Roma locuta est, causa finita est

  Prima parte:
Un altro segno dei tempi

Ecco dunque definitivamente chiusa ogni controversia intorno alla beatificazione di Giovanni Paolo II. Giusto o sbagliato che sia, Giovanni Paolo II è indicato dalla Chiesa come degno di venerazione, non ritorneremo quindi sulla questione, anche se tutte le riserve che sono state avanzate rimarranno a futura memoria.

A questo punto ci soffermiamo su due aspetti di questa beatificazione che si sembrano degni di nota e parecchio indicativi dello stato in cui versa l’ecumene cattolico sia in relazione all’insieme del mondo sia nei confronti della pratica della fede.

Il primo aspetto riguarda ciò che possiamo chiamare un altro “segno dei tempi”, il secondo attiene invece al rapporto tra l’ambito tradizionale e il resto del mondo cattolico.

Consideriamo quindi il primo.



Certo che questa settimana di Pasqua dell’anno 2011 darà molto da riflettere agli storici del costume e non ci sembra azzardato pensare che costituirà una pietra miliare nella stessa vita della Chiesa.

Tutto comincia con il venerdì 29 aprile, quando più di due miliardi di persone si rivolgono alla televisione per “partecipare” ad un evento memorabile: il matrimonio tra il probabile erede al trono d’Inghilterra e una signorina dell’alta borghesia inglese. Un sogno per milioni di ragazze che pur smaliziate dalla moderna emancipazione femminile conservano in un angolo del loro cuore la speranza di poter vivere un giorno la fiaba dell’inverosimile: il bacio vivificante del “principe azzurro”.

Un mondo che si vuole razionale e autosufficiente e che invece gode della coltivazione di una patente irrazionalità. Una delle tante contraddizioni di questo mondo moderno che va sempre in compagnia dell’altro elemento che lo contraddistingue: l’ipocrisia.
L’ipocrisia e la falsità ammannite copiosamente al mondo attraverso tutti gli organi della moderna comunicazione di massa.

Questi due giovani, e anche questo è significativo, si sono scambiati un solenne giuramento d’amore e di fedeltà davanti a Dio: un signore rivestito dai paramenti ingiungeva imperativamente: “l’uomo non separi ciò che Dio ha unito!
Se non vivessimo in questo mondo finto e bugiardo, dove ogni cosa ha un valore fittizio, ci sarebbe da ridere a crepapelle.
Perché davvero si è trattato di una farsa. Due giovani che si giurano fedeltà ben sapendo che avranno ogni merito e ogni giustificazione quando non la rispetteranno, e che si giurano fedeltà nelle mani di un tizio che crede fermamente nella indissolubilità del matrimonio…  e …ma anche nel valore supremo del divorzio.
Una farsa. Una tragica farsa consumata in un posto che un tempo, certo molto buio!, si usava chiamare “casa di Dio”.
Una tragica e delirante farsa che fa strame di Dio, se fosse possibile, e della Chiesa e che soprattutto fa strage dell’uomo e del destino della sua anima.

Il tutto inserito in una coreografia significativa, il cui segno distintivo era un doppio filare di alberi introdotto ancora fittiziamente in quel complesso architettonico vecchio di 1000 anni che avrebbe dovuto richiamare alla mente i tempi in cui presentarsi davanti a Dio, nella casa di Dio, impegnava per la vita e per la morte. E invece ecco questa obsoleta “casa di Dio” sfregiata da un antico simbolo pagano: il “fanum”, il santuario nella foresta dove si invocavano le divinità della natura.
Invero una strana combinazione e, si potrebbe dire, un segno distintivo della relativizzazione di Dio, ridotto a mera entità partorita dalla mente dell’uomo.
Questo moderno spettacolo surreale si stagliava su uno sfondo anch’esso illusorio e falso: la regalità inglese. Non che si tratti di una particolarità inglese, perché ormai la regalità è un guscio vuoto in ogni parte del mondo, ma certo che per ironia della sorte è proprio l’Inghilterra che conserva con attenzione i resti di quello che una volta era il simbolo della regalità divina delegata all’uomo per assicurare una vita sociale informata dalle leggi di Dio.
Al pari delle finzioni di cui abbiamo parlato, la monarchia inglese rappresenta una sorta di superstizione, accuratamente mantenuta in vita per amore della scenografia e del bel gesto, cose molto care alla moderna mentalità anglosassone e particolarmente esaltate dalla sopraggiunta sensibilità protestante che teneva e tiene più all’apparire che all’essere.
Non poteva esserci migliore sfondo per questo spettacolo falso e ipocrita da trasmettere per televisione, la quale non a caso che è l’ultimo ritrovato di massa per la diffusione di perniciose suggestioni e di formidabili inganni.

