Intervista esclusiva:
il Card. Raymond Burke intravede
una correzione del Papa





Il 15 novembre 2016 il card. Raymond Burke ha rlasciato un'intervista al National Catholic Register, nella quale ha parlato del senso del recente documento inviato al Papa sotto forma di “dubia”, e relativo ai punti fortemente controversi dell'esortazione post-sinodale Amoris laetitia:
Fare chiarezza. Un appello di quattro cardinali al Papa

Dopo aver saputo che il Papa avrebbe deciso di non rispondere alla lettera con la quale i quattro cardinali presentavano cinque “dubia” su alcuni elementi controversi dell’esortazione “Amoris Laetitia”, il 14 novembre essi hanno deciso di rendere pubblica la lettera.

In questa intervista esclusiva il cardinale Raymond Burke, patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta, spiega con più dettagli gli obiettivi dei cardinali; il motivo per cui la pubblicazione della loro lettera dovrebbe essere vista come un atto di carità, di unità e di preoccupazione pastorale, piuttosto che come un’azione politica; e quali saranno i passi successivi, se il Santo Padre continuerà a rifiutarsi di rispondere.


Intervista condotta da Edward Pentin, EIntervista condotta da Edward Pentin, corrispondente da Roma del National Catholic Register


Eminenza, cosa mira ad ottenere con questa iniziativa?

L’iniziativa mira ad una sola cosa: il bene della Chiesa, la quale in questo momento è affetta da una tremenda confusione su almeno questi cinque punti. C’è pure una serie di altre questioni, ma questi cinque punti critici hanno a che fare con i principi morali irreformabili. Quindi noi, come cardinali, abbiamo ritenuto fosse nostra responsabilità chiedere un chiarimento riguardo ad essi, al fine di porre fine alla diffusione di questa confusione che attualmente sta portando le persone in errore.

E’ da molto che prova questa preoccupazione per la confusione?

La noto ovunque vado. I sacerdoti sono divisi tra loro, i sacerdoti dai vescovi, i vescovi tra loro. Una tremenda confusione si è instaurata nella Chiesa, e questo non è della Chiesa. Ecco perché ci siamo soffermati su queste questioni morali fondamentali che ci uniscono.

Perché il capitolo 8 di Amoris Laetitia comporta tale particolare preoccupazione?

Perché è stato la fonte di tutte queste confuse discussioni. Anche le direttive diocesane sono confuse e in errore. Abbiamo una serie di direttive in una diocesi, per esempio, che dicono che i sacerdoti nel confessionale sono liberi, se lo ritengono necessario, di consentire ad una persona che vive un’unione adultera e continua a farlo, di avere accesso ai sacramenti -, mentre, in un’altra diocesi, in accordo con quella che è sempre stata la prassi della Chiesa, un sacerdote può concedere tale permesso a chi assume il fermo proposito di correggersi e di vivere castamente nel matrimonio, cioè come fratello e sorella, e anche ricevendo i sacramenti solo in un luogo dove non ci sarebbe occasione di scandalo. Questo dev’essere affrontato realmente. Ma poi ci sono le altre domande dei dubia, oltre a questa particolare sui divorziati risposati, che riguardano l’espressione “male intrinseco”, con lo stato di peccato e con la corretta nozione di coscienza.

Lei sta quindi dicendo che senza il chiarimento atteso, questo ed altri insegnamenti di Amoris Laetitia si scontrano con la legge di non contraddizione (in cui si afferma che qualcosa non può essere sia vera e falsa allo stesso tempo in uno stesso contesto )?

Naturalmente, perché, per esempio, se si prende la questione del matrimonio, la Chiesa insegna che il matrimonio è indissolubile, in accordo con la parola di Cristo: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio.” Di conseguenza, se si è divorziati, non si può intraprendere una relazione coniugale con un’altra persona a meno che il legame indissolubile a cui si è tenuti viene dichiarato nullo, inesistente. Ma se diciamo che in certi casi una persona che vive un’unione matrimoniale irregolare può ricevere la Santa Comunione, allora delle due l’una: o il matrimonio non è davvero indissolubile - come per esempio nel caso della “illuminante teoria” del cardinale Kasper, che sostiene che il matrimonio è un ideale a cui non possiamo realisticamente legare le persone, e in questo caso abbiamo perso il senso della grazia del sacramento che permette agli sposati di vivere la verità del loro patto coniugale - o la Santa Comunione non è la comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo. Naturalmente, nessuna di queste alternative è possibile: esse sono in contraddizione con gli insegnamenti costanti della Chiesa fin dall’inizio e, di conseguenza, non possono essere vere.

Alcuni vedranno questa iniziativa in chiave politica e la giudicheranno come la mossa di “conservatori contro liberali”, cosa che lei e gli altri firmatari rifiutate. Qual è la sua risposta a una tale accusa?

