preghiera a San Michele Arcangelo contenuta nell’Esorcismo contro Satana e gli angeli ribelli, pubblicato negli AAS del 1890, p. 743: http://www.vatican.va/archive/ass/documents/ASS-23-1890-91-ocr.pdf  e nel Rituale Romano de 1903, p. 227: http://saintmichelarchange.free.fr/exoleon.htm; traduzione ripresa da: http://www.unavox.it/doc04.htm
124 - «Spalancano contro di me la loro bocca, come leone che sbrana e ruggisce. Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere. E’ arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, su polvere di morte mi hai deposto. Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa.» (Sal. 21, 14-18). Questo passo della Scrittura si applica in primo luogo alla Passione di Nostro Signore e quindi al Suo Corpo fisico; ma si applica anche, in senso spirituale, alla passione della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo. Il concilium malignantium - nella Vulgata “assemblea dei malvagi” - si riferisce innanzi tutto al Sinedrio che condannò a morte Nostro Signore, e secondariamente al Vaticano II - XXI concilio ecumenico -, che decretò la crocifissione della Sua Chiesa, che oggi vive la sua passione. Essa oggi deve seguire il suo Sposo nella Sua Passione, per poi seguirLo nella Sua Resurrezione e nella Sua Gloria. Infatti, come il Corpo fisico di Cristo è morto ed è resuscitato, così la Chiesa, Suo Corpo Mistico, attraverserà una morte mistica per poi resuscitare anch’essa, nel momento del ritorno del suo Maestro in gloria e maestà. Non posso evitare di cogliere una concordanza numerica molto suggestiva: la cifra XXI; infatti, la passione della Chiesa è predetta nel salmo 21, è stata innescata dal XXI concilio ecumenico, e tutto fa pensare che sarà consumata nel corso del XXI secolo… Ci tengo a ringraziare Jean Vaquié per avermi messo su questa pista esegetica, che mi è sembrata molto illuminante per i tempi che viviamo: http://www.a-c-r-f.com/documents/VAQUIE-Concile_mechants.pdf
125 - «Neque enim iam res est, quemadmodum ab initio, cum disputatoribus prodeuntibus in vestimentis ovium, sed cum apertis infensisque inimicis, iisque domesticis, qui facto foedere cum Ecclesiae capitalibus hostibus, propositam habent fidei eversionem. Sunt hi nempe, quorum audacia adversus deductam caelo sapientiam quotidie consurgit, cuius corrigendae sibi ius arrogant, quasi esset corrupta; renovandae, quasi esset senio confecta; augendae aptandaeque saeculi placitis, progressionibus, commodis, quasi eadem, non levitati paucorum, sed bono societatis esset adversa.» https://w2.vatican.va/content/pius-x/la/motu_proprio/documents/hf_p-x_motu-proprio_19100901_sacrorum-antistitum.html - Testo italiano da: http://www.unavox.it/Documenti/Doc0962_Sacrorum_Antistitum.html.
126 - «Dico ergo, certum est hoc regnum fore Christi et Sanctorum: illudque non tantum spirituale, quale fuit in terra, cum ipsi persecutionibus, martyriis et morti obnoxii: sed etiam corporale ac gloriosum, quo scilicet Sancti et corpore et anima beati, cum Christo in coelis gloriose regnabunt in saecula saeculorum. Porro hoc regnum inchoabunt Christus et sancti in terra, mox post necem Antichristi; tunc enim Antichristi regno everso, Ecclesia ubique terrarum regnabit, et fiet tam ex Judaeis quam ex Gentibus unum ovile, et unus pastor: et hoc innuitur hic, cum ait, non ‘‘quae est super’’, sed ‘‘quae est subter omne caelum’’, id est in omni terra, sive in omni plaga caelo subjecta. Deinde paulo post hoc regnum confirmabitur et glorificabitur in coelis per omnem aeternitatem.»

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settembre 2016