Quale insegnamento avranno ricevuto tutti i giovani che hanno bevuto a questa fonte avvelenata?
Quale futuro per questo mondo moderno che alleva così la sua gioventù?
Mala tempora currunt!

E passiamo al secondo dei tre giorni di questo incredibile “triduo” del 2011: sabato 30 aprile.
Non era neanche finita l’eco dell’evento suddetto, amplificata dai milioni di servizi fotografici diffusi su tutta la stampa del mondo, che ecco presentarsi un’altra kermesse televisiva e giornalistica: la veglia per la beatificazione di Giovanni Paolo II.
Una pacchia per i professionisti dell’informazione di massa.
Centinaia di servizi giornalistici, migliaia di interviste, diecine di film e di altri spettacoli per il piccolo schermo che, ironia della sorte, li chiamano proprio “fiction”, che per chi non lo sapesse significa esattamente “finzione”.
E subito parte la nuova avventura televisiva… gli animi sono già predisposti ed eccitati. Un incalzare di cose mirabolanti.

No, non mischiamo sacro e profano… non noi.
I fatti sono lì a dimostrare che per il secondo giorno consecutivo tutto il mondo ha conosciuto un surplus di informazione, di notizie, di ricostruzioni che hanno catturato l’attenzione di uomini e donne, di vecchi e giovani, di fedeli e di infedeli… insomma di chiunque non fosse impedito da qualche grave malanno.
Lo spettacolo continua… sembravano strillare le piccole cassette luminose ormai presenti in quasi tutte le case del mondo. Lo spettacolo, lo spettacolo del secolo, il più grande spettacolo del mondo… venghino… signori… venghino!

Forse si potrà dire che siamo affetti da quel morbo che fa vedere solo il brutto, che fa vedere tutto nero… forse, ma davvero c’è qualcuno, oggi, che sarebbe così convincente da farci credere che tutto questo che diciamo non sia vero?
È invero innegabile che si è trattato di una ubriacatura da televisione e sfidiamo chiunque a sostenere che tale ubriacatura non abbia sollecitato ogni istinto irrazionale e non abbia offuscato ogni seria comprensione degli eventi determinando una paradossale confusione tra spettacolo mondano e spettacolo religioso, tra futilità e serietà, tra immaginazione e realtà, tra le cose degli uomini e le cose di Dio, tra il mondo e la Chiesa, tra menzogna e verità.
Intendiamoci, non stiamo parlando dei santi, che grazie a Dio non soggiacciono a suggestioni del genere, ma dei sei miliardi di persone che affollano questo nostro disgraziato mondo moderno, e sfidiamo chiunque a dimostrare che costoro abbiano potuto passare tranquillamente dalla leggerezza del racconto di Willy e Kate alla serietà delle virtù eroiche di Giovanni Paolo II.

E anche qui: quale insegnamento avranno ricevuto tutti i giovani che hanno bevuto a questa fonte avvelenata?
Quale futuro per questo mondo moderno che alleva così la sua gioventù?
Mala tempora currunt!

Ma la storia non finisce qui, poiché dopo il venerdì e il sabato arriva inesorabile la domenica, già annunciata a grandi lettere il sabato stesso.
Il 1 maggio 2011.