La nostra risposta è semplicemente questa: Non stiamo prendendo una sorta di posizione all’interno della Chiesa, come fosse una decisione politica per esempio. I farisei accusavano Gesù di parteggiare per una parte nel dibattito tra gli esperti nella legge ebraica, ma Gesù non lo fece affatto. Egli si appellò all’ordine posto da Dio nella natura fin dal momento della creazione. Disse che Mosè permise il divorzio a causa della durezza del loro cuore, ma non era così all’inizio. Quindi, nel porre queste cinque domande che riguardano l’insegnamento costante e la prassi della Chiesa, noi stiamo semplicemente ribadendo quello che la Chiesa ha sempre insegnato e praticato. Le risposte a queste domande forniranno uno strumento interpretativo essenziale per Amoris Laetitia. Le domande andavano esposte pubblicamente perché ci sono tante persone che dicono: “Siamo confusi, e non comprendiamo perché i cardinali o qualcuno autorevole non parla e ci aiuta.”

E’ un dovere pastorale?

Esatto, e posso assicurare che io conosco tutti i cardinali coinvolti, e si tratta di qualcosa che abbiamo intrapreso con il più grande senso di responsabilità come vescovi e cardinali. Ma anche con il massimo rispetto per il ministero petrino, perché se il ministero petrino non sostiene questi principi fondamentali della dottrina e della disciplina, praticamente parlando, nella Chiesa si introduce la divisione, che è contraria alla nostra stessa natura.


E il ministero petrino, per di più, non ha lo scopo principale dell’unità?

Sì, come dice il Concilio Vaticano II, il Papa è il fondamento dell’unità dei Vescovi e di tutti i fedeli. Questa idea, per esempio, che il Papa sarebbe una sorta di innovatore, che intraprende una rivoluzione nella Chiesa o qualcosa di simile, è completamente estranea l’Ufficio di Pietro. Il Papa è un grande servitore delle verità di fede, così come sono state tramandate ininterrottamente dal tempo degli Apostoli.

E’ per questo che lei sottolinea che quello che state compiendo è un atto di carità e di giustizia?

Assolutamente. Noi abbiamo questa responsabilità davanti alle persone di cui siamo vescovi, e ancora più responsabilità come cardinali, che sono i principali consiglieri del Papa. Per noi, rimanere in silenzio su questi dubbi fondamentali, che sono sorti in seguito al testo di Amoris Laetitia, sarebbe una grave mancanza di carità verso il Papa e una grave mancanza nel compimento dei doveri del nostro ufficio nella Chiesa.

Alcuni potrebbero sostenere che voi siete solo quattro cardinali, tra i quali lei è l’unico che non è andato in pensione, e questo non sarebbe veramente rappresentativo di tutta la Chiesa. Così che si potrebbe chiedere: perché il Papa dovrebbe ascoltarvi e rispondervi?

Beh, i numeri non sono il problema. Il problema è la verità. Nel processo di San Tommaso Moro, qualcuno gli fece presente che la maggior parte dei vescovi inglesi avevano accettato l’ordine del re, ma egli rispose che poteva essere vero, ma a non accettarlo erano i santi del cielo. Questo è il punto qui. Mi piace pensare che, se anche altri cardinali non l’hanno firmato, condividano la stessa preoccupazione. Ma questo non mi preoccupa. Anche se fossimo uno, due o tre, trattandosi di qualcosa che è vero ed essenziale per la salvezza delle anime, è necessario che venga detto.

Cosa succede se il Santo Padre non risponde al vostro atto di giustizia e di carità e manca di fornire il chiarimento sulla dottrina della Chiesa che voi sperate di ottenere?

Dovremo affrontare una tale situazione. Nella Tradizione della Chiesa c’è la pratica della correzione del Romano Pontefice. Chiaramente è qualcosa di abbastanza raro. Ma se non ci sarà risposta a queste domande, allora direi che si porrebbe la questione di attuare un atto formale di correzione di un errore grave.

In un conflitto tra l’autorità ecclesiale e la Sacra Tradizione della Chiesa, che è vincolante per il credente, chi ha l’autorità per dirimerlo?

Vincolante è la Tradizione. L’autorità ecclesiale esiste solo al servizio della Tradizione. Penso a quel passo di San Paolo ai Galati (1, 8): “anche se un angelo dovesse predicare a voi un qualche Vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema”.

Se il Papa dovesse insegnare un grave errore o un’eresia, qual è la legittima autorità che potrebbe dichiararlo e quali sarebbero le conseguenze?

In questi casi, e storicamente è accaduto, è dovere dei cardinali e dei vescovi rendere chiaro che il Papa sta insegnando un errore e chiedergli di correggerlo.




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