Cos’è il 1 maggio?
Non siamo storici né studiosi di folklore popolare, ma non possiamo far finta di dimenticare che questa data è davvero un po’ infausta.
La festa dei lavoratori… si dice… ed è già tutto dire.
Questa festa, raccontata in chiave apologetica come una ricorrenza del riscatto dalla servitù (sic!), in realtà corrisponde ad un antico rituale pagano che la Chiesa ha cercato di esorcizzare per ben due volte. Una volta nel 893 con la canonizzazione di Santa Valpurga, la cui festa venne fissata proprio il 1 maggio, giorno della traslazione della salma, e l’altra nel 1955 con l’istituzione della festa di San Giuseppe Artigiano, fissata al 1 maggio da Pio XII.

Nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio, allo scoccare della mezzanotte, un tempo avevano inizio i festeggiamenti propiziatori per il risveglio primaverile della natura. Durante questi festeggiamenti si consolidava il rapporto tra i vivi e i morti, dando stura all’irruzione degli spiriti del regno dei morti nel mondo dei viventi e utilizzandoli per la stimolazione della vita attraverso il contemporaneo accoppiamento dei giovani e delle giovani. Una sorta di esaltazione delle forze della natura con annessa diffusione delle influenze sotterranee.
La graduale scomparsa del paganesimo lasciò tracce di questi rituali che si tramutarono inesorabilmente in pericolose superstizioni attraverso le quali il Demonio cercava di cogliere come poteva, con grave nocumento per la salvezza delle anime dei battezzati.
L’istituzione della festa di Santa Valpurga esorcizzava queste superstizioni, tanto che la Santa Badessa veniva invocata contro i malefizi delle streghe. Da allora la notte tra il 30 aprile e il 1 maggio venne ricordata come la “notte di Valpurga”.

Ciò nonostante, il Demonio, fin a quando Dio vorrà, continua a fare il suo mestiere.
Con la degenerazione subita dal mondo negli ultimi cinque secoli, si determinò la possibilità di riesumare qualcosa di negativo di questi antichi rituali.
In particolare, negli ambienti protestanti nati dal rifiuto della Chiesa e dell’Autorità sorsero gruppi che trovarono utile riesumare streghe, spettri e malefizi, seppure in maniera ridicola rispetto al passato, ma non per questo con meno rischi di allora… anzi.
È in seno a questi gruppi che germogliarono le concezioni “socialiste” dell’800, del tutto connesse alla diffusione del frutto più riuscito dell’illuminismo: l’infezione libertaria e ugualitaria diffusasi in Europa sulle punte delle baionette di quell’agente della Rivoluzione Francese che portava l’ironico nome italiano di “Buonaparte”.
Cosa andarono a riesumare questi circoli “dotti” la cui culla originaria fu il mondo germanico? Nientemeno che la “notte di Valpurga”, assunta questa volta in chiave anticattolica.
Con la scusa che si volessero emancipare i lavoratori dal gioco dell’oppressione padronale, l’antico rituale liberatorio delle forze infere venne trasposto nel rituale moderno delle sollevazioni popolari. Sempre lo stesso filo conduttore: rifiuto di Dio, disconoscimento dell’Autorità, rivolta contro qualsivoglia ordine, instaurazione dell’anarchia.

Si ha un bel dire che la data del 1 maggio è legata alle repressioni padronali subite da questi o da quegli operai, fatto è che furono proprio gli anarco-socialisti della prima Internazionale che ben prima chiesero di fissare una ricorrenza che doveva diventare planetaria, e chi conosce un po’ la storia di questi confusi circoli internazionalisti dell’800 sa benissimo che erano sovraffollati di pseudo-spiritualisti, di maghi, di magnetisti e di spiritisti di tutte le risme. Era tra costoro che si coltivavano sogni di restaurazione del paganesimo, attingendo alle più incredibili stramberie pseudo storiche di ogni parte del mondo.
La scelta della “notte di Valpurga” si sposò infatti col fiorire di una vasta letteratura su maghi, streghe e ogni tipo di creature notturne, che ancora oggi viene spacciata per arte letteraria.
Per tutti basta ricordare l’ultimo epigono di queste diavolerie: quello slogan che ebbe tanta fortuna, e non a caso, negli anni sessanta e settanta tra gli ambienti anarco-socialisti cosiddetti “femministi”: “tremate… le streghe sono tornate”.
Un caso? Solo gli stolti credono al caso!

La Chiesa provò ad arginare questa nuova piena sovversiva che andava diffondendosi sempre più nel mondo e nel 1955 Pio XII stabilì che il 1 maggio i cattolici avrebbero dovuto festeggiare San Giuseppe Artigiano e non la ricorrenza pagana e sovversiva della “festa dei lavoratori”. Anche nella scelta del titolo si ebbe cura di precisare che San Giuseppe non era un anonimo ed equivoco “lavoratore”, ma un “artifex”, un “artigiano”, un collaboratore dell’opera di Dio. Solo dopo il Concilio Vaticano II abbiamo assistito al declassamento e alla volgarizzazione del titolo del Santo Patriarca: da artigiano” a mero “lavoratore”… ma questa è un’altra storia.

Questo il 1 maggio.
E cosa accade nel mondo il 1 maggio?
La riproposizione del vecchio rituale… in modo imperterrito… ormai perfino negli stessi ambienti cattolici ad opera dei moderni “sindacati cattolici”: sfilate, musiche, canti e balli…  accompagnate da una pletora di luoghi comuni inneggianti al trionfo delle “classi lavoratrici” (Ma esistono ancora?).

E cosa accade il 1 maggio a Roma?
Dal 1990, oltre alle “rituali” adunate e agli scontati imbonimenti dei professionisti delle “rivendicazioni operaie”, sul sagrato dell’Arcibasilica del SS. Salvatore si radunano migliaia di giovani per abbeverarsi alle nefaste influenze della musica moderna, arricchita dai testi di canzonette che vanno dall’insulso al blasfemo. Una vera e propria sagra che veicola suggestioni anarcoidi e sovversive.

E cosa ti fa la gerarchia ecclesiastica… a Roma?
Fissa proprio al 1 maggio la beatificazione di Giovanni Paolo II.
Così che in questo strano 2011 tutto il mondo ha potuto vedere Roma invasa dalla folla distribuita tra le strade, la piazza San Pietro e la piazza San Giovanni, per partecipare in contemporanea ad una ricorrenza pagana e ad una cerimonia religiosa. Tutto il mondo, attraverso la televisione e i giornali, ha potuto apprendere che Roma è la capitale di tutto e del contrario di tutto, il luogo simbolo dove il diavolo e l’acqua santa non sono più antitetici, ma ormai vanno d’amore e d’accordo, e basta andare a leggere i testi delle canzonette diffuse a tutto volume sul sagrato di San Giovanni in Laterano per rendersi conto che non esageriamo affatto.
Il minimo che si possa dire è che… forse… c’è qualcosa che non va!

Così si è concluso questo incredibile “triduo” del 2011, durante il quale si è potuto assistere ad un vero e proprio trionfo della cultura e dell’educazione di massa, ed è davvero difficile evitare di considerare che, come abbiamo detto all’inizio, esso costituirà una pietra miliare.

Cosa scriveranno gli storici del costume negli anni a venire? Il racconto di una imponente cerimonia religiosa con annessi rituali mondani o il racconto di un immenso articolato rituale mondano con annessa cerimonia religiosa?

Non ci meraviglieremmo se già l’anno prossimo vedremo sfilare sui teleschermi e ammireremo sui rotocalchi le sequenze in sovrimpressione del Papa polacco, di Willy e Kate, dei sindacalisti, dei cardinali cattolici, degli striscioni contro il nucleare, degli slogan “santo subito”, di Westminster, del Circo Massimo, di piazza San Giovanni e di piazza San Pietro gremite.
Così va il mondo!

Abbiamo torto a pensare che mala tempora currunt …?
atque peiora premunt!


Belvecchio





maggio 2011

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